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FONTAMARA di Ignazio Silone
ANNO DI PUBBLICAZIONE
AUTORE
Ignazio Silone (pseudonimo di Secondo Tranquilli) è nato a Pescina dei Marsi (L'Aquila) il 1° Maggio 1900, dalla tessitrice Marianna Delli Quadri e dal piccolo proprietario terriero Paolo Tranquilli.
Ha frequentato il ginnasio nel seminario della diocesi dell'Aquila. A quindici anni, rimasto senza genitori e senza casa a causa del terremoto della Marsica, ha proseguito gli studi presso il Liceo di Reggio Calabria dove si è diplomato. Non si è mai laureato, perché, come egli stesso ha scritto, i medici gli avevano dato poco tempo di vita (era malato di tisi) e perché poi si è dedicato alla politica. Essendo rimasto senza famiglia, Silone è andato a vivere nel quartiere più povero del comune ed ha cominciato a frequentare la baracca, dove aveva sede la Lega dei contadini.
Nel 1921 ha partecipato alla fondazione del Partito Comunista Italiano. L'anno seguente è diventato direttore del giornale romano "L'avanguardia" e redattore del giornale triestino 'Il Lavoratore".
Membro della direzione del PCI, attivista clandestino accanto a Gramsci, ha lavorato per 'L'Unità'. Denunciato più volte e braccato dalla polizia è fuggito in Francia, Sna, Unione Sovietica.
Nel Maggio 1927 ha partecipato con Togliatti alle riunioni del Komintern che hanno portato alla condanna e all'espulsione di Trotzki dando tutto il potere a Stalin. Quelle drammatiche decisioni lo hanno mandato in crisi e lo hanno portato a lasciare il comunismo e il PCI nel 1930.
Si è poi stabilito in Svizzera, dove è rimasto fino all'autunno 1944; è diventato scrittore e per dieci anni non si è occupato attivamente di politica.
Ha pubblicato 'Fontamara', 'Pane e Vino', 'Il seme sotto la neve', 'La scuola dei Dittatori'. Nel 1941 ha ricostituito a Zurigo, insieme a Modigliani, il Centro Estero Socialista, ha pubblicato 'L'Avvenire dei Lavoratori' che ha introdotto clandestinamente in Italia con grande successo.
Nell'Ottobre 1944, insieme a Modigliani, è rientrato in Italia ed è diventato direttore del quotidiano "L'Avanti!'. E' stato eletto all'Assemblea Costituente, ha rifiutato di candidarsi alle Politiche del 1948.
Nel 1949 è stato tra i fondatori del PSU (Partito Socialista Unitario).
Nel 1978, dopo una lunga malattia, Silone è morto in una clinica di Ginevra, fulminato da un attacco cerebrale. E' stato sepolto a Pescina dei Marsi, 'ai piedi del vecchio campanile di San Bernardo', senza epigrafe sulla tomba, come aveva voluto.
Silone fa innanzitutto una distinzione fra il bene e il male, identificati con i cafoni e i galantuomini. Tutti i cafoni non vanno considerati singolarmente, ma come un gruppo di persone sottoposte allo stesso triste destino, descritte spesso in un modo piuttosto comico, che riflette purtroppo la loro condizione: l'ignoranza, la povertà, la fiducia ingenua nelle autorità, la diffidenza nei confronti del governo. Con la cultura, i galantuomini possono ingannarli senza difficoltà; per fortuna i fontamaresi hanno anche la "furbizia contadina" che consiste nel trarre vantaggio anche da situazioni molto sfavorevoli, ad esempio quando si fanno are da don Circostanza per i voti dei morti.
CARATT. CULTURALE Þ I cafoni sono ignoranti, sono per lo più analfabeti: sano fare solo la propria firma. La mancanza di istruzione impedisce loro di capire il discorso del cav. Pelino, e tale incomprensione è origine di molti mali.
Anche la politica risulta estranea ad essi: non sanno, infatti, nulla del regime fascista allora al potere, e quando devono gridare "Viva chi?" non sanno cosa dire.
CARATT. SOCIALE Þ Il vivere sociale per i cafoni si articola in tre ambiti:
ambito religioso
ambit politico
ambito dei rapporti interpersonali
1) I cafoni hanno una religiosità marcata che però viene vissuta in modo superstizioso e si esplica in una profonda devozione verso i santi.
2) Nonostante siano fiduciosi nelle autorità, quando si rendono conto del carattere dittatoriale del governo fascista, nasce in loro una forte diffidenza verso quest'ultimo.
3) I cafoni si sentono presi di mira dagli altri contadini: infatti, quando subiscono torti, pensano di essere vittima di scherzi organizzati dagli abitanti dei paesi limitrofi.
CARATT. ANTROPOLOGICA Þ I cafoni si comportano in modo molto impulsivo senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni, agendo, però, sempre in buona fede.
Tra i cafoni spesso nascono tafferugli e liti anche in momenti molto delicati; nonostante questo, però, essi rimangono molto uniti perché le loro azioni frequentemente avvengono di comune accordo.
Non si può dire, però, che i cafoni abbiano autonomia d'azione, essi si fanno anche trascinare molto dalle decisioni altrui, per esempio quando il primo cafone firma il foglio al cav. Pelino tutti, uno dopo l'altro, lo seguono.
Sono inoltre piuttosto ingenui, infatti si fidano di tutti fino a quando capiscono di essere stati ingannati e allora diventano molto diffidenti.
Solo Berardo Viola si distingue tra i cafoni per la sua dinamicità: prima è presentato come un ribelle, poi comincia a pensare solo ai fatti suoi, quando ha intenzione di rifarsi la terra per sposare Elvira; ed infine, alla morte di Elvira, sarà il primo cafone a sacrificarsi per gli altri.
Berardo appare come l'eroe dei fontamaresi, in particolare dei giovani.
La storia della sua famiglia sembra riservargli una vita piena di difficoltà che egli supera come un lottatore.
Berardo ha un forte attaccamento alla terra e un ancora più grande amore nei confronti di Elvira.
Berardo pensa che un cafone senza terra non sia tale, infatti vede la proprietà come il segno della dignità di un uomo, per questo motivo cerca a tutti i costi di guadagnare qualcosa per comprarsi la terra e in seguito sposare Elvira.
Questo amore è un sentimento ardente, e il giovane diventa violento nei confronti di chi osa mettere gli occhi sulla sua donna.
Quindi anche il personaggio di Elvira è molto importante, perché è il motore delle azioni di Berardo. Questa donna ha un carattere molto forte, si arrenderà solo dopo l'assalto dei fascisti al paese, questo avvenimento la porterà a consacrare la propria vita alla Madonna.
Berardo cambia modo di comportarsi a seconda del luogo in cui si trova, ma una caratteristica accomuna tutti i suoi modi di agire: quella di essere ribelle.
Nella prima parte del libro questo suo spirito è inconsapevole (cioè la sua ribellione è dettata solo dal suo carattere) ma, dopo aver conosciuto il Solito Sconosciuto, Berardo diventa un ribelle consapevole e questo suo modo di comportarsi si trasforma in una vera e propria cultura politica, che lo porterà alla decisione di sacrificarsi per la causa dei cafoni.
Sua madre appare come una donna rassegnata al destino di suo lio che, se non avesse conosciuto Elvira, avrebbe potuto seguire una brutta strada.
Tra i galantuomini, spiccano anche altri personaggi dai nomi molto allusivi: il ricco proprietario don Carlo Magna, l'Impresario, l'avvocato ed ex sindaco don Circostanza, il cav. Pelino, rappresentante del governo fascista, Innocenzo La Legge e don Abbacchio, che gode della fiducia dei cafoni, ma è sempre dalla parte dei galantuomini.
Don Circostanza appare come un personaggio che vuole aiutare i fontamaresi ma in realtà anche lui come tutti gli altri, cerca di ingannarli. Sa sfruttare le circostanze a suo vantaggio, cosa che si può intuire anche dal nome.
I cafoni sono molto legati a lui, che però li imbroglia senza che i fontamaresi se ne accorgano.
Don Abbacchio è l'unico prete, che talvolta andava a celebrare la messa a Fontamara.
E' più interessato a mantenere buoni i rapporti con i nobili che ad aiutare i poveri come un prete , dovrebbe fare.
La vicenda si svolge nel corso di un'estate all'epoca della dittatura fascista negli anni '30. In un primo momento i fatti si svolgono a Fontamara, nelle camne e nei paesi vicini. Nell'ultima parte del romanzo l'azione si sposta a Roma.
Il regime fascista viene criticato dall'autore.
I fascisti vengono presentati come personaggi negativi che fanno di tutto per imbrogliare e beffeggiare i fontamaresi.
Nel romanzo si possono trovare tutti i modi di agire dei fascisti verso i contadini e gli oppositori al regime: soprusi, imbrogli, violenze.
La vicenda è ambientata in un paese della Marsica, nell'Appennino abruzzese, a cui l'autore dà il nome di Fontamara.
La scala sociale del paese conosce solo due condizioni: quella dei "cafoni", i contadini a cui spesso vengono espropriate le terre e spesso oggetto di torti e ingiustizie, e quella dei "galantuomini", i piccoli proprietari.
Il fascismo è giunto al potere, ma i fontamaresi non ne sono informati finché, un giorno, arriva al villaggio il cav. Pelino, un graduato della Milizia che con un raggiro convince i cafoni a firmare un foglio bianco. Quel foglio diventerà in seguito un documento che permetterà al podestà di appropriarsi del ruscello di Fontamara, privando i contadini dell'acqua necessaria alla coltivazione. Troppo tardi i cafoni comprenderanno il tranello e potranno solo rassegnarsi al proprio misero destino. Di fronte agl'inganni i cafoni non sano come reagire: vorrebbero ribellarsi, ma ne temono le conseguenze e soprattutto non si uniscono in un'azione comune, perché ciascuno pensa ai propri interessi e non vuole compromettersi. Solo Berardo Viola, il cafone più forte, lotta contro le istituzioni per il bene di tutti, ma i fontamaresi non lo seguono. Una sera giungono a Fontamara i fascisti e compiono ogni sorta di violenze, senza che nessuno si ribelli. Un giorno i cafoni vengono convocati ad Avezzano, insieme ai cittadini dei paesi vicini, solo per osannare le autorità al loro passaggio, invece che, come promesso, per discutere dei problemi riguardanti la spartizione delle terre del Fucino. In questo modo sono nuovamente truffati dal podestà che si appropria delle terre. Dopo questa ed altre beffe, l'atteggiamento dei Fontamaresi nei confronti degli inganni, che avevano sempre accettato passivamente, sembra cambiare. Tuttavia, mentre Scarpone, il cafone che caratterialmente si avvicina di più a Berardo, incita alla rivolta i compaesani, viene meno proprio l'adesione di Berardo, il quale, nonostante le suppliche di Scarpone, decide di partire per Roma insieme al lio di Giuvà, (il cafone che racconta le vicende a Silone). Berardo adesso ha i propri interessi da difendere: si è innamorato di Elvira, desidera sposarla, ma per farlo deve prima trovare un lavoro. A Roma però, nonostante la sua buona volontà, parecchi ostacoli burocratici gli impediscono di trovare un'occupazione. Berardo viene arrestato insieme all'Avezzanese, un oppositore del regime. Giunta la notizia della morte di Elvira, proprio quando la vita di Berardo pare un fallimento, egli imprime una svolta al corso degli eventi: si sacrifica perché le vicende dei cafoni siano rese note a tutti dai giornali clandestini, diretti appunto dall'Avezzanese. Berardo si presenta come il Solito Sconosciuto, un misterioso partigiano che va in giro per l'Italia ad incitare cittadini e cafoni alla rivolta contro il Governo, proprio per far scarcerare il Solito Sconosciuto. All'Avezzanese Berardo illustra il genere di soprusi di cui erano state vittime i fontamaresi, e che erano stati pubblicati su di un giornale clandestino. Nel frattempo Berardo, torturato perché riveli i nomi dei suoi complici, muore atrocemente in carcere diventando il simbolo dei fontamaresi. La notizia del suo presunto suicidio arriva a Fontamara. I cafoni prendono un impegno politico denunciando le prepotenze del regime fascista, sotto forma di un giornale, intitolato da Scarpone "Che Fare?". La protesta si risolve nell'intervento armato dei fascisti che uccidono gli abitanti di Fontamara e ne provocano la dispersione , questi però sono ora più consapevoli della loro condizione e della necessità di cambiare le cose. Tutta una famiglia si salva e, dopo un lungo pellegrinaggio, raggiunge Silone per raccontargli la triste avventura dei cafoni di Fontamara.
Il romanzo, essendo una verità storica, esprime una denuncia contro ogni torto subito ingiustamente. Inoltre Silone, confinato in Svizzera, esprime il suo disprezzo personale nei confronti della dittatura fascista. Silone invita tutti gli oppressi (in primo luogo, ovviamente, i suoi contemporanei) a ribellarsi contro ogni ingiustizia, o almeno a provarci, visto che ciò è riuscito anche ai poveri cafoni di Fontamara, da secoli abituati a patire passivamente i torti altrui. Lo stile della narrazione è molto coinvolgente e realistico e colpisce l'ironia dell'autore nel raccontare le tristi vicende dei cafoni di Fontamara.
Devo dire che questo libro mi è piaciuto, anche se in alcuni casi l'autore vede la vita in modo troppo pessimistico infatti nel romanzo tutte gli avvenimenti e tutte le persone sono contro i cafoni , questi non trovano nessuno, a parte l'Avezzanese , che è disposto ad aiutarli.
Le cose che ho apprezzato di più sono il modo di scrivere di Silone chiaro e lineare e il fatto che l'autore ha avuto il coraggio di comporre un'opera contro l'atroce e ingiusta dittatura fascista.
Nel libro si possono individuare caratteristiche simili a quelle dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Nel nostro testo i personaggi sono i cafoni, nei Promessi Sposi gli umili.
Come Manzoni, Silone entra nella narrazione, la sua presenza è chiara. La storia dei cafoni è la sua storia, non perché è lio di cafoni, ma perché quella è la parte sociale alla quale idealmente si riallaccia, e quelle terre sono le sue terre, quelle dalle quali è dovuto emigrare per ragioni politiche. Però i suoi cafoni non somigliano agli umili di Manzoni. La cultura, in entrambi i testi, viene usata come sopruso, i cafonisubiscono raggiri dai galantuomini , gli umili daglin acculturati come Azecca -Garbugli..
Molti personaggi di Fontamara hanno caratteristiche simili a quelle dei protagonisti dei Promessi Sposi.
Uno di questi è Berardo che in alcuni tratti assomiglia a Fra Cristoforo, perché non sopporta i soprusi da parte dei ricchi e si ribella. Queste ingiustizie sono compiute dall'Impresario che, quindi, svolge il ruolo di Don Rodrigo.
Berardo, inoltre ha alcune caratteristiche simili a quelle di Renzo, infatti quando conosce Elvira vuole a tutti i costi sposarla e cerca di superare tutti gli ostacoli che gli impediscono di farlo.
La sua fidanzata, Elvira, ha lo stesso carattere di Lucia, infatti tutte e due arrossiscono spesso e hanno una grande fede, il personaggio di Fontamara però in molti casi appare più deciso di quello dei Promessi Sposi infatti anche lei come tutte le donne del paese cerca di ribellarsi ai sopprusi.
Lo Stato Fascista assomiglia molto al villaggio di Don Rodrigo, per esempio due caratteristiche simili sono le ingiustizie che avvengono all'interno di entrambi e il mantenimento del potere attraverso la violenza; di conseguenza le squadre fasciste che attaccano Fontamara hanno lo stesso ruolo dei bravi al servizio di Don Rodrigo.
Don Abbacchio, come Don Abbondio, è interessato ad avere un buon rapporto con i nobili a costo di venir meno al suo dovere di aiutare i poveri.
Infine, ho trovato una certa somiglianza tra Don Circostanza e Azzecca-Garbugli: entrambi sono avvocati e hanno la capacità di sfruttare qualsiasi circostanza a proprio vantaggio.
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