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GIOVANNI VERGA - SCAPIGLIATURA

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GIOVANNI VERGA


Trasferitosi dalla natia Sicilia a Firenze per assecondare la sua vocazione letteraria, Giovanni Verga abitò in seguito a Milano, dove entrò in contatto con il mondo della Scapigliatura e soprattutto con i veristi, della cui corrente divenne uno dei massimi esponenti. La sua produzione attraversò diverse fasi, passando dai temi storico-patriottici a quelli romantico-mondani, a quelli più propriamente veristi, di ambiente soprattutto siciliano, che ebbero la più compiuta espressione nel progettato ciclo dei Vinti, di cui I Malavoglia (1881) e Mastro Don Gesualdo (1889) furono gli unici due romanzi conclusi. Nonostante l'indubbia qualità artistica, Verga non ebbe, in vita, grande successo e negli ultimi anni tornò in Sicilia abbandonando la scrittura; la sua rivalutazione come uno dei massimi esponenti della letteratura italiana del Novecento avvenne in epoca successiva.


SCAPIGLIATURA


Scapigliatura Movimento letterario e artistico italiano sorto, dopo la proclamazione del Regno d'Italia (1861), in Lombardia, in particolare a Milano, e in Piemonte. Il termine 'scapigliatura' deriva dal titolo di un romanzo di Cletto Arrighi, La scapigliatura e il 6 febbraio (1862), che racconta un fatto storico, la fallita sollevazione mazziniana di Milano del 1853. Nel romanzo il termine 'Scapigliatura' designa un gruppo di giovani patrioti anticonformisti e amanti dell'arte, 'pronti al bene quanto al male'. In effetti gli scrittori scapigliati assunsero posizioni assai critiche verso la letteratura e la cultura italiana del loro tempo, ammirando soprattutto autori stranieri come Baudelaire, Gautier, Heine, Hoffmann, Jean Paul e Poe: una predilezione che determinò un effetto di sprovincializzazione e di svecchiamento della cultura letteraria italiana.




VERISMO

Verismo (letteratura) Movimento letterario sorto in Italia nell'ultimo trentennio del XIX secolo. Il termine 'verismo' viene impiegato specificamente per indicare la narrativa orientata verso il modello del naturalismo francese, benché il riferimento, come affermava Luigi Capuana, fosse più al metodo e ai principi del narrare che non alla materia trattata. Questi autori rappresentano un mondo immobile, in cui i personaggi vivono sentimenti elementari e radicali, con pervicacia autodistruttiva entro un contesto di ingiustizie e sofferenze collettive, senza speranza di riscatto e senza capacità di elaborare un progetto di redenzione. Sono scrittori (soprattutto Verga) che raccontano in modo distaccato, senza attivare processi d'identificazione tra il lettore e la materia narrata e quindi senza giocare sul transfert narrativo. È questo uno dei modi di applicare il principio dell'impersonalità. Un altro modo di garantire il distacco da parte dall'autore (ma, in prospettiva, anche del lettore) è quello di non proporre il mondo narrato come un modello o come carico di valori, bensì di presentarlo come se si trattasse di un reperto scientifico.

L'applicazione del canone dell'impersonalità favorì l'elaborazione di alcune tecniche espressive come il dialogo o il discorso indiretto libero (Verga).




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