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La ragazza di Bube di Carlo Cassola viene scritto nel 1959 e pubblicato nel 1960. Sono trascorsi quindici anni dalla fine dell'esperienza resistenziale e questo permette a Cassola di affrontare il tema in modo diverso. Raccontando la storia di Mara e Bube, Cassola analizza il rapporto tra politica e morale, che risolve nel sentimento.
La vicenda è ambientata nella Val d'Elsa subito dopo la Liberazione. Arturo Cappellini, che tutti chiamano Bube, è un ex-partigiano che, finita la guerra, torna a casa e va a far visita alla famiglia del comno Sante, ucciso durante la lotta. Bube ha bisogno di parlare con il padre di Sante, infaticabile militante comunista, ma trova Mara, la sorella di Sante. L'incontro casuale si trasforma presto in qualcosa di diverso: un semplice gioco per Mara, un bisogno umano, prima che vero amore, per Bube.
Sono giovani entrambi, ma Bube ha dovuto crescere in fretta. Privo d'altri punti di riferimento, Bube si è lasciato conquistare e trascinare dall'ideologia del partito che lo ha trasformato nel partigiano Vendicatore e, anche a guerra finita, un forte sentimento di fedeltà e di cameratismo lo porta a perpetrare la violenza. Prima viene coinvolto nel pestaggio di un vecchio prete fascista, padre Ciolfi, poi in un omicidio. A seguito di un alterco fra alcuni comunisti e un maresciallo dei carabinieri, che solo in un secondo tempo si scoprirà esser stato decorato dalla Resistenza, nasce una sparatoria dove troveranno la morte il maresciallo, un comno e il lio del maresciallo, rincorso e ucciso da Bube in un attimo di cieca violenza.
Questo fatto irrazionale e doloroso cambierà completamente la vita di Bube e di riflesso quella di Mara. La ragazza che ha accettato la corte di Bube quasi per caso, per curiosità, si trova coinvolta in una vicenda che dapprima non capisce ma, una volta compreso il significato più profondo, ne fa la propria ragione di vita. Mara e Bube hanno appena il tempo di un breve incontro d'amore in un capanno, che Cassola descrive con una delicata e fresca sensualità, prima della fuga di Bube, in Francia, su consiglio dei comni.
Rimasta sola, Mara comincia a riflettere sul suo rapporto con Bube e, combattuta fra il padre che la incoraggia e la madre che cerca di allontanarla dal pensiero di un amore doloroso, sarà proprio nel dolore di Bube che troverà la forza di esprimere tutta la grandezza del sentimento che prova.
Se la prima metà del romanzo è completamente dominata dalla ura di Bube, nella seconda è prepotentemente Mara la protagonista. Ciò viene esemplificato chiaramente nel primo incontro di Mara e Bube in carcere. Espulso dalla Francia, Bube viene arrestato alla frontiera e, in attesa del processo, è sfiduciato, confuso senza punti di riferimento: Tu per me senti sempre quello che sentivi allora? Voglio dire, durante la mia lontananza - chiede Bube - non è che hai cambiato idea capisci cosa intendo dire? E perché avrei dovuto cambiare idea? (Cfr. C. Cassola, La ragazza di Bube, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1995, pp. 215-216), risponde Mara senza esitazione.
In effetti, Mara è stata tentata di cambiare idea dopo aver conosciuto un giovane operaio, Stefano che con la sua cultura superficiale e i suoi modi gentili, ha colmato, per un breve periodo la sua solitudine. In Stefano Mara vedeva la possibilità di fuggire in qualche modo dalla realtà, ma quando questi le parla di matrimonio e di li, torna con i piedi per terra e capisce che il suo destino è con Bube.
Il romanzo di Cassola viene accolto calorosamente dal pubblico, ma non altrettanto dalla critica che esprime giudizi contrastanti. Asor Rosa, per esempio, parla di crisi del populismo in Cassola e ne individua i motivi nella rappresentazione del popolo come vittima e non come protagonista della storia: Dietro l'anticomunismo di Cassola c'è infatti - spiega - una radicale sfiducia nell'operare umano, nelle possibilità effettive di una trasformazione del mondo. La Resistenza [] viene nelle sue opere rappresentata semplicemente come l'occasione perduta, come il pretesto storico di un nuovo tradimento delle ingenue speranze popolari. (Cfr. Scrittori e popolo, cit. p. 261) Il populismo di Cassola viene definito esistenziale poiché in un ribaltamento di piani dall'oggettivo al soggettivo Cassola dà del popolo un'immagine autobiografica, trasferendo nel popolo il proprio mondo interiore. Quindi al posto di un'attenzione vera per il popolo, Cassola propone un'Arcadia dei sentimenti. Secondo Asor Rosa, Mara è il tipico personaggio cassoliano che viene presentato come vittima e non può incarnare, alla fine del romanzo, un ideale etico perché in lei carattere e moralità coincidono e la sua presunta forza interiore è semplice istinto.
Francamente mi sembra una visione eccessivamente negativa poiché, anche se le prime reazioni di Mara sono istintive, ripensandole riesce a prenderne coscienza e, anche se la sua determinazione nasce dalla sofferenza, si dimostra un personaggio attivo.
Annoni definisce Cassola il narratore elegiaco per eccellenza che crea, per le sue storie, atmosfere cecoviane a tinte smorte e disegna le sue ure d'operai secondo moduli dolenti di realismo esistenziale. (Cfr. C. Annoni, La narrativa della resistenza: probabile catalogo in "Vita e pensieri', giugno-luglio, 1970, p. 32) Se l'antifascismo, la Resistenza e il dopoguerra sono vissuti come semplici elementi della quotidianità, dove l'unica speranza di miglioramento viene dal comunismo, interessante è la descrizione del gruppo operaio all'interno del quale si distingue la ura del leader (nel nostro caso è il padre di Mara). Cassola non propone il solito intellettuale tormentato e inquieto, ma un semplice operaio al quale si preoccupa di fornire una seppur elementare coscienza. La ragazza di Bube non sembra convincere Annoni, che predilige l'atro lavoro cassoliano di argomento resistenziale, Fasto e Anna, e considera il romanzo di Mara un prodotto consumistico confezionato apposta per soddisfare il bisogno di facili emozioni della società degli anni Sessanta.
Concludo con Geno Pampaloni, autore dell'Introduzione all'edizione del romanzo che ho letto. Pampaloni vede, nel modo di Cassola di considerare la Resistenza, il riaffiorare del groviglio di sentimenti e risentimenti prefascisti del popolo toscano e in Bube, cresciuto in quel mondo, la fusione di giudizio moralistico e sentimento poetico che si incarna in un'immagine metaforica: l'errore compiuto da Bube. Il grosso sbaglio fatto è vissuto da Bube, non tanto con rimorso, quanto con un senso di fastidio. Mara, da parte sua, non analizza l'errore ma lo accetta e al giudizio sostituisce il sentimento. I due giovani sono stati traditi dal partito che ha rubato loro la giovinezza. A questo punto il significato politico del romanzo coincide con quello poetico: una generazione sconfitta nella sua giovinezza.
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