letteratura |
"I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi."
La riflessione del narratore guida ad un giudizio che va al di là dell'episodio al quale si riferisce. Svolgete l'argomento in un tema, seguendo un chiaro itinerario logico:
Nell'epoca in cui il Manzoni colloca "I Promessi Sposi", vivere una vita onesta come si fa ai giorni nostri, era molto difficile: non a caso, la frase è situata in un momento difficile per Renzo. Resosi conto che l'impedimento al matrimonio è Don Rodrigo, pensa alla vendetta come mezzo di riscossa. Giustamente, Manzoni fa notare che colui che fa torto trasforma la vittima in carnefice: quante volte, infatti, capita di desiderare, in un momento di rabbia, il male di chi ci ha ferito? Renzo, come qualsiasi persona, alla scoperta reagisce con la più umana delle reazioni: il desiderio di vendetta, che portato a compimento eliminerebbe tutti gli ostacoli che si pongono davanti al matrimonio.
Sicuramente, Manzoni doveva avere una concezione del giusto e sbagliato molto romantica, inteso che per lui il rispetto per il prossimo doveva essere molto importante: da questa frase si può avvertire quanto forte fosse l'attaccamento alla patria e quanto forti fossero i principi morali del Manzoni. Ne deduco quindi che per Manzoni il letterato non è solo colui che scrive, che crea e produce uno scritto, ma è anche una sorta d'insegnante che ha come compito il trasmettere le sue conoscenze, incitando i lettori a quel che è giusto e alla civiltà.
Dal mio punto di vista, concordo nell'affermazione, in quanto anche la più pacifica delle persone reagisce davanti a un sopruso, ma quanto al ruolo del letterato, non concordo tanto, in quanto penso che lui debba essere obiettivo e dare una versione quanto più impersonale di qualsiasi argomento.
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