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Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
L'Esistenzialismo sorge intorno agli anni '30 come corrente filosofica in seguito alla crisi di valori che si determinano in Europa dopo la prima guerra mondiale quando, dalla tragedia del conflitto, si passò in tanti paesi del nostro continente all'oppressione della libertà, con l'instaurazione di regimi dittatoriali. Tale filosofia è caratterizzata da una sfiducia nell'agire umano e soprattutto nel potere della ragione di fronte a situazioni tanto imprevedibili e inarrestabili. Si accentuò quindi la convinzione di uno stato di insicurezza e di angoscia, connesso con la conoscenza dei limiti dell'esistenza. L'attenzione di questa corrente si concentra proprio sui caratteri irriducibili dell'esistenza umana, dove per esistenza si intende il modo di essere proprio dell'uomo, il suo rapporto col mondo esterno e con gli altri uomini. Questa analisi dell'esistenza portò ad affermare la limitatezza dell'uomo, gli ostacoli che ne compromettono la libertà, i rischi e i pericoli di tutto il suo vivere in un mondo in cui egli è 'gettato' e in cui si trova abbandonato ad un determinismo che ne può distruggere ogni iniziativa.
Questa corrente filosofica si diffonde nel campo letterario intorno agli anni '50 provocando il tramonto definitivo del Neorealismo, in concomitanza con il mutamento del clima politico e civile in Italia.
La letteratura neorealista era stata la letteratura della denuncia e della speranza, era stata il corrispettivo di quella grande attesa di rinnovamento, che penetrò subito dopo la caduta del fascismo e nonostante le rovine della sconfitta. Ma ben presto quelle speranze si rivelarono esagerate ed ingenue; in Italia, infatti, non avvennero svolte incisive e rivoluzionarie sul piano sociale. Ebbe luogo certamente il miracolo della ricostruzione delle rovine del dopoguerra vi fu un accrescimento della produzione e della ricchezza grazie alla quale l'Italia si trasformò da paese ad economia agricola in paese prevalentemente industriale. Ma gli effetti furono:una più profonda distanza economica tra il Mezzogiorno e il Settentrione (col conseguente fenomeno delle migrazioni verso il Nord), il divario tra le diverse classi divenne permanente e la ricchezza venne concentrandosi piuttosto che equamente distribuendosi. Entrò dunque in crisi la fiducia nel futuro degli uomini del secolo dopoguerra, i quali speravano in una vita migliore caratterizzata dalla fine dello sfruttamento e dall'inizio di una nuova libertà sia sul piano ideale che su quello sociale. Usando, dunque, il termine 'romanzo esistenziale' intendiamo indicare opere in cui lo scrittore si rivolge a ritrarre, con atteggiamenti pensosi ed elegiaci, la quotidiana e modestia esistenza dell'uomo, sentendolo condannato a vivere 'eternamente' nella solitudine e nel causale succedersi di eventi contro cui l'uomo non può far nulla. Tale atteggiamento dello scrittore deriva dalla sfiducia nell'esito finale del processo di rinnovamento dell'umanità dalla conoscenza di un andamento contraddittorio della condizione e dei fatti umani; altre volte a tutto ciò si aggiunge un'esperienza personale di sofferenze e d ingiustizie, che porta naturalmente lo scrittore a ripiegarsi su se stesso e a considerare pessimisticamente la condizione dell'uomo nel mondo.
Sarebbe comunque ingiusto pronunciare un giudizio storico negativo su questa nuova letteratura, sarebbe frettoloso considerarla come una letteratura di sfiducia e di pessimismo totale. In realtà se manca l'allegria del neorealismo, permane sempre in essa una sollecitudine morale.
A tal filone appartiene il romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che ebbe grande successo anche all'estero e che può essere considerato una tappa fondamentale della nostra recente letteratura, poiché segna definitivamente la fine della stagione neorealistica e l'inizio di quella esistenzialistica.
Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa, nasce a Palermo nel 1896 da una delle più nobili ed antiche famiglie siciliane. Era ricco di cultura tradizionale, ma soprattutto moderna ed europea poiché conosceva bene l'inglese, francese e tedesco e anche grazie ai suoi viaggi all'estero.
Il suo grande e unico capolavoro è il romanzo intitolato Il Gattopardo a cui lavorò per circa 25 anni, anche perché fu più volte respinto dagli editori; il libro fu infatti pubblicato nel '58 dopo che Vetturini ne aveva rifiutato la pubblicazione.
Il protagonista della storia è Fabrizio Corbera, principe di Salina, appartenente ad una famiglia dell'alta aristocrazia siciliana nel cui stemma di famiglia campeggia un gattopardo e nel quale in realtà l'autore ritrae il bisnonno astronomo Giulio e un po' anche se stesso, per questo motivo il romanzo è considerato anche autobiografico.
La vicenda si svolge in Sicilia durante la spedizione dei Mille. Lo sbarco dei garibaldini turba relativamente il principe il quale si rende conto della decadenza della sua classe che verrà sostituita da una nuova classe sociale peggiore della prima e costituita, non da gattopardi, ma da sciacalli, da gente avida di guadagni. Egli non fa nulla per impedire questo cambiamento e attribuisce la colpa di tutto ai tempi. Il principe così, per proteggere la propria famiglia dall'avanzata dei garibaldini, chiede la protezione a un suo dipendente di nome Russo, il quale aveva amici nell'ambiente liberale.
Il principe si sentì umiliato nel vedersi protetto dagli amici di Russo, ma i tempi mutavano e lui non avrebbe potuto far nulla per cambiare la situazione poiché convinto che la storia è inarrestabile. Egli trova nell'astronomia e nella caccia i momenti più autentici della sua giornata, lontano da tutti e dal tempo e trascorre ore in comnia delle sue stelle con le quali ha una vera intesa. Un giorno il principe, parlando con Padre Pirrone nel suo studio, gli disse che la realtà e mobile e bisogna adattarsi ad essa 'come le alghe si piegano sotto la spina del mare', considerazione questa che rispecchia la sfiducia esistenzialistica nelle capacità d'azione dell'uomo. Per questa sua convinzione, il principe sostenne il nipote Tancredi che si arruola tra i garibaldini e che poi tornò a casa con la divisa dell'esercito regolare del re di Savoia. Tancredi, però, decise di unirsi ai garibaldini non per spirito patriottico o per esigenza di rinnovamento della società italiana, bensì proprio per evitare ogni cambiamento, per imbrogliare entro l'alveo della conservazione la carica potenzialmente rivoluzionaria di quanto sta accadendo: 'se non ci siamo anche noi quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi'.
Il principe ammirò comunque Tancredi perché era un giovanotto sveglio, coraggioso e fiducioso nel suo avvenire. Il simbolo della nuova realtà è il matrimonio tra Tancredi, uomo aristocratico, e Angelica, lia di don Calogero Sedara, un sensale arricchitosi, che si guadagnò la stima del principe tanto che il principe suggerì al cavaliere Chevalley di offrire la nomina di senatore, che lui aveva respinto, a don Calogero per i suoi 'meriti pratici'.
Corre per tutto il libro un senso di declino, dissoluzione e morte. L'atmosfera di morte si può notare sin dalle prime ine del romanzo dove il giardino del principe, con le sue rose simili a 'cavoli color carne', sprigiona un inquietante senso di morte.
Tutto il romanzo è permeato da questo sentimento. Durante il ballo nel palazzo panteleone, il principe pensa alla sua morte guardando un quadro dello studio di Don Diego; basti pensare ancora alla morte improvvisa dello stesso principe di Salina e delle sue tre lie che vivono fra vecchi ricordi su cui si deposita la polvere del tempo.
La funzione dela morte come motivo conduttore del romanzo è documentata, anche sul piano stilistico, dall'insistenza di taluni termini tematici come 'lutto'. 'lugubre', 'funereo', 'feretro', 'rantolo' ('venti che arpeggiano il proprio lutto', 'suggerimenti funerei delle cornacchie').
Il motivo della morte trova frequenti rapporti e corrispondenze nel paesaggio. È proprio dalla conoscenza esistenziale dell'inafferrabile fluire di tutto verso il nulla che si nutrono i motivi poeticamente più alti e originali de Il Gattopardo.
Visto nele sua struttura generale, Il Gattopardo potrebbe sembrare un romanzo storico: collocato in Sicilia, narra eventi dal 1860 ai primi del nostro secolo, ma la parte più importante si riferisce al passaggio dalla dinastia borbonica al nuovo regno unito d'Italia.
Il Gattopardo è però solo in apparenza un romanzo storico, esso non presenta la verità dei fatti nel loro ordine cronologico, né possiede il gusto degli intrecci e delle trame. Esso si svolge per momenti che appaiono slegati l'uno dall'altro da vuoti narrativi, il suo autore sembra più inclini a isolare, ad approfondire attimi genti delle vicende e della vita dei personaggi.
Il romanzo di Tomasi è secondo Arnaldo Bocelli << una confessione autobiografica trasposta in forme storiche, un'amara visione della realtà politica e sociale della Sicilia e in genere della vita contemporanea proiettata in un passato che viene vagheggiato con elegiaca trepidazione, come un tempo perduto e insieme giudicato e ironizzato con caustico distacco >>
Il Gattopardo non è quindi un romanzo storico, esso presenta infatti il dramma del principe Fabrizio Corbera di Salina che va oltre la situazione concreta: è il dramma esistenziale del fluire inesorabile di tutto verso il disfacimento e di tutto verso morte.
Tomasi, secondo il Petronio, avrebbe proiettato << la 'delusione storica' del secondo dopoguerra sulla fine del risorgimento dando voce a una sfiducia, malinconica ed elegiaca nella storia e nelle possibilità di riscatto o progresso >>, infatti, tra i motivi per i quali il principe rifiuta la nomina a senatore, vi è la consapevolezza dell'impossibilità di cambiare le cose, accettare la nomina a senatore equivarrebbe ingannare se stesso; meglio << ritirarsi in un cantuccio e stare a guardare i capitomboli e le capriole dei giovani attorno a questo ornatissimo catafalco (il nuovo stato) >>
Il principe non crede al progresso della storia, per lui la rivoluzione è << una rumorosa, romantica commedia con qualche macchiolina di sangue sulla veste buffonesca >>: la vecchia nobiltà sarebbe decaduta ma i contadini avrebbero continuato a lavorare duramente e i servi avrebbero soltanto cambiato padrone. La celebre proposizione << se vogliamo che tutto rimanga com'è bisogna che tutto cambi >>, significa che bisogna adattarsi a tutte le innovazioni per soddisfare la vanità rivoluzionaria degli uomini e, assecondandole esteriormente, fare in modo che nulla si muova o si trasformi profondamente. L'espressione sembra attagliarsi ala condizione della Sicilia, con la sua secolare arretratezza e immobilità. Ma, in realtà, ha un significato più profondo: sta a significare un radicale scetticismo storico, una totale diffidenza nell'operare degli uomini e nei loro sforzi di migliorare i loro assetti.
Anche per questo il romanzo di Tomasi non può essere considerato storico perché non da le motivazioni storiche dell'immobilismo e dell'arretratezza siciliane, la rappresentazione storica è, cioè, solo un pretesto da cui far nascere poi un lamento sulla sterilità delle illusioni e dell'agire umano: da ciò le polemiche, il rifiuto di Vittoriani, ma anche gli entusiasmi che il romanzo suscitò non solo in Italia.
Il discorso critico sull'opera del Lampedusa non può che essere ancora considerato chiuso: il tempo si pronuncerà sulla validità artistica del romanzo.
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