letteratura |
Inquadramento del personaggio dell'Innominato
La descrizione del castello: una svolta nel mondo narrativo del Manzoni
L'Innominato e Getrude
La dissolvenza
A)Inquadramento del personaggio dell'Innominato
L'Innominato il secondo grande personaggio
storico del romanzo, dopo Gertrude. Nel suo caso, il Manzoni applica la poetica
dichiarata nella Lettere Monsieur Chauvet, di integrare cioè i
dati offerti dalla storia con la poesia, qui in veste di approfondimento
psicologico e di storia d'anima, ossia quella vicenda interiore che la storia
non può registrare e che compito dell'artista di riprodurre. Il
personaggio storico e psicologico insieme avrebbe dovuto poi servire a
rappresentare tutta una condizione della società , e questo era
precisamente la funzione del romanzo storico come genere letterario. Ecco
perché le ine di approfondimento psicologico sull'Innominato sono tra le pi
grandi, accanto a quelle dedicate a Gertrude, del romanzo. Si gioca in modo mirabile
tutto l'impianto della poetica manzoniana.
Il personaggio colto nel momento del passaggio da una vita malvagia e
scellerata a una vita di bene, e potrebbe pertanto prestare il fianco ad una
lettura miracolistica, giansenista, esterna del fenomeno della conversione.
Abbiamo gi detto a proposito della conversione di Lodovico-Cristoforo che nel
Manzoni non vi nulla di tutto questo. La Grazia non opera mai dall'esterno, con
l'estasi o la forza di un possesso che travolge, ma dall'interno, come forza
che germina dalla linfa stessa dell'anima di chi vive una rinascita, o una
reincarnazione; anche l'Innominato pertanto colto nel momento in cui le
peculiarità della sua natura (volontà fortissima, tenacia di carattere,
coraggio, volizione) lo hanno reso apparentemente signore della realtà ,
e hanno soddisfatto quell'anelito ad una libertà assoluta che erano i
presupposti del suo Io smisurato. Il piacere del comando e del potere hanno acquietato
finora il suo senso della vita, apato la sua natura: ma ora egli vuole
qualcosa di meno esterno e di pi vero: vuole il dominio anche sullo spirito. Ma
per poterlo fare, occorre avere dominio non solo sul proprio passato ma anche
sul proprio futuro. E qui le sicurezze dell'Innominato s'inceppano. Come
sarebbe stato il futuro, visto che oramai la morte si appressava? Sarebbe stato
il nulla eterno? Oppure sarebbe stato la vita del cosmo, governata da una legge
che egli aveva sempre voluto ignorare o disprezzare, la legge di Dio? Se la
morte fosse stata confluenza in Dio, e non nulla eterno, allora tutta la sua
vita fino ad ora non avrebbe pi senso, perché sarebbe solo una disarmonia
nell'armonia, un controsenso. E' proprio l'istinto che rende insoddisfatto
l'Innominato: accanto a queste meditazioni sulla morte, egli sente, arrivato al
culmine della maturità , ma ancora al di qua del declino, tutta la
spaventosa solitudine in cui la sua situazione di eccezionalità e
superiorità l'hanno relegato. Questo stato interiore 'nuovo',
inoltre, gli si affaccia alla mente con grande evidenza reale, non in uno stato
di allucinatoria vaghezza, come sarebbe normale per uno spirito medio: ecco allora
le voci potenti, i 'no imperiosi' da cui egli viene dolorosamente trafitto:
il senso irrevocabile di un essere supremo che gli grida 'io sono per
', il blocco di fronte alla consuetudine delle azioni scellerate, che
finirà col rendergli intollerabile questa ultima, di consegnare Lucia
nelle mani del suo persecutore. Anche a conversione avvenuta, la
religiosità dell'Innominato sarà tutta fatta di questi moti
istintivi dello spirito, sorretti da un'eccezionale forza ed impeto, che
saranno trasurati dal popolino come la sua 'santità '.
Come si vede da quanto detto, il punto centrale nel conurarsi della vicenda interiore del personaggio sta proprio nel problema del tempo, del dominio del futuro. La domanda centrale il celebre 'Invecchiare, morire, e poi?', con cui l'ansia del controllo del futuro si pone allo spirito del personaggio. Ora va detto che quest'ansia anche quella dello spirito romantico: ansia d'infinito, volontà di dominio non solo dello spazio, ma, appunto, anche del tempo, attraverso la fantasia creatrice, e salto oltre il tempo attraverso la totalità dello spirito. Questi contenuti per non furono tipici del romanticismo lombardo, di cui come sappiamo il Manzoni fu uno dei pi alti esponenti, ma del romanticismo d'oltralpe, che qui e sicuramente per la prima volta come uno dei moduli culturali del romanzo.
B) La descrizione del castello: una
svolta nel mondo narrativo del Manzoni
Il Manzoni si avvicina dunque al grande filone del romanticismo
spiritualistico, uno dei pi comuni alla cultura europea dell'800.Come possiamo
affermare ci sul testo? Non tanto affermando che nella descrizione del castello
il paesaggio sia un paesaggio stato d'animo, come nella fuga di Renzo verso
l'Adda, quanto rilevando come molti fra i dettagli siano porti dal Manzoni in
modo da giovare al romanzesco e al fantastico: si pensi alla valle
angusta e uggiosa, all'aspra giogaia di monti, al nido
insanguinato dell'aquila: tutti elementi volti a suggerire l'atmosfera
di un castello fiabesco, immerso nella suggestione di una paura tetra. Un
castello alla maniera dei romantici, di un Walter Scott, qui sussunto a vero
modello, in modo assai scoperto. Il personaggio stesso ci presentato
all'insegna dell'eccezionalità , secondo questo romanticismo sinora
estraneo al Manzoni, che si rifà anche a modelli quali il byronismo, il
bisogno di andare oltre, di superarsi al di l del bene e del male. Se il
Manzoni aveva detestato e beffeggiato i superbi e i violenti, ora ammira la
grandezza di uno spirito coerente nella superbia e per i risultati della sua
violenza. Siamo indubbiamente di fronte ad una svolta importante. Il narratore
alla ricerca di qualcosa di nuovo, dopo aver assunto e dominato il suo consueto
realismo.
Non che esso venga meno, per : semplicemente sottomesso alla necessità di porre al centro l'eccezionalità del selvaggio signore: ed proprio all'opera, per contro, quando tale eccezionalità pare al Manzoni essere stata un po' troppo esagerata. Così inquadriamo i bravi della Malanotte e soprattutto la vecchia custode di Lucia, su cui ritorneremo meglio nel commento al cap. XXI .
C)L'Innominato
e Gertrude
Anche gli altri personaggi, cioè Don Rodrigo e Gertrude,
sono nell'economia del modulo funzionali al rafforzamento
dell'eccezionalità dell'Innominato. Per Don Rodrigo facile: ricorre ai
mezzucci che la sua mediocrità gli ispira per convincerlo a prendere su
di s l'impresa, non avendo il minimo sentore della vicenda d'anima che agita il
suo ospite, il quale accetterà solo perché la tentazione di rinunciarvi
gli pare come un'incredibile atto di debolezza (ancora).
Gertrude stata vista qui in antitesi
all'Innominato, soprattutto grazie al confronto fra i due 'no':
quello imperioso che si affaccia alla mente dell'Innominato sotto forma di un
potente istinto, e quello che ella non sa dire di fronte all'ennesima
scelleratezza in cui Egidio la coinvolge. Per allo stesso tempo Gertrude non
rimasta immune dal contatto con Lucia, e, proprio mentre commette un peccato
ancora pi odioso della complicità nei delitti, il tradimento di chi le
si affidato, nasce anche il tema della sua futura salvezza: infatti Lucia le
pare un mezzo di espiazione, e dunque ha gi in questo senso in
s i presupposti per tornare un'anima religiosa.
Lucia in tutto il modulo appare occasione, pi che strumento
di Grazia, ed interessante notare come questo legame, a noi gi noto, di Lucia
con la Grazia, appaia manifesto in quell'affermazione 'si rivolse a Colui
che tiene in mano il cuore degli uomini e può , quando voglia,
intenerire i pi duri', che una forte scopertura del narratore, perché si
rivela a metà fra un atteggiamento messianico ed uno mistico.
D) La dissolvenza
Con questo termine tecnico si vuole indicare una tecnica narrativa
particolarmente felice messa in atto dal Manzoni. Accanto ai procedimenti
narrativi pi consueti, come il parallelismo, l'opposizione o la prosecuzione,
si trova anche la dissolvenza, quel procedimento che chiude una scena e ne apre
un'altra, senza stacco, ma con un'insensibile mutazione.
E' ci che avviene, per esempio, all'inizio stesso del modulo: la
valle angusta e uggiosa. Angusta si riferisce allo spazio, uggiosa
significa senza sole. Ma in realtà , per un effetto di
dissolvenza, noi abbiamo che questi due aggettivi così pregnanti
preparano il passaggio dalla descrizione del paesaggio a quello dell'anima
dell'Innominato. L'angustia in realtà gi quella della miseria del mondo
terreno su cui il selvaggio signore sente il bisogno di elevarsi, mentre
l'uggiosità rimanda a quel senso di angosciosa solitudine che
l'Innominato avverte come un'intollerabile morsa del suo vivere. In questo modo
il trapasso fra parte descrittiva e parte psicologica avviene quasi insensibilmente,
e per effetto di una mirabile scelta lessicale operata dal narratore.
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