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J. J. ROUSSEAU
IL SUPERAMENTO
DELL'ILLUMINISMO ED
IL CONTRATTO SOCIALE
J.J. Rousseau nasce nel 1712 a Ginevra e rappresenta la generazione avanzata
del "secolo dei lumi". La cultura illuminista aveva conosciuto, con Diderot e
Voltaire, il suo momento di massimo splendore riuscendo ad aprire un ampio
dibattito sui principi di eguaglianza e di libertà che avrà come
naturale conclusione la rivoluzione francese del 1789 le cui parole d'ordine
furono, appunto, "libertà, fraternità ed eguaglianza".
Le idee liberali di cui sarà impregnato il XVIII secolo hanno come padre
nobile Voltaire tanto che Victor Hugo ebbe a dire: "Il '700 è Voltaire"
e Luigi di Borbone, prigioniero dopo il tentativo di fuga dalla Francia
rivoluzionaria, accusò il filosofo di "aver rovinato la Francia".
Con Rousseau, invece, si entra in una seconda fase del pensiero illuminista, in
cui l'elemento razionalista viene a convivere obbligatoriamente con il recupero
del sentimento e di alcuni elementi che fecero del filosofo ginevrino un precursore
del pensiero romantico.
Non c'è più una fede nel progresso e nella scienza anzi,
recuperando autori classici (da Plutarco a Seneca) si accusano le arti e le
conoscenze scientifiche di aver provocato la corruzione dell'uomo che, invece,
nel suo stato di natura (condizione mai esistita realmente in un preciso
momento storico) viveva in una sorta di "età dell'oro" in cui poteva
godere ed usufruire di tutti i suoi diritti naturali che ne facevano un essere
felice e libero.
La critica di Rousseau è rivolta soprattutto verso i giusnaturalisti e
verso Hobbs i quali hanno proiettato nella propria concezione di uomo ideale le
caratteristiche dell'uomo civilizzato finendo, così, per giustificare i
difetti di quest'ultimo.
Altra tematica del pensiero politico è la ricerca dell'uguaglianza e
della comunanza dei diritti come condizione base dell'esistenza dell'uomo.
L'uomo, contrariamente a quanto sostenuto da Hobbs, e a quanto a ciò che
era stato detto da Locke, non può alienare alcun diritto: la
società è un corpo sociale che rappresenta tutti i suoi
componenti i quali hanno stipulato liberamente un patto con il quale hanno
riposto tutti i loro diritti nella stessa comunità di cui sono
partecipi; vi è, quindi, un corpo sociale composto da tutti gli
individui che lavorano insieme per la comunità stessa.
Opera principale in cui sono contenute tali tematiche è il "Contratto
Sociale", scritto nel 1762 e divenuto uno dei principali testi di "dottrina
politica" della storia del pensiero moderno.
Nella prima parte dell'opera Rousseau descrive le condizioni dell'uomo nello
stato di natura: "(l'uomo naturale) è un animale meno forte di alcuni,
meno agile di altri, ma nell'insieme, organizzato più vantaggiosamente
di tutti"(3) in quanto ha bisogni modesti, passioni elementari e timori
limitati. Progettualità ed immaginazione sono assai limitate poiché vi
è una vita in simbiosi con la natura.
Nel pensiero di Rousseau è assente, inoltre, ogni giudizio di tipo
morale: vivendo isolato l'uomo naturale non può essere né buono, né
cattivo. Esistono, invece, tendenze per così dire "naturali", anteriori
alla razionalità quali l'autoconservazione (amor di sé) e la
pietà per gli altri intesa come naturale ripugnanza al dolore ed alla
violenza. Non è, però, corretta l'equazione uomo
naturale-animale, poiché l'uomo naturale è capace di perfezionarsi,
sviluppando le proprie facoltà e le proprie capacità giungendo ad
avere una propria storia.
Tale perfezionabilità è tragicamente ambivalente: infatti in essa
convivono progresso e corruzione intesi come sviluppo delle potenzialità
umane unitariamente alla rottura totale dell'equilibrio naturale ed originario
della condizione dell'uomo.
La seconda parte dell'opera descrive l'incredibile e straordinario sviluppo
delle potenzialità dell'uomo che, attraverso la scoperta e l'attuazione
delle principali attività dell'uomo civilizzato (agricoltura,
artigianato, ecc. . ) trasformano l'uomo aumentandone i bisogni fino a
trasformare "l'amore di sé" in un egoistico "amore proprio" tanto che, con l'introduzione
della proprietà privata, si giunge alla scoperta della disuguaglianza
tra ricchi e poveri, tra chi possiede e chi è nullatenente. Si
può, quindi affermare che la disuguaglianza è un frutto della
storia e della civiltà e non della natura.
Il contratto in Rousseau è il momento in cui gli individui giungono
consapevolmente e liberamente a costruire la società attraverso un patto
di associazione e non di sottomissione perché ogni individuo nel cedere alla
comunità la propria sovranità diviene automaticamente sovrano di
sé stesso.
L'atto costitutivo della comunità avviene sul piano di una assoluta
uguaglianza: così non esiste nessun rapporto di dipendenza fra gli
individui, ma soltanto un legame di ciascuno con la realtà
politico-associativa, cioè un legame con se stessi.
Altro tema importante dell'opera è il concetto di "volontà
generale", che non è la semplice somma delle volontà particolari,
ma è la volontà dei cittadini visti come corpo comune: è
qualche cosa di qualitativamente e quantitativamente diverso dalla somma delle
singole volontà particolari.
Seguendo la "volontà generale" si riesce a governare la politica
attraverso la "sovranità" che trova espressione nella "legge".
C'è un esplicito rifiuto del principio di delega; la democrazia di Rousseau
non è di tipo fiduciario come in Locke od in Montesqiueu, ma è di
tipo diretto, la sovranità non è divisibile e, pertanto, è
separata dal governo che ha come compito l'attuazione delle leggi e la difesa
della libertà.
La forma di governo monarchica viene quindi irrimediabilmente condannata e si
propende, ritenendo impossibile una reale democrazia diretta, per un modello di
tipo "aristocratico elettivo" sul modello della repubblica ginevrina in cui i
governanti sono pochi, ma eletti dai cittadini i quali possono esautorarli dal
potere quando lo ritengano opportuno.
Con il "Contratto Sociale" Rousseau,
per la prima volta nella storia della filosofia politica moderna, descrive un
ipotetico stato etico in cui impegna la "volontà generale" ed in cui il contratto
sociale è un patto dei cittadini con loro stessi per giungere alla
fondazione di una società di liberi ed eguali in cui sia possibile una
convivenza tra gli individui componenti.
La sicurezza e la libertà sono gli elementi costitutivi della nuova
realtà immaginata dal filosofo ginevrino: il loro perseguimento e la
loro conservazione sono gli obiettivi dell'uomo e della nuova comunità e
politica. Lo spirito di quanto detto nel "Contratto Sociale" ed in questo
modulo è riassumibile con le parole dello stesso Rousseau: "Trovare una forma di associazione che
difenda e che protegga con tutta la forza comune la persona ed i beni di
ciascun associato; e per la quale ognuno, unendosi a tutti, non obbedisca
tuttavia che a se stesso, e resti altrettanto libero di prima"(4). IL REGIME POLITICO IN
ROUSSEAU
Una volta analizzato il pensiero politico del filosofo ginevrino è
importante individuare la realtà empirica alla quale Rousseau vuole
applicare la propria filosofia.
Appurato che il compito dello stato per Rousseau è preservare le
intrinseche libertà dell'uomo naturale e garantirne la sicurezza e
l'incolumità è importante vedere come si possa giungere a
ciò dopo che l'uomo ha abbandonato lo stato di natura e stipulato il
contratto sociale.
Il "governo" è al servizio della volontà, ma non ne è il
depositario, è un organismo che si trova in posizione intermedia tra
cittadini e governo. Il governo decade ogni volta che il popolo si riunisce in
assemblea. In tale occasione cessa ogni potere del sovrano in quanto il popolo
rievoca a se tutti i poteri per la conservazione del patto sociale.
L'autorità sovrana viene preservata e perpetuata grazie alla
Costituzione che, qualora sia valida ed in grado di mantenere l'equilibrio
sovrano-governo. Col termine "sovrano" si intende colui che riesce "nel far guidare la forza comune dalla
volontà generale"(5). Questi è, quindi, il depositario del
principio di sovranità che possiede due diversi attributi:
inalienabilità ed indivisibilità.
La sovranità non può essere alienata poiché essa è in
stretta relazione con un'altra realtà, per sua natura inalienabile: la
volontà generale. Il sovrano può essere rappresentato solamente
da se stesso poiché è un essere collettivo.
Per i medesimi motivi neppure la volontà generale e la sovranità
possono essere divise.
Una Costituzione in grado di assolvere ai propri compiti è quella che
costringe il governo ad adempiere al proprio compito primario: l'applicazione
delle leggi e soltanto delle leggi. Le leggi, infatti, sono l'espressione
diretta e più autentica della volontà generale.
E' anche molto importante che le istituzioni politiche create dal popolo in
assemblea non rafforzino troppo la propria esistenza fino a non poter essere
sospese o mutate. Infatti leggi troppo rigide, non flessibili e non in grado di
adattarsi alle diverse realtà con le quali si troverebbe a contatto,
risultano essere pericolose e dannose.
Solo in casi eccezionali si può ricorrere a forme di particolare
rigidità e fermezza creando realtà politico-istituzionali
definibili con il termine "dittatura".
In tal caso, anche se ciò può apparire paradossale se confrontato
con ciò che si è detto fino ad ora e con ciò che si
può leggere nella prima parte del "Contratto Sociale", la volontà
generale non è affatto intaccata poiché, come ha scritto lo stesso
Rousseau: "E' evidente che il popolo vuole innanzi tutto che lo Stato non
perisca. A questo modo si sospende l'attività legislativa senza
abolirla; il magistrato che la fa tacere non può farla parlare; la
domina senza avere il potere di rappresentarla; può fare tutto eccetto
le leggi "(6).
Inoltre tale esperienza dittatoriale è, sull'esempio dell'antica Roma,
un evento che deve consumarsi in un breve lasso di tempo e non prolungabile in
modo che il dittatore, dovendo affrontare in breve tempo l'emergenza, non possa
fare futuri progetti personali di potere spinto dalle proprie ambizioni.
La ricerca della migliore forma di governo deve essere compiuta tenendo ben
presente due principi fondamentali: la libertà viene meglio preservata e
difesa nelle comunità composte da un basso numero di individui poiché in
caso contrario si assiste ad un progressivo sgangiamento delle singole
volontà particolari dalla più ampia volontà generale.
In secondo luogo bisogna tenere presente che quanto è maggiore il numero
dei governanti tanto è minore e più debole l'incisività
risultante dall'azione del governo poiché un tale esempio di governo deve
concentrare troppa parte della propria azione su se stesso non riuscendo,
così, ad avere abbastanza forza pubblica da impiegare in un'azione che
abbia ripercussioni tali da coinvolgere tutto il popolo.
Rousseau recupera una terminologia comprendente espressioni quali monarchia,
aristocrazia, democrazia e repubblica, o, per esprimersi utilizzando un
linguaggio più rigoroso, si deve parlare di governo monarchico, di
governo aristocratico e di governo democratico.
Tali forme di governo differiscono per quanto riguarda il luogo di allocazione
del "concetto di governo": nel primo caso esso è nelle mani di un solo
magistrato, nel secondo di poche persone e nel terzo dell'intero popolo.
Le forme di governo citate ed analizzate sono tutte legittime poiché guidate
dalla volontà generale e dalla legge che è espressione della
già citata volontà generale.
La democrazia viene vista come una forma di governo insufficiente in quanto non
è mai esistita realmente in nessun luogo poiché si tratta di un governo
adatto agli dei: "Un tale governo tanto perfetto non conviene agli uomini"(7).
Nel Terzo libro del IV modulo "Contratto Sociale" col termine democrazia si
intende quella forma di governo in cui il popolo , in quanto corpo, applica
direttamente le leggi: c'è una palese unione tra legislativo ed
esecutivo.
Ciò è visto in maniera negativa poiché il popolo distoglie il
proprio interesse dalle idee generali per applicarlo alle necessità
particolari in quanto è venuta meno la distinzione tra sovrano e popolo:
i due poteri devono restare necessariamente divisi.
L'aristocrazia viene apprezzata nella sua accezione elettiva e condannata,
invece, nell'accezione ereditaria. Si assiste, quindi, ad una sorta di governo
dei migliori che, una volta posti alla guida dell'esecutivo, possono occuparsi
del governo guidando il popolo tenendo come obiettivo finale, ovviamente, il
massimo e supremo interesse del popolo medesimo.
L'aspetto negativo di tale forma di governo sta nel fatto che la volontà
generale può risultare mortificata a vantaggio della volontà di
una sola parte: i governanti.
L'ultima forma di governo, quella monarchica, viene apprezzata per la forze
vigoria che è in grado di esprimere, ma viene condannata in quanto
può divenire illegittima, ossia espressione della volontà
particolare, cioè dell'ambizione dei potere di un singolo.
E' questo tipo di monarchia illegittima basata su un potere abusivo quella
tipica del dispotismo illuminato e del pensiero assolutistico.
Poiché nessuna di queste forme di governo è quella perfetta ci si
interroga come si debba scegliere il tipo di potere esecutivo uno stato debba
adottare. Si è, quindi, alla ricerca di un nuovo criterio selettivo in
campo politico per creare l'organigramma di uno stato.
L'elemento che viene indicato dal filosofo ginevrino per raggiungere tale meta
non è affatto né nuovo né, tantomeno, innovativo; infatti si prende in
considerazione la dimensione dello stato analizzato.
Ritorna l'elemento "clima" analizzato e scelto come criterio discriminante
già da Montesquieu nella prima fase del periodo illuminista.
Per gli stati piccoli vanno bene governi democratici, per gli stati medi quelli
aristocratici e quelli monarchici per gli stati di grandi dimensioni.
Si torna, quindi, all'affermazione iniziale che può essere riassunta
dicendo che, per tentare di ottenere la miglior forma di governo possibile, il
numero dei governanti deve essere inversamente proporzionale al numero dei
governati.
Rousseau indica, inoltre, anche criterio che può essere utilizzato per
verificare la bontà di un regime politico: si avrà un buon
governo in quelle realtà nelle quali il popolo aumenta di numero senza
bisogno di innesti ed interventi esterni.
In questo modulo è stata completata una breve analisi del pensiero
politico ed istituzionale di J.J.Rousseau; nei moduli seguenti si
cercherà di vedere come lo stesso autore abbia cercato di applicare tali
intuizioni politologhe in due realtà empiriche reali: la Corsica e la
Polonia. PROGETTO DI COSTITUZIONE PER
LA CORSICA
L'opera in questione venne pubblicata postuma nel 1861 (Rousseau la scrisse nel
1765) e la stesura non fu mai rivista; si tratta quindi di una forma
provvisoria che, nelle intenzioni dell'autore, andava rivista e ristrutturata.
Nonostante tali limiti l'opera è preziosa per evidenziare empiricamente
quanto detto nei due moduli precedenti riguardo la dottrina politica di
Rousseau.
Già nella prefazione si sottolinea l'importanza della valorizzazione del
carattere nazionale per la realizzazione di un buono stato. Infatti si deve
creare la nazione in funzione del governo impedendo così che si abbiano
quelle forti divaricazioni tra il corpo governante ed i governati che sarebbero
inevitabili qualora vi fossero troppe e troppo profonde discrepanze tra la
forma di governo adottata e le consuetudini, gli usi ed i costumi dei Corsi.
Poiché, come tutti i popoli, i Corsi hanno proprie peculiari caratteristiche
è bene che il governo che si va a realizzare le tenga presenti
riuscendo, così, a trovare la propria forza proprio nella popolazione e
nella nazione di cui dovrà esprimere la volontà.
Nel progettare la forma di governo dell'isola mediterranea il filosofo
ginevrino analizza la situazione di grande insicurezza e di grande
povertà della Corsica: principale compito del nascituro governo è
il garantire la sicurezza sociale dei cittadini mettendo fine al terrore dovuto
alla pirateria ed al brigantaggio.
Devono i Corsi stessi garantire la propria sicurezza: torna, così,
l'eterno monito di Machiavelli riguardo "De Principatibus novis qui armis
propiis et virtute acquiruntur"(8) che sono sempre da preferire, in quanto
più solidi e più duraturi, a "De Principatibus novis qui alienis
armis et fortuna acquiruntur"(9).
La Corsica è un'isola povera alla cui base economica vi può
essere solo l'attività agricola che prevede una distribuzione equamente
ripartita della popolazione su tutto il territorio nazionale: i contadini
risultano essere maggiormente affezionati alla terra e più legati alle
realtà locali rispetto agli abitanti delle città.
L'indicazione di una società prettamente agricola è già di
per sé un elemento caratterizzante della forma di governo da scegliere: il
governo democratico.
Ma la forma di stato democratica, come si è visto nel precedente
modulo della presente relazione, ha numerose controindicazioni legate alla
realtà in cui viene applicato; non si devono avere, come nel caso in
questione, comunità molto grandi. ½ è, in sostanza,
l'impossibilità di riunire in assemblea tutto il popolo come, invece,
può avvenire in una piccola realtà cittadina. Si deve, quindi,
riformulare la forma di governo giungendo ad un modulo misto in cui si riescano
ad avere i pregi del governo democratico temperandoli, però, con
elementi costituzionali in grado di evitare la degenerazione assembleare e la
perniciosa commistione esecutivo-legislativo.
Nella forma di governo mista progettata il popolo si riunisce in assemblea
soltanto in gruppi ben distinti in modo da poter essere egualmente in grado di
svolgere le proprie attività. Inoltre l'amministrazione è
composta da un ristretto numero di uomini scelti per le proprie capacità
e per le proprie competenze.
La lotta contro i pregiudizi e contro tutto ciò che può
ricondurre a servitù medioevali è da considerare un fatto
positivo poiché permette l'espressione del vero spirito del popolo corso.
Inoltre si deve avere un forte decentramento amministrativo e fiscale in modo
da stabilizzare la democrazia contribuendo, così, a sopperire
all'impossibilità di una riunione collettiva e completa di tutto il
popolo in assemblea.
L'opera di Rousseau prosegue con una filippica contro le città
individuandone l'estrema nocività in quanto fonte di corruzione del
sistema. L'esistenza di centri urbani articolati e sviluppati permette lo
sviluppo di attività commerciali ed industriali minacciando,
così, l'attività agricola sulla quale si è basato l'intero
sistema politico del governo democratico.
Ovviamente la città più nociva per eccellenza sarebbe la
capitale, il cui ruolo Rousseau condanna, ma, nonostante ciò, non si
può fare a meno di una sede riconoscibile per il governo. Si deve,
quindi, costituire una sede di governo che, come dice l'autore deve divenire
"più un capoluogo che una capitale"(10).
Compiuta quest'analisi preliminare della situazione corsa l'autore passa a
delineare in maniera più profonda la reale struttura di governo che si
vuole realizzare.
Si è stabilito già in maniera molto ampia, dettagliata e
particolareggiata che la sopravvivenza di un sistema di governo democratico
è collegato al mantenimento di un regime economico prettamente agricolo.
Così come se nelle valli svizzere gli abitanti abbandonassero le antiche
tradizioni e l'antico "status" di contadini si assisterebbe ad una forte crisi
della coscienza civica dei cittadini.
La forma di governo non solo trae origine dall'attività economica basata
sull'agricoltura, ma ha anche il compito di preservare tale attività
economica riuscendo, così, a preservare la propria esistenza. Vi
è, quindi, una forte relazione biunivoca tra l'economia e la politica
proprio nel momento della propria formazione.
Per preservare l'attività agricola si deve, da un lato legare
maggiormente i cittadini alla terra, e, dall'altro scoraggiare la nascita di
attività commerciali ed industriali.
Inoltre il legame cittadino-terra può essere rafforzato realizzando un
sistema sociale basato su tre classi (aspiranti, patrioti e cittadini): la
promozione da una classe sociale inferiore a quella superiore avviene
dimostrando il possesso e la capacità di coltivare un determinato
appezzamento. La terra è quindi un parametro di distinzione sociale per
creare un'ordinata struttura statale.
Si deve tenere ben presente che il possesso non viene auspicato ed apprezzato
in ottica capitalistica, ma come mezzo per far acquisire alla popolazione
determinati valori in modo che, una volta che li ha fatti propri e
metabolizzati, sia la popolazione stessa ad impegnarsi in prima persona nella
loro difesa e nella loro preservazione.
Il commercio deve essere dissuaso e contrastato impedendo che i prodotti ed i
beni di consumo in sovrapproduzione siano commercializzati attraverso l'uso della
moneta. I beni in eccedenza devono essere conservati in luoghi pubblici in ogni
realtà locale e devono essere scambiati con le eccedenze provenienti
dalle altre province.
Tale sistema economico, dopo parecchi anni di applicazione, finisce con
l'impedire la produzione di prodotti non necessari e non utilizzabili
dall'economia isolana.
L'economia sarà solo un modo per produrre ciò che serve per il
sostentamento dei corsi: "Bisogna che tutti vivano e che nessuno si
arricchisca"(11).
La vera ricchezza, quindi, non è né monetaria né materiale, ma è
spirituale, consiste nell'assicurazione dell'acquisizione di eterni valori che
vanno a soddisfare con il "carattere nazionale" del popolo corso.
Il quadro descritto è utile per giungere all'autosufficienza dell'isola
e per soddisfare tutti i naturali bisogni degli isolani educandoli saggiamente
alla vita laboriosa ed attiva estirpando, però, la cattiva pianta
dell'ambizione e della cupidigia.
Il progetto di costituzione viene così descritto in tutti i suoi aspetti,
sia tecnico-istituzionali, sia etico-morali.
Il compito principale ed il principio fondamentale dell'opera possono essere
ben riassunti con le seguenti parole dello stesso Rousseau: "Rendiamola (la
costituzione, n.d.a) tale che riesca a mantenere dovunque la popolazione in
equilibrio, e già con questo l'avremo resa il più possibile
perfetta. Se questo principio è buono, le nostre regole diventano
chiare, e il nostro lavoro si semplifica in modo stupefacente"(12). CONSIDERAZIONI SUL GOVERNO
DELLA POLONIA
La data di stesura dell'opera è l'anno 1771, ma la prima pubblicazione
è datata 1782.
Contrariamente all'opera inerente la Corsica questo scritto risulta essere
stato rivisto e rianalizzato dallo stesso autore che ritiene essere stato in
grado di completare l'intera opera in tutti i suoi aspetti affermando: "Ho
adempiuto secondo la misura delle mie forze al compito"(13).
Il problema principale della Polonia viene delineato nelle prime ine
dell'opera: occorre che essa riesca a mantenere la propria indipendenza e la
propria autonomia soprattutto dagli ingombranti vicini russi che da secoli
cercano di controllare i territori polacchi.
Ciò è possibile attraverso una ridifinizione dei confini dello
stato polacco ed un'educazione nazionale che faccia prendere coscienza di se al
popolo polacco.
Bisogna che i polacchi metabolizzino i propri caratteri nazionali assimilando
così un'ampia gamma di valori patriottici utili a formare un'idea forte
e duratura di patria in grado di cementare l'identità e l'unità
nazionale.
Viene ripresa la polemica contro la ricchezza e la cupidigia e si esalta la
ura del legislatore, cioè di colui che è in grado di formulare
leggi che riescano a formare il popolo ed a temprare lo spirito nazionale.
Per giungere a ciò l'elemento fondamentale è l'istruzione che
deve essere impartita a tutti i bambini da uomini liberi.
Aspetto fondamentale dell'educazione è rappresentato dal gioco che deve
essere comune a tutti i bambini, sia quelli che usufruiscono di una istruzione
pubblica, sia quelli i cui genitori preferiscono impartire un istruzione
privata e domestica.
L'importanza del gioco risiede nella capacità associativa e formativa
che esso esercita. Il giocare è sinonimo dello stare insieme e del
socializzare.
Per questi motivi una comunità sociale realizza meglio in quei casi in
cui i suoi componenti, fin dalla più tenera età, siano stati
abituati a forme di convivenza collettive in grado di rimuovere nocive pulsioni
egoistiche facendo, invece, emergere spinte altruistiche e promuovendo la
formazione di un comune "idem sentire" tra i diversi soggetti componenti della
comunità: giocando non solo si impara a stare insieme, ma si assimilano
meglio alcuni concetti basilari per una vera e completa educazione di un fanciullo.
Lo stato polacco, per risultare funzionante, deve essere costitutivo di
numerose diete locali che invieranno i propri delegati alla dieta nazionale,
rappresentante della volontà popolare.
Si giunge, così, alla realizzazione di un sistema amministrativo decentrato
e con una struttura "a grappolo d'uva" in cui si valorizza, in un primo
momento, ogni singola peculiare realtà amministrativa locale per poi
giungere, in un secondo momento, alla ricostituzione di un'unica ed unitaria
struttura amministrativa nazionale.
Il forte decentramento del potere è, per Rousseau, un buon viatico per
un corretto funzionamento delle istituzioni e del governo in modo anche da
rafforzare il legame fra i cittadini e le istituzioni ed aumentare al massimo
la partecipazione popolare dei cittadini medesimi nella vita pubblica tenendo,
così, fede a quanto già affermato in precedenza nel "Contratto
Sociale". Viene condannata la struttura governativa esistente in quanto,
assegnando tutto il potere ai nobili, soffoca la volontà generale e popolare
divenendo un ostacolo all'affermazione di una nazione polacca.
L'eccessiva produzione legislativa ed un potere legislativo fortemente
subordinato al potere esecutivo sono alla base della debolezza del sistema
politico-istituzione vigente.
A tali storture si può ovviare ricorrendo ad una ripartizione per
settori dell'esecutivo in modo da renderlo meno forte rispetto al legislativo.
Le leggi devono essere poche, giuste ed assimilabili dalla popolazione.
Per prevenire la corruzione e per meglio preservarne lo stato dai disastrosi
effetti è bene un forte e frequente ricambio dei componenti delle diete
impedendo, così, una cristallizzazione del potere personale dovuto
all'ossificazione degli incarichi, tutti sintomi della progressiva
degenerazione del sistema.
La dieta deve essere presieduta dal sovrano i cui poteri vanno ridotti e la cui
magistratura non deve essere ereditaria, ma elettiva: solo così si
potrà assicurare l'efficienza e la rettitudine di tale importante carica
istituzionale.
Vi deve essere, inoltre, una rimodulazione delle diete tra la componente
senatoriale ed i nunzi (cioè i componenti delegati), ciò deve
servire per fornire un maggiore equilibrio.
L'anarchia polacca è stata favorita proprio da questi disequilibri
esistenti nella struttura politica.
Come nell'opera relativa alla Corsica non manca un richiamo alla struttura
economica: vi è l'esaltazione del modello agricolo in quanto tale
economia rustica è funzionale alla prosperità morale del popolo
ed alla conservazione dei suoi valori e delle sue virtù.
Un modo per rinsaldare il legame cittadino-nazione è costituito
dall'istituzione di un servizio militare collettivo e perpetuo sul modello di
quello elvetico.
Ogni cittadino deve sentirsi sempre in uno stato di servizio permanente a
scadenze determinate e prestabilite: non deve esistere un servizio di leva sul
modello europeo perché ciò farebbe vedere il soldato come un brigante
(come, d'altronde, sono stati visti i soldati russi nei periodi di occupazione)
e non come il preservatore della sicurezza dei cittadini e della nazione.
Più che un esercito, quindi, si creare una forza di polizia civica.
L'opera si conclude con l'auspicio che si possa ben presto realizzare una forma
di governo come quella ideata dall'autore. Un governo di tale costituzione
dovrebbe soddisfare le esigenze dei polacchi ben interpretando le tematiche
già espresse nel "Contratto Sociale" e ribadite nelle "Considerazioni
sul governo della Polonia": "Mi sembra che un governo fondato su simili basi
debba dirigersi al suo vero scopo in modo il più possibile diretto,
sicuro e stabile, non ignorando inoltre che tutte le opere degli uomini sono
imperfette, passeggere e caduche come loro"(14). CONSIDERAZIONE FINALE
Il "Progetto di costituzione per la Corsica" e le "Considerazioni sul governo
della Polonia" possono essere considerate come l'attuazione empirica del
pensiero già espresso nel "Contratto Sociale", anche se le tre opere,
accanto a numerose analogie, presentano, anche, alcune differenze.
Tali differenze appaiono, in prima lettura, più numerose e più
lampanti in quanto l'assemblearismo ed il governo direttoriale sostenuti nel
"Contratto Sociale" vengono superati a favore di forme di governo mediate
contenenti alcuni elementi tipici del principio di rappresentanza.
Ciò, però, non deve essere visto come il rinnegare i principi del
"Contratto Sociale", ma semplicemente come la presa di coscienza
dell'impossibilità di applicare in maniera integrale ed estrema le tesi
assembleari pure e come la ricerca di nuove forme che, pur risultando
più funzionali, non vengono meno ai principi della legge e del governo
come espressione e tutela della volontà generale.
I principi del "Contratto Sociale" non solo non vengono meno, ma vengono
ribaditi poiché si afferma che negli stati analizzati l'aspetto culturale,
etico e morale viene ad avere una maggiore importanza rispetto all'aspetto
dell'ingegneria giuridico-costituzionale: l'idea dello stato e l'amor di patria
non devono essere imposte in maniera coercitiva dall'alto, ma devono essere
assimilate in modo graduale e volontario dalla popolazione essendo esse un
aspetto della formazione culturale nazionale di un popolo.
L'educazione alla libertà è uno dei temi comuni a tutte le opere
analizzate: la libertà è la capacità di immedesimarsi
nelle istituzioni in cui si vive.
Come è stato già detto in più occasioni l'educazione
assume un ruolo primario in quanto essa diviene "educazione nazionale", ossia
educazione alla nazione ed ai suoi valori .Tale opera educativa deve precedere
il momento costitutivo dell'entità nazionale facendo sì che essa
possa basarsi su pilastri solidi e divenire una realtà duratura nel
tempo.
L'opera di Rousseau viene così ad essere un inno alla libertà,
una libertà che trae la propria origine dall'uguaglianza che, lia del
mito rivoluzionario del 1789, ha fatto sì che gli uomini siano stati
costretti a vivere liberi, spezzando quelle catene di cui ha parlato più
volte lo stesso Autore.
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