letteratura |
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La poetica di Pirandello
Pirandello è probabilmente l'autore che meglio rappresenta il periodo che va dalla crisi successiva all'unità d'Italia all'avvento del fascismo. Pochi come lui ebbero coscienza dello scacco subito dagli ideali del Risorgimento e dei complessi cambiamenti in atto nella società italiana. Sul piano letterario il suo punto di partenza fu, come per gran parte degli autori nati nella seconda metà dell'Ottocento, il naturalismo. Fin dal primo momento però l'oggetto privilegiato, o pressoché esclusivo, delle rappresentazioni pirandelliane non furono le classi popolari bensì la condizione della piccola borghesia. Da questa prospettiva lo scrittore seppe sviluppare una corrosiva critica di costume, cogliendo in profondità la crisi delle strutture tradizionali della famiglia patriarcale. Poiché però anch'egli apparteneva alla piccola borghesia, finì per assolutizzarne i dubbi e le sofferenze, che rappresentò come il segno di una condizione eterna di tutti gli esseri umani.
Al centro della concezione pirandelliana sta il contrasto tra ciò che gli uomini credono di vedere, anche in buona fede, e la sostanza delle cose. La critica delle illusioni va di pari passo con una drastica sfiducia nella possibilità di conoscere la realtà. Per poter vivere, dice il Pirandello, tutti dobbiamo formarci delle rappresentazioni compiute del mondo e degli altri; queste rappresentazioni, tuttavia, saranno sempre del tutto inadeguate alla verità della vita, un flusso continuo e inarrestabile.
Il Pirandello spiega la propria poetica in maniera organica nel saggio "L'umorismo", in cui teorizza una forma d'arte, da lui definita "umorismo", fondata sul "sentimento del contrario", che egli esemplifica pressappoco così: se incontriamo una donna non più giovane, anzi decisamente avanzata negli anni, che indossa abiti giovanili, si trucca come una signorinella, assume atteggiamenti forzatamente scanzonati come quelli di una adolescente, certamente costei, con la sua complessiva goffaggine, ci indurrà al riso e forse anche allo scherno. Ma se riflettiamo sui motivi che hanno indotto quella donna a costruirsi una siffatta "maschera" e, magari, sospettiamo che ella sia stata indotta a tanto perché ossessionata dall'idea di non piacere più al suo uomo, allora quell'iniziale nostro atteggiamento di scherno si muta in un sentimento di pietà verso il dramma intimo della donna.
L'umorismo del Pirandello si basa tutto su codesto "sentimento del contrario" che consiste in una "contemporanea presenza di rappresentazione e di riflessione, su una disposizione dell'artista a scomporre i vari momenti della nostra personalità e coglierne le contraddizioni". Per Pirandello, inoltre, il mondo stesso è dominato dal caso e privo di senso. Se le parole non possono mai stare alla pari con la complessità del reale, sarà compito della letteratura mostrare quest'inadeguatezza, usando paradossalmente proprio quelle parole di cui essa denuncia la fragilità.
Ma l'arte maggiore del Pirandello va ricercata soprattutto nella sua opera di drammaturgo. Egli segna nel teatro una svolta decisiva. Prima di lui il teatro s'era proposto di portare in scena uno spaccato della realtà oggettivamente intesa e rappresentata con l'arte del verosimile. Ma per Pirandello, che esclude l'oggettività della realtà, ciò è impossibile. Egli perciò, mentre da un lato ribadisce, nei suoi drammi, che la realtà oggettiva non esiste in quanto ognuno la interpreta a suo modo, determinando così la propria incapacità di avere relazioni costruttive con gli altri ["Così è (se vi pare)"], dall'altro tende ad affermare «il tragico conflitto immanente - sono parole sue - tra la vita che di continuo si muove e cambia e l'arte che la fissa, immutabile». A quest'ultimo fine dedica le tre commedie del cosiddetto "teatro nel teatro" ("Sei personaggi in cerca d'autore", "Ciascuno a suo modo" e "Questa sera si recita a soggetto"), nelle quali tratta il tema del contrasto tra personaggi e attori, tra registi e attori divenuti personaggi, tra autori, attori e spettatori.
Certamente i drammi del Pirandello appaiono a volte appesantiti da lunghi e sottili ragionamenti, paradossali e apparentemente assurdi, ma nella rappresentazione "dell'incomunicabilità" che affligge l'uomo ed è la sua tragica condizione esistenziale, appare evidente un profondo senso di "pietà" verso l'uomo, una pietà che si fa poesia. Le opere teatrali del Pirandello contengono molte ine belle di sincero sentimento lirico, di profonda umanità, di accorata tristezza e pietà per il destino e la fragilità dell'uomo; però presentano non pochi difetti, come l'umorismo spietato e distruttore, l'eccessiva impostazione intellettualistica delle vicende, l'uniformità dei motivi e dei problemi trattati, lo squallore di intrecci contorti e stentati, il cerebralismo di personaggi che non vivono le loro azioni, ma le analizzano con dialettica sottile, quasi sofistica, e tono predicatorio. Tuttavia l'arte pirandelliana, malgrado i limiti, con il suo messaggio umano ha fatto sentire il suo influsso sui drammaturghi moderni, italiani, europei e americani.
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