letteratura |
L'avventura d'un povero cristiano (di Ignazio Silone)
TRAMA:
Questo libro narra della storia di un povero papa, talmente mansueto e semplice da essere incapace di comportarsi come tale. Questa grande ura d'uomo viene messe in primo piano da Silone che attraverso la sua spontaneità ne descrive l'intricata vicenda.
Ci troviamo alla fine del XIII secolo, nel periodo in cui la Chiesa si trovava senza la guida di un papa, dovuta ad un persistente disaccordo tra i cardinali che facevano parte del conclave. La scena si apre con la ura di Concetta che narra in prima persona e che spiega la situazione. Concetta è una giovane ragazza lia di un umile tessitore di Sulmona; Matteo da Pratola. Egli è un semplice artigiano cristiano, sull'orlo della crisi, molto devoto alla religione e particolarmente amico con alcuni monaci morronesi. I due aspettavano ansiosamente l'arrivo di alcuni fraticelli spirituali provenienti da Macerata e giunti fino a Sulmona per incontrare Fra Pietro. I quattro (Fra Ludovico, Fra Bernardo, Fra Tommaso e Fra Clementino) finalmente arrivarono e l'incontro fu festoso e pieno di gioia. Purtroppo i quattro fraticelli, che erano perseguitati come eretici dal vescovo, non ebbero vita facile e furono continuamente interrogati dal parroco del posto, don Costantino, e dal balgivo di Sulmona. Ma l'arrivo di Fra Pietro, sceso dal suo eremo sul Morrone, con altri fraticelli impedì l'arresto. Fra Pietro era un uomo molto conosciuto in tutta la zona. Viveva come un eremita assieme ad altri fraticelli, isolato dal mondo e da tutti. Era noto per la sua semplicità e modestia, per la sua gran devozione e per aver compiuto anche dei miracoli. Ma il gendarme e il balgivo, delusi dal loro fallimento, raccontarono una vecchia storia, su Matteo accusandolo di aver dei debiti con il barone. Ma anche questa volta Fra Pietro, in tutta sicurezza, difese Matteo facendo allontanare i due. Qui incontriamo la ura comica della storia; il Cerbicca, un uomo nulla tenente ma sempre pronto alla battuta e praticante un po' di tutti i mestieri, persino quello del ladro. Egli, pur burlandosi dei fraticelli e non essendo un perfetto cristiano, è molto rispettoso nei confronti di Fra Pietro e lo ammira per il suo comportamento.
Fra Pietro tornò così nel suo convento sul Morrone assieme ai suoi fraticelli, dove un giorno arrivò un messo vescovile ad annunciare che l'uomo era stato nominato il nuovo papa. Anche un messo regale si presentò alla porta del convento per assicurarsi che il nuovo incarico fosse accettato. La decisione di Fra Pietro fu per lui molto difficile ma alla fine, la tentazione del potere e la convinzione di poter risollevare le sorti della Chiesa lo spinsero ad accettare. Il 4 luglio 1294 fra Pietro venne nominato papa. L'incoronazione mise subito un po' a disagio il vecchio frate il quale rifiutò qualsiasi fastosità nella cerimonia, salendo su di un asino piuttosto che su di un cavallo bianco. Fra Pietro da Morrone, ora Celestino V, si trasferì a Napoli, dove risiedeva il re Carlo II, assieme a tre fraticelli morronesi. Ma il suo stile di vita rimase quello di un povero eremita morronese; vestiti semplici, arredamenti modesti, rifiuto di qualsiasi forma di comodità o di sfarzo. Tale comportamento suscitò l'ironia e la delusione di tutto l'ambiente soprattutto dei cardinali che non mancavano di prenderlo in giro per le sue abitudini di vita. Accanto a Celestino erano rimasti solamente Fra Angelo, Fra Bartolomeo e i suoi chierichetti che lo confortavano e la lo spingevano a continuare nel suo incarico. Ma la missione portata avanti da Celestino si rivelò più difficile del previsto. Egli s'accorse l'ambiente in cui si trovava era corrotto ed ostile, che l'incarico di papa non era adatto ad una persona mite ed onesta come lui ed inoltre che veniva manovrato dal re Carlo per portare a termine i propri sotterfugi. Il compito si fece così sempre più insostenibile e sotto il consiglio del cardinale Caetani, suo stretto collaboratore, Celestino V decise di abdicare. La reazione della gente fu senza dubbio molto forte, perché vedevano, in questo papa, la persona giusta in grado di rimettere in sesto la situazione della Chiesa di allora. Nonostante i numerosi appelli, la decisione di Celestino V fu irrevocabile perché egli, sentitosi tentato dal potere e da un incarico che non era in grado di gestire, voleva tornare alla vita da eremita assieme ai suoi cari fratelli morronesi con i quali pregare e contemplare Dio per ritrovare la giusta strada.
Il successore di Celestino V fu proprio il cardinale Caetani, al tempo Bonifacio VIII. Ma proprio colui che poco tempo prima gli faceva da consigliere, ora gli dava la caccia, forse impaurito dall'immagine sempre presente di buono ed umile cristiano che Pier Celestino (ora veniva chiamato così) dava alla gente. Pier Celestino decide così di ritirarsi nel suo convento sul Morrone, attorniato da quei frati rimasti a lui sempre fedeli e da due chierici di Napoli: Gioacchino e Luca. Ma qui, proprio un tranello di Bonifacio VIII, portò alla cattura dei fraticelli, i quali, per sfuggire alla prigionia, si diedero alla fuga e si sparliarono tra l'Italia e la Grecia. Ora al fianco di Pier Celestino vi erano rimasti soltanto Gioacchino e Clementino i quali si erano rifugiati in una grotta su di un colle del Gargano in condizioni davvero precarie. Fu qui che Pier Celestino, ormai stremato dalla continua fuga, decide di consegnarsi nelle mani di Bonifacio VIII partendo così al fianco di Fra Tommaso. Ma una volta giunto nella sede papale, dove fiero sedeva il nuovo papa, Pier Celestino fu subito inquisito duramente e si rifiutò in ogni modo di prendere parte agli imbrogli e ai sotterfugi del Cardinale Caetani. Bonifacio VIII, furioso da tal comportamento, lo fece rinchiudere in una prigione dove il povero cristiano si spense.
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