Le
virtù del Principe tra moralità e immoralità
DESTINAZIONE: Rivista culturale
Machiavelli
uomo politico consapevole della crisi italiana
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Machiavelli fu un
uomo politico prima che letterato e per questo le sue concezioni scaturiscono
dal rapporto diretto con la realtà storica, in cui egli è
impegnato in prima persona. Alla base di tutta la riflessione di Machiavelli vi è la consapevolezza della crisi
politica che l'Italia sta attraversando, in quanto non presenta quei solidi
organismi statali unitari che caratterizzano la maggior parte delle potenze
europee, e appare frammentata in una serie di stati regionali deboli e
instabili.
La salvezza:
il principe
machiavelliano
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Per Machiavelli
l'unica vera uscita da questa "gravità dei tempi" è un principe
dalla straordinaria virtù, capace di costruire uno stato abbastanza
forte da contrastare le mire espansionistiche degli stati vicini. "il Principe"
è un trattato atto a fornire a tutti i regnanti italiani un modello di
comportamento che deve adattarsi alla "realtà effettuale dei tempi". Machiavelli descrive le qualità del suo principe
ideali, perché egli possa avere successo nel mondo reale; deve avere una forte
personalità, capace se necessario di opporsi sia ai suoi valori morali,
sia ai suoi vizi.
Il dilemma:
meglio temuto
o amato?
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Le virtù e i modi di comportarsi del
principe, che sono il problema centrale del trattato, sono descritti nei
moduli che vanno dal XV al XVIII. Particolarmente interessante è la
domanda posta nel modulo XVII: "per un principe è meglio essere temuto
o amato?". Secondo Machiavelli l'ideale sarebbe
essere entrambe le cose, ma siccome questo non è possibile, il principe
per tenere i suoi sudditi uniti e fedeli, deve essere temuto a tal punto da non
essere né amato né odiato, e può uccidere quando è strettamente
necessario e se ci sono delle cause concrete.
La morale subordinata
allo stato
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Altro argomento interessante è il
tema della lealtà, trattato nel modulo XVIII: la lealtà
è cosa molto lodevole, ma non è indispensabile, perché
l'esperienza insegna che hanno sempre prevalso i principi che non si sono curati
di essa. Un buon regnante inoltre deve essere un dissimulatore, perché gli
uomini guardano molto le apparenze. Non è necessario per un principe
possedere pietà, lealtà, umanità, coerenza e senso
religioso, ma è sufficiente fingere di possedere queste qualità.
Da questo scaturisce un'immagine
essenzialmente negativa del principe dal punto di vista etico-morale,
in quanto egli può usare mezzi immorali, come la violenza e la frode,
nell'operare politico: quindi la morale è subordinata agli interessi della
stato.
Il fine giustifica i
mezzi?
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Per questo erroneamente si pensa che il
principio basilare del pensiero machiavelliano sia "il fine giustifica i
mezzi", ma non è così, perché Machiavelli
non "giustifica", afferma solo che certi comportamenti, buoni o cattivi che
siano, sono indispensabili per mantenere lo stato.
La caratteristica fondamentale che il
principe deve possedere per governare lo stato è la virtù, intesa
come perfetta conoscenza delle leggi dell'agire politico e come la
capacità di applicare queste leggi ai casi concreti e particolari.
La
virtù è contrapposta alla fortuna, una forza casuale che il
regnante deve saper sfruttare a suo favore.
La fortuna:
è possibile
fronteggiarla?
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L'argomento della fortuna viene affrontato
nel modulo XXV, dove questa forza, paragonata a un fiume in piena, distrugge
tutto quello che trova se non gli sono posti limiti. Il principe però
non deve appoggiarsi solo sulla fortuna, che potrebbe all'improvviso
abbandonarlo, ma deve essere conforme all'evolversi dei tempi, anche se non
c'è stato uomo che si sia adattato a questo. Alla fine del modulo la
fortuna è paragonata a una donna che solo gli impetuosi possono
dominare, e che è amica dei giovani perché impavidi e meno cauti. Da
questo si può trarre la visione umanistica di Machiavelli,
secondo la quale l'uomo con la virtù può fronteggiare
vittoriosamente la fortuna.
La critica:
aspre polemiche
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Il pensiero machiavelliano ebbe una
grandissima risonanza e suscitò aspre reazioni polemiche, soprattutto
perché si tende ad identificare nel "Principe" il simbolo di un operare
politico scellerato, contrario alle leggi morali.
Tuttavia le
critiche non sono tutte concordi nel considerare negativo il pensiero di Machiavelli.
Analizzando
i brani di due critici contemporanei si possono osservare due pensieri
discordi:
Il Principe come
"mostruosità
psicologia"
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Salvatore Battaglia, nella sua "Mitografia del personaggio"; sostiene che il protagonista
del "Principe" è una mostruosità psicologica, perché in esso
convergono energia e finzione, simulazione e dissimulazione, coraggio e
falsità, crudeltà e ipocrisia, che delineano la sua personalità
come quella di un tiranno che subordina
tutta la propria umanità ed esperienza all'idea di potere.
Come deve
comportarsi un
politico?
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La crudeltà
all'occorrenza
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Natalino Spegno, nel "Disegno storico della
letteratura italiana", afferma che le virtù del politico possono non
coincidere con quelle dell'uomo buono e che è opportuno essere crudeli
quando occorre; l'uomo di stato quindi, come il principe machiavelliano, non
deve temere di apparire talvolta immorale e vizioso alla coscienza comune, se
questo è per il bene dello stato.
L'opera di Machiavelli
ancora oggi è capace di far riflettere e trova grande riscontro nella
nostra realtà, dove è difficile stabilire quali siano i
comportamenti che deve assumere un uomo politico, perché verrà sempre
giudicato in modo diverso dalle persone; la cosa ideale sarebbe accontentare
tutti, ma visto che questo non è possibile è bene preoccuparsi
degli interessi dello stato nel miglior modo, non trascurando però le
leggi morali.