letteratura |
|
|||||
Luigi Pirandello
Così è (se vi pare) [edizione 1925]
Personaggi
Lamberto Laudisi
La Signora Frola
Il Signor Ponza, suo genero
La Signora Ponza
Il Consigliere Agazzi
La Signora Amalia, sua moglie e sorella di Lamberto Laudisi
Dina, loro lia
La Signora Sirelli
Il Signor Sirelli
Il Signor Prefetto
Il Commissario Centuri
La Signora Cini
La Signora Nenni
Un cameriere di casa Agazzi
Altri Signori e Signore
In un capoluogo di provincia
Oggi.
ATTO PRIMO
Salotto in casa del Consigliere Agazzi.
Uscio comune in fondo; usci laterali a destra e a sinistra.
SCENA PRIMA
La SIGNORA AMALIA, DINI, LAUDISI
Al levarsi della tela Lamberto Laudisi passeggerà
irritato per il salotto.
Sui quarant'anni, svelto, elegante senza ricercatezza, indosserà una
giacca viola con risvolti e alamari neri.
Laudisi: Ah, dunque è
andato a ricorrere al Prefetto?
Amalia: (sui quarantacinque, capelli grigi; contegno d'importanza
ostentata, per il posto che il marito occupa in società. Lascerà
tuttavia intendere che, se stesse in lei, rappresenterebbe la sua parte e si
comporterebbe in tante occasioni ben altrimenti). Oh Dio, Lamberto, per un
suo subalterno!
Laudisi: Subalterno, alla Prefettura; non a casa!
Dina: (diciannove anni; una cert'aria di capir tutto meglio della
mamma e anche del babbo, ma attenuata, quest'aria, da una vivace grazia
giovanile) Ma è venuto a allogarci la suocera qua accanto, sullo
stesso pianerottolo!
Laudisi: E non era padrone? C'era un quartierino sfitto, e l'ha
affittato per la suocera. O ha forse l'obbligo una suocera di venire a
ossequiare in casa
(caricato, facendola lunga, apposta)
la moglie e la liuola d'un superiore di suo genero?
Amalia: Chi dice obbligo? Siamo andate noi, mi pare, io e Dina, per le
prime da questa signora, e non siamo state ricevute.
Laudisi: E che è andato a fare adesso tuo marito dal Prefetto? A
imporre d'autorità un atto di cortesia?
Amalia: Un atto di giusta riparazione, se mai! Perché non si lasciano
due signore, lì come due pioli, davanti alla porta.
Laudisi: Soperchierie, soperchierie! Non sarà poi dunque permesso
alla gente di starsene per casa sua?
Amalia: Eh, se tu non vuoi tener conto che cortesi volevamo esser noi,
per le prime, verso una forestiera!
Dina: Via, zietto, calmati, via! Saremo, se vuoi, sincere: ecco,
ammettiamo d'essere state così cortesi per curiosità. Ma scusa,
non ti sembra naturale?
Laudisi: Ah, naturale, sì: perché non avete nulla da fare.
Dina: Ma no, guarda, zietto. Tu te ne stai costì, senza badare a
ciò che fanno gli altri attorno a te. - Bene. - Vengo io. E qua, proprio
su questo tavolinetto che ti sta davanti, ti colloco, imperturbabile - anzi no,
con la faccia di quel signore lì, patibolare - che so, poniamo, un pajo
di scarpe della cuoca.
Laudisi: (scattando) Come c'entrano le scarpe della cuoca?
Dina: (subito) Ecco, vedi? Te ne meravigli! Ti sembra una
stramberia, e me ne domandi subito il perché.
Laudisi: (restando con un sorriso freddo, ma presto ripigliandosi)
Carina! - Hai ingegno tu; ma parli con me, sai? - Tu vieni a posarmi qui sul
tavolino le scarpe della cuoca appunto per stuzzicar la mia curiosità; e
certo - poiché l'hai fatto apposta - non puoi rimproverarmi se ti domando: -
'Ma perché, cara, le scarpe della cuoca qui sopra?' - Dovresti ora
dimostrarmi che questo signor Ponza - villano e mascalzone, come lo chiama tuo
padre - sia venuto ad allogarci, ugualmente apposta, qua accanto, la suocera!
Dina: E sia! Non l'avrà fatto apposta. Ma non puoi negare che
questo signore vive in un modo talmente strambo da suscitar la curiosità
naturalissima di tutto il paese. - Scusami. - Arriva. - Prende a pigione un
quartierino all'ultimo piano di quel casone tetro, là, all'uscita del
paese, su gli orti - L'hai veduto? Dico, di dentro?
Laudisi: Sei forse andata a vederlo, tu?
Dina: Sì zietto! Con la mamma. E mica noi sole, sai? Tutti sono
andati a vederlo. - C'è un cortile - così bujo! - (pare un pozzo)
- con una ringhierina di ferro in alto, in alto, lungo il ballatojo dell'ultimo
piano; da cui pendono coi cordini tanti panieri.
Laudisi: E con questo?
Dina: (con meraviglia e indignazione) Ha relegato la moglie
lassù!
Amalia: E la suocera qua, accanto a noi!
Laudisi: In un bel quartierino, la suocera, in mezzo alla città!
Amalia: Grazie! E la costringe ad abitar divisa dalla lia?
Laudisi: Chi ve l'ha detto? O non può esser lei, invece, la
madre, per avere maggior libertà?
Dina: No, no! che, zietto! Si sa che è lui!
Amalia: Ma scusa, si capisce che una liuola, sposando, lasci la casa
della madre e vada a convivere col marito; anche in un'altra città. Ma
che una povera madre, non sapendo resistere a viver lontana dalla liuola, la
segua, e nella città dove anche lei è forestiera, sia costretta a
viverne divisa, via ammetterai che questo no, non si capisce facilmente!
Laudisi: Già! Che fantasie da tartarughe! Ci vuol tanto a
immaginare che, o per colpa di lei, o per colpa di lui - o pur senza colpa di
nessuno - ci sia tale incompatibilità di carattere, per cui, anche in
queste condizioni
Dina: (interrompendo, meravigliata) Come, zietto? Tra madre e lia?
Laudisi: Perché tra madre e lia?
Amalia: Ma perché tra loro due, no! non sono sempre insieme, lui e lei!
Dina: Suocera e genero! È ben questo lo stupore di tutti !
Amalia: Viene qua ogni sera, lui, a tener comnia alla suocera.
Dina: Anche di giorno, viene: una o due volte.
Laudisi: Sospettate forse che facciano all'amore, suocera e genero?
Dina: No, che dici! Una povera vecchietta.
Amalia: Ma non le porta mai la lia! non porta mai con sé, mai, mai,
la moglie a vedere la madre.
Laudisi: Sarà malata quella poverina non potrà uscire
di casa
Dina: Ma che! Ci va lei, la madre
Amalia: Ci va sì! Per vederla da lontano! Si sa di causa e
scienza che a questa povera madre è proibito salire in casa della
liuola!
Dina: Può parlarle solo dal cortile!
Amalia: Dal cortile, capisci!
Dina: Alla liuola che s'affaccia dal ballatojo lassù, come dal
cielo! Questa poveretta entra nel cortile; tira il cordino del paniere; suona
il campanello lassù; la liuola s'affaccia, e lei le parla di
giù, da quel pozzo, storcendosi il collo così! urati! E
neanche la vede, abbagliata dalla luce che cola dall'alto.
Si sentirà picchiare all'uscio e si presenterà il cameriere.
Cameriere: Permesso?
Amalia: Chi è?
Cameriere: I signori Sirelli con un'altra signora.
Amalia: Ah, fa' passare,
Il cameriere s'inchinerà e via.
SCENA SECONDA
I CONIUGI SIRELLI, La SIGNORA CINI, DETTI
Amalia: (alla signora Sirelli)
Cara signora!
Signora Sirelli: (grassoccia, rubizza, ancora giovine, parata con
sovraccarica eleganza provinciale; ardente d'irrequieta curiosità; aspra
contro il marito ) Mi sono permessa di portarle la mia buona amica, signora
Cini, che aveva tanto desiderio di conoscerla.
Amalia: Piacere, signora. - S'accomodino:
Farà le presentazioni
Questa è la mia liuola Dina. - Mio fratello Lamberto
Laudisi
Sirelli: (calvo, sui quaranta, grasso, impomatato, con pretese
d'eleganza, scarpe lucide sgrigliolanti salutando ) Signora, Signorina.
Stringerà la mano a Laudisi.
Signora Sirelli: Ah, signora mia,
noi veniamo qua come alla fonte. Siamo due povere assetate di notizie.
Amalia: E notizie di che, signore mie?
Signora Sirelli: Ma di questo benedetto nuovo segretario della
Prefettura. Non si parla d'altro in paese!
Signora Cini: (vecchia goffa, piena di cupida malizia dissimulata con
arie d'ingenuità) Una curiosità ne abbiamo tutte, una
curiosità che che mai più!
Amalia: Ma ne sappiamo quanto gli altri, noi, creda, signora!
Sirelli: (alla moglie, come se avesse riportato una vittoria) Te
l'ho detto? Quanto me, e forse meno di me !
Poi volgendosi alle altre:
La ragione per cui questa madre non può andare a vedere
in casa la liuola, per esempio, la sanno loro, qual è veramente?
Amalia: Ne stavo parlando con mio fratello.
Laudisi: Mi sembrate impazziti tutti quanti!
Dina: (subito, perché non si dia retta allo zio) Perché il
genero, dicono, glielo proibisce.
Signora Cini: (con voce a lamento) Non basta, signorina!
Signora Sirelli: (incalzando) Non basta ! Fa di più !
Sirelli: (premettendo un gesto delle mani, per raccogliere
l'attenzione) Notizia fresca appurata or ora:
quasi sillabando
La tiene chiusa a chiave!
Amalia: La suocera?
Sirelli: No, signora: la moglie!
Signora Sirelli: La moglie! la moglie!
Signora Cini: (voce a lamento) A chiave!
Dina: Capisci, zietto? Tu che vuoi scusare
Sirelli: (stupito) Come? Tu vorresti scusare quel mostro?
Laudisi: Ma non lo voglio scusare nient'affatto! Dico che la vostra
curiosità (chiedo perdono alle signore) è insoffribile, non
foss'altro, perché inutile.
Sirelli: Inutile?
Laudisi: Inutile! - Inutile, signore mie!
Signora Cini: Che si voglia venire a sapere?
Laudisi: Che cosa, scusi? Che possiamo noi realmente sapere degli altri?
chi sono come sono ciò che fanno perché lo fanno
Signora Sirelli: Chiedendo notizie, informazioni
Laudisi: Ma se c'è una che, per questa via, dovrebbe stare a
giorno d'ogni cosa; quest'una dovrebbe proprio esser lei, signora, con un
marito come il suo, così informato sempre di tutto!
Sirelli: (cercando d'interrompere) Scusa, scusa
Signora Sirelli: Ah no, caro, senti: questa è la verità!
rivolgendosi alla signora Amalia:
La verità, signora mia: con mio marito che dice sempre
di saper tutto, io non riesco a sapere mai niente.
Sirelli: Sfido! Non si contenta mai di quello che le dico! Dubita sempre
che una cosa non sia come gliel'ho detta. Sostiene anzi che, come gliel'ho
detta io, non può essere. Arriva finanche a supporre di proposito il
contrario!
Signora Sirelli: Ma abbi pazienza, se vieni a riferirmi certe cose
Laudisi: (riderà forte) Ah ah ah Permettete, signora?
Rispondo io a suo marito. Come vuoi, caro, che tua moglie si contenti delle
cose che tu le dici, se tu - naturalmente - gliele dici come sono per te?
Signora Sirelli: Come assolutamente non possono essere!
Laudisi: Ah, no, signora, sopporti che le dica che qui ha torto lei! Per
suo marito, stia sicura, le cose sono come lui gliele dice.
Sirelli: Ma come sono in realtà! come sono in realtà!
Signora Sirelli: Nient'affatto! Tu t'inganni continuamente!
Sirelli: T'inganni, tu, ti prego di credere! Non m'inganno io!
Laudisi: Ma no, signori miei! Non v'ingannate nessuno dei due.
Permettete? Ve ne faccio la prova.
S'alzerà e si presenterà in mezzo al salotto.
Tutti e due, qua, vedete me. - Mi vedete, è vero?
Sirelli: Eh sfido!
Laudisi: No no; non lo dire cosi presto, caro. Vieni qua, vieni qua.
Sirelli: (lo guarderà sorridendo, perplesso, un po' , come se
non volesse prestarsi a uno scherzo che non capisce) Perché?
Signora Sirelli: (spingendolo con la voce irritata) E vai
là.
Laudisi: (a Sirelli che già si sarà appressato
titubante) Tu mi vedi? Guardami meglio. Toccami.
Signora Sirelli: (al marito che esita c. s. a toccarlo) E
toccalo!
Laudisi: (a Sirelli che avrà alzato una mano a toccarlo appena
sulla spalla) Così, bravo. Tu sei sicuro di toccarmi come mi vedi,
è vero?
Sirelli: Direi.
Laudisi: Non puoi dubitare di te, sfido! - Torna al tuo posto.
Signora Sirelli: (al marito rimasto lì balordo davanti al
Laudisi) È inutile che stia lì a sbattere gli occhi; torna a
sedere adesso!
Laudisi: (alla Signora Sirelli poiché il marito sarà tornato
stonato al suo posto) Ora, scusi, venga qua lei signora. (Subito
prevenendo:) No no, ecco, vengo io da lei (Le si farà davanti, si
piegherà su un ginocchio.) Mi vede, è vero? Alzi una manina;
mi tocchi (E come la signora Sirelli, seduta, gli poserà una mano
sulla spalla, egli, chinandosi per baciargliela:) Cara manina !
Sirelli: Ohé ohé.
Laudisi: Non gli dia retta! - È sicura anche lei di toccarmi come
mi vede? Non può dubitare di lei. - Ma per carità, non dica a suo
marito, né a mia sorella, né a mia nipote, né alla signora qua -
Signora Cini: (suggerendo) - Cini -
Laudisi: (Cini) - come mi vede, perché tutt'e quattro altrimenti le
diranno che lei s'inganna, mentre lei non s'inganna affatto! Perché ciò
non toglie, cara signora mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo
marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua.
Signora Cini: (suggerendo) - Cini -
Laudisi: (Cini) - che anche loro non s'ingannano affatto.
Signora Sirelli: E come, dunque, lei cambia dall'uno all'altro?
Laudisi: Ma sicuro che cambio, signora mia! E lei no, forse? Non cambia?
Signora Sirelli: (precipitosamente) Ah no no no no no. Le
assicuro che per me io non cambio affatto!
Laudisi: E neanch'io per me creda! E dico che voi tutti v'ingannate se
non mi vedete come mi vedo io! Ma ciò non toglie che non sia una bella
presunzione tanto la mia, quanto la sua, cara signora.
Sirelli: Ma tutto codesto arzigogolo, scusa, per concludere che cosa?
Laudisi: Ti pare che non concluda? Oh bella! ½ vedo così
affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che
gli altri e le cose per se stessi fossero così o così.
Signora Sirelli: Ma secondo lei allora non si potrà mai sapere la
verità?
Signora Cini: Se non dobbiamo più credere neppure a ciò
che si vede e si tocca!
Laudisi: Ma sì, ci creda, signora! Perciò le dico:
rispetti ciò che vedono e toccano gli altri, anche se sia il contrario
di ciò che vede e tocca lei.
Signora Sirelli: Oh, senta! io le volto le spalle e non parlo più
con lei! Non voglio impazzire!
Laudisi: No, no: basta! Seguitate, seguitate a parlare della signora
Frola e del signor Ponza suo genero: non v'interrompo più.
Amalia: Ah, Dio sia ringraziato! E faresti meglio, caro Lamberto, se te
ne andassi di là!
Dina: Di là; di là, zietto; sì, vai, vai!
Laudisi: No, perché? Mi diverto a sentirvi parlare. Me ne starò
zitto, non dubitate. Tutt'al più, farò tra me e me qualche
risata; e se me ne scapperà qualcuna forte, mi scuserete.
Signora Sirelli: E dire che noi eravamo venute per sapere - Ma scusi:
suo marito, signora, non è un superiore di questo signor Ponza?
Amalia: Altro è l'ufficio, altro la casa, signora.
Signora Sirelli: Capisco, già! - Ma loro non hanno neppure
tentato di vedere la suocera qua accanto?
Dina: Altro che! Due volte, signora!
Signora Cini: (con un balzo; e poi, tutta cupida e intenta) Ah
dunque! Dunque loro le hanno parlato?
Amalia: Non siamo state ricevute, signora mia!
Sirelli:, Signora Sirelli:, Signora Cini: Oh! oh! - Come!
- Come mai!
Dina: Anche questa mattina
Amalia: La prima volta restammo più d'un quarto d'ora dietro la
porta. Nessuno venne ad aprirci, e non si poté neppure lasciare un biglietto da
visita. - Abbiamo ritentato oggi
Dina: (Con un gesto colle mani che esprime spavento) Venne ad
aprirci lui!
Signora Sirelli: Che faccia! già. Ce l'ha proprio di cattivo! Ha
sconcertato tutto il paese con quella faccia! E poi, così, sempre
vestito di nero Sono tutti e tre vestiti di nero, anche la signora, è
vero? la lia ?
Sirelli: (con fastidio) Ma se la lia non l'ha mai veduta
nessuno! Te l'ho detto mille volte! sarà vestita di nero anche lei -
Sono d'un paesello della Marsica -
Amalia: - sì; distrutto, pare, totalmente -
Sirelli: - di pianta, raso al suolo, dall'ultimo terremoto -
Dina: Hanno perduto tutti i parenti, si dice.
Signora Cini: (con ansia di riattaccare il discorso interrotto).
Bene; dunque dunque - ha aperto lui?
Amalia: Appena me lo sono veduto davanti, con quella faccia, non mi son
più trovata in gola la voce per dirgli che venivamo per una visita alla
suocera. Niente, sa? neanche un ringraziamento.
Dina: No, per questo, fece un inchino.
Amalia: Ma appena così col capo
Dina: Gli occhi, piuttosto, devi dire! Quelli sono gli occhi d'una
belva, non d'un uomo.
Signora Cini: (c.s.) E allora? Che ha detto allora?
Dina: Tutto imbarazzato -
Amalia: - tutto arruffato, ci ha detto che la suocera era indisposta
che ci ringraziava dell'attenzione e rimase lì su la soglia, in
attesa che ci ritirassimo.
Dina: Che mortificazione!
Sirelli: Sgarbo da villano! Ah, ma può esser sicura che è
lui, sa? Forse terrà sotto chiave anche la suocera!
Signora Sirelli: Ci vuol coraggio! Con una signora, moglie d'un suo
superiore!
Amalia: Ah, ma mio marito questa volta se n'è proprio indignato:
l'ha presa come una grave mancanza di riguardo ed è andato a
rinzelarsene fortemente col Prefetto, pretendendo una riparazione.
Dina: Oh, giusto, eccolo qua, il babbo!
SCENA TERZA
Il CONSIGLIERE AGAZZI, DETTI
Agazzi: (cinquant'anni, rosso di pelo, arruffato, con barba, occhiali d'oro, autoritario e dispettoso) Oh, caro Sirelli.
S'appresserà al canapè, s'inchinerà a stringerà la mano alla signora Sirelli.
Signora.
Amalia: (presentandolo alla signora Cini) Mio marito - la Signora
Cini.
Agazzi: (s'inchinerà, stringerà la mano)
Lietissimo. (Poi, rivolgendosi quasi con solennità alla moglie e alla
lia:) ½ avverto che sarà qui a momenti la signora Frola.
Signora Sirelli: (battendo le mani, esultante) Ah, verrà?
verrà qui?
Agazzi: Ma per forza! Potevo tollerare che fosse fatto uno sgarbo
così patente alla mia casa, alle mie donne?
Sirelli: Ma sì! Dicevamo appunto questo!
Signora Sirelli: E sarebbe stato bene cogliere quest'occasione -
Agazzi: (prevenendo) - per far notare al Prefetto tutto
ciò che si dice in paese sul riguardo di questo signore? Eh, non dubiti:
l'ho fatto!
Sirelli: Ah, bene! bene!
Signora Cini: Cose inesplicabili! veramente inconcepibili!
Amalia: Selvagge addirittura! Ma sai che le tiene chiuse a chiave tutt'e
due!
Dina: No, mamma: per la suocera ancora non si sa!
Signora Sirelli: Ma la moglie, è certo!
Sirelli: E il Prefetto?
Agazzi: Sì Eh ne è rimasto molto molto
impressionato
Sirelli: Ah, meno male!
Agazzi: Era arrivata anche a lui qualche voce, e e vede anche lui
adesso l'opportunità di chiarire questo mistero, di venire a sapere la
verità.
Laudisi: (riderà forte) Ah! ah! ah! ah!
Amalia: Non ci manca proprio, adesso, che la tua risata.
Agazzi: E perché ride?
Signora Sirelli: Ma perché dice che non è possibile scoprire la
verità!
SCENA QUARTA
CAMERIERE, DETTI, poi la SIGNORA FROLA
Cameriere: (presentandosi sulla
soglia dell'uscio e annunziando) Permesso? La signora Frola.
Sirelli: Oh! Eccola qua.
Agazzi: Vedremo adesso se non sarà possibile, caro Lamberto!
Signora Sirelli: Benissimo! Ah, sono proprio contenta!
Amalia: (alzandosi) La facciamo passare?
Agazzi: No, ti prego, siedi. Aspetta che entri. Seduti, seduti. Bisogna
star seduti.
Al cameriere
Fa' passare
Il cameriere, via. Entrerà poco dopo la Signora Frola e tutti si alzeranno. La Signora Frola è una vecchina linda, modesta, affabilissima, con una grande tristezza negli occhi, ma attenuata da un costante dolce sorriso sulle labbra. La signora Amalia si farà avanti e le porgerà la mano.
Amalia: Favorisca, signora
Tenendola per mano, farà le presentazioni:
La Signora Sirelli, mia buona amica. - La signora Cini. - Mio
marito. - Il signor Sirelli - La mia liuola Dina - Mio fratello Lamberto
Laudisi. - S'accomodi, signora.
Signora Frola: Sono dolente e chiedo scusa d'aver mancato fino ad oggi
al mio dovere. - Lei, signora, con tanta degnazione mi ha onorata d'una visita,
quando toccava a me di venire per la prima.
Amalia: Tra vicine, signora, non si bada a chi tocchi prima. Tanto
più che lei, stando qui, sola, forestiera, chi sa, poteva avere
bisogno
Signora Frola: Grazie, grazie troppo buona
Signora Sirelli: La signora è sola in paese?
Signora Frola: No, ho una lia maritata: venuta anche lei, che
è poco, qui.
Sirelli: Il genero della signora è il nuovo segretario della
Prefettura: il signor Ponza, è vero?
Signora Frola: Appunto, sì. E il signor Consigliere vorrà
scusarmi, spero, e scusare anche mio genero.
Agazzi: Per dire la verità, signora, io mi sono avuto un po' a
male -
Signora Frola: (interrompendolo) - ha ragione, ha ragione! Ma lei
deve scusarlo! Siamo rimasti, creda, così scombussolati dalla nostra
disgrazia.
Amalia: Ah, già! loro ebbero quel gran disastro!
Signora Sirelli: Perdettero parenti?
Signora Frola: Oh, tutti - Tutti, signora mia. Del nostro paesello
non c'è quasi più traccia: è rimasto lì tra le
camne, come un mucchio di rovine; abbandonate.
Sirelli: Già! s'è saputo!
Signora Frola: Io non avevo più che una sorella, con una
liuola anche lei, ma nubile. Per il mio povero genero la sciagura fu assai
più grave. La madre, due fratelli, una sorella, e poi cognato, cognate,
due nipotini.
Sirelli: Un'ecatombe!
Signora Frola: E sono sciagure per tutta la vita! Si resta come
storditi!
Amalia: Oh certo!
Signora Sirelli: Da un momento all'altro! C'è da impazzire!
Signora Frola: Non si pensa più a nulla. Si manca senza volerlo,
signor Consigliere.
Agazzi: Oh basta, prego, signora.
Amalia: Anche in considerazione di questa sciagura, io e la mia
liuola eravamo venute per le prime.
Signora Sirelli: (friggendo) Già ! sapendo così
sola la signora! - Benché mi perdoni, signora, se oso domandarle come va che,
avendo qua la liuola, dopo una sciagura come questa, che
peritosa, dopo aver filato cosi bene
mi sembra dovrebbe far nascere nei superstiti il bisogno di
star tutti uniti -
Signora Frola: (seguitando lei, per toglierla d'imbarazzo) - io
me ne stia così sola, è vero?
Sirelli: Già, ecco, pare strano, per essere sinceri.
Signora Frola: (dolente) Eh, lo capisco. (Poi, come per tentare
una via di scampo) Ma sa, son di parere che, quando un liuolo o una
liuola sposano, si debbano lasciare a se stessi, a farsi la loro vita, ecco.
Laudisi: Benissimo! Giustissimo! Che dev'essere per forza un'altra,
nelle nuove relazioni con la moglie o col marito.
Signora Sirelli: Ma non fino al punto, scusi Laudisi, da escludere dalla
propria vita quella della madre!
Laudisi: Chi ha detto escludere? Si parla adesso - se ho inteso bene -
d'una madre che comprende che la liuola non può e non deve rimanere
legata a lei come prima, avendo ora un'altra vita per sé.
Signora Frola: (con viva riconoscenza) Ecco, è proprio
così, signore! Grazie! Ho voluto proprio dir questo!
Signora Cini: Ma la sua liuola, m'immagino, verrà,
verrà qui spesso a tenerle comnia.
Signora Frola: (tra le spine) Già sì ci
vediamo, certo
Sirelli: (subito) Non esce mai di casa, però, la sua
liuola! Almeno, nessuno l'ha mai veduta!
Signora Cini: Avrà forse da badare ai liuoli!
Signora Frola: (subito) No, nessun liuolo, ancora. E forse,
ormai, non ne avrà più. È sposata già da sette
anni. Ha da fare, in casa, certo. - Ma non è per questo.
Sorriderà, dolente; e soggiungerà per tentare un'altra via di scampo:
Noi sa - noi donne - siamo abituate, nei piccoli paesi, a star
sempre in casa.
Agazzi: Anche quando ci sia la mamma da andare a vedere? la mamma che
non sta più con noi?
Amalia: Ma la signora andrà lei a vedere la liuola!
Signora Frola: (subito).Ah, certo! Come no? Una o due volte al
giorno ci vado!
Sirelli: E sale, una, due volte al giorno, tutte quelle scale, fino
all'ultimo piano di quel casone?
Signora Frola: (smorendo, tentando ancora di volgere in riso il
supplizio di quest'interrogatorio) Eh, no; non salgo, veramente. Ha
ragione, signore: sarebbero troppe per me. Non salgo. La mia liuola
s'affaccia dalla parte del cortile e e ci vediamo, ci parliamo.
Signora Sirelli: Cosi soltanto? Oh! Non la vede mai da vicino?
Dina: (cingendo col braccio il collo della madre) Io lia, non
pretenderei che mia madre salisse per me ogni giorno novanta, cento scalini; ma
non potrei contentarmi di vederla, di parlarle da lontano, senza abbracciarla,
senza sentirmela vicina.
Signora Frola: (vivamente turbata, imbarazzata) Ha ragione! Eh
sì, ecco, bisogna che io dica. - Non vorrei che loro pensassero della
mia liuola quello che non è; che abbia per me poco affetto, poca
considerazione. E anche di me che sono la mamma Novanta, cento scalini non
possono essere impedimento a una madre, sia pur vecchia e stanca, quando poi
abbia lassù il premio di potersi stringere al cuore la propria
liuola.
Signora Sirelli: (trionfante) Ah, ecco! Lo dicevamo noi, signora!
Ci dev'essere una ragione!
Amalia: (con intenzione) C'è, vedi, Lamberto? c'è
una ragione!
Sirelli: (pronto) Suo genero, eh?
Signora Frola: Oh, ma per carità, non pensino male di lui!
È un così bravo giovine! Lor signori non possono immaginare
quanto sia buono! Che affetto tenero e delicato, pieno di premure, abbia per
me! E non dico l'amore e le cure che ha per la mia liuola. Ah, credano, che
non avrei potuto desiderare per lei un marito migliore!
Signora Sirelli: Ma allora?
Signora Cini: Non sarà lui, allora, la ragione!
Agazzi: Ma certo! Non mi sembra almeno possibile ch'egli proibisca alla
moglie di andare a trovar la madre, o alla madre di salire in casa per stare un
po' insieme con la liuola!
Signora Frola: Proibire, no! Io non ho detto che sia lui a proibircelo!
Siamo noi, signor Consigliere, io e mia lia: ce ne asteniamo noi, spontaneamente,
creda, per un riguardo a lui.
Agazzi: E come, scusi, di che potrebbe offendersi lui? Non vedo!
Signora Frola: Non offendersi, signor Consigliere. - È un
sentimento - un sentimento, signore mie, difficile forse a intendere. Quando si
sia inteso, però, non più difficile - credano - a compatire;
quantunque importi senza dubbio un sacrifizio non lieve, tanto a me, quanto
alla mia liuola.
Agazzi: Riconoscerò che almeno è strano, tutto questo che
lei ci dice, signora.
Sirelli: Già, e tale da suscitare e legittimare la
curiosità.
Agazzi: Anche, diciamo, qualche sospetto.
Signora Frola: Contro di lui? No, per carità, non dica! Che
sospetto, signor Consigliere?
Agazzi: Nessuno! Non si turbi. Dico che si potrebbe sospettare.
Signora Frola: No, no! E di che? Se il nostro accordo è perfetto!
Siamo contente, contentissime, tanto io, quanto la mia liuola.
Signora Sirelli: Ma è gelosia forse?
Signora Frola: Per la madre? Gelosia? Non credo che si possa chiamare
così, benché, non saprei, veramente. - Ecco: egli vuole il cuore della
moglie tutto per sé, fino al punto che anche l'amore che la mia liuola deve
avere per la sua mamma (e l'ammette, come no? altro!) ma vuole che mi arrivi
attraverso lui, per mezzo di lui, ecco!
Agazzi: Oh! Ma scusi! Mi sembra una crudeltà bella e buona,
codesta!
Signora Frola: No, no, non crudeltà! non dica crudeltà,
signor Consigliere! È un'altra cosa, creda! Non riesco a esprimermi -
Natura, ecco. Ma no Forse, oh Dio mio, sarà magari una specie di
malattia, se vogliono. È come una pienezza di amore - chiusa - ecco,
sì, esclusiva; nella quale la moglie deve vivere, senza mai uscirne, e
nella quale nessun altro deve entrare.
Dina: Neppure la madre?
Sirelli: Un bell'egoismo, direi!
Signora Frola: Forse. Ma un egoismo che si dà tutto, come un
mondo, alla propria donna! Egoismo, in fondo, sarebbe forse il mio, se volessi
forzare questo mondo chiuso d'amore, quando so che la mia liuola ci vive
felice; così adorata! - Questo, a una madre, signore mie, deve bastare,
non è vero? - Del resto, se io la vedo la mia liuola e le parlo
Con graziosa mossa confidenziale:
Il panierino che vado a tirare là nel cortile, porta su
e giù, sempre, due paroline di lettera, con le notizie della giornata. -
Mi basta questo. - E ormai già mi sono abituata; rassegnata, là,
se vogliono! Non ne soffro più.
Amalia: Eh, dopo tutto, se son contente loro!
Signora Frola: (alzandosi) Oh, sì ! gliel'ho detto. Perché
è tanto buono - credano! Come non potrebbe essere di più! -
Abbiamo ognuno le nostre debolezze, e bisogna che ce le compatiamo a vicenda.
Saluterà la signora Amalia:
Signora.
Saluterà le signore Sirelli e Cini, poi Dina; poi volgendosi al Consigliere Agazzi:
Mi avrà scusato
Agazzi: Oh, signora, che dice! Le siamo gratissimi della visita.
Signora Frola: (saluterà col capo Sirelli e Laudisi, poi
volgendosi alla signora Amalia) No prego stia, stia, signora non
s'incomodi
Amalia: Ma no, è mio dovere, signora.
La Signora Frola uscirà accomnata dalla signora Amalia ,che rientrerà poco dopo.
Sirelli: Ma che! ma che! ½ siete
contentati della spiegazione?
Agazzi: Ma che spiegazione? Qua ci deve esser sotto chi sa che mistero!
Signora Sirelli: E chi sa quanto deve soffrire quel povero cuore di
madre!
Dina: Ma anche la liuola, Dio mio!
Pausa.
Signora Cini: (dall'angolo
della stanza, dove si sarà rincantucciata per nascondere il pianto, con
stridula esplosione) Le lagrime le tremavano nella voce !
Amalia: Già! Quando ha detto che altro che cento scalini
salirebbe, pur di stringersi al cuore la liuola!
Laudisi: Io per me ho notato soprattutto uno studio, dico di più,
un impegno di guardare da ogni sospetto il genero!
Signora Sirelli: Ma che! Dio mio, se non sapeva come scusarlo!
Sirelli: Ma che scusare! la violenza? la barbarie?
SCENA
QUINTA
CAMERIERE,
DETTI poi il SIGNOR PONZA
Cameriere: (presentandosi sulla
soglia) Signor Commendatore, c'è il signor Ponza che chiede d'essere
ricevuto.
Signora Sirelli: Oh! Lui!
Sorpresa generale e movimento di curiosità ansiosa, anzi quasi sbigottimento.
Agazzi: Ricevuto da me?
Cameriere: Sissignore. Ha detto così.
Signora Sirelli: Per carità, lo riceva qua, Commendatore! - Ho
quasi paura; ma una grande curiosità di vederlo da vicino, questo
mostro!
Amalia: Ma che vorrà?
Agazzi: Sentiremo. Sedete, sedete. Bisogna star seduti.
Al cameriere
Fallo passare.
Il cameriere s'inchinerà e andrà via. Entrerà poco dopo il signor Ponza. Tozzo, bruno, dall'aspetto quasi truce, tutto vestito di nero, capelli neri, fitti, fronte bassa, grossi baffi neri. Stringerà continuamente le pugna e parlerà con sforzo, anzi con violenza a stento contenuta. Di tratto in tratto si asciugherà il sudore con un fazzoletto listato di nero. Gli occhi, parlando, gli resteranno costantemente duri, fissi, tetri.
Agazzi: Venga, venga avanti, signor Ponza!
Presentandolo:
Il nuovo segretario signor Ponza: la mia signora - la signora
Sirelli - la signora Cini - la mia liuola - il signor Sirelli - Laudisi mio
cognato. - S'accomodi.
Ponza: Grazie. Un momento solo e tolgo l'incomodo.
Agazzi: Vuol parlare a parte con me?
Ponza: No, posso posso anche davanti a tutti. Anzi È
è una dichiarazione doverosa, da parte mia.
Agazzi: Dice per la visita della sua signora suocera? Può
farne a meno; perché -
Ponza: - non per questo, signor Commendatore. Tengo anzi a far sapere
che la signora Frola, mia suocera, sarebbe venuta senza dubbio prima che la sua
signora e la signorina avessero la bontà di degnarla d'una loro visita,
se io non avessi fatto di tutto per impedirglielo, non potendo permettere che
ella faccia visite o ne riceva.
Agazzi: (con fiero risentimento) Ma perché, scusi?
Ponza: (alterandosi sempre più, nonostante gli sforzi per
contenersi) Mia suocera avrà parlato a lor signori della sua
liuola; avrà detto che io le proibisco di vederla, di salire in casa
mia?
Amalia: Ma no! La signora è stata piena di riguardo e di
bontà per lei!
Dina: Non ha detto di lei altro che bene!
Agazzi: E che s'astiene lei, di salire in casa dalla liuola, per un
riguardo a un suo sentimento, che noi francamente le diciamo di non
comprendere.
Signora Sirelli: Anzi, se dovessimo dire proprio ciò che ne
pensiamo
Agazzi: Ma sì, ci è parsa una crudeltà, ecco! una
vera crudeltà!
Ponza: Sono qua appunto per chiarir questo, signor Commendatore. La
condizione di questa donna è pietosissima. Ma non meno pietosa è
la mia, anche per il fatto che mi obbliga a scusarmi, a dar loro conto e
ragione d'una sventura, che soltanto soltanto una violenza come questa
poteva costringermi a svelare.
Si fermerà un momento a guardare tutti, poi dirà lento e staccato:
La Signora Frola è pazza.
Tutti: (con un sussulto) Pazza?
Ponza: Da quattro anni.
Signora Sirelli: (con un grido) Oh Dio, ma non pare affatto!
Agazzi: (stordito) Come, pazza?
Ponza: Non pare, ma è pazza. E la sua pazzia consiste appunto nel
credere che io non voglia farle vedere la liuola.
Con orgasmo d'atroce e quasi feroce commozione:
Quale liuola, in nome di Dio, se è morta da quattro
anni la sua liuola?
Tutti: (trasecolati) Morta? - Oh! - Come? - Morta?
Ponza: Da quattro anni. È impazzita proprio per questo.
Sirelli: Ma dunque, quella che lei ha con sé? -
Ponza: - l'ho sposata da due anni: è la mia seconda moglie.
Amalia: E la signora crede che sia ancora la sua liuola?
Ponza: È stata la sua fortuna, se così può dirsi.
Mi vide passare per via con questa mia seconda moglie, dalla finestra della
stanza dove la tenevano custodita; credette di rivedere in lei, viva, la sua
liuola; e si mise a ridere, e tremar tutta; si sollevò d'un tratto
dalla tetra disperazione in cui era caduta, per ritrovarsi in quest'altra
follia, dapprima esultante, beata, poi a mano a mano più calma, ma
angustiata così, in una rassegnazione a cui s'è piegata da sé; e
tuttavia contenta, come han potuto vedere. S'ostina a credere che non è
vero che sua lia sia morta, ma che io voglia tenermela tutta per me, senza
fargliela più vedere. È come guarita. Tanto che, a sentirla
parlare, non sembra più pazza affatto.
Amalia: Affatto! Affatto!
Signora Sirelli: Eh sì, dice proprio che è contenta
così.
Ponza: Lo dice a tutti. E ha per me veramente affetto e gratitudine.
Perché io cerco d'assecondarla quanto più posso, anche a costo di gravi
sacrifizii. Mi tocca tener due case. Obbligo mia moglie, che per fortuna si
presta caritatevolmente, a raffermarla di continuo in quella illusione: che sia
sua lia. S'affaccia alla finestra, le parla, le scrive. Ma, carità,
ecco, dovere, fino a un certo punto, signori! Non posso costringere mia moglie
a convivere con lei. E intanto è come in carcere, quella disgraziata,
chiusa a chiave, per paura che ella non le entri in casa. Sì, è
tranquilla, e poi così mite d'indole; ma, capiranno, si sentirebbe
raccapricciare da capo a piedi, mia moglie, alle carezze ch'ella le farebbe.
Amalia: (scattando, con orrore e pietà insieme). Ah,
certo, povera signora, immaginiamoci!
Signora Sirelli: (al marito e alla signora Cini) Ah, vuole dunque
lei - sentite? - star chiusa a chiave!
Ponza: (per troncare) Signor Commendatore, intenderà che
io non potevo lasciar fare, se non forzato, questa visita.
Agazzi: Ah, intendo, intendo, ora; sì sì, e mi spiego
tutto.
Ponza: Chi ha una sventura come questa deve starsene appartato.
Costretto a far venire qua mia suocera, era mio obbligo fare davanti a loro
questa dichiarazione: dico, per rispetto al posto che occupo; perché a carico
d'un pubblico ufficiale non si creda in paese una tale enormità: che per
gelosia o per altro io impedisca a una povera madre di veder la liuola.
Si alzerà.
Chiedo scusa alle signore d'averle involontariamente turbate.
S'inchinerà.
Signor Commendatore!
S'inchinerà; poi, davanti a Laudisi e Sirelli chinando il capo:
Signori.
E andrà via per l'uscio comune.
Amalia: (sbalordita) Uh
È pazza, dunque !
Signora Sirelli: Povera signora! Pazza.
Dina: Ecco perché! Si crede la madre, e quella non è la sua
liuola!
Si nasconde la faccia con le mani per orrore.
Oh Dio !
Signora Cini: Ma chi l'avrebbe mai supposto!
Agazzi: Eppure eh! dal modo come parlava -
Laudisi: - tu avevi già capito?
Agazzi: No ma, certo che non sapeva lei stessa come dire!
Signora Sirelli: Sfido, poverina: non ragiona!
Sirelli: Però, scusate: è strano, per una pazza. Non
ragionava, certo. Ma quel cercare di spiegarsi perché il genero non voglia
farle vedere la liuola; e scusarlo, e adattarsi alle scuse trovate da lei
stessa
Agazzi: Oh bella! Appunto questa è la prova che è pazza!
In questo cercar le scuse per il genero, senza poi riuscire a trovarne una
ammissibile.
Amalia: Eh sì! diceva; si disdiceva.
Agazzi: (a Sirelli) E ti pare che, se non fosse pazza, potrebbe
accettare queste condizioni di non veder la liuola se non da una finestra,
con la scusa che adduce, di quel morboso amore del marito che vuol la moglie
tutta per sé?
Sirelli: Già! E da pazza le accetta? E vi si rassegna? Mi sembra
strano, mi sembra strano.
A Laudisi:
Tu che ne dici?
Laudisi: Io? Niente!
SCENA SESTA
CAMERIERE, DETTI, poi la SIGNORA FROLA
Cameriere: (picchiando
all'uscio e presentandosi sulla soglia, turbato) Permesso? C'è di
nuovo la signora Frola.
Amalia: (con sgomento) Oh Dio, e adesso? Se non possiamo
più levarcela d'addosso?
Signora Sirelli: Eh, capisco: a saperla pazza!
Signora Cini: Dio, Dio! Chi sa che altro verrà a dire adesso?
Come vorrei sentirla!
Sirelli: Ne avrei anch'io curiosità. Non ne sono mica persuaso,
io, che sia pazza.
Dina: Ma sì, mamma! Non c'è da aver paura: è
così tranquilla !
Agazzi: Bisognerà riceverla, certo. Sentiamo che cosa vuole. Nel
caso, si provvederà. Ma seduti, seduti. Bisogna star seduti.
Al cameriere:
Fa' passare
Il cameriere si ritirerà.
Amalia: Ajutatemi per carità! Io non so più come parlarle adesso!
Rientrerà la signora Frola. La signora Amalia si alzerà e le verrà impaurita incontro; gli altri la guarderanno sgomenti.
Signora Frola: Permesso?
Amalia: Venga, venga avanti, signora. Sono qua ancora le mie amiche,
come vede -
Signora Frola: (con mestissima affabilità, sorridendo) -
che mi guardano e anche lei, mia buona signora, come una povera pazza,
è vero?
Amalia: No, signora, che dice?
Signora Frola: (con profondo rammarico) Ah meglio lo sgarbo,
signora, di lasciarla dietro la porta, come feci la prima volta! Non avrei mai
supposto che lei dovesse ritornare a costringermi a questa visita, di cui
purtroppo avevo previsto le conseguenze!
Amalia: Ma no, creda: noi siamo liete di rivederla.
Sirelli: La signora s'affligge non sappiamo di che; lasciamola dire.
Signora Frola: Non è uscito di qua or ora mio genero?
Agazzi: Ah, sì! Ma è venuto è venuto, signora,
per parlare con me di di certe cose d'ufficio, ecco.
Signora Frola: (ferita, costernata) Eh! codesta pietosa bugia che
ella mi dice per tranquillarmi
Agazzi: No no, signora, stia sicura; le dico la verità.
Signora Frola: (c.s.) Era calmo, almeno? Ha parlato calmo?
Agazzi: Ma sì, calmo, calmissimo, è vero?
Tutti annuiscono, confermano.
Signora Frola: Oh Dio, signori,
loro credono di rassicurare me, mentre vorrei io, al contrario, rassicurar loro
sul conto di lui!
Signora Sirelli: E su che cosa, signora? Se le ripetiamo che -
Agazzi: - ha parlato con me di cose d'ufficio
Signora Frola: Ma io vedo come mi guardano! Abbiano pazienza. Non
è per me! Dal modo come mi guardano, m'accorgo ch'egli è venuto
qua a dar prova di ciò che io per tutto l'oro del mondo non avrei mai
rivelato! Mi sono tutti testimonii che poc'anzi io qua, alle loro domande che -
credano - sono state per me molto crudeli, non ho saputo come rispondere; e ho
dato loro, di questo nostro modo di vivere, una spiegazione che non può
soddisfare nessuno, lo riconosco! Ma potevo dirne loro la vera ragione? O
potevo dir loro, come va dicendo lui, che la mia liuola è morta da
quattro anni e che io sono una povera pazza che la crede ancora viva e che lui
non me la vuol far vedere?
Agazzi: (stordito dal profondo accento di sincerità con cui la
signora Frola avrà parlato) Ah ma come? La sua liuola?
Signora Frola: (subito, con ansia) Vedono che è vero?
Perché vogliono nascondermelo? Ha detto loro così
Sirelli: (esitando, ma studiandola) Sì difatti ha
detto
Signora Frola: Ma se lo so! E so purtroppo che turbamento gli cagiona il
vedersi costretto a dir questo di me! È una disgrazia, signor
Consigliere, che con tanti stenti, attraverso tanti dolori, s'è potuta
superare; ma così, a patto di vivere come viviamo. Capisco, sì, che
deve dar nell'occhio alla gente, provocare scandalo, sospetti. Ma d'altra
parte, se lui è un ottimo impiegato, zelante, scrupoloso. Lei lo
avrà già sperimentato, certo.
Agazzi: No, per dir la verità, ancora non ne ho avuto occasione.
Signora Frola: Per carità non giudichi dall'apparenza! È
ottimo; lo hanno dichiarato tutti i suoi superiori. E perché si deve allora
tormentarlo con questa indagine della sua vita familiare, della sua disgrazia,
ripeto, già superata e che, a rivelarla, potrebbe comprometterlo nella
carriera?
Agazzi: Ma no, signora, non s'afga così! Nessuno vuol
tormentarlo.
Signora Frola: Dio mio, come vuole che non m'affligga nel vederlo
costretto a dare a tutti una spiegazione assurda, via! e anche orribile!
Possono loro credere sul serio che la mia liuola sia morta? e che io sia
pazza? che questa che ha con sé sia una seconda moglie? - Ma è un
bisogno, credano, un bisogno per lui dire così! Gli s'è potuto
ridar la calma, la fiducia, solo a questo patto. Avverte lui stesso però
l'enormità di quello che dice e, costretto a dire, si eccita, si
sconvolge: lo avranno veduto!
Agazzi: Sì, difatti era era un po' eccitato.
Signora Sirelli: O Dio, ma come? ma allora, è lui?
Sirelli: Ma sì, che dev'esser lui!
Trionfante:
Signori, io l'ho detto!
Agazzi: Ma via! Possibile?
Viva agitazione in tutti gli altri.
Signora Frola: (subito,
giungendo le mani) No, per carità, signori! Che credono? È
solo questo tasto che non gli dev'esser toccato! Ma scusino, lascerei la mia
liuola sola con lui, se veramente fosse pazzo? No! E poi la prova lei
può averla all'ufficio, signor Consigliere, dove adempie a tutti i suoi
doveri come meglio non si potrebbe.
Agazzi: Ah, ma bisogna che lei ci spieghi, signora, e chiaramente, come
stanno le cose! Possibile che suo genero sia venuto qua a inventarci tutta una
storia?
Signora Frola: Sissignore, sì, ecco, spiegherò loro tutto!
Ma bisogna compatirlo, signor Consigliere!
Agazzi: Ma come? Non è vero niente che la sua liuola è
morta?
Signora Frola: (con orrore) Oh no! Dio liberi!
Agazzi: (irritatissimo, gridando) Ma allora il pazzo è
lui!
Signora Frola: (supplichevole) No, no guardi
Sirelli: (trionfante) Ma sì, perdio, dev'esser lui!
Signora Frola: No, guardino! guardino! Non è, non è pazzo!
Mi lascino dire! - Lo hanno veduto: è così forte di complessione;
violento Sposando, fu preso da una vera frenesia d'amore. Rischiò di
distruggere, quasi, la mia liuola, ch'era delicatina. Per consiglio dei
medici e di tutti i parenti, anche dei suoi (che ora poverini non sono
più!) gli si dovette sottrarre la moglie di nascosto, per chiuderla in
una casa di salute. E allora lui, già un po' alterato, naturalmente, a
causa di quel suo soverchio amore, non trovandosela più in casa -
ah, signore mie, cadde in una disperazione furiosa; credette davvero che la
moglie fosse morta; non volle sentir più niente; si volle vestir di
nero; fece tante pazzie; e non ci fu verso di smuoverlo più da
quest'idea. Tanto che, quando (dopo appena un anno) la mia liuola già
rimessa, rifiorita, gli fu ripresentata, disse di no, che non era più
lei: no, no; la guardava - no, no; non era più lei. Ah, signore mie, che
strazio! Le si accostava, pareva che la riconoscesse, e poi di nuovo, no, no
E per fargliela riprendere, con l'ajuto degli amici, si dovette simulare un
secondo matrimonio.
Signora Sirelli: Ah, dice dunque per questo che?
Signora Frola: Sì, ma non ci crede più, certo, da un
pezzo, neanche lui! Ha bisogno di darlo a intendere agli altri; non può
farne a meno! Per star sicuro, capiscono? Perché forse, di tanto in tanto, gli
balena ancora la paura che la mogliettina gli possa essere di nuovo sottratta.
A bassa voce, sorridendo confidenzialmente:
Se la tiene chiusa a chiave per questo - tutta per sé. Ma l'adora! Sono sicura. E la mia liuola è contenta.
Si alzerà.
Me ne scappo, perché non vorrei che tornasse subito da me, se è così eccitato.
Sospirerà dolcemente, scotendo le mani giunte.
Ci vuol pazienza! Quella poverina deve urare di non esser lei, ma un'altra; e io eh! io, d'esser pazza, signore mie! Ma come si fa? Purché stia tranquillo lui! Non s'incomodino, prego, so la via. Riverisco, signori, riverisco.
Salutando e inchinandosi si ritirerà in fretta, per l'uscio comune. Resteranno tutti in piedi, sbalorditi, come basiti, a guardarsi negli occhi. Silenzio. Laudisi: (facendosi in mezzo a loro) ½ guardate tutti negli occhi? Eh! La verità?
Scoppierà a ridere forte:
Ah! Ah! Ah! Ah!
Tela
ATTO SECONDO
Studio in casa del Consigliere Agazzi - Mobili antichi; vecchi quadri alle pareti; uscio in fondo, con tenda; uscio laterale a sinistra, che dà nel salotto, anch'esso con tenda; a destra, un ampio camino, sulla cui mensola poggerà un grande specchio; su la scrivania, apparecchio telefonico; poi un divanetto, poltrone, seggiole, ecc.
SCENA PRIMA
AGAZZI, LAUDISI, SIRELLI
Agazzi sarà in piedi presso la scrivania, col ricevitore dell'apparecchio telefonico all'orecchio. Laudisi e Sirelli, seduti, guarderanno verso di lui, in attesa.
Agazzi: Pronto! - Sì. - Parlo con Centuri? - Ebbene? - Sì, bravo.
Ascolterà a lungo, poi:
Ma come, scusi! possibile?
Ascolterà di nuovo a lungo, poi:
Capisco, ma mettendocisi con un po' d'impegno
Altra pausa lunga, poi:
È proprio strano, scusi, che non si possa
Pausa.
Capisco, sì capisco.
Pausa. Basta, veda un po' A rivederla.
Poserà il ricevitore, e verrà avanti.
Sirelli: (ansioso) Ebbene?
Agazzi: Niente.
Sirelli: Non si trova niente?
Agazzi: Tutto disperso o distrutto: Municipio, archivio, stato civile.
Sirelli: Ma la testimonianza almeno di qualche superstite?
Agazzi: Non si ha notizia di superstiti; e se pure ce ne sono, ricerche
difficilissime, ormai!
Sirelli: Cosicché non ci resta che da credere all'uno o da credere
all'altra, così, senza prove?
Agazzi: Purtroppo!
Laudisi: (alzandosi) Volete seguire il mio consiglio ? Credete a
tutti e due.
Agazzi: Sì, e come -
Sirelli: - se l'una ti dice bianco e l'altro nero?
Laudisi: E allora non credete a nessuno dei due!
Sirelli: Tu vuoi scherzare. Mancano le prove, i dati di fatto; ma la
verità, perdio, sarà da una parte o dall'altra!
Laudisi: I dati di fatto, già! Che vorresti desumerne?
Agazzi: Ma scusa! L'atto di morte della liuola, per esempio, se la
signora Frola è lei la pazza (purtroppo non si trova
pi&ùgrave;, perché non si trova pi&ùgrave; nulla), ma
doveva esserci; si potrebbe trovare domani; e allora - trovato quest'atto -
è chiaro che avrebbe ragione lui, il genero.
Sirelli: Potresti negar l'evidenza, se domani quest'atto ti venisse
presentato?
Laudisi: Io? Ma non nego nulla io! Me ne guardo bene! Voi, non io, avete
bisogno dei dati di fatto, dei documenti, per affermare o negare! Io non so che
farmene, perché per me la realtà non consiste in essi, ma nell'animo di
quei due, in cui non posso urarmi d'entrare, se non per quel tanto che essi
me ne dicono.
Sirelli: Benissimo! E non dicono appunto che uno dei due è pazzo?
O pazza lei, o pazzo lui: di qui non si scappa! Quale dei due?
Agazzi: È qui la questione!
Laudisi: Prima di tutto, non è vero che lo dicano entrambi. Lo
dice lui, il signor Ponza, di sua suocera. La signora Frola lo nega, non
soltanto per sé, ma anche per lui. Se mai, lui - dice - fu un po' alterato di
mente per soverchio amore. Ma ora, sano, sanissimo.
Sirelli: Ah dunque tu propendi, come me, verso ciò che dice lei,
la suocera?
Agazzi: Certo che, stando a ciò che dice lei, si può
spiegar tutto benissimo.
Laudisi: Ma si può spiegar tutto ugualmente, stando a ciò
che dice lui, il genero!
Sirelli: E allora - pazzo - nessuno dei due? Ma uno dev'essere, perdio!
Laudisi: E chi dei due? Non potete dirlo voi, come non può dirlo
nessuno. E non già perché codesti dati di fatto, che andate cercando,
siano stati annullati - dispersi o distrutti - da un accidente qualsiasi - un
incendio, un terremoto - no; ma perché li hanno annullati essi in sé,
nell'animo loro, volete capirlo? creando lei a lui, o lui a lei, un fantasma
che ha la stessa consistenza della realtà, dov'essi vivono ormai in
perfetto accordo, pacificati. E non potrà essere distrutta, questa loro
realtà, da nessun documento, poiché essi ci respirano dentro, la vedono,
la sentono, la toccano! - Al pi&ùgrave;, per voi potrebbe servire il
documento, per levarvi voi una sciocca curiosità. ½ manca, ed eccovi
dannati al meraviglioso supplizio d'aver davanti, accanto, qua il fantasma e
qua la realtà, e di non poter distinguere l'uno dall'altra!
Agazzi: Filosofia, caro, filosofia! Lo vedremo, lo vedremo adesso se non
sarà possibile!
Sirelli: Abbiamo inteso prima l'uno, poi l'altra; mettendoli insieme,
ora, di fronte, vuoi che non si scopra dove sia il fantasma, dove la
realtà?
Laudisi: Io vi chiedo licenza di seguitare a ridere alla fine.
Agazzi: Va bene, va bene; vedremo chi riderà meglio alla fine.
Non perdiamo tempo!
Si farà all'uscio a sinistra e chiamerà:
Amalia, signora, venite, venite qua!
SCENA SECONDA
SIGNORA AMALIA, SIGNORA SIRELLI, DINA, DETTI.
Signora Sirelli: (a Laudisi,
minacciandolo con un dito) Ancora? ancora, lei?
Sirelli: È incorreggibile !
Signora Sirelli: Ma come non si lascia prendere dalla smania che
è in tutti ormai, di penetrar questo mistero che rischia di farci
impazzire tutti quanti? Io non ci ho dormito stanotte!
Agazzi: Per carità, signora, lo lasci perdere!
Laudisi: Dia retta a mio cognato piuttosto, che le prepara il sonno per
questa notte.
Agazzi: Dunque. Stabiliamo. Ecco. Voi andrete dalla signora Frola
Amalia: E saremo ricevute?
Agazzi: Oh Dio, direi!
Dina: È nostro dovere restituir la visita.
Amalia: Ma se lui non vuol permettere che la signora ne faccia e ne
riceva?
Sirelli: Prima sì! - perché ancora nessuno sapeva niente. Ma
ormai che la signora, costretta, ha parlato, spiegando la ragione del suo
ritegno -
Signora Sirelli: (seguitando) - forse avrà piacere, anzi,
di parlarci della liuola.
Dina: È così affabile - Ah, per me non c è dubbio,
sapete : il pazzo è lui !
Agazzi: Non precipitiamo, non precipitiamo il giudizio. - Dunque,
statemi a sentire.
Guarderà l'orologio.
Vi tratterrete poco; un quarto d'ora, non
pi&ùgrave;.
Sirelli: (alla moglie) Per carità, sta' attenta!
Signora Sirelli: (montando in furia) E perché dici a me?
Sirelli: Eh, perché se tu ti metti a parlare
Dina: (per prevenire una lite fra i due) Un quarto d'ora, un
quarto d'ora; starò attenta io.
Agazzi: Io arrivo alla Prefettura, e sarò qui di ritorno alle
undici. Fra una ventina di minuti.
Sirelli: (smanioso) E io?
Agazzi: Aspetta.
Alle donne:
Con una scusa, un poco prima, voi indurrete la signora Frola a
venire qua.
Amalia: E che che scusa?
Agazzi: Una scusa qualunque! La troverete conversando Manca a voi?
Non siete donne per nulla! C'è Dina, c è la signora -
Entrerete, s intende, nel salotto.
Si recherà all'uscio e lo aprirà bene, scostando la tenda.
Quest'uscio deve restare così - bene aperto -
così! per modo che di qua vi si senta parlare. - Io lascio sulla
scrivania queste sectiune, che dovrei portare con me. È una pratica
d'ufficio preparata apposta per il signor Ponza. Fingo di scordarmela, e con
questo pretesto me lo conduco qua. Allora
Sirelli: (c.s.) Scusa, ma io, io quando devo venire?
Agazzi: Qualche minuto dopo le undici, tu - quando già le signore
saranno nel salotto, e io qua con lui. Vieni per prendere la tua signora. Ti
fai introdurre da me. Io allora le inviterò tutte a favorire qua da noi
-
Laudisi: (subito) - e la verità sarà scoperta!
Dina: Ma scusa, zietto, quando saranno tutt'e due di fronte
Agazzi: Non gli date retta, santo Dio! Andate, andate. Non c'è
tempo da perdere!
Signora Sirelli: Andiamo, sì, andiamo. Io neanche lo saluto!
Laudisi: Ecco, mi saluto per lei, signora!
Si stringerà una mano con l'altra.
Buona fortuna !
Via Amalia, Dina e la Signora Sirelli.
Agazzi: (a Sirelli) Andiamo
anche noi, eh? Subito
Sirelli: Sì, andiamo. Addio, Lamberto.
Laudisi: Addio, addio.
Agazzi e Sirelli, via.
SCENA TERZA
LAUDISI solo, poi il CAMERIERE
Laudisi: (Andrà un po' in giro per lo studio, sogghignando tra sé e tentennando il capo; poi si fermerà davanti al grande specchio su la mensola del camino, guarderà la propria immagine e parlerà con essa) Oh, eccoti qua!
La saluterà con due dita; strizzando furbescamente un occhio, e sghignerà.
Eh caro! - Chi è il pazzo di noi due?
Alzerà una
mano con l'indice appuntato contro la sua immagine
che, a sua volta, appunterà l'indice contro di lui.
Sghignerà ancora, poi:
Eh, lo so: io dico: 'tu', e tu col dito indichi me. - Va' là, che così a tu per tu, ci conosciamo bene noi due! - Il guajo è che, come ti vedo io, non ti vedono gli altri! E allora, caro mio, che diventi tu? Dico per me che, qua di fronte a te, mi vedo e mi tocco - tu, - per come ti vedono gli altri - che diventi? - Un fantasma, caro, un fantasma! - Eppure, vedi questi pazzi? Senza badare al fantasma che portano con sé, in se stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! E credono che sia una cosa diversa.
Il cameriere,
entrato, resterà sbalordito a sentir le ultime parole del Laudisi allo
specchio.
Poi chiamerà:
Cameriere: Signor Lamberto.
Laudisi: Eh?
Cameriere: Ci sono due signore. La signora Cini e un'altra.
Laudisi: Vogliono me?
Cameriere: Hanno chiesto della signora. Ho detto che si trovava a visita
dalla signora Frola qua accanto, e allora
Laudisi: Allora?
Cameriere: Si sono guardate negli occhi; poi, hanno battuto le manine
coi guanti: - 'Ah sì? ah sì?' e m'hanno domandato,
friggendo, se non c'era proprio nessuno in casa.
Laudisi: Tu avrai risposto che non c'era nessuno.
Cameriere: Ho risposto che c'era lei.
Laudisi: Io? No. - Quello che conoscono loro, se mai!
Cameriere: (pi&ùgrave; che mai sbalordito) Come dice?
Laudisi: Ma, scusa, ti pare lo stesso?
Cameriere: (c.s. tentando squallidamente un sorriso a bocca aperta)
Non capisco.
Laudisi: Con chi stai parlando tu?
Cameriere: (basito) Come con chi sto parlando ? Con lei.
Laudisi: E sei proprio sicuro che io sia lo stesso di quello che
chiedono codeste signore?
Cameriere: Ma non saprei Hanno detto il fratello della signora
Laudisi: Caro! Ah - Eh sì, allora sono io; sono io - Falle
entrare, falle entrare
II cameriere si
ritirerà voltandosi parecchie volte a riguardarlo
come se non credesse pi&ùgrave; ai suoi occhi.
SCENA QUARTA
DETTO la SIGNORA CINI, la SIGNORA NENNI
Signora Cini: Permesso?
Laudisi: Avanti, avanti, signora.
Signora Cini: M'hanno detto che la signora non c'è. Io avevo
portato con me la mia amica signora Nenni,
la
presenterà: è una vecchia pi&ùgrave; goffa e smorfiosa
di lei,
piena anch'essa di cupida curiosità, ma guardinga, sgomenta:
che aveva tanto desiderio di conoscere la signora -
Laudisi: (subito) - Frola?-
Signora Cini: - no no: sua sorella!
Laudisi: Oh, verrà, sarà qui tra poco. Anche la signora
Frola. S'accomodino, prego.
Le inviterà a sedere sul divanetto: poi introducendosi graziosamente a sedere tra loro due:
Permettono? Ci si può mettere seduti bene tutti e tre.
C'è anche di là la Signora Sirelli.
Signora Cini: Già, ce l'ha detto il cameriere.
Laudisi: Tutto concertato, sa? Ah, sarà una scena di quelle, ma
di quelle! Tra poco, alle undici. Qua.
Signora Cini: (stordita) Concertato, scusi, che cosa?
Laudisi: (misterioso, prima col gesto, infrontando gl'indici delle
mani; poi, con la voce) L'incontro.
Gesto d'ammirazione, poi:
Un'idea grande!
Signora Cini: Che che incontro?
Laudisi: Dei due. Prima, lui entrerà qua.
Signora Cini: Il signor Ponza?
Laudisi: Sì; lei sarà condotta là.
Indicherà il salotto.
Signora Cini: La signora Frola?
Laudisi: Sissignora.
Daccapo, prima con un gesto espressivo della mano, poi con la voce:
Ma poi, tutti e due qua, uno di fronte all'altra; e nojaltri,
attorno, a vedere e sentire. Un'idea grande!
Signora Cini: Per venire a sapere? -
Laudisi: - la verità! Ma già s'è saputa! Ora non
resta pi&ùgrave; che di smascherarla.
Signora Cini: (con sorpresa e vivissima ansia) Ah! s'è
saputo? E chi è? Chi è dei due? chi è?
Laudisi: Vediamo un po'. Indovini. Lei chi dice?
Signora Cini: (gongolante, esitante). Ma io ecco
Laudisi: Lei o lui ? Vediamo Indovini Coraggio!
Signora Cini: Io io lui dico!
Laudisi: ( la guarda un po'. Poi ) È lui!
Signora Cini: (gongolante) Sì ? Ah ! Ecco! ecco! Ma
sì! Doveva, doveva esser lui!
Signora Nenni: (gongolante) Lui! - Eh, tutte lo dicevamo, noi
donne!
Signora Cini: E come, come s'è venuto a sapere? Son venute fuori
prove, è vero? atti.
Signora Nenni: Per mezzo della questura, eh? Lo dicevamo! Non era
possibile che non si venisse a scoprire per mezzo dell'autorità
prefettizia!
Laudisi: (farà segno con le mani d'accostarsi di
pi&ùgrave; a lui: poi dirà loro piano, con tono di mistero,
quasi pesando le sillabe) L'atto del secondo matrimonio.
Signora Cini: (come ricevendo un pugno sul naso) Del secondo?
Signora Nenni: (scompigliata) Come, come? Del secondo matrimonio?
Signora Cini: (rinvenendo, contrariata) Ma allora allora
avrebbe ragione lui?
Laudisi: Eh! i dati di fatto, signore mie! L'atto del secondo matrimonio
- a quanto pare - parla chiaro.
Signora Nenni: (quasi piangendo) Ma allora la pazza è lei?
Laudisi: E già! Parrebbe lei.
Signora Cini: Ma come? Prima ha detto lui e ora dice lei ?
Laudisi: Sì. Ma perché l'atto, signora mia, quest'atto del
secondo matrimonio, può essere benissimo - come ha assicurato la signora
Frola - un atto simulato, mi spiego? - fatto per finta, con l'ajuto degli amici
per secondare la sua fissazione, che la moglie non fosse pi&ùgrave;
quella, ma un'altra.
Signora Cini: Ah, ma allora un atto così, senza valore?
Laudisi: Cioè, cioè Con quel valore, signore mie, con
quel valore che ognuno gli vuol dare! Non ci sono, scusino, anche le letterine
che la signora Frola dice di ricevere ogni giorno dalla liuola per mezzo del
panierino, là nel cortile? Ci sono queste letterine, è vero?
Signora Cini: Sì; ebbene?
Laudisi: Ebbene: documenti, signora! Documenti, anche queste letterine!
Ma secondo il valore che lei vuol dar loro! Viene il signor Ponza e dice che
sono finte, fatte per secondare la fissazione della signora Frola.
Signora Cini: Ma, allora, oh Dio, di certo non si sa niente!
Laudisi: Come niente! come niente! Non esageriamo! Scusi, i giorni della
settimana, quanti sono?
Signora Cini: Eh, sette.
Laudisi: Lunedì, martedì, mercoledì
Signora Cini: (invitata a seguitare). - giovedì,
venerdì, sabato
Laudisi: - e domenica!
Rivolgendosi all'altra:
E i mesi dell'anno?
Signora Nenni: Dodici!
Laudisi: Gennajo, febbrajo, marzo
Signora Cini: Abbiamo capito! Lei vuole burlarsi di noi!
SCENA QUINTA
DETTI e DINA
Dina: (sopravvenendo di corsa dall'uscio in fondo) Zietto, per favore
Si arresterà, vedendo la signora Cini.
Oh, signora, lei qui?
Signora Cini: Sì, ero venuta con la signora Nenni -
Laudisi: - che ha tanto desiderio di conoscere 1a signora Frola.
Signora Nenni: Ma no, scusi
Signora Cini: Seguita a prenderci in giro! Ah, cara signorina! Ci ha
tutte abburattate, sa? come quando si entra in una stazione:
tàn-tàn, tàn-tàn, che non si finisce mai d'infilare
scambi! Siamo stordite.
Dina: Oh! È tanto cattivo in questo momento, anche con tutti noi!
Abbiano pazienza. Non ho pi&ùgrave; bisogno di niente. Vado a dire
alla mamma che ci sono qua loro: basterà: - Ah zio, se la sentissi, che
tesorino di vecchietta! come parla: che bontà! - E che casetta tutta in
ordine, linda; ogni cosa a garbo; le tovagline bianche sui mobili Ci ha
mostrato tutte le letterine della liuola.
Signora Cini: Già ma se, come ci stava dicendo il signor
Laudisi
Dina: E che ne sa lui? Non le ha mica lette!
Signora Nenni: Non possono esser finte?
Dina: Ma che finte! Non gli diano retta! Potrebbe mai ingannarsi una
madre su le espressioni della propria liuola! L'ultima letterina, di jeri
S'interromperà,
udendo nel salotto accanto, attraverso l'uscio rimasto aperto, rumore di voci.
Ah, eccole: sono già qua, senz'altro!
Andrà all'uscio del salotto a guardare
Signora Cini: (correndole
dietro) Con lei? con la signora Frola?
Dina: Sì, vengono, vengono. Bisogna che stiamo tutti nel salotto.
Sono già le undici, zio?
SCENA SESTA
DETTI, la signora AMALIA
Amalia: (sopravvenendo anche
lei agitata, ma dall'uscio del salotto) Se ne potrebbe ormai fare a meno!
Non c'è pi&ùgrave; bisogno di prove!
Dina: Ma già! Lo penso anch'io! Ormai è inutile!
Amalia: (salutando in fretta, dolente e in ansia, la signora Cini )
Cara signora.
Signora Cini: (presentando la signora Nenni) La signora Nenni,
venuta con me per
Amalia: (salutando in fretta anche la signora Nenni) Piacere,
signora.
Poi:
Non c'è pi&ùgrave; dubbio! È lui!
Signora Cini: È lui, è vero? è lui?
Dina: Se si potesse impedire, prevenendo il babbo, quest'inganno alla
povera signora!
Amalia: Già! L'abbiamo condotta di là! Mi par proprio di
farle un tradimento!
Laudisi: Ma sì! Indegno, indegno. Avete ragione! Tanto
pi&ùgrave; che comincia a parermi evidente che dev'esser lei! lei di
sicuro!
Amalia: Lei? Come! Che dici?
Laudisi: Lei, lei, lei.
Amalia: Ma va' là!
Dina: Siamo ormai così certe del contrario, noi!
Signora Cini: e Signora Nenni: (gongolanti) Sì?
sì, eh?
Laudisi: Ma appunto perché ne siete così certe vojaltre!
Dina: Andiamo, via, andiamo di là; non vedete che lo fa apposta?
Amalia: Andiamo, sì, andiamo, signore mie.
Davanti all'uscio a sinistra.
Favoriscano, prego
Via la signora Cini, la signora Nenni, Amalia. Dina farà per uscire anche lei.
Laudisi: (chiamandola a sé)
Dina!
Dina: Non ti voglio dare ascolto! No! no!
Laudisi: Richiudi codesto uscio, se per te, ormai, la prova è
inutile.
Dina: E il babbo? L'ha lasciato lui così aperto Starà
per venire con quell'altro. Se lo trovasse chiuso Sai bene com'è, il
babbo!
Laudisi: Ma lo persuaderete voi (tu, specialmente) che non c'era
pi&ùgrave; bisogno di tenerlo aperto. Non ne sei convinta tu?
Dina: Convintissima!
Laudisi: (con un sorriso di sfida) E chiudilo allora!
Dina: Tu vorresti pigliarti il piacere di vedermi dubitare ancora. Non
chiudo. Ma solo per il babbo.
Laudisi: (c.s.) Vuoi che lo chiuda io?
Dina: Su la tua responsabilità!
Laudisi: Ma io non ho come te la certezza che il pazzo sia lui.
Dina: E tu vieni in salotto, senti parlare la signora, come l'abbiamo
sentita noi, e vedrai che non avrai pi&ùgrave; nessun dubbio neanche
tu. Vieni?
Laudisi: Sì, vengo. E posso chiudere, sai? Su la mia
responsabilità.
Dina: Ah, vedi? Anche prima di sentirla parlare!
Laudisi: No, cara. Perché son sicuro che tuo padre, a quest'ora, pensa
anche lui, come vojaltre, che questa prova sia inutile.
Dina: Ne sei sicuro?
Laudisi: Ma sì! Sta parlando con lui! Avrà acquistato
senza dubbio la certezza che la pazza è lei.
S'appresserà all'uscio risolutamente.
Chiudo. Dina: (subito trattenendolo) No.
Poi, riprendendosi:
Scusa se pensi così lasciamolo aperto
Laudisi: (riderà al suo solito) Ah ah ah
Dina: Io dico per il babbo!
Laudisi: E il babbo dirà per voi! - Lasciamolo aperto.
Si sentirà
sonare, nel salotto accanto, sul pianoforte,
un'antica aria piena di dolce e mesta grazia, della
Nina pazza per amore del Paisiello.
Dina: Ah, è lei senti?
suona: suona lei!
Laudisi: La vecchietta?
Dina: Sì, ci ha detto che la liuola, prima, la sonava sempre,
questa vecchia aria. Senti con quanta dolcezza la suona? Andiamo, andiamo.
Esciranno tutt'e due per l'uscio a sinistra.
SCENA SETTIMA
AGAZZI, il SIGNOR PONZA, poi SIRELLI
La scena, appena usciti Laudisi e Dina, resterà vuota per un pezzo. Seguiterà dall'interno il suono del pianoforte. Il signor Ponza, entrando per l'uscio in fondo col consigliere Agazzi e udendo quella musica, si turberà profondamente; e il suo turbamento andrà man mano crescendo durante la scena.
Agazzi: (davanti all'uscio in fondo) Passi, passi, prego.
Farà entrare
il signor Ponza, poi entrerà lui
e si dirigerà alla scrivania per prendere le sectiune che avrà finto
di dimenticare lass&ùgrave;.
Ecco, devo averle lasciate qua. S'accomodi, prego.
Il signor Ponza
resterà in piedi, guardando con agitazione verso il salotto,
donde verrà il suono del pianoforte.
Eccole qua, difatti
Prenderà le sectiune e s'appresserà al signor Ponza sfogliandole.
È una contesa, come le dicevo, aggrovigliata, che si trascina da anni.
Si volterà anche lui a guardare verso il salotto, urtato dal suono del pianoforte.
Ma questa musica! Giusto ora!
Farà un gesto di dispetto, nel voltarsi, come per dire tra sé :'Che stupide!'
Chi suona?
Si farà a
guardare, attraverso l'uscio, nel salotto;
scorgerà al pianoforte la signora Frola, farà un atto di
meraviglia.
Ah! Oh guarda!
Ponza: (appressandoglisi, convulso) In nome di Dio, è lei?
suona lei?
Agazzi: Sì, sua suocera! E come suona bene!
Ponza: Ma come? Se la sono portata qua, di nuovo? E la fanno sonare ?
Agazzi: Non vedo che male possa esserci!
Ponza: Ma no, per carità! Questa musica, no! È quella che
sonava la sua liuola!
Agazzi: Ah, forse le fa male sentirla sonare?
Ponza: Ma non a me! Fa male a lei! Un male incalcolabile! Ho pur detto a
lei, signor Consigliere, e alle signore le condizioni di quella povera
disgraziata -
Agazzi: (procurando di calmarlo nell'agitazione sempre crescente)
- sì, sì ma veda -
Ponza: (seguitando) - che dev'essere lasciata in pace! che non
può ricever visite, né farne! So io solo, so io solo come si deve
trattare con lei! La rovinano! la rovinano!
Agazzi: Ma no, perché? Le mie donne sapranno bene anche loro
S'interromperà
improvvisamente al cessare della musica nel salotto,
da cui verrà ora un coro d'approvazioni.
Ecco, guardi può ascoltare
Dall'interno giungeranno, spiccatamente, queste battute di dialogo:
Dina: Ma lei suona ancora
benissimo, signora!
Signora Frola: Io? Eh, la mia Lina! dovrebbero sentire la mia Lina, come
la suona!
Ponza: (fremendo, strizzandosi le mani) La sua Lina! Sente ? Dice
la sua Lina!
Agazzi: Eh già, la sua liuola.
Ponza: Ma dice suona! dice suona!
Di nuovo, dall'interno, spiccatamente:
Signora Frola: Eh, no, non
può pi&ùgrave; sonare, da allora! E forse è questo il
suo maggior dolore, poverina!
Agazzi: Mi sembra naturale La crede ancora viva
Ponza: Ma non le si deve far dire così! Non deve non deve
dirlo Ha sentito? Da allora Ha detto, da allora! Per quel pianoforte,
certo! Lei non sa! Per il pianoforte della povera morta!
Sopravverrà a questo punto Sirelli, il quale, udendo le ultime parole del Ponza e notandone l'estrema esasperazione, resterà come basito. Agazzi, anche lui sbigottito, gli farà cenno di appressarsi.
Agazzi: Ti prego, fai venire qua le signore!
Sirelli, tenendosi al largo, si farà all'uscio a sinistra e chiamerà le signore
Ponza: Le signore? Qua? No, no! Piuttosto
SCENA OTTAVA
La SIGNORA
FROLA, la SIGNORA AMALIA, la SIGNORA SIRELLI, DINA,
la SIGNORA
CINI la SIGNORA NENNI, LAUDISI, DETTI.
Le signore, al cenno di Sirelli pieno di sbigottimento, entreranno, sgomente. La signora Frola, scorgendo il genero in quello stato d'orgasmo, tutt'un fremito quasi animalesco, ne avrà terrore. Investita da lui con estrema violenza durante la scena seguente farà alle signore, di tratto in tratto, con gli occhi, cenni espressivi d'intelligenza. La scena si svolgerà rapida e concitatissima.
Ponza: Lei, qua? Qua di nuovo? Che
è venuta a fare?
Signora Frola: Ero venuta, abbi pazienza
Ponza: È venuta qua a dire ancora Che ha detto? che ha detto a
codeste signore?
Signora Frola: Niente, ti giuro! Niente!
Ponza: Niente? Come niente? Ho sentito io! Ha sentito con me questo
signore!
Indicherà Agazzi.
Lei ha detto suona! Chi suona! Lina suona? Lei lo sa bene che
è morta da quattro anni la sua liuola!
Signora Frola: Ma sì, caro! Calmati! sì! sì!
Ponza: 'E non può pi&ùgrave; sonare da
allora!' Sfido che non può pi&ùgrave; sonare da allora!
Come vuole che suoni, se è morta?
Signora Frola: Ecco! certo! E non l'ho detto io, signore mie? L'ho
detto, che non può pi&ùgrave;, da allora. Se è morta!
Ponza: E perché pensa ancora a quel pianoforte, dunque?
Signora Frola: Io? no; non ci penso pi&ùgrave;! non ci penso
pi&ùgrave;!
Ponza: L'ho sfasciato io! E lei lo sa! Quando la sua liuola è
morta! Per non farlo toccare a quest'altra, che del resto non sa sonare! Lei lo
sa che non suona quest'altra.
Signora Frola: Ma se non sa sonare! certo!
Ponza: E come si chiamava, si chiamava Lina, è vero? la sua liuola.
Ora dica qua come si chiama la mia seconda moglie! Lo dica qua a tutti, perché
lei lo sa bene! - Come si chiama?
Signora Frola: Giulia! Giulia si chiama! Sì, sì, è
proprio vero, signori; si chiama Giulia!
Ponza: Giulia, dunque, non Lina! E non cerchi di ammiccare intanto,
dicendo che si chiama Giulia!
Signora Frola: Io, no! Non ho ammiccato!
Ponza: Me ne sono accorto! Ha ammiccato! Me ne sono accorto bene! Lei
vuol rovinarmi! Vuol dare a intendere a questi signori che io voglia tenermi
ancora tutta per me la sua liuola, come se non fosse morta.
Romperà in spaventosi singhiozzi.
Come se non fosse morta!
Signora Frola: (subito con infinita tenerezza e umiltà,
accorrendo a lui) Io? Ma no, no, liuolo mio caro! Càlmati, per
carità ! Io non ho detto mai questo È vero? è vero,
signore?
Amalia:, Signora Sirelli:, Dina: Ma sì! sì -
Non l'ha mai detto! - Ha detto sempre che è morta!
Signora Frola: È vero? Che è morta, ho detto! Come no? E
che tu sei tanto buono con me!
Alle signore:
È vero? è vero? Io, rovinarti? Io,
comprometterti?
Ponza: (rizzandosi, terribile) Ma va cercando intanto nelle case
degli altri il pianoforte, per farci le
sonatine della sua liuola, e andando dicendo che Lina le suona così,
e meglio di così!
Signora Frola: No, è stato l'ho fatto tanto tanto per
provare
Ponza: Lei non può! Lei non deve! Come le può venire in
mente di sonare ancora ciò che sonava la sua liuola morta?
Signora Frola: Hai ragione, sì! ah poverino poverino!
Intenerita, si metterà a piangere.
Non lo farò pi&ùgrave;! non lo farò
pi&ùgrave;!
Ponza: (investendola terribilmente da vicino) Vada! vada via !
vada via !
Signora Frola: Sì sì vado, vado Oh Dio!
Farà cenni
supplichevoli a tutti, arretrando, di aver riguardo al genero,
e si ritirerà piangendo.
SCENA NONA
DETTI, meno la SIGNORA FROLA
Resteranno tutti compresi di pietà e terrore, a mirare il signor Ponza. Ma subito, questi, appena uscita la suocera, cangiato, calmo, riprendendo la sua aria normale, dirà semplicemente:
Ponza: Chiedo scusa a lor signori
di questo triste spettacolo che ho dovuto dar loro per rimediare al male che,
senza volerlo, senza saperlo, con la loro pietà, fanno a questa
infelice.
Agazzi: (sbalordito come tutti gli altri) Ma come? Lei ha finto?
Ponza: Per forza, signori! E non intendono che l'unico mezzo è
questo, per tenerla nella sua illusione? che io le gridi così la
verità, come se fosse una mia pazzia? Mi perdonino, e mi permettano:
bisogna che io corra ora da lei.
Via di fretta per l'uscio comune. Resteranno tutti, di nuovo, sbalorditi, in silenzio, a guardarsi tra loro.
Laudisi: (facendosi in mezzo) Ed ecco, signori, scoperta la verità!
Scoppierà a ridere:
Ah! ah! ah! ah!
Tela
ATTO TERZO
La stessa scena del secondo atto.
SCENA PRIMA
LAUDISI, CAMERIERE, il commissario CENTURI.
Laudisi sarà sdrajato su una poltrona e leggerà. Attraverso l'uscio di sinistra che dà nel salotto, giungerà il rumore confuso di molte voci. Il cameriere, dall'uscio in fondo, darà il passo al commissario Centuri.
Cameriere: Favorisca qua. Vado ad
avvertire il signor Commendatore.
Laudisi: (voltandosi e scorgendo il Centuri) Oh, il signor
Commissario!
Si alzerà in fretta e richiamerà il cameriere che sta per uscire:
Ps! Aspetta.
A Centuri:
Notizie?
Centuri: (alto, rigido, aggrondato, sui quarant'anni) Sì,
qualcuna.
Laudisi: Ah bene!
Al cameriere.
Lascia. Lo chiamerò poi io di qua, mio cognato.
Indicherà con una mossa del capo, l'uscio di sinistra. Il cameriere s'inchinerà, e via.
Lei ha fatto il miracolo! Salva una città! Sente? sente
come gridano? Ebbene: notizie certe?
Centuri: Di qualcuno che s'è potuto finalmente rintracciare -
Laudisi: - del paese del signor Ponza? Compaesani che sanno?
Centuri: Sissignore. Alcuni dati; non molti, ma sicuri.
Laudisi: Ah, bene! bene! Per esempio?
Centuri: Ecco, ho qua le comunicazioni che mi sono state trasmesse.
Trarrà dalla
tasca interna della giacca una busta gialla aperta
con un foglio dentro e la porgerà a Laudisi.
Laudisi: Vediamo! vediamo!
Caverà il foglio dalla busta e si metterà a leggerlo con gli occhi, intercalando di tratto in tratto con diversi toni, ora un ah! ora un eh! prima di compiacimento, poi di dubbio, poi quasi di commiserazione; infine di piena disillusione.
Ma no! Non c'è niente! niente di certo in queste
notizie, signor Commissario!
Centuri: Tutto quello che si è potuto sapere.
Laudisi: Ma tutti i dubbi sussistono come prima!
Lo guarderà; poi con risoluzione improvvisa:
Vuol fare un bene davvero, signor Commissario? rendere un
segnalato servizio alla cittadinanza, di cui il buon Dio certamente le
darà merito?
Centuri: (guardandolo perplesso) Che servizio? non saprei!
Laudisi: Ecco, guardi. Segga lì.
Indicherà la scrivania.
Strappi questo foglio d'informazioni che non dicono nulla; e
qua, sull'altro mezzo, scriva qualche informazione precisa e sicura.
Centuri: (stupito) Io? Come? Che informazione?
Laudisi: Una qualunque, a suo piacere! A nome di questi due compaesani
che si son potuti rintracciare. - Per il bene di tutti! Per ridare la
tranquillità a tutto il paese! Vogliono una verità, non importa
quale; pur che sia di fatto, categorica? E lei la dia!
Centuri: (con forza; riscaldandosi; quasi offeso) Ma come la do,
se non l'ho! Vuole che faccia un falso? Mi fa meraviglia che osi propormelo! E
dico meraviglia per non dire altro! Via, mi faccia il piacere d'annunziarmi
subito al signor Consigliere.
Laudisi: (aprirà le braccia, sconfitto) La servo subito.
S'avvierà all'uscio a sinistra; lo aprirà. Subito si faranno sentire più alte le grida della gente che popola il salotto. Ma appena Laudisi varcherà la soglia, le grida cesseranno d'un tratto. E dall'interno si udrà la voce di Laudisi che annunzia: 'Signori, c'è i1 Commissario Centuri; reca notizie certe di gente che sa!'. Applausi, grida d'evviva accoglieranno la notizia. I1 Commissario Centuri si turberà; sapendo bene che le informazioni che reca non basteranno a soddisfare tanta aspettativa.
SCENA SECONDA
DETTO, AGAZZI, SIRELLI, LAUDISI, la SIGNORA AMALIA, DINA, la SIGNORA SIRELLI,
la SIGNORA
CINI, la SIGNORA NENNI, molti altri signori e signore.
Si precipiteranno tutti per l'uscio a sinistra, con Agazzi alla testa, accesi, esultanti, battendo le mani e gridando: 'Bravo! bravo, Centuri!'.
Agazzi: (con le mani protese)
Caro Centuri! Lo volevo dire io! Non era possibile che lei non ne venisse a
capo!
Tutti: Bravo! Bravo! Vediamo! vediamo! Le prove, subito! Chi è?
chi è?
Centuri: (stupito, frastornato, smarrito) Ma no, ecco io,
signor Consigliere
Agazzi: Signori, per carità! Piano!
Centuri: Ho fatto di tutto, sì; ma se di là il signor
Laudisi ha detto loro -
Agazzi: - che lei ci reca notizie certe -
Sirelli: - dati precisi! -
Laudisi: (forte, risoluto, prevenendo) - non molti, sì, ma
precisi! - Di gente che s'è potuta rintracciare! Del paese del signor
Ponza! Qualcuno che sa!
Tutti: Finalmente! Ah, finalmente! finalmente!
Centuri: (stringendosi nelle spalle e porgendo il foglio ad Agazzi)
Ecco qua a lei, signor Consigliere.
Agazzi: (aprendo il foglio tra la ressa di tutti che gli si
precipiteranno attorno) Ah, vediamo! vediamo !
Centuri: (risentito, appressandosi a Laudisi ) Ma lei, signor
Laudisi.
Laudisi: (subito, forte) Lasci leggere, per carità! Lasci
leggere!
Agazzi: Un momento di pazienza, signori! Fate largo! Ecco, leggo, leggo!
Si fa un momento di
silenzio.
E nel silenzio, allora, spiccherà netta e ferma la voce di Laudisi.
Laudisi: Ma io ho già
letto!
Tutti: (lasciando il consigliere Agazzi e precipitandosi
rumorosamente attorno a lui) Ah sì? Ebbene? Che dice? Che si sa?
Laudisi: (scandendo bene le parole) È certo,
inconfutabile, per testimonianza d'un compaesano del Signor Ponza, che la
signora Frola è stata in una casa di salute!
Tutti: (con rammarico e delusione) Oh !
Signora Sirelli: La signora Frola?
Dina: Ma dunque è proprio lei?
Agazzi: (che nel frattempo avrà letto griderà, agitando
il foglio) Ma no! ma no! Qua non dice niente affatto così!
Tutti: (di nuovo, lasciando Laudisi, si precipiteranno attorno ad
Agazzi gridando) Ah, come! Che dice? che dice?
Laudisi: (ad Agazzi forte) Ma sì! Dice 'la
signora'! Dice specificatamente 'la signora'!
Agazzi: (più forte) Ma nient'affatto! 'Gli pare'
dice questo signore; non ne è affatto sicuro! E non sa, a ogni modo, se
la madre o la lia!
Tutti: (con soddisfazione) Ah!
Laudisi: (tenendo testa) Ma dev'essere lei, la madre, senza
dubbio!
Sirelli: Che! È la lia, signori! La lia! -
Signora Sirelli: - come ci ha detto lei stessa, la signora, del resto! -
Amalia: - ecco! benissimo! quando la sottrassero di nascosto al marito -
Dina: - e la chiusero appunto in una casa di salute!
Agazzi: E del resto non è neanche del paese quest'informatore!
Dice che ci andava spesso che non ricorda bene che gli pare d'aver
sentito dire così
Sirelli: Ah! Cose dette in aria, dunque!
Laudisi: Ma scusate tanto, se siete tutti così convinti che la
signora Frola ha ragione lei, che andate ancora cercando? Finitela perdio, una
buona volta! II pazzo è lui, e non se ne parli più!
Sirelli: Già! Se non ci fosse il Prefetto, caro mio, che crede il
contrario, e accorda ostentatamente al signor Ponza tutta la fiducia!
Centuri: Sissignori, è vero! II signor Prefetto crede al signor
Ponza; l'ha detto anche a me!
Agazzi: Ma perché il signor Prefetto non ha ancora parlato con la
signora qua accanto!
Signora Sirelli: Sfido! Ha parlato solo con lui!
Sirelli: E del resto, ci son altri qua che credono come il Prefetto!
Un Signore: Io, io per esempio, sissignori! Perché so d'un caso simile,
io; d'una madre impazzita per la morte della liuola, la quale crede che il
genero non voglia fargliela vedere. Tal e quale!
Secondo Signore: No, no, c'è in più che il genero è
rimasto vedovo e non ha più nessuno a casa con sé. Mentre qua, questo
signor Ponza, ha una in casa con sé
Laudisi: (acceso da un subito pensiero) Oh Dio, signori! Avete
sentito? Ma eccolo trovato il bandolo! Dio mio! L'uovo di Colombo!
Battendo sulla spalla del secondo signore:
Bravo! bravo, caro signore! Avete sentito?
Tutti: (perplessi, non comprendendo) Ma che è? che
è?
Secondo Signore: (stordito) Che ho detto? Io non so
Laudisi: Come, che ha detto? Ha risolto la questione! Eh, un po' di
pazienza, signori!
Ad Agazzi:
Il Prefetto deve venire qua?
Agazzi: Sì, lo aspettiamo Ma perché? Spiègati!
Laudisi: È inutile che venga qua per parlare con la signora
Frola! Finora crede al genero; quando avrà parlato con la suocera, non
saprà più neanche lui a chi credere dei due! No, no! Qua bisogna
che faccia ben altro il signor Prefetto. Una cosa che può fare lui solo!
Tutti: Che cosa? che cosa?
Laudisi: (raggiante) Ma come! Non avete sentito che cosa ha detto
questo signore? I1 signor Ponza ha 'una' in casa con sé! La moglie.
Sirelli: Far parlare la moglie? Eh già! Eh già!
Dina: Ma se è tenuta come in carcere quella poverina?
Sirelli: Bisogna che il Prefetto s'imponga e la faccia parlare!
Amalia: Certo è l'unica che possa dire la verità!
Signora Sirelli: Ma che! Dirà ciò che vuole il marito!
Laudisi: Già! Se dovesse parlare davanti a lui! Certo!
Sirelli: Dovrebbe parlare da sola a solo col Prefetto!
Agazzi: E il Prefetto potrebbe imporre, senz'altro, con la sua
autorità, che la moglie gli confessi a quattr'occhi come stanno
realmente le cose. Sicuro! Sicuro! Non le sembra, Centuri?
Centuri: Eh, senza dubbio; se il signor Prefetto volesse!
Agazzi: È l'unica veramente! Bisognerebbe avvertirlo, e
risparmiargli per ora l'incomodo di venire da me. Vada, vada lei, caro Centuri.
Centuri: Sissignore. La riverisco. Signore, signori.
S'inchinerà, e via.
Signora Sirelli: (battendo le
mani) Ma sì! Bravo Laudisi!
Dina: Bravo, bravo, zietto! Che bell'idea!
Tutti: - Bravo! bravo! - Sì, è l'unica! è l'unica!
Agazzi: Ma già! Come non ci avevamo pensato?
Sirelli: Sfido! Nessuno l'ha mai veduta! Come se non ci fosse, quella
poverina!
Laudisi: (come folgorato da una nuova idea) Oh! Ma, scusate,
siete poi proprio sicuri che ci sia?
Amalia: Come? Dio mio, Lamberto!
Sirelli: (fingendo di ridere) Vorresti metterne in dubbio anche
l'esistenza?
Laudisi: Eh, andiamoci piano: dite voi stessi che nessuno l'ha mai
veduta!
Dina: Ma via! C'è la signora che la vede e le parla ogni giorno !
Signora Sirelli: E poi l'asserisce anche lui, il genero!
Laudisi: Sta bene! Ma riflettete un momento. A rigore di logica, in
quella casa non dovrebbe esserci altro che un fantasma.
Tutti: Un fantasma?
Agazzi: Eh via, smettila una buona volta!
Laudisi: Lasciatemi dire. - Il fantasma d'una seconda moglie, se ha
ragione lei, la signora Frola. O il fantasma della liuola, se ha ragione
lui, il signor Ponza. Resta ora da vedere, o signori, se questo fantasma per
l'uno o per l'altra sia poi realmente una persona per sé. Arrivati a questo
punto, mi sembra che sia anche il caso di dubitarne!
Amalia: Ma va' là! Tu vorresti farci impazzire tutti quanti con
te!
Signora Nenni: Oh Dio, mi sento aggricciar le carni!
Signora Cini: Non so che gusto provi a farci impaurire così!
Tutti: Ma che! ma che; scherza! scherza!
Sirelli: È una donna in carne ed ossa, state sicuri. E la faremo
parlare! la faremo parlare!
Agazzi: L'hai proposto tu stesso, scusa, di farla parlare col Prefetto!
Laudisi: Io, sì; se lassù c'è veramente una donna:
dico, una donna qualunque. Ma badate bene, signori miei, che una donna
qualunque, lassù, non ci può essere. Non c'è! Io almeno
dubito, adesso, che ci sia.
Signora Sirelli: Dio mio, davvero vuol farci impazzire!
Laudisi: Eh! vedremo, vedremo!
Tutti: (confusamente) Ma s'è stata vista anche da altri! -
Se s'affaccia dal cortile! - Le scrive le letterine! - Lo fa apposta, per
ridersi di noi!
SCENA TERZA
DETTI, CENTURI di ritorno
Centuri: (tra l'agitazione di
tutti s'introdurrà accaldato annunziando) Il signor Prefetto! il
signor Prefetto!
Agazzi: Come? Qua? E che ha fatto allora lei?
Centuri: L'ho incontrato per via, col signor Ponza, diretto qua
Sirelli: Ah, con lui?
Agazzi: Oh Dio, no! se viene col Ponza, entrerà dalla signora qua
accanto! Per piacere, Centuri, si metta davanti la porta e lo preghi a nome mio
di favorire prima qua da me un momento, come m'aveva promesso.
Centuri: Sissignore, non dubiti. Vado.
Via di fretta per l'uscio in fondo.
Agazzi: Signori, vi prego di
ritirarvi un poco di là nel salotto.
Signora Sirelli: Ma glielo dica bene, sa! È l'unica! è
l'unica !
Amalia: (davanti all'uscio a sinistra) Avanti, favoriscano,
signore.
Agazzi: Tu resta, Sirelli. E anche tu, Lamberto.
Tutti gli altri, signori e signore, usciranno per l'uscio a sinistra. Agazzi a Laudisi:
Ma lascia che parli io, ti prego!
Laudisi: Per me, urati! Anzi, se vuoi che me ne vada anch'io
Agazzi: No no: è meglio che tu ci sia. - Ah, eccolo qua.
SCENA QUARTA
DETTI, il SIGNOR PREFETTO, CENTURI.
Il Prefetto: (sui sessanta, alto, grasso, aria di bonomia facilona) Caro Agazzi! - Oh, c'è anche lei, Sirelli? - Caro Laudisi!
Stringerà la mano a tutti.
Agazzi: (invitandolo col gesto
a sedere) Scusami, se t'ho fatto pregare d'entrare prima da me.
Il Prefetto: Era la mia intenzione; come t'avevo promesso. Sarei venuto
dopo, certamente.
Agazzi: (scorgendo indietro e ancora in piedi Centuri) Prego,
Centuri, venga avanti; segga qua.
Il Prefetto: Eh lei, Sirelli - ho saputo! - è uno dei più
accesi, dei più agitati, per queste dicerie sul nostro nuovo segretario.
Sirelli: Oh no, creda, signor Prefetto, sono tutti agitati non meno di
me, in paese.
Agazzi: È la verità, sì, agitatissimi tutti.
Il Prefetto: E io che non so vederne la ragione!
Agazzi: Perché non t'è avvenuto d'assistere a certe scene,
com'è avvenuto a noi che abbiamo, qua accanto, la suocera.
Sirelli: Perdoni, signor Prefetto. Lei non l'ha ancora sentita, questa
povera signora.
Il Prefetto: Mi recavo appunto da lei.
Ad Agazzi:
Ti avevo promesso che l'avrei sentita qua da te, come tu
desideravi. Ma il genero stesso è venuto a pregarmi, a implorare la
grazia (per far cessare tutte queste chiacchiere) che mi recassi in casa di
lei. Scusate, vi pare che lo avrebbe fatto, se non fosse più che sicuro
che avrei avuto da questa visita la prova di quanto egli afferma?
Agazzi: Oh certo! Perché davanti a lui, quella poveretta -
Sirelli: (attaccando subito) - avrebbe detto come vuol lui,
signor Prefetto! E questa è la prova che la pazza non è lei!
Agazzi: Ne abbiamo fatto l'esperimento qua, noi, jeri!
Il Prefetto: Ma sì, caro: perché egli appunto le fa credere che
il pazzo sia lui! Me ne ha prevenuto. E difatti, come potrebbe illudersi,
altrimenti, codesta disgraziata? È un martirio, credete, un martirio per
quel pover'uomo!
Sirelli: Già! Se non dà lei, invece, l'illusione a lui di
credere che la liuola sia morta, perché possa star sicuro che la moglie non
gli sarà di nuovo sottratta! In questo caso, vede bene, signor Prefetto,
il martirio sarebbe della signora; non più di lui!
Agazzi: Il dubbio è questo. E quando t'è entrato
nell'animo un simile dubbio -
Sirelli: - come è entrato in tutti! -
Il Prefetto: - il dubbio? Eh, no; mi pare che in voi, anzi, non ce ne sia
più neppure l'ombra! Come vi confesso che non ce n'è più
neppure in me per un altro verso. - E lei, Laudisi?
Laudisi: Mi scusi, signor Prefetto. Io ho promesso a mio cognato di non
aprir bocca.
Agazzi: (scattando) Ma va' là, che dici! Se ti domanda
rispondi! - Gli avevo detto di non parlare, sai perché? perché si diverte da
due giorni a intorbidare peggio le acque!
Laudisi: Non lo creda, signor Prefetto. È proprio al contrario.
Io ho fatto di tutto per rischiararle, le acque.
Sirelli: Già! Sa come? Sostenendo che non è possibile
scoprire la verità, e ora facendo sorgere il dubbio che in casa del
signor Ponza non ci sia una donna, ma un fantasma!
Il Prefetto: (godendoci) Come! come! Oh bella!
Agazzi: Per carità! Lo comprendi: è inutile dare ascolto a
lui!
Laudisi: Eppure, signor Prefetto, lei è stato invitato a venire
qua, per me!
Il Prefetto: Perché pensa anche lei che farei bene a parlare con la
signora qua accanto?
Laudisi: No, per carità! Lei fa benissimo a stare a ciò
che dice il signor Ponza!
Il Prefetto: Ah, bene! Dunque crede anche lei che il signor Ponza ?
Laudisi: (subito) No. Come vorrei che tutti qua stessero a
ciò che dice la signora Frola; e la facessero finita!
Agazzi: Hai capito? Ti pare un ragionamento, codesto?
Il Prefetto: Permetti?
A Laudisi:
Secondo lei, dunque, si può prestar fede anche a
ciò che dice la signora?
Laudisi: Altro che! In tutto e per tutto. Come a ciò che dice lui
!
Il Prefetto: Ma allora, scusi?
Sirelli: Se dicono il contrario!
Agazzi: (irritato, risolutamente) Da' ascolto a me, per favore!
Io non pendo, non voglio pendere finora né verso l'una né verso l'altro.
Può aver ragione lui, può aver ragione lei. Bisogna venirne a
capo! C'è un solo mezzo.
Sirelli: E l'ha suggerito lui appunto!
Indica Laudisi.
Il Prefetto: Ah sì ? - E
dunque! Sentiamo!
Agazzi: Poiché ci manca ogni altra prova di fatto, l'unica che ci resti
è questa: che tu, con la tua autorità, ottenga la confessione
della moglie.
Il Prefetto: Della signora Ponza?
Sirelli: Ma senza la presenza del marito, s'intende!
Agazzi: Perché possa dire la verità!
Sirelli: Se è la lia della signora, come sembra a noi di dover
credere -
Agazzi: - o una seconda moglie che si presta a rappresentare la parte
della lia, come vorrebbe far credere il signor Ponza -
Il Prefetto: - e come io credo senz'altro! - Ma sì! Pare l'unica
anche a me. Quel poverino, credete, non desidera di meglio che convincere tutti
della sua ragione. S'è mostrato con me così arrendevole! Ne
sarà più di tutti contento! E voi vi tranquillerete subito, amici
miei. - Mi faccia il favore, Centuri.
II Centuri si alzerà.
Vada a chiamarmi il signor Ponza qua accanto. Lo preghi a nome
mio di venire qua un momento.
Centuri: Vado subito!
S'inchinerà, e andrà via per l'uscio in fondo.
Agazzi: Eh, se acconsentisse!
Il Prefetto: Ma vedrai che acconsentirà subito! La faremo finita
in un quarto d'ora! Qua, qua davanti a voi stessi.
Agazzi: Come! Qua, in casa mia?
Sirelli: Crede che vorrà portare qua la moglie?
Il Prefetto: Lasciate fare a me. Qua stesso, sì. Perché,
altrimenti, io lo so, tra voi, seguitereste a supporre che io -
Agazzi: - ma no, per carità! che pensi!
Sirelli: Questo, mai!
Il Prefetto: Andate là! Sapendomi così sicuro che la
ragione sta dalla parte di lui, pensereste che per mettere a tacere la cosa,
trattandosi d'un pubblico funzionario - No no; voglio che ascoltiate anche
voi.
Poi, ad Agazzi:
La tua signora?
Agazzi: È di là, con altre signore
Il Prefetto: Eh, voi avete stabilito qua un vero quartiere di
congiura
SCENA QUINTA
DETTI, CENTURI, il SIGNOR PONZA
Centuri: Permesso? - Ecco il
signor Ponza.
Il Prefetto: Grazie, Centuri.
Il signor Ponza si presenterà su la soglia.
Venga, venga avanti, caro Ponza.
Il signor Ponza s'inchinerà.
Agazzi: S 'accomodi, prego.
Il signor Ponza tornerà a inchinarsi e sederà.
Il Prefetto: Lei conosce i signori - Sirelli
II signor Ponza si alzerà e s'inchinerà.
Agazzi: Sì, l'ho già presentato. Mio cognato Laudisi.
Il signor Ponza s'inchinerà.
Il Prefetto: L'ho fatto chiamare, caro Ponza, per dirle che qua, coi miei amici
S'interromperà,
notando che il signor Ponza fin dalle sue prime parole
avrà dato a vedere un gran turbamento e una viva agitazione.
Ha da dire qualche cosa?
Ponza: Sì. Che intendo, signor Prefetto, di domandare oggi stesso
il mio trasferimento.
Il Prefetto: Ma perché? Scusi, poc'anzi, lei parlava con me, così
remissivo
Ponza: Ma io sono fatto segno qua, signor Prefetto, a una vessazione
inaudita!
Il Prefetto: Eh via! Non esageriamo adesso!
Agazzi: (a Ponza) Vessazione, scusi, intende, da parte mia?
Ponza: Di tutti! E perciò me ne vado! Me ne vado, signor
Prefetto, perché non posso tollerare quest'inquisizione accanita, feroce sulla
mia vita privata, che finirà di compromettere, guasterà
irreparabilmente un'opera di carità che mi costa tanta pena e tanti
sacrifizii! - Io venero più che una madre quella povera vecchia, e mi
sono veduto costretto, qua, jeri, a investirla con la più crudele
violenza. Ora l'ho trovata di là, in tale stato d'avvilimento e
d'agitazione -
Agazzi: (interrompendolo, calmo) È strano ! Perché la
signora, con noi, ha parlato sempre calmissima. Tutta l'agitazione, al
contrario, l'abbiamo finora notata in lei, signor Ponza; e anche adesso!
Ponza: Perché loro non sanno quello che mi stanno facendo soffrire!
Il Prefetto: Via, via, si calmi, caro Ponza! Che cos'è? Ci sono
qua io! E lei sa con quale fiducia e quanto compatimento io abbia ascoltato le
sue ragioni. Non è così?
Ponza: Mi perdoni. Lei, sì. E gliene sono grato, signor Prefetto.
Il Prefetto: Dunque! Guardi: lei venera come una madre la sua povera
suocera? Orbene, pensi che qua questi miei amici mostrano tanta
curiosità di sapere, appunto perché vogliono bene alla signora anche
loro.
Ponza: Ma la uccidono, signor Prefetto! E l'ho già fatto notare più
d'una volta!
Il Prefetto: Abbia pazienza. Vedrà che finiranno, appena
sarà chiarito tutto. Ora stesso, guardi! Non ci vuol niente. - Lei ha il
mezzo più semplice e più sicuro di levare ogni dubbio a questi
signori. Non a me, perché io non ne ho.
Ponza: Ma se non vogliono credermi in nessun modo!
Agazzi: Questo non è vero. - Quando lei venne qua, dopo la prima
visita di sua suocera, a dichiararci ch'era pazza, noi tutti - con meraviglia,
ma le abbiamo creduto.
Al Prefetto:
Ma subito dopo, capisci? tornò la signora -
Il Prefetto: - sì, sì, lo so, me l'hai detto,
seguiterà volgendosi al Ponza:
a dare quelle ragioni, che lei stesso cerca di tener vive
in sua suocera. Bisogna che abbia pazienza, se un dubbio angoscioso nasce
nell'animo di chi ascolta, dopo di lei, la povera signora. Di fronte a
ciò che dice sua suocera, questi signori, ecco, non credono di poter
più con sicurezza prestar fede a ciò che dice lei, caro Ponza.
Dunque, è chiaro. Lei e sua suocera - via! tiratevi in disparte per un
momento! - Lei è sicuro di dire la verità come ne sono sicuro io;
non può aver nulla in contrario, certo, che sia ripetuta qua, ora,
dall'unica persona che possa affermarla, oltre voi due.
Ponza: E chi?
Il Prefetto: Ma la sua signora!
Ponza: Mia moglie?
Con forza, con sdegno:
Ah, no! Mai, signor Prefetto!
Il Prefetto: E perché no, scusi?
Ponza: Portare mia moglie qua a dare soddisfazione a chi non vuol
credermi?
Il Prefetto: (pronto) A me ! Scusi. - Può aver
difficoltà?
Ponza: Ma signor Prefetto no! mia moglie, no! Lasciamo stare mia
moglie! Si può ben credere a me!
Il Prefetto: Eh no, guardi, comincia a parere anche a me, allora, che
lei voglia far di tutto per non essere creduto !
Agazzi: Tanto più che ha cercato anche d'impedire in tutti i modi
- anche a costo d'un doppio sgarbo a mia moglie e alla mia liuola - che la
suocera venisse qua a parlare.
Ponza: (prorompendo, esasperato) Ma che vogliono loro da me? In
nome di Dio! Non basta quella disgraziata? vogliono qua anche mia moglie?
Signor Prefetto, io non posso sopportare questa violenza! Mia moglie non esce
di casa mia! Io non la porto ai piedi di nessuno! Mi basta che mi creda lei! E
del resto vado a far subito l'istanza per andar via di qua!
Si alzerà.
Il Prefetto: (battendo un pugno
sulla scrivania) Aspetti! Prima di tutto io non tollero, signor Ponza, che
lei assuma codesto tono davanti a un suo superiore e a me, che le ho parlato
finora con tanta cortesia e tanta deferenza. In secondo luogo le ripeto che
dà ormai da pensare anche a me codesta sua ostinazione nel rifiutare una
prova che le domando io e non altri, nel suo stesso interesse, e in cui non
vedo nulla di male! - Possiamo bene, io e il mio collega, ricevere una
signora - o anche, se lei vuole, venire a casa sua
Ponza: Lei dunque mi obbliga?
Il Prefetto: Le ripeto che glielo domando per il suo bene. Potrei anche
pretenderlo come suo superiore!
Ponza: Sta bene. Sta bene. Quand'è così, porterò
qua mia moglie, pur di finirla! Ma chi mi garantisce che quella poveretta non
la veda?
Il Prefetto: Ah già perché sta qui accanto
Agazzi: (subito ) Potremmo andar noi in casa della signora.
Ponza: Ma no! Io lo dico per loro. Che non mi si faccia un'altra
sorpresa che avrebbe conseguenze spaventevoli!
Agazzi: Stia pur tranquillo, quanto a noi!
Il Prefetto: O se no, ecco, a suo comodo, potrebbe condurre la signora
in Prefettura.
Ponza: No, no - subito, qua subito Starò io, di là,
a guardia di lei. Vado subito, signor Prefetto; e sarà finita,
sarà finita!
Uscirà sulle furie per l'uscio in fondo.
SCENA SESTA
DETTI, meno il SIGNOR PONZA.
Il Prefetto: ½ confesso che non
m'aspettavo da parte sua questa opposizione.
Agazzi: E vedrai che andrà a imporre alla moglie di dire
ciò che vuol lui!
Il Prefetto: Ah no! Per questo state tranquilli. Interrogherò io
la signora!
Sirelli: Quest'esasperazione continua, scusi!
Il Prefetto: È la prima volta - che! che! - è la prima
volta che lo vedo così. - Forse l'idea di portare qua la moglie -
Sirelli: - di scarcerarla! -
Il Prefetto: - oh questo - che la tenga come in carcere - si può
anche spiegare senza ricorrere alla supposizione che sia pazzo.
Sirelli: Perdoni, Signor Prefetto, lei non l'ha ancora sentita, questa
povera signora.
Agazzi: Già! Dice che la tiene così per paura della
suocera.
Il Prefetto: Ma anche se non fosse per questo: potrebbe esserne geloso;
e basta.
Sirelli: Fino al punto, scusi, di non tenere neppure una donna di
servizio? Costringe la moglie a fare in casa tutto, da sé!
Agazzi: E va a farsi lui la spesa, ogni mattina!
Centuri: Sissignore, è vero: l'ho visto io! Se la porta in casa
con un ragazzotto -
Sirelli: - che fa restare sempre fuori della porta!
Il Prefetto: Oh Dio, signori: l'ha deplorato lui stesso, parlandomene.
Laudisi: Servizio d'informazione, inappuntabile!
Il Prefetto: Lo fa per risparmio, Laudisi! Deve tener due case
Sirelli: Ma no, non diciamo per questo, noi! Scusi, signor Prefetto,
crede lei che una seconda moglie si sobbarcherebbe a tanto -
Agazzi: (incalzando) - ai più umili servizii di casa! -
Sirelli: (seguitando) - per una che fu suocera di suo marito, e
che sarebbe un'estranea per lei?
Agazzi: Via! Via! Non ti par troppo?
Il Prefetto: Troppo, sì -
Laudisi: (interrompendo) - per una seconda moglie qualunque!
Il Prefetto: (subito) Ammettiamolo. Troppo, sì. - Ma anche
questo però, scusate - se non con la generosità - può
spiegarsi benissimo ancora con la gelosia. E che sia geloso - pazzo o non pazzo
- mi pare che non si possa mettere neppure in discussione.
Si udrà a questo punto dal salotto un clamore di voci confuse.
Agazzi: Oh! Che avviene di là?
SCENA SETTIMA
DETTI, la SIGNORA AMALIA
Amalia: (entrerà di
furia, costernatissima, dall'uscio a sinistra, annunziando) La signora
Frola! La signora Frola è qua!
Agazzi: No! Perdio, chi l'ha chiamata?
Amalia: Nessuno! È venuta da sé!
Il Prefetto: No! Per carità! Ora, no! La faccia andar via,
signora!
Agazzi: Subito via! Non la fate entrare! Bisogna impedirglielo a ogni
costo! Se la trovasse qua, gli sembrerebbe davvero un agguato!
SCENA OTTAVA
DETTI, la SIGNORA FROLA, TUTTI GLI ALTRI.
La signora Frola
s'introdurrà tremante, piangente, supplicante,
con un fazzoletto in mano, in mezzo alla ressa degli altri, tutti esagitati.
Signora Frola: Signori miei, per
pietà! per pietà! Lo dica lei a tutti, signor Consigliere!
Agazzi: (facendosi avanti, irritatissimo) Io le dico, signora, di
ritirarsi subito! Perché lei, per ora, non può stare qua!
Signora Frola: (smarrita) Perché? perché?
Alla signora Amalia:
Mi rivolgo a lei, mia buona signora
Amalia: Ma guardi guardi, c'è lì il Prefetto
Signora Frola: Oh! lei, signor Prefetto! Per pietà! Volevo venire
da lei!
Il Prefetto: No, abbia pazienza, signora! Per ora io non posso darle
ascolto. Bisogna che lei se ne vada! se ne vada via subito di qua!
Signora Frola: Sì, me n'andrò! Me n'andrò oggi
stesso! Me ne partirò, signor Prefetto! per sempre me ne partirò!
Agazzi: Ma no, signora! Abbia la bontà di ritirarsi per un
momento nel suo quartierino qua accanto! Mi faccia questa grazia! Poi
parlerà col signor Prefetto!
Signora Frola: Ma perché? Che cos'è? Che cos'è?
Agazzi: (perdendo la pazienza) Sta per tornare qua suo genero:
ecco! ha capito?
Signora Frola: Ah! Sì? E allora, sì sì, mi
ritiro mi ritiro subito! Volevo dir loro questo soltanto: che per
pietà, la finiscano! Loro credono di farmi bene e mi fanno tanto male!
Io sarò costretta ad andarmene, se loro seguiteranno a far così;
a partirmene oggi stesso, perché lui sia lasciato in pace! - Ma che vogliono,
che vogliono ora qua da lui? Che deve venire a fare qua lui? - Oh, signor
Prefetto!
Il Prefetto: Niente, signora, stia tranquilla! stia tranquilla, e se ne
vada, per piacere!
Amalia: Via, signora, sì! sia buona!
Signora Frola: Ah Dio, signora mia, loro mi priveranno dell'unico bene,
dell'unico conforto che mi restava: vederla almeno da lontano la mia liuola!
Si metterà a piangere.
Il Prefetto: Ma chi glielo dice?
Lei non ha bisogno di partirsene! La invitiamo a ritirarsi ora per un momento.
Stia tranquilla!
Signora Frola: Ma io sono in pensiero per lui! per lui, signor Prefetto!
sono venuta qua a pregare tutti per lui; non per me!
Il Prefetto: Sì, va bene! E lei può star tranquilla anche
per lui, gliel'assicuro io. Vedrà che ora si accomoderà ogni
cosa.
Signora Frola: E come? Li vedo qua tutti accaniti addosso a lui!
Il Prefetto: No, signora! Non è vero! Ci sono qua io per lui!
Stia tranquilla!
Signora Frola: Ah! Grazie! Vuol dire che lei ha compreso
Il Prefetto: Sì, sì, signora, io ho compreso.
Signora Frola: L'ho ripetuto tante volte a tutti questi signori:
è una disgrazia già superata, su cui non bisogna più
ritornare.
Il Prefetto: Sì, va bene, signora Se le dico che io ho
compreso!
Signora Frola: Siamo contente di vivere così; la mia liuola
è contenta. Dunque - Ci pensi lei, ci pensi lei perché, se no, non
mi resta altro che andarmene, proprio! e non vederla più, neanche
così da lontano Lo lascino in pace, per carità!
A questo punto, tra la ressa si farà un movimento; tutti faranno cenni; alcuni guarderanno verso l'uscio; qualche voce repressa si farà sentire.
Voci: Oh Dio Eccola, eccola!
Signora Frola: (notando lo sgomento, lo scompiglio, gemerà
perplessa, tremante) Che cos'è? Che cos'è?
SCENA NONA
DETTI, la SIGNORA PONZA, poi il SIGNOR PONZA.
Tutti si scosteranno da una parte e dall'altra per dar
passo alla signora Ponza
che si farà avanti rigida, in gramaglie, col volto nascosto da un fitto
velo nero, impenetrabile.
Signora Frola: (cacciando un grido straziante di frenetica gioja ) Ah ! Lina Lina Lina
E si precipiterà e s'avvinghierà alla donna velata, con l'arsura d'una madre che da anni e anni non abbraccia più la sua liuola. Ma contemporaneamente, dall'interno, si udranno le grida del signor Ponza che subito dopo si precipiterà sulla scena.
Ponza: Giulia ! Giulia ! Giulia!
La signora Ponza, alle grida di lui, s'irrigidirà tra le braccia della signora Frola che la cingono. Il signor Ponza, sopravvenendo, s'accorgerà subito della suocera così perdutamente abbracciata alla moglie e inveirà furente:
Ah! L'avevo detto io i sono approfittati così,
vigliaccamente, della mia buona fede?
Signora Ponza: (volgendo il capo velato, quasi con austera
solennità) Non temete! non temete! Andate via.
Ponza: (piano, amorevolmente, alla signora Frola) Andiamo,
sì, andiamo
Signora Frola: (che si sarà staccata da sé, tutta tremante,
umile, dall'abbraccio, farà eco subito, premurosa, a lui) Sì,
sì andiamo, caro, andiamo
E tutti e due abbracciati, carezzandosi a vicenda, tra due diversi pianti, si ritireranno bisbigliandosi tra loro parole affettuose. Silenzio. Dopo aver seguito con gli occhi fino all'ultimo i due, tutti si rivolgeranno, ora, sbigottiti e commossi alla signora velata.
Signora Ponza: (dopo averli
guardati attraverso il velo dirà con solennità cupa) Che
altro possono volere da me, dopo questo, lor signori? Qui c'è una
sventura, come vedono, che deve restar nascosta, perché solo così
può valere il rimedio che la pietà le ha prestato.
Il Prefetto: (commosso) Ma noi vogliamo rispettare la
pietà, signora. Vorremmo però che lei ci dicesse -
Signora Ponza: (con un parlare lento e spiccato) - che cosa? la
verità? è solo questa: che io sono, sì, la lia della
signora Frola -
Tutti: (con un sospiro di soddisfazione) - ah !
Signora Ponza: (subito c.s.) - e la seconda moglie del signor
Ponza -
Tutti: (stupiti e delusi, sommessamente) - oh! E come?
Signora Ponza: (subito c.s.) - sì; e per me nessuna!
nessuna!
Il Prefetto: Ah, no, per sé, lei, signora: sarà l'una o l'altra!
Signora Ponza: Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede.
Guarderà attraverso il velo, tutti, per un istante; e si ritirerà. In silenzio.
Laudisi: Ed ecco, o signori, come parla la verità
Volgerà attorno uno sguardo di sfida derisoria.
Siete contenti?
Scoppierà a ridere.
Ah! ah! ah! ah!
Tela
Privacy
|
© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta