MANZONI E IL ROMANTICISMO
Manzoni è uno
dei più grandi autori del romanticismo italiano insieme a Foscolo e
Leopardi. Egli opera in pieno romanticismo come Leopardi. Il romanticismo
è una corrente culturale dell'800, che si oppone all'età
precedente, cioè all'illuminismo, in cui si era avuto il predominio
della ragione, metaforicamente definita "luce", perché doveva liberare l'uomo
dalle "tenebre" dell'ignoranza, dalla superstizione soprattutto religiosa e
dall'oscurantismo medievale. Secondo la religione cattolica, l'uomo deve
subordinarsi a Dio senza usare la ragione. Nel romanticismo si afferma che
l'uomo non è soltanto ragione, ma è anche sentimento, anima,
interiorità, e viene rivalutata la religione che era stata bandita
dall'illuminismo. Tutti i grandi illuministi erano stati infatti atei o
materialisti, ovvero presero parte alla corrente filosofica del materialismo,
in cui si dà valore soltanto alla vita terrena, svalutando tutto
ciò che va ala di là di essa. Accanto al materialismo troviamo il
meccanicismo: è una legge di natura che consiste in un ciclo eterno di
nascita, riproduzione, morte. Materialismo e meccanicismo escludono qualsiasi
visione trascendentale della vita, qualsiasi visione spirituale; l'anima non
esiste e l'uomo è fatto solo di materia perché si può indagare
con la scienza. Il romanticismo reagisce a tutto ciò, non elimina la
ragione ma afferma che accanto ad essa l'uomo è dotato di
spiritualità, non solo religiosa. Nelle opere di molti autori romantici
si trova una duplice componente, cioè la formazione culturale, che
è di stampo illuministico, poiché si formano su idee illuministiche. Col
passare degli anni, però, qualcuno si converte, come Manzoni, che
diventa cattolico; altri, come Foscolo e Leopardi, essendo degli spiriti superiori,
eletti, non potevano fermarsi ad una visione così arida della vita, e
allora, pur rimanendo atei, si creano le cosiddette "illusioni". Esse rendono
l'esistenza meno dolorosa, meno aspra, danno un senso alla vita anche dopo la
morte. Pensano di rimanere immortali per la loro azione, per la loro poesia. Il
valore supremo per loro è l'arte, poiché li rende immortali. Leopardi le
chiama "gli ameni inganni". Manzoni si converte al cattolicesimo e diventa un
attento praticante, la sua religiosità è intransigente poiché faceva
parte del filone dei giansenisti. Quando si converte, cambia la sua produzione
letteraria. Scrive "gli inni sacri", di ispirazione sacra in omaggio alla
religione cui si era avvicinato, e li scrive con un entusiasmo da neofita
(colui che ha appena abbracciato la religione). Nel "5 maggio", celebra la
morte di Napoleone in chiave cristiana, perché immagina che egli sul punto di
morte si rimette alla provvidenza divina. La grandezza di Napoleone è
sempre dovuta, anche nella vita terrena, alla grandezza di Dio, perché Manzoni
dice che in questo grande eroe il signore ha lasciato una maggiore orma di sé.
Quindi la grandezza di Napoleone è direttamente proporzionale a Dio. In
"marzo 1821",
incita gli italiani all'indipendenza dagli austriaci (periodo del
risorgimento), poiché l'indipendenza dei popoli dagli stranieri era nel disegno
divino. Manzoni opera grandi innovazioni nelle tragedie e altrettante ne
farà nel romanzo storico. Egli rifiuta le regole dell'unità di
tempo e di luogo, accetta quella dell'unità d'azione. La tragedia nacque
nel mondo greco-romano e aveva delle regole precise fissate da Aristotele. Esse
erano le unità di tempo, di luogo e di azione, cioè il dramma
doveva svolgersi in nel giro di 24 ore e in solo luogo. Il romanticismo dal
punto di vista letterario si oppone a quelle regole fisse della cultura
classica, al classicismo. I classicisti si rifacevano ai classici attraverso
queste regole. Essi si dimenticarono dei sentimenti, imponendo che il poeta si
uniformasse alle regole classiche. Manzoni si oppone a tutto ciò, poiché
ritiene che le regole limitino il genio creativo del poeta, impediscano
l'espressione del sentimento. In questo periodo abbiamo quindi la polemica
classico-romantica. Manzoni interviene nella polemica con le tragedie e ne
introduce una novità: il coro. Esso esisteva già nell'età
greco-romana, ma aveva una funzione diversa, era come una voce fuori campo. Con
Manzoni cambia, egli lo definisce "il cantuccio" che s riserva per esprimere i
propri pensieri e i propri sentimenti. Rimanendo come cantuccio, egli
può dare i suoi giudizi, rimanendo fedele alla storia, per evitare di
alterare il "vero storico", che per Manzoni è sempre prioritario.