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IL VIAGGIO DI MEDEA NEL CORSO DEI SECOLI
Sul Dizionario di mitologia greca e romana di Pierre Grimal, alla voce 'MEDEA' si legge: .'si dice che fosse Euripide a ritenere per primo che i li di Medea fossero uccisi dalla Madre'.
Per capire meglio questo personaggio femminile bisogna provare ad avere una visione "globale" del ruolo che questo personaggio ha avuto nel corso dei secoli: Euripide ha giocato sicuramente un ruolo decisivo. Egli infatti è lo spartiacque tra due modi diversi di interpretare questa ura.
L'elemento centrale della leggenda di Medea, o meglio quello che era divenuto centrale dopo Euripide, e cioè l'infanticidio, era stata un'innovazione del tragediografo ateniese rispetto alla tradizione precedente. Dopo il 431 a.C., la rappresentazione euripidea ha esercitato il suo influsso sulle riletture successive, fino a Christa Wolf (una delle più recenti e originali letture su Medea).
MEDEA PRIMA DI EURIPIDE
Quello di Medea è stato ed è un mito molto popolare; basti pensare che, oltre alla tragedia euripidea, altri sette tragici minori avevano composto delle Medee e almeno sei poeti comici d'Atene e di Sicilia.
Ad esempio Eschilo e Sofocle si erano occupati di Medea. Eschilo, con un dramma satiresco, Le Nutrici di Dioniso, in cui Medea ringiovanisce le nutrici ed i loro sposi, tramite la bollitura nel calderone; Sofocle invece scrisse le Colchidi (narra le imprese di Giasone in Colchide e l'aiuto di Medea affinché avessero buon esito), le Raccoglitrici di Erbe, gli Sciti, l'Egeo.
Altri autori delle vicende di Medea furono: Melanzio, Euripide il giovane, Dicaiogene, Carcino il giovane e il cinico Diogene. Secondo alcune fonti, Euripide avrebbe copiato un dramma di Neofrone di Sicione, ma da un'analisi linguistica condotta da Page (noto filologo editore di Medea nel 1938), la Medea di Neofronte sarebbe un'imitazione della Medea euripidea, e non viceversa.
Medea è sicuramente una delle ure più terribili della mitologia greca. Criminale per amore, criminale per vendetta, colpevole e vittima allo stesso tempo.
Medea sembra aver commesso ogni genere di crimine, ogni crudeltà: in un primo momento tradisce il padre, fa a pezzi il proprio fratello, si macchia dell'uccisione di Pelia; poi, per punire la infedeltà del marito, avvelena la giovane rivale, uccide i li avuti da lui; e, una volta compiuta la sua vendetta, raggiunge tranquillamente un'altra città greca, Atene.
Euripide è
l'autore di tragedie come Alcesti, Andromaca, Ecuba, Elena, Elettra,
Eracle, Gli Eraclidi, Ippolito, Le Baccanti, Le Fenicie, Le Supplici, Le Troiane,
Oreste, Medea. Egli,
oltre a Medea, compose altre due tragedie che riguardavano il mito di
questa ura femminile: le Peliadi e l'Egeo. Nelle Peliadi viene rappresentato l'episodio
dell'uccisione di Pelia da parte delle lie, su consiglio di Medea; l'Egeo invece racconta le vicende
di Medea in Atene. (ad esempio il tentativo, tramite un inganno, di avvelenare Teseo).
La Medea di Euripide è ambientata a Corinto e l'episodio centrale è costituito da quella che sembra essere l'innovazione del tragediografo ateniese rispetto alla tradizione precedente, e cioè l'uccisione dei li. L'intero dramma è costruito in vista di questo terribile epilogo.
Medea ci è presentata, nella versione tradizionale del mito, come un essere umano, dotato, però, della conoscenza di arti malefiche; ma numerosi indizi ci rimandano ad un'origine divina della donna. Discendente del Sole, nipote di Eos e Selene, nipote o sorella di Circe, lia, o cugina, di Ecate; nella versione più antica attestata, quella, cioè di Esiodo, sua madre è Eiduia (Idea), 'colei che sa', dalla radice id-/eid-/oid.
Medea secondo Euripide sarebbe mortale. Nello svolgersi della leggenda di Medea più volte ci troviamo di fronte ad episodi in cui l'eroina ringiovanisce degli esseri umani, e in un caso anche un animale, facendo bollire le loro membra in un calderone d'acqua bollente, sicuramente Esone, il padre di Giasone, e le Nutrici di Dioniso.
Medea è stata considerata anche una tragedia 'femminista', per i discorsi dell'eroina sulla condizione femminile e sul diritto familiare. E il Coro delle donne di Corinto è solidale con la donna tradita e ripudiata, fino all'uccisione dei li, atto giudicato eccessivo rispetto allo oltraggio subito. La parola chiave della tragedia, ripetuta circa venti volte, è 'letto'. La ribellione delle donne è dovuta all'abbandono da parte del coniuge del letto, la sola forza capace di provocare la ribellione nelle donne. Dunque Medea, si appella al letto, sua unica garanzia, il che è uno specchio del rapporto uomo-donna nell'Atene classica. Un passo è particolarmente interessante è un colloquio tra Medea e Giasone; , quando egli dice (v. 1367) : ' E ti è sembrato giusto ucciderli per il tuo letto?' Medea risponde: 'Credi che questa sia una piccola pena per una donna?'
C'è sicuramente nel dramma il riflesso di quella che era una questione di moda nella Atene dell'epoca, la 'questione femminile' (Euripide viveva e lavorava nell'Atene di Socrate, dei Sofisti, di Aspasia, l''illuminata' consorte di Pericle)
Il dramma è fortemente concentrato intorno alla protagonista, alla maniera sofoclea.
La tragedia si apre con un lungo sfogo della Nutrice, angosciata e piena di oscuri presentimenti per lo stato fisico e mentale della padrona. L'eroe, infatti, l'ha ripudiata per convolare a nuove nozze con Glauce, la lia di Creonte, sovrano del paese. L'arrivo del Pedagogo con i bambini accresce l'ansia della Nutrice, da lui informata che Creonte ha deciso di cacciare da Corinto Medea con i suoi li. Dall'interno del palazzo pervengono i lamenti e le maledizioni di Medea: ma quando esce fuori essa si rivolge con amara calma al coro e ne chiede la solidarietà. Di persona, Creonte comunica i suoi ordini a Medea e le concede, però, di rimanere ancora un giorno a Corinto, vinto dalle sue suppliche e ignaro dei rischi che corre. Giasone e Medea si scontrano con estrema violenza verbale: invano la donna ricorda all'eroe di averlo aiutato a impadronirsi nella Colchide del vello d'oro, di aver fatto uccidere Pelia. Giasone è disposto solo a procurare alla 'barbara' da lui civilizzata un tetto nell'esilio e del denaro. Inatteso passa da Corinto, tornando da Delfi, Egeo, sovrano di Atene: Medea gli strappa la promessa di asilo nella sua città. Ora si sente in grado di prendersi la vendetta. Fingerà di rappacificarsi con Giasone, invierà i suoi bambini con doni nuziali a Glauce per implorarne la protezione almeno per se stessi. I doni, imbevuti di veleno, causeranno la morte della principessa e di suo padre, e morte Medea riserva anche alle sue creature. Dopo un nuovo incontro, in un falso clima di distensione, tra la donna e l'eroe (alla riconciliazione vengono chiamati ad assistere i li) il Pedagogo riferisce che i regali sono stati consegnati e l'esilio per i piccoli revocato. Medea si stringe al petto gli amati li, sostiene un'aspra lotta con se stessa, ma non rinunzia alla sua disumana risoluzione. Un nunzio riferisce i particolari raccapriccianti della fine di Glauce e Creonte, vittime delle inestinguibili fiamme scaturite dai doni nuziali. Medea esulta e passa alla seconda parte del suo piano: dall'interno della reggia le grida dei suoi li indicano che il crimine si va compiendo. Accorso per salvare i bambini dalle rappresaglie dei Corinzi, Giasone apprende l'ulteriore delitto di Medea. Mentre tenta di abbattere la porta della reggia, in alto, sul carro del Sole, gli appare Medea che ha con sè i cadaveri dei bambini e rovescia ancora sull'eroe parole di condanna e di odio. A Giasone non resta che invocare Zeus a testimone delle efferatezze di Medea e maledire il proprio destino.
E' proprio la passione irragionevole di Medea che muove la storia.
Medea era un argomento d'attualità nell'Atene degli anni di Euripide. Dopo la sconfitta ateniese contro i Persiani a Prosopitide, nel 452 a: C., e il rientro ad Atene del conservatore Cimone, Pericle, nel 451- 450 propone una legge, che viene approvata, in base alla quale il diritto di cittadinanza è limitato a coloro che siano nati da entrambi i genitori greci.In Atene, molti, a causa dei commerci per mare, e dell'afflusso di stranieri in città, erano i matrimoni misti e il divorzio, in quell'occasione, parve agli uomini, la soluzione più ovvia, al fine di procurarsi dei successori che fossero riconosciuti legittimi dallo Stato. Quindi, come Giasone, chi divorziava non lo faceva per motivi personali, ma per un preciso calcolo: per poter allevare i li come cittadini ateniesi. Magari cercando di rimanere 'amico' della donna ripudiata (vedi le parole di Giasone a Medea al v. 549). Ecco che, allora, nella Medea di Euripide possiamo leggere anche i riflessi di un problema sociale e politico molto ben presente agli spettatori dell'epoca.
"Nessuna
donna greca avrebbe mai osato tanto e io ti ho preferito a loro, ti ho
sposata - unione dolorosa e a me funesta..', queste le parole di
Giasone di fronte all'infanticidio
Dopo la morte, o meglio l'assassinio, di Pelia, Giasone e Medea sono costretti a scappare da Iolco e decidono di rifugiarsi a Corinto, presso il re Creonte. I due, sposatisi con un rito non valido per il diritto matrimoniale attico, ma con valore di sacro giuramento di fronte agli dei, hanno nel frattempo avuto due li. Ed è qui si innesta la tragedia di Euripide raccontata nelle ine precedenza.
L'incontro tra Medea e Giasone Per
ricostruire l'incontro tra Medea e Giasone dobbiamo tenere in
considerazione la versione di
Apollonio Rodio. L'incontro
è strettamente legato alla spedizione degli Argonauti. Dopo
un sacrificio ad Apollo e dei buoni presagi, gli Argonauti s'imbarcano per
un viaggio avventuroso e irto di difficoltà. Medea
e Giasone si incontrarono nel tempio di Ecate. Medea
con i suoi unguenti e con i suoi consigli , salva la vita dell'eroe e gli
permette di superare le prove di forza. Con l'aiuto di Medea, Giasone può
compiere la sua missione (portare via il Vello d'oro) Senza Medea, Giasone non
avrebbe preso il Vello, come Adamo senza Eva non avrebbe preso il frutto;
Adamo mangiato il frutto 'si copre', Giasone e i suoi comni
'si vestono di pelli'.
Medea dopo Euripide
Nessun autore, fino a Christa Wolf, apporterà sostanziali modifiche alla versione del mito scelta dal tragediografo ateniese. Le riscritture più importanti sono quelle di Seneca, Grillparzer, Alvaro e Pasolini.
Distinguiamo tre linee di interpretazione del mito
Medea maligna, degradazione dell'essere umano
Medea tra due culture, quella barbara, orientale e quella greca, occidentale, il fulcro della tragedia di Medea. Simbolo dell'emarginazione, straniera rifiutata, ripudiata, cacciata (non a caso nel '900 ben quattro riletture del mito ci presentano una Medea di colore).
Medea come simbolo della potenza distruttrice di eros: al centro della vicenda è l'amore, smisurato, eccezionale, di cui Medea è capace.
LA MEDEA DI SENECA
Il teatro latino si era già occupato, con Ennio e Accio, di Medea, ma pochi frammenti rimangono delle due tragedie che avevano come protagonista la donna di Colchide.
Seneca, invece, pur rispettando, in generale, la trama euripidea, traspone Medea su un piano infernale, legato all'occultismo e alle pratiche di magia nera, in cui il suo agire è ispirato da fredda e premeditata crudeltà. Il ale, quel Male che Medea incarna, trionfa, con il suo corollario di terrore e di morte. Centro della tragedia non è più, come in Euripide, la realtà psicologica dell'eroina, con i suoi dissidi interiori, ma sta proprio in questa macabra, inumana violenza di cui Medea è protagonista. Al verso 910 si legge: 'Medea nunc sum; crevit ingenium malis', ' Ora sono Medea, il mio io è maturato nel male' .
LA MEDEA DI GRILLPARZER
Grillparzer scrisse una trilogia, Il vello d'oro, tutta incentrata sulla ura di Medea. La Medea di Grillparzer non si conclude con l'infanticidio: alla fine, l'eroina rincontra per l'ultima volta Giasone, avvolta nel Vello d'oro, il Vello maledetto da cui tutte le sciagure hanno inizio, e le sue parole per lui sono parole di dolore, ma non di rancore: il discorso che rivolge al suo antico sposo è ancora pervaso dell'amore che li aveva un tempo uniti. I due protagonisti della vicenda si separano, immersi ciascuno nel proprio dolore.
LA MEDEA DI ALVARO
L'11 luglio del 1949 viene rappresentata, per la prima volta, La lunga notte di Medea: le interpretazioni e la regia sono affidate a Tatiana Pavlova, per la quale la tragedia era stata ideata e scritta; le scene ed i costumi sono di Giorgio De Chirico, le musiche di Ildebrando Pizzetti. Siamo nel dopoguerra; in un clima, quindi, in cui il tema della persecuzione razziale era estremamente attuale. Dichiara lo stesso Alvaro in un'intervista alla radio dell'epoca: ' Ho visto in Medea l'antenata di tante donne su cui, nei secoli, nella vita e nell'arte, si sono abbattute le persecuzioni razziali. La mia Medea non uccide i li per distruggere in essi il seme di Giasone, ma per salvarli dalla degradazione, dalla miseria, dai pericoli della strada'. Non c'è, in questa versione del dramma, il tema della vendetta dettata da una passione smisurata, come in Euripide, né quello della crudeltà infernale, che troviamo in Seneca: Medea qui uccide i li per salvarli dall'odio dei Corinzi, praticando su di loro una sorta di eutanasia. quando il re le ricorda i sanguinosi fatti del suo passato.
LA MEDEA DI PASOLINI
Medea è il film di Pier Paolo Pasolini interpretato da Maria Callas, già divina interprete della Medea di Cherubini, nel 1970. Nella versione di Pasolini c'è, nel rapporto tra Medea e Giasone, qualcosa di sorprendente: Medea esprime in sé tutto quanto la società occidentale, borghese, razionalistica rifiuta e rimuove. Riportando le parole con cui lo stesso Pasolini spiegava, nel corso di una intervista televisiva, la sua interpretazione del mito di Medea :' Il tema, come sempre nei miei film, è una specie di rapporto ideale, e sempre irrisolto, tra un mondo povero, plebeo, diciamo sottoproletario e un mondo colto, borghese storico. Questa volta ho affrontato direttamente questo tema: Medea è l'eroina di un mondo sottoproletario, arcaico, religioso; Giasone, invece, è l'eroe di un mondo razionale, laico, moderno ed il loro amore rappresenta il conflitto tra questi due mondi'. In Medea ha voluto dimostrare, in maniera assolutamente favolosa, mitica e narrativa, la violenza incancellabile dell'irrazionalità.
LA MEDEA DI CHRISTA WOLF
Wolf ha scritto un romanzo su Medea, ed è una delle più interessanti interpretazioni moderne di questo mito.
'Mi affascinava - dice Wolf - il tentativo di giungere, per quanto possibile, alla base di tutte queste tradizioni, non con approccio scientifico, bensì come letterata, con immaginazione e fantasia nutrite tuttavia da un'ampia conoscenza delle condizioni di vita di queste ure. (..)'.
Il sottotitolo del libro è 'Stimmen', ed è proprio dall'alternarsi delle voci di sei personaggi che il racconto scaturisce: l'io narrante si moltiplica nelle voci di Medea, Giasone, Agameda, Acamante, Leuco e Glauce. Nella Medea di Wolf si nota la riscoperta del mito originario, quello prima di Euripide. Medea viene privata dall'autrice di qualsiasi tratto demoniaco, malefico: è la donna saggia, 'colei che sa consigliare e provvedere', libera e orgogliosa creatura.
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