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MORAVIA "Gli indifferenti" di Alberto Moravia

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MORAVIA

Gli indifferenti di Moravia rappresentano la crisi della borghesia italiana sotto il fascismo, una borghesia dominata da ideali materialistici (il sesso e il denaro) e priva di qualsiasi valore ideale. I personaggi riflettono i disvalori di questa società. Di essi alcuni sono vittime inconsapevoli, altri invece sono consapevoli del disfacimento morale della società ma risultano allo stesso modo vittime della corruzione generale.


"Gli indifferenti" di Alberto Moravia sono stati pubblicati nel 1926, nel periodo in cui il fascismo italiano proseguiva trionfante il suo cammino ed in Germania il nazismo aveva preso il potere. In questo romanzo, nato da un diretto desiderio di un analisi moralistica e satirica, vengono ritratti gli aspetti disperati e corrotti della vita e del costume della società borghese di quel periodo storico, con una lucidità e una freddezza puntigliosa che sembrano rifiutare gli ideali della politica trionfalistica del regime, e sottintendono, il giudizio negativo dell'autore nei confronti delle aspirazioni del fascismo italiano. E' proprio dalla descrizione realistica, opaca, squallida, più vicina alla cronaca che alla poesia e dalla creazione di personaggi carichi di una profonda autenticità che traspare il parere di Moravia e che gli ha aperto la via del realismo.



"Gli indifferenti", come già dal titolo si può comprendere, narra dell' "indifferenza", fatta di coscienza di fallimento, di ribellioni velleitarie, di rassegnazioni apatiche, tramite la storia di una famiglia della media borghesia romana.

In questo periodo di profonda crisi morale, dove si perseguono soltanto valori materialistici, quali il sesso e il denaro, i personaggi del romanzo riflettono proprio questi disvalori e sono vittime della corruzione generale sia quelli che agiscono in piena consapevolezza che quelli vi si ritrovano convolti loro mal grado. Gli obiettivi che la borghesia del tempo si pregeva sono quelli di raggiungere il piacere attraverso il conseguimento di una vita proiettata al benessere economico, tramite il Dio denaro, e alla soddisfazione fisica, attraverso l'apamento sessuale ("-Portarmela a casa;- pensava - possederla- Il respiro gli mancava: -Tutto quel che vorraivestiti, molti vestiti, viaggi.; viaggeremo insieme; è un vero peccato che una bella bambina come te sia così sacrificata" ). E' il sesso che, insieme con il denaro, stabilisce i criteri di fondo per ogni possibile giudizio intorno alla realtà umana e sociale e per ogni possibile interpretazione dell'esistere.

Numerosi sono i brani del libro che attestano quanto detto, infatti il contegno sessuale è per Moravia una delle chiavi fondamentali di ogni umano comportamento, il che vale per tutti e cinque i personaggi che agiscono nel romanzo: per Michele, per Carla, per Mariagrazia, per Leo, per Lisa. E' nell'erotico, integrato con l'economico, che i personaggi si definiscono in pieno. Come la rivolta di Carla si esprime e si cancella nel sesso, così l'indifferenza di Michele, al limite, è una cosa sola con la sua mancanza di comunicazione sessuale, con la sua impotenza sessuale, ancora una volta strettamente congiunta alla sua impotenza economica. Il suo rifiuto o la sua incapacità di rapporti autentici con le cose e con gli uomini si verifica innanzi tutto nel suo non accettare le regole del gioco sessuale borghese. La purezza morale di Michele, agli occhi dell'uomo borghese, non può non apparire che come un tratto di straordinaria ingenuità inferiore. Queste regole invece sono perfettamente accolte da Leo che sa illustrarle con grande evidenza pratica e cinismo e dalla stupidità di Mariagrazia. La funzione pratica di Lisa è inoltre quella di mettere in evidenza l' ipocrisia sentimentale, cioè l'altra faccia della situazione, nel momento in cui, il calcolatore Leo, si trova di fronte all'esperienza femminile.

E' proprio nel descrivere i suoi personaggi che Moravia manifesta la sua ferma opposizione, chiaramente antifascista, ad un ambiente umano che rifiuta costantemente di riconoscersi e di giudicarsi, ambiente caratterizzato da individui che neppure possiedono la capacità di autocoscienza o che, seppure consapevoli , sono tuttavia alienati ed interiormente divisi. Sono proprio i personaggi del giovane Michele e della sorella Carla che impersonano quest'ultimo tipo di soggetti. Carla, all'inizio del romanzo, ci appare come una ragazza perfettamente cosciente del mondo che la circonda, di cui è parte integrante, che ella rifiuta ritenendolo "opprimente e miserabile", una fanciulla che aspira a "farla finita" e che non riesce a concepire altra soluzione che non sia quella di "rovinare tutto", cercando di usare violenza, in se stessa a quella vita che "non cambianon vuol cambiare" . Ella, per una sua più ricca varietà di atteggiamenti psicologici, per una sua grande drammaticità, basterà pensare a quello che io ritengo l'episodio più forte del romanzo, cioè alla scena della seduzione mancata e del vomito nella casa del giardiniere, al modulo VII, risulta ancora più tipicamente e concretamente la portatrice di una qualche coscienza morale o perlomeno di qualche onesta volontà di coscienza morale, anche se inutile sia a lei che agli altri.

Per capire fino in fondo il vero carattere dei due protagonisti bisogna leggere attentamente le ultime ine del romanzo, dove, fratello e sorella vengono a trovarsi di fronte, radicalmente divisi, del tutto incapaci di comprendersi e in completa opposizione. Mentre Michele appare chiuso, proprio come al principio dell'opera, nella sua vana aspirazione verso una sincerità e una fede irraggiungibili, e ora ancora più chiuso e disperatamente cosciente che mai, circondato dall'ipocrisia del mondo borghese (."E' impossibile andare avanti così. Avrebbe voluto piangere; la foresta della vita lo circondava da tutte le parti, intricata, cieca; nessun lume spendeva nella lontananza: "impossibile"."), Carla si dimostra invece ormai capace di orientarsi perfettamente nella gran selva dell'esistenza sociale, ormai bene riconciliata, anche se amaramente, con il mondo (".le pareva che Michele si stesse rovinando la vita; "e invece tutto è così semplice", aveva pensato infilandosi davanti allo specchio i pantaloni da Pierrot: "lo prova il fatto che nonostante quel che è avvenuto io mi travesto e vado al ballo.."). Possiamo quindi affermare che se la storia di Carla è la storia di un difficile e doloroso, seppur riuscito adattamento, quella di Michele è al contrario la storia di un adattamento mancato in quanto questo personaggio rispecchia in sè la condizione dell'uomo borghese nel momento in cui assume una sua coscienza critica, o meglio una coscienza di crisi. Il suo agire è fondato su un principio di semplice ripetizione e di continuo fallimento, come dimostrano i ripetuti scontri con Leo, dall'insulto inefficace del modulo III, allo schiaffo mancato del VI, al lancio del portacenere, che naturalmente non raggiunge il bersaglio dell'VIII, fino al famoso colpo di rivoltella che non parte, poichè l'arma è scarica, del XV. Il suo modo di pensare rimane costante e nelle sue riflessioni, Michele ci apre tutto il suo animo e ci fa comprendere il suo desiderio di uscire da quell'indifferenza e reagire alla falsità e alla ipocrisia. modulo XII: "Non esistevano per lui più fede, sincerità, tragicità; tutto attraverso la sua noia gli appariva pietoso, ridicolo, falso; ma capiva la difficoltà e i pensieri della sua situazione; bisognava appassionarsi, agire, soffrire, vincere quella debolezza, quella pietà, quella falsità, quel senso di ridicolo; bisognava essere tragici e sinceri..". Michele , nel suo atteggiamento bovaristico, si mostra incapace di qualsiasi adattamento, l'impotenza della sua indifferenza gli impedisce di inngannarsi così a fondo e così volgarmente come gli altri. E' un personaggio nostalgico, cosciente del fatto che niente può ricondurlo a quei valori morali smarriti, egli si rende conto che partecipare alla concretezza del presente , del depravato presente, guarire dai propri traumi e dalle proprie inibizioni è possibile soltanto a prezzo della propria corruzione. In una classe sociale come quella essere indifferente è forse l'unica forma di nobiltà etica. Il comportamento di Carla, invece, durante l'arco della narrazione, subisce continue modifiche e porta ad una situazione nuova, seppure squallida, in quanto ripugnante è stata prima la sua seduzione da parte di Leo e sempre moralmente sporco è stato il capovolgersi di quella "sudicia avventura" nel decoroso matrimonio borghese della ragazza con l'amante della propria madre. Anche in questa occasione Michele tenta , debolmente come al solito, di influenzare il destino, chiedendo "come un bambino mal convinto " alla sorella se veramente intende sposare il suo seduttore, ma inevitabilmente fallisce. "Tutto è finito", dice tra sè, accorgendosi che non potrà impedire quelle nozze e, guardando le "guance puerili" della sorella, "è una donna", pensa e si sente vinto. Carla, "stanca di esaminare se stessa e gli altri" rinuncia ad ogni resistenza e si adatta ad un mondo borghese, fatto di ipocrisia e completamente privo di valori morali di qualsiasi genere. Ella rappresenta la falsità della concezione della famiglia borghrse del ceto medio, inconsapevolmente ella finisce per fantasticare, con un po' di ripugnanza e un po' di compiacimento, sull'inevitabile sorte della futura signora Merumeci, sorte borghesemente predestinata di donna ricca che "si diverte, viaggia, ha un amante, che più? tutto quel che può avere una donna lo ha". La sua coscienza morale è talmente offuscata che non riesce neppure ad essere sincera con se stessa. Infilarsi nel letto di Leo, in qualita di amante è, per lei prima un modo di uscire dal soffocante conformismo della società in cui si trova a vivere, poi, tramite il matrimonio, di adeguarcisi e di innescare un meccanismo che la condurrà a diventare una nuova Mariagrazia. Infatti, quando nell'ultima scena, noi le vediamo mascherate l'una accanto all'altra, "il Pierrot bianco e la snuola nera", Carla, ormai donna , che "sorrideva misteriosamente", vicino alla madre che invece "sorrideva stupidamente", si capisce che in questo travestimento è comunicato l'ultimo simbolo dell'iniziazione della ragazza perfettamente riuscito. Proprio come in un gioco di società, la vestizione conclusiva, equiparando la madre e la lia, unisce indissolubilmente in maschera le due ure femminili.

Ritornando ai sorrisi delle due donne, possiamo notare che uno dei topoi di Alberto Moravia è proprio il sorriso che trascorre da un personaggio all'altro, che sta a sottolineare l'atteggiamento falso e ipocrita di quella società.

Gli altri personaggi del romanzo ci appaiono più integrati in questo tipo di mondo, del tutto proiettati al raggiungimento dei valori tipici della borghesia di quel particolare periodo. Quindi, anche se a prima vista ci sembrano cinici, approfittatori e completamente privi di moralità, in realtà anche loro, in quanto partecipi di un tale ambiente, sono fatalmente tarati, cioè non sono altro che il prodotto di un certo contesto storico al quale si sono del tutto uniformati. Tra questi, primo fra tutti è, senz'altro, Leo: egli, appartenente ad un mondo radicalmente corrotto, è uno dei tanti uomini perfettamente integrati in esso, che vivono di nuda avidità e di cinica libidine, avendo ridotto la propria esistenza al raggiungimento delle sole realtà irrinunciabili: il sesso e il denaro. Egli rispecchia la mentalità del borghese, sicuro di sè, incurante delle esigenze altrui, bugiardo e calcolatore, privo di qualsiasi spessore morale. Leo entra in casa come amante della madre, successivamente insidia la lia, che cede al suo gioco calcolatore, prima facendosi sedurre e poi addirittura sposare.

Anche Mariagrazia è un personaggio che ha assimilato la morale del periodo senza porsi tanti problemi, infatti negli atteggiamenti di Michele e Carla vede "capovolto" il suo mondo per cui non può aspirare che a raddrizzarli "se no chi sa dove si andrebbe a finire". Infatti di fronte al loro contegno l'unico consiglio che un borghese potrebbe dare è quello di "fare di Leo un buon marito e dare a Michele un'amante giovane" per togliere ai due protagonisti "ogni ansia e desiderio di rivolta".



Possiamo, quindi, concludere che "Gli indifferenti " di Alberto Moravia rappresentano perfettamente la società del periodo del fascismo, tramite l'uso di tutto un repertorio topico che si manifesta sia nei colloqui del ceto medio borghese, in cui appaiono ben chiare le sciocchezze, le ambizioni mondane, il concetto di famiglia proprio del tempo, sia tramite i monologhi interiori die personaggi che mettono in evidenza i luoghi comuni della coscienza borghese.




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