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NICCOLO' MACHIAVELLI - LA VITA, LA CARRIERA POLITICA, EPISTOLARIO E GLI SCRITTI POLITICI DELLA SEGRETERIA, TRAMA "LA MANDRAGOLA"

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  LA VITA


Nasce a Firenze nel 1469 da un'antica famiglia borghese di Montespertoli. La sua formazione si basa su una solida cultura umanistica latina e sulla lettura di storici e poeti. Le fasi che scandiscono la sua vita sono due: nella prima parte è impegnato negli affari pubblici e nella scrittura di testi di limitata portata teorica. Nella seconda fase, forzato allontanamento di Machiavelli dalla politica attiva si concentra sulla stesura di tutte le sue opere principali.


Alla fine del 1502 è inviato ad Urbino presso Cesare Borgia, il Duca Valentino, un personaggio assai spregiudicato che colpisce profondamente la sua immaginazione.




Machiavelli si reca varie volte in Francia presso la corte di Luigi XII (sulla base di queste esperienze scriverà il "Ritratto di cose di Francia"), ma anche in Tirolo, presso l'imperatore Massimiliano d'Asburgo (occasione per la stesura del "Rapporto di cose della Magna").


Nominato segretario della magistratura dei Nove ufficiali della ordinanza e della milizia fiorentina, cura la stesura del progetto per la creazione di un esercito non mercenario ("Le cagioni dell'ordinanza"), e procede al reclutamento degli uomini del contado.


Nel 1512, quando i Medici riprendono il potere, inizia la seconda fase della sua vita e cerca di conservare un ruolo politico anche all'interno della nuova gestione di governo, ma viene privato e mandato al confino nel territorio di Firenze. Nel 1513 viene accusato di aver partecipato alla congiura organizzata dai Boscoli e Capponi contro i Medici. Dopo essere stato incarcerato e torturato viene inviato nuovamente al confino. Si stabilisce nel podere paterno dell'Albergaccio presso Firenze beneficiando di un'amnistia per l'elezione del cardinale Giovanni de' Medici a Papa Leone X.


Nel 1521 è inviato in missione presso il modulo dei frati minori riunito a Carpi e successivamente in Romagna presso l'amico Guicciardini. Dopo aver ricevuto il compito di comporre la storia di Firenze, egli scrive "Le Istorie Fiorentine" di cui realizza i primi otto libri. In questo stesso anno viene revocata la sua interdizione dai pubblici uffici. Il reinserimento sulla scena politica si rivela di breve durata e poco dopo la cacciata dei Medici da Firenze nel 1527 Machiavelli muore.


  LA CARRIERA POLITICA


Una valutazione negativa della natura umana ( mette in luce la meschinità, malvagità, avidità, e la facile mutabilità degli uomini).

La convinzione dell'immutabilità nel tempo, di tale natura umana.

La necessità di agire sul piano politico tenendo conto della "realtà effettuale" così come essa è nei fatti e non basandosi invece su una realtà ideale o desiderata.

L'utilità degli esempi del passato (se la natura umana nel corso dei secoli non muta, le soluzioni del passato sono valide anche per il presente).

Se l'attività politica si imposta in questo modo, cioè alla luce di u lucido realismo che tiene conto delle inesorabili leggi della natura umana, essa diventa una scienza che ha una sua autonomia e un fine: la fondazione e il mantenimento dello stato.

La valutazione dell'agire politico va fatta quindi non alla luce di un giudizio morale, ma alla luce del principio di utilità e di congruenza con quel fine. Si tratta quindi di una netta separazione fra giudizio morale e giudizio politico.





  EPISTOLARIO E GLI SCRITTI POLITICI DELLA SEGRETERIA


Fra gli epistolari rinascimentali, quello di Machiavelli ura come una notevole eccezione. Nelle lettere egli adatta la propria abilità di scrittore a fini di spontaneità espressiva, conferendo così un carattere di immediatezza alla propria lucida analisi della realtà. Particolarmente significativo è il gruppo di lettere indirizzate a Francesco Vettori.

Tra gli scritti di carattere politico appartengono i grandi trattati politici: "il Principe", "I Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio", "L'arte della guerra".


  I PRESUPPOSTI FILOSOFICI E LA VISIONE DEL MONDO


La valutazione dei comportamenti umani è fatta da Machiavelli non in base a norme e principi morali, ma in base a principi politici, cioè alla funzionalità o all'efficacia che un dato comportamento può avere sul piano politico. La rassegna dei comportamenti da tenere o da evitare sono soprattutto insistite nel "Principe"; in essa la novità della prospettiva di Machiavelli rispetto alla tradizionale trattatistica di Machiavelli può anche sembrare traumatica per il lettore, perché bontà d'animo liberalità fede alla parola data, considerate virtù, valori positivi della morale religiosa o laica, perdono la loro positività se la loro applicazione nuoce allo Stato e diventano così la crudeltà, l'inesorabile durezza, il tradimento della parola data, il ricorso alla forza e all'astuzia, il comportamento, è una celebre metafora da "lione" e da "golpe".




  TRAMA "LA MANDRAGOLA"


Il giovane e ricco Callimaco torna da Parigi a Firenze attirato dalla fama della bellezza di Lucrezia, moglie fedele e devota la marito, più vecchio di lei, sciocco e pieno di sè. Per sedurre Lucrezia gli viene in aiuto Ligurio, un 'astuto perdigiorno e profittatore', che sfrutta la buonafede del credulone Messer Nicia e la sua voglia di avere un bambino. Nicia crede ormai che la moglie sia sterile, ma Ligurio gli dice di conoscere un bravo medico, molto celebre a Parigi, che potrebbe guarire la sterilità della moglie. Callimaco, fingendo di esaminare l'urina di Lucrezia, detta la cura che questa avrebbe dovuto seguire: bere una pozione di mandragola, efficace contro la sterilità ma dagli effetti mortali per chi avrebbe giaciuto con la donna la prima notte dopo aver bevuto la pozione. Per evitare il luttuoso evento i due suggeriscono a Messer Nicia di far andare la moglie con uno sconosciuto; riescono a convincere Messer Nicia e Lucrezia, dopo molte resistenze e con l'aiuto di Sostrata (la madre della sposa) e del corrotto frate Timoteo, lautamente ato; a questo scopo organizzano un rapimento durante la notte per le vie della città e rapiscono un giovane deforme e robusto che in realtà è proprio Callimaco.
Tutta la notte giace Callimaco con Lucrezia e al mattino le svela l'inganno e il suo grande amore per lei, e promettendole di sposarla, nel caso in cui Dio avesse voluto chiamare a sé il vecchio Nicia, le chiede di poter continuare ad amarla: Lucrezia allora, che aveva potuto provare quale differenza passasse fra il giovane ed il marito, gli risponde: ' Poiché la tua astuzia, la stupidità di mio marito, l'ingenuità di mia madre e la malizia del mio confessore mi hanno condotta a fare quello che mai avrei per me fatto, voglio credere che tutto questo derivi dalla volontà celeste, per cui io non ho il potere di rifiutare quello che il Cielo ha voluto: perciò ti prendo per signore, padrone e guida: sii tu mio padre, mio difensore, ogni mio bene; e quello che mio marito ha voluto per una sera, voglio che sia per sempre'.
Callimaco diventa e di Messer Nicia proprio su consiglio di Lucrezia, e ciascuno ottiene quello che maggiormente desidera.


Ø  STRUTTURA E TEMA AMOROSO


Una struttura è quella amorosa: consiste nella passione di Callimaco per Lucrezia, dagli ostacoli che sembrano ostacolare la realizzazione del suo desiderio, a causa di Ligurio.

La seconda struttura è quella della beffa a Messer Nicia.

Callimaco, inizialmente si presenta con una forte determinazione, esprimendo subito i suoi presupposti:

a) desiderio di azione, volontà di ricorrere a qualunque mezzo per raggiungere i suoi intenti, i tratti del tipico eroe machiavelliano, ricco di virtù.

Ben presto l'azione è delegata a Ligurio.

b) l'azione subentra i lui, l'esaltazione della personalità; si mescola una trama compatta di immagini, similitudini, metafore, che alludono ad un eros basso, carnale e volgare.


  PERSONAGGI


Callimaco: si presenta inizialmente come una ben diversa energia e determinazione, esprimendo sin dalla prima scena i suoi propositi attivi. (Vedi tema amoroso)


Messer Nicia: la commedia presenta la struttura della beffa. Il portatore di questa tematica è Messer Nicia, che rappresenta lo sciocco, il semplicione vittima dei raggiri dei furbi. Ma, non è solo il tipo dell'ingenuo credulone, il suo personaggio è più ricco di sfumature e sfaccettature. Innanzitutto è infatuato dal proprio prestigio di dottore in legge e ostenta di presunzione per la propria cultura; ha un'attenzione puntigliosa per il rispetto dei titoli accademici, è pieno di ammirazione per la scienza esibita dal finto medico. Oltre a ciò è anche disonesto, lo possiamo intuire da come arrotonda i modesti proventi della professione con loschi traffici; è avaro e attaccato al denaro. Non solo è brutale e autoritario nei confronti della moglie, ma è anche egoista. Ma il tratto più rilevante nel personaggio è la sua angustia di orizzonti. Egli mette al primo posto il suo fine, l'obbiettivo del raggiro. Nicia usa una lingua fortemente dialettale, ricca di espressione gergali, addirittura rionali.


Ligurio: è il personaggio più affascinate, è lo stratega dell'azione, l'intelligenza che mette insieme l'intrigo, lo dirige con sicurezza e lo conduce al fine sperato. È lui che architetta la falsa pozione e che riesce a convincere Lucrezia, donna di ferrei principi etici e religiosi, a giacere con lo sconosciuto garzonaccio. Caratteristiche di Ligurio sono quindi la capacità di architettare e di calcolare tutte le mosse, la freddezza e la sicurezza nell'agire, la spregiudicatezza. Dalla negatività di Ligurio è però escluso un aspetto, l'avidità, l'interesse economico. Infatti non è indotto ad aiutare Callimaco con lo scopo di ottenere un guadagno, ma ciò che lo muove è la smania dell'azione per l'azione. Ne emerge dunque quel attivismo energico, eroico che è l'elemento centrale della visione di Machiavelli.


Fra Timoteo: come Ligurio, è portatore di una lucida intelligenza che lo porta a calcolare attentamente le mosse degli avversari. Anche egli è quindi un personaggio negativo che rappresenta la corruzione, ma a differenza di Ligurio, ciò che spinge il Frate a prestarsi al raggiro è esclusivamente l'utile economico


Lucrezia: è un personaggio che ha un ruolo di primaria importanza nel testo anche se e pochissimo in scena. I tratti che la caratterizzano sono la superiorità morale, il rigore della devozione religiosa, la castità, l'onesta e la saggezza. Solo dinanzi all'irresistibile argomentare teologico del frate resta senza mezzi di difesa e deve cedere. Nel finale si può notare la sconcertante trasformazione della donna, che  scoperto l'inganno si adatta a divenire l'amante di Callimaco.




IL PRINCIPE


Ø  Fasi della composizione


Il 10 dicembre 1513 dall'esilio dell'Albergaccio, Machiavelli annunciava all'amico Vettori di aver composto un "opuscolo De Principatibus". Oggi gli studiosi tendono a collocare la composizione tra luglio e dicembre 1513 in una stesura di getto, mentre si ritiene che la Dedica a Lorenzo De' Medici sia stata scritta in seguito (1515/1516). Si è pensato che la stesura de "I Discorsi" sia stata interrotta per far posto alla composizione del Principe che rispondeva ai bisogni di maggior urgenza, dovuti ai problemi attuali della situazione italiana. Inizialmente Machiavelli intendeva dedicare il trattato a Giuliano De' Medici , lio del Magnifico; più tardi invece fu indirizzato a Lorenzo, capitano generale dei fiorentini. La Dedica sembra testimoniare la volontà da parte dello scrittore di cercare un avvicinamento ai Medici e di offrire la sua collaborazione in un momento in cui la famiglia grazia all'assunzione al pontificato di uno dei suoi membri aveva acquisito una posizione di grande potenza e mirava a costituire un forte dominio dell'Italia centrale. L'Opuscolo fu pubblicato solo nel 1532 a Firenze e a Roma suscitando scalpore.



Ø  Rapporti con la precedente trattatistica


SPECULA PRINCIPIS: il principe si può collegare ad una precedente tradizione trattatistica politica. Nel Medioevo erano diffusi trattati con cui tracciavano il modello del Principe. Specula Principis, specchi del principe, fornitogli per riflettersi e specchiarsi e conoscersi, apprendendo quali comportamenti devono avere. Nel 400 con l'affermazione delle signorie e dei Principati si possono citare i De regis et boni principis officio, De principis liber. Machiavelli capovolge questa tradizione, mentre tutti questi trattati mirano a fornire un'immagine ideale, Machiavelli vuole guardare la verità sulle cose e non all'immaginazione. Egli dice che un principe per conquistare e mantenere uno stato deve essere crudele, spietato, mentitore quando le esigenze dello stato richiedono.


Ø  Struttura dell'opera


È un'operetta breve, scritta in forma coincisa e incalzante, ma densa di pensiero.

Si articola in 26 moduli, di lunghezza variabile, preceduti da titoli tutti in latino.

Il Principe è diviso in 3 blocchi.

I moduli I-X elencano i vari tipi di principato e mirano ad individuare i mezzi che consentono di conquistarlo e di mantenerlo, conferendogli forza e stabilità. Machiavelli distingue tra principati ereditari (cap.II) e nuovi. I nuovi possono essere misti (cap.III) o nuovi del tutto (cap.IV-V), come Milano a Francesco Sforza, o un sovrano li acquista come il Regno di Napoli a Ferdinando d'Aragona. A loro volta possono essere conquistati con la virtù o con le armi proprie (cap. VI), o con la fortuna o armi altrui (cap.VII). Nel cap. VIII parla di coloro che giungono al principato attraverso scelleratezze e qui distingue tra la crudeltà "bene e male usata". Nel cap. IX si affronta il principato civile in cui il principe riceve il potere dai cittadini stessi. Nel cap. X si esamina come si devono misurare le forze dei principati e nell'XI si tratta dei principati ecclesiastici. I cap. XII-XIV sono dedicati al problema delle milizie. Egli giudica in modo negativo l'uso degli eserciti mercenari perché combattono solo per denaro e sono infidi: questa è una delle principali cause delle debolezze dello stato. Secondo lui la forza dello stato consiste nel poter contare su armi proprie e su un esercito composto dagli stessi cittadini che combattono per difendere i loro averi e la loro vita. Nel cap. XV-XXIII si tratta il comportamento del principe: poiché gli uomini sono malvagi, avidi, mancatori della fede, violenti, il principe è costretto ad agire senza seguire del tutto le leggi morali e ad essere non buono, dove è necessario e deve guardare il fine dello stato. Nel XXIV cap. esamina le cause per cui i principi italiani hanno perso il loro stati. Nel ca. XXV si tratta il rapporto tra virtù e fortuna e nell'ultimo modulo (XXVI) Machiavelli esorta ad un principe nuovo, accorto ad energetico e spiega come vuole e come speri che sia lo stato.


Ø  Rapporti tra morale e politica


Con Machiavelli si spezza il rapporto fra morale e politica. Politica e morale sono due campi diversi e inconciliabili: la politica appartiene all'ambito della realtà concreta, la morale riguarda l'ideale. Esse perciò sono regolate da due diversi sistemi di valori, autonomi tra di loro. Il principe buono, secondo Machiavelli, non è quello buono e giusto da un punto di vista etico, ma quello che sa fare gli interessi del suo stato indipendentemente dal carattere morale delle sue azioni. Questo non significa rinnegare la validità dei principi morali in sé, ma si tratta di negare che tali principi siano applicabili in politica. Sospendendo qualsiasi giudizio di carattere etico, egli giunge a considerare l'azione politica come giusta o sbagliata solo in relazione al fine politico che si è professato. Chi vuole governare attenendosi agli insegnamenti della morale è destinato alla rovina, perché l'uomo è malvagio e inaffidabile.


Ø  Virtù e Fortuna


La Fortuna è un insieme di dati terreni e storici, in insieme di elementi che costituisce il terreno sul quale la virtù può svilupparsi. La Virtù è un modo di essere, un insieme di qualità concepito in una dimensione terrena e laica. La vicenda storica, le realizzazione e le sconfitte degli uomini risultano dall'interrelazione di queste due forze. Tuttavia, Machiavelli volendo quantificare la possibilità dell'uomo di determinare la storia, afferma che la fortuna è arbitra della metà delle nostre azioni e che l'altra metà è di pertinenza dell'uomo.





Ø  Aspetti stilistici e letterari


È uno stile profondamente diverso da quello del genere trattatistico rinascimentale. La scelta deriva dallo stretto rapporto che l'opera vuole avere con la prassi, con la realtà politica, effettuale: per incidere sul reale, per fornire uno strumento da applicare immediatamente non è pensabile il ricorso alle ornamentazione retoriche, ma occorre una prosa agile, chiara, di immediata presa, che si imponga solo grazie alla forza delle cose che vede dire. Si tratta comunque di periodi sempre ricchi di energia, nervosi, incalzanti, incisivi. Il lessico impiegato è lontano da quello aulico della trattatistica. È un lessico libero e vario, dove si mescolano latinismi tecnici, latinismi letterali dei classici, ma anche parole comuni e quotidiane, o addirittura termini plebei. Hanno una funzione essenziale le metafore, le immagini e i paragoni. Come nel pensiero Machiavelli rifugge dall'astrazione e vuole essere aderente al concreto, così il suo linguaggio rifugge dall'astratto e dal vago, ed ama le immagini corpose, concrete e materiali.




  GUICCIARDINI (1483-l540)


Le opere principali:


Ø  "I Ricordi" sono costituiti da 221 pensieri sugli argomenti più diversi. Dal punto di vista letterario è l'opera più importante. Il problema della redazione dei ricordi è molto complesso ed è stato oggetto di un intenso dibattito filologico. Il primo nucleo dei ricordi risale al 1512 (datazione di mano dell'autore su due quaderni, uno di 12 l'altro di 29). Seguì una seconda redazione molto più ampia che comprendeva 161 ricordi (di questa non si possiede l'autografo ma è quella sulla quale si basano parecchie edizioni del 500. la terza redazione (autografata) è del 1528e rielabora i ricordi precedenti portandoli a 181 (ormai indicata come "serie b"). La redazione definitiva è del 1530 e contiene 212 ricordi (indicata come "serie c"). Il passaggio da una redazione all'altra, non interessa soltanto per l'aumento del numero dei ricordi, ma per questioni di stile. Ne deriva un'argomentazione più serrata e uno stile più analitico e preciso che mette a fuoco l'argomento eliminando ogni ambiguità o particolare superfluo.

Ø  "La Storia d'Italia" è costituita da 20 libri ed e stata scritta negli ultimi anni della sua vita (1535-l540). In essa sono esposti gli avvenimenti della storia italiana dalla morta di Lorenzo il Magnifico (1492) a quella di Clemente VII (1534). È la storia della tragedia della libertà italiana che si è conclusa con l'affermazione definitiva del predominio snolo sulla penisola. Grazie alla sua attività politica e diplomatica egli aveva avuto modo di seguire da vicino alcuni avvenimenti e rievoca e narra con l'amarezza il fallimento della politica suicida dei principi italiani e il suo personale.

Ø  Da giovane (1509) aveva scritto "Le Storie Fiorentine" in cui narrò le vicende di Firenze, dal tumulto dei Ciompi alla battaglia della Ghiaradadda. In essa condanna il governo popolare e il regime autoritario dei Medici ed esprime il proprio ideale politico di una repubblica aristocratica.


Il confronto con Machiavelli


Ø  Analogie: Machiavelli e Guicciardini hanno in comune alcuni elementi che rivelano la loro

appartenenza alla civiltà rinascimentale.

a) hanno la capacità di studiare la realtà con animo sgombro da pregiudizi morali e religiosi; hanno in comune una concezione laica della politica e della storia: la politica è considerata come attività autonoma dello spirito umano, distinta dalla morale e dalla religione, la storia è vista come opera dell'uomo, senza alcun intervento di forze soprannaturali.

b) In Guicciardini troviamo lo stesso disprezzo del Machiavelli per il popolo considerato "vulgo", che subisce passivamente il corso degli eventi storici.

Ø  Differenze: per il Guicciardini è impossibile formulare leggi universali della politica.

Questa impossibilità deriva dal modo con cui egli concepisce il rapporto tra il passato e il  presente. Machiavelli era arrivato a due conseguenze:

considerò possibile formulare le leggi della politica, basandole sulla conoscenza della natura umana;

assegnò al passato un valore paradigmatico, cioè di modello, di esemplarità, considerando la storia di Roma come un'alta scuola di educazione politica e civile.

Riguardo ciò il parere del Guicciardini è l'opposto:

a) la storia non si ripete mai, essendo il presente sempre diverso dal passato. Cade per tanto la possibilità di formulare leggi politiche universali, valide in ogni tempo e in ogni luogo.

b) Machiavelli nutre la fiducia l'uomo può regolare e modificare il corso della storia con un atto della sua volontà eroica, e può piegare persino la fortuna, per Guicciardini la storia è talmente varia e complessa che né se ne può prevedere il corso né dirigerlo.

Al contrario del principe del Machiavelli, il principe del Guicciardini non ha nessun modello da imitare, in quanto sono impossibili leggi universali della politica. Per il suo principe il Guicciardini elabora una dottrina politica basata sulla valutazione obiettiva e spregiudicata del singolo caso, da analizzare nell'intrico segreto delle sue componenti, per poter prendere le decisioni più utili nell'interesse dello stato.


Ø  Discrezione e particolare


La virtù somma dell'uomo politico risulta la discrezione, ossia la capacità di "discernere", di distinguere ed analizzare i vari aspetti di una situazione, per poter agire nel modo miglior; questo non si impara dai libri ma è frutto dell'esperienza quotidiana.

Anche l'uomo privato, aggiunge Guicciardini, deve avere la sua discrezione, che consiste nell'accortezza di badare al proprio particolare, cioè nel perseguire il proprio interesse, difendere la propria posizione individuale e familiare, mantenere salda la propria riputazione, recitare nel miglior modo possibile la parte avuta in sorte.




  TESTI ANALIZZATI


Ø  La Mandragola atto terzo


Appare Sostrata, la madre di Lucrezia, che è stata informata dell'affare sul quale è d'accordo, convinta che è dovere di un saggio prendere tra le soluzioni malvagie quella migliore. In seguito Nicia dialoga con Ligurio che gli dà suggerimenti di comportamento per il colloquio con frate Timoteo.

Fra Timoteo si intrattiene in un ambiguo dialogo in chiesa con una donna. Dopo arrivano Ligurio e <Messer Nicia. Ligurio mette in atto il suo piano: chiede al frate di adoperarsi per far abortire una giovane, il frate acconsente e Ligurio si allontana lasciando il frate con Nicia. Quando Ligurio torna dice al frate che di quel aborto non c'è bisogno perché la cosa si è già risolta. Nicia, allontanatisi i due manifesta in un soliloquio il suo smarrimento. Intanto Ligurio ritorna e comunica a Nicia che il frate è disposto a parlare con Lucrezia e a convincerla: Nicia lacrima per la tenerezza e pensa già a un lio maschio. Ma intanto fra Timoteo si rende conto della trama nella quale Ligurio l'ha coinvolto e medita sulle mosse da fare e suoi guadagni da trarne. Dopo un rapido scambio di battute fra Sostrata che ha già informata la lia dell'operazione progettata e la esorta ad accettarla, e Lucrezia che ripugna il consenso, avviene l'incontro con fra Timoteo, il quale ricorrendo ad esempi biblici riesce a strappare a Licia un consenso. Poi comunica a Ligurio e a Nicia l'esito del colloquio.


Ø  Atto quinto


Fra Timoteo, che durante la notte non ha chiuso occhio sul fare del giorno, è solo in chiesa e lamenta la poca cura in cui è tenuta dai frati. Ma intanto Nicia esce di casa coi comni che trascinano il garzonaccio della sera prima e lo mettono in libertà. Nicia è loquace con Ligurio al quale racconta che quando il giovane sequestrato è stato portato in casa lui l'ha fatto spogliare, si è accertato delle sue qualità maschili e poi l'ha messo nel letto con Lucrezia. Dopo la scena dedicata a un breve soliloquio di fra Timoteo, troviamo Callimaco e Ligurio a colloquio. L'innamorato felice racconta le vicende di quella notte: come abbia manifestato Lucrezia il suo amore, come l'abbai convinta che il rifiuto di quel rapporto poteva tradursi per lei in pubblicità e infamia, come Lucrezia lo abbia accettato per signore, patrone, guida.

Si avviano Callimaco e Ligurio verso la chiesa dove arrivano anche Nicia e Lucrezia con la madre.




  DALLE LETTERE: lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513


Ø  Contenuto


Possiamo dividere al lettera in tre parti:

il lavoro di Vettori a Roma;

la giornata tipo del Machiavelli nell'esilio dell'Albergaccio;

le speranze che Machiavelli ha riposto nelle stesura del Principe.

Nell'esordio della lettera tratta dell'impegno come ambasciatore di Vettori a Roma.

Nella seconda parte troviamo la giornata tipo di Machiavelli: il racconto delle giornate trascorse in camna, fino a settembre, si dedicava alla caccia ai tordi. La mattina andava a controllare il taglio di un bosco di sua proprietà. Al ritorno leggeva le opere d'amore di Dante e Petrarca. Nel Pomeriggio andava in osteria a parlare alla gente del posto. La sera si ritirava nel suo studio e si liberava delle miserie quotidiane e inizia con loro un dialogo teso a capite le ragioni delle azioni dei grandi sovrani.

L'ultima parte è dedicata alle speranze che questo opuscolo possa convincere i Medici a dare un incarico politico all'autore.


Ø  Forma


Anche dal punto di vista formale le lettera può essere suddivisa in tre parti.

La prima serve come introduzione. L'ultima, dedicata alle speranze di impiego e ai saluti, ha una funzione conclusiva. La parte centrale che sviluppa il tema della giornata tipo è divisa in due sia sul piano formale, del tono e del linguaggio sia per gli argomenti: nella prima sezione lo stile e il linguaggio hanno un registro plebeo delle scene di osteria e un tono spigliato di vita quotidiana; nella seconda sezione, dedicata al dialogo con gli antichi, la narrazione e lo stile si innalzano e il linguaggio si fa elevato.


Ø  Significato culturale


La lettera è fondamentale per stabilire la datazione della stesura del Principe (1513). Mette in evidenza il carattere esclusivo della vocazione di Machiavelli alla politica, chiarisce che per lo scrittore la cosa più importante per l'azione politica non è tanto l'esatta ricostruzione degli avvenimenti storici, quanto l'esatta comprensione dei motivi che hanno spinto gli uomini ad agire.




  Dal Principe: "DEDICA" (le cose moderne e le antique)


Ø  Contenuto


La lettera, che funge da dedica a Lorenzo di Piero De' Medici, sviluppa temi importanti:

a) l'opera è il frutto di un'esperienza diretta, acquisita con la partecipazione alla politica, e di un'esperienza diretta, derivante dalla conoscenza della storia antica;

b)    il rifiuto del linguaggio retorico e ampolloso;

c) il fatto che l'opera deve imporsi per il contenuto, non per la forma;

d)    la constatazione che sono un populare può conoscere la natura dei principi.

Nel 1513 l'opera era indirizzata a Giuliano De' Medici.


Ø  Forma


Una lettera dedicatoria deve scegliere un tono in cui grandeggi solo la ura del dedicatario, però Machiavelli mostra una gran fermezza nel rivendicare con piena dignità il valore della propria attività politica e di riflessione.


Ø  Significato culturale


La lettera indica la conoscenza delle azioni degli uomini grandi che l'autore ha ottenuto attraverso due elementi:

- l'esperienza delle cose moderne (rinvia all'osservazione diretta, fatta "sul campo", quindi pratica della realtà politica);

- la lezione delle antique (rinvia a una concezione esemplare della storia, per cui dallo studio del passato   si possono trarre norme di comportamento valide anche per il presente).




  modulo I (i diversi tipi di principato)


Ø  Contenuto

Il modulo iniziale del Principe ha lo scopo di definire le distinzioni fondamentali che sono alla base dell'intero trattato. Tratta tutte le possibili forme di governo e tutti i possibili modi di prendere il potere, con un preciso criterio logico che va dai casi generali a quelli più particolari. Il suo discorso è finalizzato soprattutto ai principati e fra questi a quelli nuovi.


Ø  Forma


Si tratta di una struttura coerente e rigorosa in forma estremamente sintetica che fa sì che il modulo delinei una vera e propria mappa concettuale che indica il percorso interno del trattato. Questo metodo è stato definito "procedimento dilemmatico" : vale a dire un andamento che avanza per successivi dilemmi, per coppie di possibilità alternative, che si escludono l'un l'altra. Gli stati sono: o repubbliche o principati; i principati o nuovi o ereditari.


Ø  Significato culturale


Scindendo ogni situazione in due dilemmi, Machiavelli organizza il suo discorso in maniera piramidale, dal generale al particolare dando l'impressione che egli usi la stessa logica deduttiva degli scritti politici medievali. In realtà è l'opposto perché esso non parte da una verità stabilita a priori e ritenuta indubitabile. Machiavelli arriva alla sintesi che questo modo di procedere nasce dalla storia e dall'esperienza. Il suo procedimento, si presenta solo in apparenza come deduttivo, ma in realtà è induttivo.









  modulo VI (i modelli perfetti: gli antichi fondatori di stati)


Ø  Contenuto


Questo modulo è dedicato ai principati completamente nuovi acquisiti con la virtù e le armi proprie. I temi centrali sono:

l'estensione delle teorie rinascimentali dell'imitazione al campo della politica; il principio rinascimentale dell'imitazione che si sviluppa e viene impiegato in campo letterario, per Machiavelli è applicabile anche in ambito politico. Imitando i grandi fondatori di regno è possibile applicare le medesime norme di comportamento che hanno consentito il loro successo. Ma poiché chi imita un modello non potrà mai eguagliarlo, nella sua ottica, i grandi fondatori non appaiono come degli "exempla" cioè come personaggi esemplari.

Il rapporto tra fortuna, occasione e virtù; questi devono essere per i principi moderni un campo di osservazione per cogliere quali sono le vere virtù politiche e come vanno usate.

La virtù politica del principe è fondamentale per la creazione e il mantenimento dello stato. Egli può operare solo a partire da condizioni date che sono fornite dalla fortuna e che non sempre appaiono a prima vita favorevoli.

La giustificazione dell'uso politico della forza e della violenza. L'uso delle forza nell'azione politica trova una ragione di essere nella naturale malvagità umana che spinge gli uomini a ostacolare i cambiamenti che un nuovo principe è costretto ad introdurre nello stato.


Ø  Forma


Nelle parti dedicate agli esempi la prosa è molto semplice e piana, e predominano le frasi coordinate. Invece, nelle parti che riguardano indicazioni delle norme dell'agire politico, la struttura dei periodi è più complessa e le frasi subordinate.


Ø  Significato culturale


La considerazione che i grandi fondatori di regni hanno potuto agire perché i loro popoli erano giunti a livello più alto di debolezza è di grande importanza. Essa mostra come il principe non sia un disinteressato trattato politico, ma un'opera di politica militante, che cerca di trovare nella storia un fondamento alla volontà di rinascita di un uomo che non si rassegna alla "ruina d'Italia".




  modulo VII (un modello imperfetto: il duca Valentino)


Ø  Contenuto


Nella premessa Machiavelli fissa le differenze tra coloro che arrivano al principato per fortuna e coloro che vi arrivano per virtù propria, sottolinea le difficoltà che sussistono nel primo caso e cita come esempi di questi due modi di conquista del potere Francesco Sforza (per virtù propria) e Valentino (per fortuna e aiuto altrui). Il duca Valentino viene proposto come modello di comportamento per un principe nuovo in quanto si era sforzato di superare le debolezze di una conquista realizzata attraverso milizie altrui e fortuna. La conclusione presenta una serie di riflessioni e considerazioni sulla politica del Valentino. La parte centrale illustra le tappe della sua politica:

a) Il progetto politico di Alessandro VI si può attuare quando la venuta in Italia di Luigi XII e la sua conquista di Milano turbano gli equilibri esistenti. Valentino, grazie al confluire di interessi tra il re francese e il papa, riesce ad impadronirsi, scacciandone i signori locali, di Imola e Forlì, successivamente dipesero Rimini e altre città.

b) La politica espansionistica di Valentino incontra però degli ostacoli (la mutata disposizione, non più favorevole, del re di Francia e l'opposizione delle famiglie Orsine e Colonna, le quali disponevano di comnie di ventura). Alternando violenza e inganni, il Valentino convoca i capi Orsini, li cattura e li fa strangolare. Così diventa padrone di tutta la Romagna con il ducato di Urbino.

c)  Per liberare la Romagna da disordini e violenze, egli ne affida l'amministrazione con pieni poteri a Remirro De Orco che con il suo rigore riesce nell'intento. In seguito però lo fa giustiziare servendone per placare gli odi suscitati nella popolazione.

d) Il discorso si sposta sulla progettazione sul futuro. Valentino sa che ha acquistato il principato grazie all'aiuto del papa e che quindi deve evitare che il suo successore metta di nuovo in pericolo il suo principato.

Del programma elaborato per evitare queste ipotesi e articolato in quattro obiettivi, tre il Valentino li ha realizzati, mentre il quarto, acquistare potere da resistere all'iniziative di un papa ostile, stava per raggiungerlo ma nel 1503 Alessandro VI muore e il Valentino è "malato a morte". Egli ha infatti sbagliato consentendo l'elezione a papa di Giulio II, fidandosi delle sue promesse, non aveva previsto che egli poteva essere un suo avversario. L'apparente onnipotenza delle fortuna si rivela come il frutto di un errore di valutazione compiuto dal duca.





Ø  Forma


Il modulo si sviluppa secondo il procedimento "dilemmatico" : il caso dei principati nuovi acquisiti per fortuna e armi altrui si scinde in due possibilità alternative l'una all'altra, ciascuna delle quali dà origine a sua volta ad altre due possibilità opposte.


Ø  Significato culturale


Le ine di Machiavelli sul Valentino hanno creato due miti relativi a questo personaggio che sono di natura opposta: da un lato c'è il mito positivo di Cesare Borgia come un principe che coltivò l'ideale dell'unità d'Italia; da un altro lato c'è il mito negativo del duca Valentino come avventuriero immorale, spietato e cinico.




  modulo XV (la virtù del principe: la verità effettuale e i comportamenti del principe)


Ø  Contenuto


Questo modulo ha un'importanza centrale nell'economia del principe e segna l'inizio della parte teorica del trattato. Nel brano sono sviluppati due temi fondamentali:

il primo riguarda la volontà di Machiavelli di attenersi alla "verità effettuale", vale a dire a osservare le cose per quel che esse realmente sono. Egli evita nel suo discorso categorie morali collegate "al dover essere".

Il secondo tema riguarda il comportamento del principe. Egli non ha come compito l'agire morale, ma la conservazione dello stato. A lui si addicono tutte le qualità che servono a realizzare il suo compito.


Vizio e Virtù: in politica il vizio è ciò che porta danno allo stato, mentre la virtù è ciò che porta utilità. Se valutata con questo metro, la virtù tradizionale può essere dannosa allo stato (la virtù morale delle lealtà può diventare un vizio in politica).


Ø  Forma


Il modulo ha un ruolo centrale nel Principe e possiede un valore filosofico (mostra la sua novità rispetto a tutta la tradizione precedente e chiarisce il metodo usato dall'autore). Il discorso viene svolto senza deviazioni e senza un rigoroso ragionamento (non introduce esempi).




  modulo XVIII (la golpe e il lione)


Ø  Contenuto


Il modulo indica le qualità indispensabili per un principe che deve saper governare con le leggi, e se necessario, anche con la violenza, unire la forza con l'astuzia, usare tutti i mezzi inutili per mantenere lo stato, essendo questo il suo vero unico scopo. Il principe è come un centauro, una creatura mitologica che univa la dimensione umana della ragione con quella animale della forza. A questo si lega la necessità che la forza sia accomnata dalla astuzia, dalla capacità di mostrarsi dotato di virtù.


Ø  Forma


Acquista un particolare rilievo la dimensione metaforica dell'immagine del centauro: metafora sia dell'unione degli opposti, sia della compresenza di un umano e di bestiale. Quando il discorso si concentra solo sulla forza, si sviluppa l'immagine della bestia identificata in due animali, il leone e la volpe, le due virtù della forza e dell'astuzia.



Ø  Significato culturale


Questa sezione si sviluppa secondo la struttura tematica della tradizione dello "speculum principis"  (vedi sopra).




  modulo XXV (rapporto tra fortuna e virtù)


Ø  Contenuto


Questo modulo affronta il tema della fortuna e i suoi rapporti con la virtù, intesa come capacità di governare del principe. In questo modulo predominano due temi fondamentali: quello della fortuna e quello della necessità per il principe di adattare la propria natura ai diversi e mutevoli tempi storici. Machiavelli riconosce il ruolo centrale che la fortuna gioca negli eventi umani e i limiti della ragione politica. Presenta la fortuna non solo come casualità, ma anche come insieme delle circostanze esterne che gli lasciano un ampio spazio di manovra. Poiché per Machiavelli ogni uomo è dotato di un indole immodificabile il principe può essere spinto dalla propria indole in una direzione diversa da quella richiesta dai tempi, portando così alla rovina. L'azione politica richiede quindi una disperata lotta dell'individuo con se stesso.


Ø  Forma


Acquistano particolare importanza due metafore:

Per quanto riguarda la previsione politica, Machiavelli utilizza l'immagine metaforica del fiume impetuoso che può ingrossarsi fino a travolgere tutto, salvo che non siano stati predisposti argini e rimedi adeguati; in questo modo si afferma la possibilità di contenere l'imprevedibile.

Per quanto riguarda l'azione, usa invece la metafora della donna che predilige i giovani audaci e irruenti: si tratta di un elogio della violenza e della rapidità d'azione come strumenti per reagire a situazioni ostili.


Ø  Significato culturale


Nei temi di questo modulo si riflettono il disorientamento ideologico indotto dalla "ruina d'Italia", la crisi di fiducia in quella onnipotenza della ragione in cui la cultura umanistica aveva profondamente creduto, la presa di coscienza della parziale irrazionalità della storia.


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  modulo XXVI (esortazione a liberare l'Italia dai barbari)


Ø  Contenuto


Il principe si chiude con l'esortazione ai Medici di liberare l'Italia dai barbari. Questa svolge due temi principali:

Il primo è quello delle condizioni dell'Italia: esse sono talmente disastrose da essere idonee a che un principe possa pienamente mostrare la sua virtù. Solo i Medici sono in grado di compiere quest'impresa, per la loro storia, ma anche perché con Leone X occupano il vertice della Chiesa.

Il secondo tema è quello delle milizie proprie che costituiscono la premessa fondamentale per ogni iniziativa politica.


Ø  Significato culturale


Il modulo che esorta i Medici all'azione politica chiarisce il senso profondo di tutto il Principe. Si tratta di un'opera di politica militante, scritta con l'obiettivo di incidere sulla situazione disastrosa creatasi in Italia. Sussiste un contrasto evidente tra l'ottimismo di questo modulo e l'analisi pessimistica della realtà italiana. Alla fine dell'opera si ha come uno scatto della volontà dell'autore, che sforza la sua stessa analisi pur di immaginare possibile un'azione politica decisiva. Questo scatto è stato visto da Antonio Gramsci come emblematico dell'attività politica ed è ben definito dalla formula divenuta corrente del pessimismo della ragione e ottimismo della volontà.



  I Ricordi


6 - l'opposizione fra libri e discrezione (discernimento) non implica una svalutazione della cultura appresa dai libri, ma solo il riconoscimento che essa è insufficiente a contenere l'infinita varietà, le differenze che rendono ogni avvenimento un caso a sé.


10 - la superiorità dell'esperienza sull'ingegno deriva dal fatto che la prima è la sola in grado di individuare gli elementi specifici di ciascuna situazione. La prudenza (che come discrezione vuol significare capacità di distinguere) è detta naturale perché la si ha per nascita; l'esperienza, nel senso proprio di esperienza politica e civile è invece accidentale, non facendo parte del bagaglio di ogni uomo.






15 - tema della vanità dei desideri mondani, che dal biblico Ecclesiaste si estende a Petrarca, a Tasso, a Leopardi; ma qui e un elemento tipicamente rinascimentale: la vanità del desiderio consiste infatti non nel carattere effimero del bene desiderato, ma nell'insoddisfazione che segue il suo raggiungimento. Questo pessimismo si connette a una prospettiva edonistica.


28 - aspra requisitoria contro io clero dettata da ragioni morali. Guicciardini sa di aver collaborato spesso con la Chiesa e ne prova disagio, tanto da considerare la riforma luterana come giusta punizione dei preti corrotti.


30 - la centralità del tema della fortuna è interpretabile come una proiezione logica della ruina d'Italia, evento in cui intervenne pesantemente il caso.


31 - Un altro aspetto letterario molto importante per comprendere il pensiero del Guicciardini e rapportarlo ai predecessori è sicuramente quello della concezione della "Fortuna".

Il peso che viene dato al caso è molto più grande rispetto al Machiavelli, il quale attribuiva a questo e alla virtù un campo d'azione abbastanza equilibrato. Manca totalmente la fiducia nelle capacità del singolo individuo che, per Giucciardini, non sa adattarsi alle varie situazioni ed è quindi preda del turbine che lo travolge.



35 - afferma la diversità tra la pratica e la teoria. Per colui che conosce bene la teoria ma non sa metterla in pratica questa intelligenza è inutile.


39 - l'avere li rende felici: chi ha li buoni e sani ha senza dubbio molto più dispiacere di loro che consolazione (un esempio ne era suo padre a Firenze), però si pensi come stia chi ha li di mala sorte (pazzi, cattivi e sventurati).


41 - in questo ricordo troviamo la citazione del verso iniziale del sonetto CCXIII del Canzoniere di Petrarca.  


58 - Quanto disse bene el Filosofo: de futuris contingentibus non est determinata veritas! Aggirati quanto tu vuoi, che quanto piú ti aggiri, tanto piú truovi questo detto verissimo.


60 - è più felice chi è di ingegno più positivo


110 - da vero storicista, Guicciardini respinge l'idea machiavelliana di ripetitività dell'accadere. Curiosa per la sua concretezza l'immagine conclusiva che mette a confronto l'andatura di due quadrupedi.


117 - questo pensiero è da ricollegarsi ai ricordi 6, 110 e 114: bastano infatti mutamenti minimi a rendere inutili e inattuali gli ammaestramenti del passato.


125 - Il Guicciardini assume così un atteggiamento scettico di fronte al sapere umano, rifiutando in modo radicale ogni modello teorico e invitando gli uomini ad accostarsi alle cose piuttosto che alle idee. Uno scetticismo, dunque, che si vena di empirismo, in una concezione della conoscenza basata essenzialmente sulla curiosità verso il mondo fenomenico, sulla volontà di essere e agire nel mondo e indagare il reale attraverso l'esperienza.


140 - l'irrazionalità del popolo, per lo più indicata con metafore animali, è un motivo ricorrente nella tradizione letteraria italiana.


218 - la notazione sulla "fallacia" è fondamentale per cogliere il vero significato del particolare in Guicciardini, che comprende un insieme di valori morali e sociali.



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