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Nacque ad Arezzo - Vita, Le Opere, Le lettere, Il Secretum, Struttura, Trama, Sant'Agostino, L'amore per Laura, Religione, Crisi morale, Accidia

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Vita

Nacque ad Arezzo nel 1304. Nel 1312 il padre si trasferì ad Avignone (lavorava presso la corte pontificia) ma Francesco Petrarca cominciò a studiare a Carpentras, guidato da Convenevole da Prato, insieme al fratello Gherardo, gli studi giuridici (iniziati a Montpellier nel 1316 e conclusi a Bologna tra il 1320 e il 1326). Tornato ad Avignone dopo la morte del padre, frequentò il mondo elegante della città. Qui, il 6 aprile 1327, nella chiesa di Santa Chiara, vide per la prima volta la donna che amò per tutta la vita e a cui s'ispirò nelle sue opere poetiche in italiano: Laura, identificata tradizionalmente con una Laura di Noves, sposa del marchese Ugo di Sade. Attorno al 1330 prese gli ordini minori, entrando a far parte del clero: lo scopo essenziale era quello di assicurarsi una rendita sicura. Entrò quindi in rapporti di amicizia e di 'clientela' con la potente famiglia Colonna (molto potente in Italia, Francia e Provenza): grazie alla protezione di questa famiglia entrò in contatto con i più importanti intellettuali del tempo, poté studiare e possedere libri costosi e rari, ed avere riconoscimenti pubblici come l'incoronazione a poeta (da cui l'espressione 'poeta laureato': laurus è l'alloro, antico simbolo di Apollo come dio della poesia). L'8 aprile 1341, dopo che il re di Napoli Roberto d'Angiò lo aveva 'esaminato' per tre giorni, il senatore Orso dell'Anguillara celebrò a Roma, in Campidoglio, questa suggestiva cerimonia, la prima del genere nei tempi moderni. Nella biografia del Petrarca si evidenzia una sorta di irrequietezza che lo porta a viaggiare per gran parte d'Italia e d'Europa, visitando luoghi, monumenti antichi, biblioteche. Periodicamente tornava però a raccogliersi in operosa meditazione. Questa aspirazione alla vita raccolta si esprime anche in operette come il De Vita Solitaria e il De Ocio Religiosorum. A partire dagli anni '40 la fama del Petrarca cresce sempre più. Accolto ovunque con onori e riconoscimenti, entra in contatto con varie nobili famiglie italiane. Dopo il 1350 entra in stretti rapporti d'amicizia con Giovanni Boccaccio (che lo considera un maestro spirituale e culturale). Varie vicende lo portano negli ultimi anni a rinchiudersi sempre più in se stesso: la morte di Laura, avvenuta nel 1348 in seguito alla peste che infuriò in quegli anni in tutta l'Europa, quella precoce del lio Giovanni, il venir meno delle speranze di rinnovamento politico, l'aggravarsi della corruzione ecclesiastica. Morì ad Arquà nel 1374.

Le Opere

Francesco compone canzoni con cui ammonì città e signori, facendo da paciere in una guerra tra Genova e Venezia, scrisse lettere di esortazione e consiglio a papi, imperatori, a Cola di Rienzo, ai dogi venezianiPer i suoi contemporanei era conosciuto come il grande erudito, capace di coordinare una vasta rete di letterati e scrittori italiani e stranieri. Tuttavia il Petrarca non ebbe mai alcuna intenzione di rivolgersi al pubblico non intellettuale. Lo dimostra il fatto che le uniche due opere in volgare che scrisse furono il Canzoniere e i Trionfi. Tutte le altre furono scritte in latino, e solo per queste opere egli era diventato famoso. Per questo, a differenza degli scrittori del '200 di conoscere e di educarsi usando il volgare, il Petrarca vuole parlare a una casta internazionale di intellettuali, politici,. Il Petrarca, ammirando il mondo classico per quello che era, anticipava un atteggiamento tipico dell'Umanesimo.



Le lettere

Le 'Lettere' costituiscono una corrispondenza reale, con amici, letterati e protagonisti della vita politica europea del XIV secolo, e corrispondenza 'ideale', con i grandi spiriti del mondo antico. Quelle composte fino al 1361 sono raccolte in 24 libri, con il titolo complessivo di 'Rerum Familiarum libri'; le 'Seniles' invece raccolgono la maggior parte dei testi posteriori; le 'Variae' tutte quelle che non sono entrate nelle due raccolte maggiori. Queste (veri e propri saggi critici) venivano copiate e studiate.

Il Secretum

Forte è nel Petrarca l'insoddisfazione artistica, ovvero la tendenza alla perfezione. Avendo un animo sensibile e inquieto, rivede di continuo le sue opere, a volte per tutta la vita. Molte di esse non sono neppure compiute. Questa insoddisfazione la si ritrova, a livello psicologico, nella sua opera autobiografica più significativa: Secretum. I testi a cui è affidata la fama maggiore del poeta sono le poesie in volgare italiano (Petrarca è il perfezionatore della lingua poetica italiana iniziata dai Siciliani e portata avanti dai poeti toscani e da Dante). Tutto il resto della produzione di Petrarca è in latino. Iniziato nel 1342/43, e ritoccato più volte, costituisce la riflessione più compiuta del Petrarca su se stesso, la morte, il desiderio di gloria e di amore, la caducità dell'uomo. L'originaria composizione del Secretum, che documenta la prima presa di coscienza del suo tormento interiore cade negli anni più densi di eventi e più contrastati della sua vita.

Struttura

Il Secretum è costituito da un proemio e di tre libri, ha forma di dialogo che si immagina svolgersi in tre giorni tra il poeta stesso e sant'Agostino alla muta presenza di una donna bellissima, la Verità, cui spesso ricorreranno i due interlocutori come giudizio della propria intima coscienza. La confessione del Secretum però tende a presentare le ure degli interlocutori del dialogo come ure astratte, in cui s'incarnano momenti della psicologia dell'autore e più in generale due aspetti contraddittori dell'uomo. Nel primo libro è affrontato il problema dell'ansia che affligge Francesco e come lui ogni uomo. Agostino pone il poeta davanti al nodo centrale di questa sua crisi ed espone le motivazioni della sua malattia morale identificando la causa nell'eccessivo attaccamento ai beni della terra, con la conseguente insoddisfazione causata dalla loro deperibilità. Il Santo afferma che le cause risiedono in primo luogo nella dimenticanza della realtà della morte e secondariamente nella opinione che le cause dell'infelicità e del peccato risiedano in eventi estranei al nostro potere. Francesco, però, si dichiara distrutto dalla contraddizione tra la coscienza di tali fatti e l'attaccamento ai beni terreni. Agostino lo invita ripetutamente ad ammettere che la sua infelicità dipenda da lui stesso, incapace di rivolgersi a Dio chiedendo perdono. Nel secondo libro il carattere di Francesco viene analizzato sulla base dei peccati capitali della morale cattolica. Il Petrarca, in riferimento alla sua malattia morale, riconosce come prima radice dei suoi mali l'accidia, cioè la debolezza di volontà nell'impegno morale e l'incapacità di risollevarsi dallo stato di tristezza e di angoscia che lo assilla, non essendo in grado di intraprendere la via del bene che pure riesce in qualche modo ad individuare. Oltre all'accidia, in particolare, lo affliggono la superbia per il proprio successo intellettuale e per la propria bellezza fisica, e la lussuria provocata dall'amore per le bellezze terrene. Infine nel terzo libro, che dei tre è anche il più esteso, Agostino indica i due maggiori vincoli che ostacolano il riscatto morale di Francesco: l'amore per Laura e l'attaccamento alla gloria. Francesco riconosce la forza di tali vincoli ma si impegna a dimostrarne la validità in senso spirituale e religioso: Laura è simbolo della bellezza di Dio e l'amore per lei lo ha avvicinato alla verità; la gloria, invece, costituisce il tentativo ad innalzarsi al di sopra dei limiti terreni e quindi alla verticalità. Agostino però mostra i limiti di entrambi i vincoli: l'amore per Laura lo distoglie dal vero amore per Dio e il desiderio di gloria provoca in lui vanità e superbia. Il dialogo si conclude con la fiducia che un approfondimento della conoscenza di sé consenta al poeta di essere pronto ad una vera conversione. Si assiste quindi ad una conflittualità interna che non può trovare soluzione: solamente la verità sarebbe portatrice di unificazione nell'anima del poeta; ma ella è una presenza silenziosa

Trama

Al poeta assorto appare all'improvviso, la donna bellissima (Laura) che poco dopo si farà conoscere come la Verità; e accanto a lei ecco ire un vecchio fedele, dall'aspetto sacerdotale, dalle vesti di tipo africano, che il Petrarca avrebbe riconosciuto come sant'Agostino ura che aiuterà il poeta ad uscire dalla selva delle miserie e dei dispiaceri che lo rendono moralmente attonito e disperato. Da questa funzione allegorica partirà il dialogo, che si snoda lentamente come una confessione: da un lato Agostino che, con la saggia e implacabile astuzia del confessore, indaga i pensieri, i segreti lati nascosti dell'anima del penitente, lo induce a riconoscere e a confessare le colpe più abilmente nascoste; mentre il penitente, da parte sua, si difende come può ribattendo alcune accuse, tuttavia salvaguardando il diritto al "possesso" dell'intima radice dei suoi mali e dei suoi affanni.

Sant'Agostino

Il dialogo inserisce ovviamente le due voci nella coscienza del poeta, cosicché si possa definire quasi un monologo. Non è sempre possibile, pertanto, identificare in Agostino il personaggio storico del Santo né, nelle idee che egli espone, il suo pensiero coerente e filosofico in merito alla fede. D'altronde non sarebbe nemmeno corretto riscontrare nel personaggio di Francesco la semplice proiezione autobiografica dell'autore e una confessione immediata dei suoi turbamenti interiori. Se il Petrarca non ha avuto la decisione di un Agostino d'Ippona o di un Francesco d'Assisi nell'affrontare il suo problema esistenziale, ciò non gli va attribuito come un limite o un demerito, ma semmai come un pregio, una qualità umana, poiché in tal modo egli ha evitato o di cadere in una qualche forma di alienazione (Francesco) o di farsi responsabile dell'intolleranza nei confronti di altre religioni e ideologie (Agostino).

L'amore per Laura

L'amore per Laura è idealizzato ma umano, caratterizzato da tormenti passionali, dolore per la morte di lei, malinconia del ricordo, contrasto tra amore e coscienza religiosa Laura è una ura totalmente trasurata dalla sua fantasia artistica: simulacri, feticci, simbologie e nostalgie sostituiscono l'oggetto del desiderio. Laura viene considerata dal poeta come occasione per riflettere su di sé, soprattutto sul contrasto tra intelletto (che vede quel che si dovrebbe fare) e volontà (che non può o non vuol fare quello che l'intelletto vede). Petrarca infatti è combattuto fra il desiderio di una vita mistico-spirituale (qui sta la sua coscienza religiosa) e l'attaccamento alle cose terrene: l'amore per Laura, e la gloria artistica (qui sta la sua coscienza laica). Il suo dramma interiore consiste appunto nel fatto che non riesce a decidersi in maniera coerente né per un aspetto né per l'altro. Alla fine di questo 'diario malinconico', il poeta pensa che se Laura fosse vissuta ancora, l'amore non corrisposto si sarebbe trasformato (vinta la passione dei sensi) in una tenera amicizia.

Religione

Il Petrarca ha cercato nella religione (seppur non in maniera totalizzante) la risposta sia all'insoddisfazione che crea una vita individualistica da intellettuale borghese (benestante), sia all'esigenza di perfezione morale, di giustizia e di pace ch'egli avvertiva con una certa intensità e sensibilità (forse un po' astratta ma sicuramente sincera, onesta). Quando il fratello entrò nei Certosini, ne rimase profondamente colpito, avvertendo anch'egli il desiderio di vivere un'esperienza spirituale più intensa, ma non se la sentì di compiere un passo così impegnativo.

Crisi morale

Fra l'inizio e il culmine della crisi morale che travagliò a lungo la coscienza del Petrarca, si pone l'incontro con la filosofia di Agostino. Fin dalle origini la crisi si caratterizza per un duplice ordine di motivazioni. ½ è in primo luogo un'assillante rimorso per non aver saputo interpretare il misterioso richiamo di Dio. A tutte le meditazioni del Petrarca sembra da questo momento accomnarsi lo scuro sentimento di una colpa ignota, magari la riduzione della stessa fede che impedì in lui il prodigio della conversione. Vi è poi un secondo e più evidente aspetto della crisi. Ed è il contrasto delle opposte inclinazioni della volontà: una volontà che appare estremamente divisa tra le attrattive dei beni mondani e l'esigenza di più alti doveri spirituali, contraddizioni della sua anima che qualche anno più tardi, nelle ine del Secretum, descriverà con più precisione.

Accidia

In quest'opera il poeta sembra ad un certo punto scoprire la ragione della sua inquietudine, identificandola nella debolezza e nella mancanza di energia spirituale che impedisce ogni scelta ferma, l'accidia. Ma il poeta non è ancora giunto al fondo della sua ricerca interiore in quanto cerca di capire quella zona oscura dell'animo dei desideri insoddisfatti.




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