letteratura |
|
|||||
Consapevole della gravità della crisi politica, militare e morale che l'Italia attraversava nel suo tempo, Machiavelli individua nel principe virtuoso il fattore determinante per la rinascita dello stato. Se la tradizione cristiana considera la virtù come l'insieme dei valori etico-religiosi e la fortuna come ministra della provvidenza, la concezione umanistica-rinascimentale vede nella virtù l'energia realizzatrice dell'uomo e nella fortuna gli ostacoli da affrontare. La fortuna è di per sé ingannatrice: è ciò che contrasta e limita i progetti dell'uomo. Occorre però reagire per salvare il libero arbitrio, perché la fortuna può arbitrare solo metà delle nostre azioni.
Il 'Principe' espone fondamentalmente le norme che sono necessarie a un sovrano per fondare uno stato e conservarlo.
Ad esempio, Machiavelli dice che un principe deve preferire l'essere temuto all'essere amato; deve sacrificare la virtù all'interesse dello stato;
La teoria che il fine giustifica i mezzi, fu più tardi criticata e ritenuta immorale. Non è che egli non apprezzi la virtù, ma in quell'età di violenza soltanto un principe energico e senza scrupoli avrebbe potuto far dell'Italia uno stato unito e potente.
Comincia dal modulo quindicesimo l'esame delle qualità spirituali del principe che costituisce il problema centrale del trattato. Machiavelli afferma in questo modulo che un principe, per restare al potere, deve comportarsi anche in maniera non buona senza curarsi della cattiva fama derivata da questo comportamento. Infatti è inevitabile che un uomo che si vuole comportare da buono in mezzo a gente non buona vada in rovina.
Per l'autore, un principe si deve mettere sullo stesso piano morale di chi governa. Machiavelli passa a descrivere quella che definisce verità effettuale, cioè cerca di dare una descrizione reale e non idealizzata di come un principe debba essere per acquisire e mantenere il potere.
Il primo requisito che ritiene necessario, è sì il sapere essere buono, ma soprattutto l'essere capace di non esserlo.
Elencando tutte le caratteristiche positive e negative che si potrebbero ritrovare in un uomo, Machiavelli afferma che sarebbe bello che un principe possedesse solo quelle positive, ma essendo ciò impossibile, è fondamentale che egli si guardi da quei vizi che potrebbero intaccare il suo potere.
Inoltre, è suo dovere abbracciare volontariamente quei vizi senza i quali non potrebbe salvare lo stato, perché alcuni di quelli che vengono considerati vizi potrebbero essere gli unici in grado di tenerlo ben saldo nelle sue mani.
Il diciassettesimo modulo del libro è incentrato sulla domanda: meglio essere amati piuttosto che temuti o viceversa? Per l'autore un principe, per tenere i suoi sudditi uniti e fedeli, può essere ritenuto crudele e deve essere temuto al punto da non essere né odiato né amato. Comunque la crudeltà è indispensabile in guerra.
Nel venticinquesimo modulo Machiavelli adopera una similitudine per descrivere la fortuna. Essa è come un fiume che quando è in piena distrugge tutto quello che trova, ma quando è calmo gli uomini possono creare argini in modo da incanalare e domare tale forza; ma la fortuna dirige la sua furia dove sa che non sono stati creati argini per indirizzarla. Un principe, che vive fidando solo su di essa, all'improvviso può andare in rovina, questo perché la fortuna ha cambiato direzione. Quindi, per l'autore ha successo colui che si adatta ai tempi.
Machiavelli anticipa subito che per far meglio capire ciò che vuole dire a proposito dei "principati del tutto nuovi e di principe e di stato" addurrà degli antichi e famosi esempi, fra cui Mosè, anche perché, a suo dire, per raggiungere obiettivi così alti è importante seguire l'esempio di uomini abili e virtuosi, di modo che, se anche l'abilità e la virtù di chi vuole eguagliare i loro successi fosse inferiore, imitandone il metodo potrebbe per lo meno avvicinarsi il più possibile al proprio obiettivo.
Machiavelli sostiene che vi siano due modi per un privato cittadino di divenire principe, uno basato sulla fortuna e uno basato sulla virtù: possono entrambi superare le avversità con la stessa facilità, ma chi ha raggiunto il potere solo grazie alle proprie abilità riuscirà a mantenerlo più a lungo e, soprattutto se verrà ad abitare direttamente nel suo principato.
Egli sottolinea come sicuramente i principi possedessero grandi virtù, ma come allo stesso tempo giocò per loro un ruolo fondamentale anche la fortuna, che fornì loro l'occasione per esprimerle e per raggiungere il potere.
Proprio a questo proposito introduce un nuovo fattore dal quale può dipendere la durata del potere, ovvero l'autonomia della forza: infatti, se un principe per affermare il proprio potere ha bisogno di cercare costantemente appoggi e consensi da parte di una di un'altra fazione, prima o poi verrà sconfitto dalla propria debolezza, mentre se è in grado di affermare e difendere autonomamente il proprio potere, potrà mantenerlo più a lungo.
Privacy
|
© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta