Non chiederci la
parola (E. Montale).
Montale visse in un
periodo di crisi generale, in cui gli intellettuali, e quindi anche i poeti,
non avevano ideali da rivelare. Infatti, Montale inizia la poesia esortando a
non pretendere da loro poeti, di esprimere attraverso le parole della poesia
quelle risposte definitive che non posseggono. Egli definisce l'animo "informe"
proprio a sottolineare la mancanza di ideali e di certezze. Non bisogna poi
pretendere che la loro parola risplenda come un croco in un campo polveroso.
Montale qui usa due similitudini: il croco che indica, col suo colore giallo,
indica la vita, mentre il campo polveroso indica il grigiore della
realtà. Il poeta biasima colui che è sicuro di se stesso, che
è in pace con sé e con gli altri, che non si preoccupa minimamente della
sua ombra che egli proietta su un muro scalcinato. Montale ovviamente usa
l'ombra come metafora dell'inconsistenza e della precarietà della vita
ma anche del lato oscuro della realtà, quello che, chi è
contento, non prende in considerazione ma che invece turba il poeta. È
inutile domandare loro la formula per rivelare il vero senso della vita o anche
delle certezze, perché sono capaci di esprimere qualche sillaba "storta,
qualche parola stracciata, secca, dice Montale, come un ramo. Oggi, i poeti
sono capaci di raccontare solo ciò che non sono e cosa non vogliono.
Praticamente, qui possiamo notare come Montale interpreti il pensiero dei poeti
di quel tempo che esprimono una concezione negativa dell'esistenza.