letteratura |
PIETRO GIANNONE
Pietro Giannone
(Ischitella, Foggia, 1676 - Torino, 1748)
Pietro Giannone nasce il 7 maggio 1676 a Ischitella, nel Gargano, da famiglia modesta. Studia a Napoli, formandosi un'ottima cultura giuridica, filosofica e scientifica, e si laurea in diritto civile e canonico. Raggiunge in breve una buona fama come esperto in diritto e avvocato; gliene deriva un discreto benessere economico, grazie al quale può coltivare la sua inclinazione per gli studi storici. Nel 1703 comincia a scrivere la Istoria civile del Regno di Napoli, che verrà pubblicata nel 1723, con la dedica all'imperatore austriaco Carlo VI, che in quel momento governa anche su Napoli e la Sicilia. Le tesi anticlericali contenute nel testo attirano su di lui le ire ecclesiastiche e lo costringono a fuggire a Vienna, dove l'imperatore lo accoglie a corte assegnandogli una modesta rendita. A Vienna inizia la stesura del Triregno.
Quando Napoli passa ai Borbone di Sna, nel 1734, il Giannone viene privato della pensione imperiale, quindi abbandona Vienna e si rifugia a Venezia, dove il governo cittadino, preoccupato per i rapporti sempre delicati con le autorità ecclesiastiche, che per iniziativa dei Gesuiti ne chiedono l'allontanamento, finisce con l'espellerlo. Costretto a vagabondare tra Modena, Parma e Milano, lo scrittore si reca infine a Ginevra, tradizionale rifugio dei perseguitati politici. Nel 1736, però, un funzionario della polizia piemontese lo attira con uno stratagemma in territorio sabaudo e lo fa arrestare. La severa condanna alla prigionia a vita si spiega solo come un atto politico del sovrano sabaudo Carlo Emanuele per ottenere i favori del Papa. Nei dodici anni di carcere, il Giannone porta a termine Il Triregno, scrive i Discorsi storici e politici sopra gli Annali di Tito Livio, l'Autobiografia e un saggio sulla Chiesa sotto il pontificato di Gregorio Magno. Muore a Torino nel 1748. Appare quasi un tardivo riscatto la pensione concessa al lio del grande storico da Carlo III di Borbone, re di Napoli, che riconosceva nel Giannone "il più ingiustamente perseguitato uomo che il Regno abbia prodotto in questo secolo".
La Istoria civile del Regno di Napoli, in quaranta libri, viene pubblicata nel 1723. Lo scopo dell'autore è di provare che il Regno di Napoli ha diritto ad essere libero e sovrano, contro le intrusioni e le pretese politiche del clero e dei papi. Il Giannone dichiara di voler scrivere una storia "civile", non basata sullo "strepito delle battaglie"; e infatti il suo racconto si concentra sull'analisi del costume e delle istituzioni sociali, culturali e legislative. Egli oppone nettamente lo Stato, custode della civiltà e garante del progresso, alla Chiesa conservatrice e retriva. Ricollegandosi alla tradizione storiografica del Machiavelli, ma soprattutto al Sarpi, il Giannone tende a interpretare i fatti sotto il profilo giuridico ed auspica appassionatamente il ritorno della Chiesa alla primitiva purezza. Mosso dal suo impegno morale e civile, egli non si fa scrupoli filologici nella ricerca e nel controllo delle fonti, e poco si cura dello stile, proprio di persona impulsiva, e spesso sciatta.
Composto quasi completamente in carcere, Il Triregno è un saggio in tre libri, nel quale l'autore si scaglia con violenza contro l'abbandono dei princìpi evangelici prodotto dalle ambizioni temporali della Chiesa. Egli suddivide la storia della religione cristiana in tre momenti; durante il "regno terreno" degli Ebrei, essa è stata dominata da interessi materiali; durante il "regno celeste", è stata segnata dal sacrificio di Cristo, che ha restituito agli uomini la vera fede e la speranza nella vita eterna, perdute con il peccato originale; infine, durante il "regno papale" le mire temporali del clero ne hanno causato la degenerazione morale.
Il Triregno è animato dall'ideale di una vita semplice, sorretta da una spontanea saggezza primitiva, come all'epoca degli uomini più antichi; è una posizione che preannuncia il "mito del selvaggio", con il quale l'Illuminismo e in particolare il ginevrino Jean-Jacques Rousseau svilupperanno di lì a poco la loro critica contro l'organizzazione sociale moderna, auspicando il recupero di un sano equilibrio tra natura e società.
L'idea di comporre un'Autobiografia nasce, come ci informa l'autore stesso, dal desiderio di rendere meno noiosa la detenzione; sebbene lo scritto circolasse già nel Settecento, esso è stato pubblicato integralmente solo nel 1890. Il Giannone vi racconta in dettaglio la sua vita fino al 1737 e in seguito aggiunge alcune annotazioni sparse fino al 1741. L'opera descrive i lunghi anni trascorsi in carcere e sottolinea con fermezza e dignità l'atroce ingiustizia subita in nome e in difesa delle proprie idee.
La preparazione giuridica e l'abitudine al linguaggio forense incidono sullo stile, oratorio e un po' enfatico; il periodare non sempre limpido, poco rispettoso delle regole sintattiche e grammaticali, richiama in genere il gusto barocco, ma ha momenti di intensa drammaticità espressiva, in particolare quando l'autore s'infiamma di sdegno al ricordo delle sofferenze patite.
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