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POSITIVISMO
INDICA LA CULTURA EUROPEA DELLA SECONDA META' DELL'800 SORTA PER PRIMA IN FRANCIA.
Questa corrente esprime una rinnovata fiducia nella razionalità e nel progresso della scienza, della tecnica e dell'industria.
Il positivismo accorda un ruolo centrale al fatto, al fenomeno, considerati fondamentali nel processo conoscitivo, mentre si accantona la ricerca delle origini, delle cause primarie del fenomeno. I positivisti hanno la pretesa di impostare anche la società in modo scientifico (romanzo sperimentale di Zola).
In Italia il positivismo si diffonde negli anni '60: nella ricerca privilegia il metodo sperimentale galileiano e conduce l'indagine nel campo delle scienze storiche o morali secondo gli stessi criteri di aderenza ai fatti e di attenzione alla loro verifica. Nel Meridione si sviluppa anche un orientamento filosofico, l'HEGELISMO, il cui esponente principale è Francesco de Sanctis.
LA LETTERATURA
In questo periodo Roma, Napoli, Firenze e Torino sono centri di marginale importanza; il polo trainante è Milano: oltre ad essere prima nell'industria, è sede di una vivace editoria, di molti quotidiani e riviste, centro del socialismo nascente.
Milano è il polo propulsivo della Scapigliatura, ma anche del naturalismo (Zola conosce qui la sua prima diffusione) e per la città passano anche i veristi siciliani, in particolare Verga e Capuana
CARDUCCI: classicismo e sperimentalismo
LA SCAPIGLIATURA: Praga, Boito, Dossi
IL VERISMO: verga, Capuana
(1835-l907)
Il percorso di G. Carducci è legato a quello della borghesia italiana, specialmente in campo politico: infatti, si evolve da posizioni repubblicane, giacobine, anticlericali ad un atteggiamento filomonarchico, poi di sostegno alla politica autoritaria e reazionaria di Crispi. Spesso definito 'il più grande tra i piccoli, o il più piccolo tra i grandi', Carducci fu il poeta-vate dell'Italia unificata, simbolo degli ideali civili di quel periodo. Poeta civile ed epico, Carducci si distingue per il recupero e l'adesione alla classicità greca e latina di cui è grande conoscitore e difensore.
Accanto alla celebrazione classicista (ma anche la simpatia per il Medioevo dei Comuni) c'è nostalgia per le età eroiche estinte e per un patrimonio di ideali morali e civili ormai dispersi.
Carducci si applica a componimenti di stampo classicista, celebrativo e mitologico e a testi di intonazione elegiaca.
Carducci è sperimentale sotto il punto di vista formale metrico: la ricostruzione della metrica 'barbara' contribuisce alla nascita del verso libero novecentesco.
SENTIMENTALISMO ROMANTICO (ANTIMANZONISMO)
NO
SPIRITUALISMO
NATO A Valdecastello da padre medico, Giosuè vive fino all'adolescenza a Bolgheri, frazione di Castagneto, nella Maremma toscana.
Nel '49 dovette lasciare l'amata Maremma perché il padre, sospettato di attività sovversiva e patriottica, fu costretto a trasferirsi a Firenze. Il giovane studia al ginnasio, poi alla Normale di Pisa, laureandosi nel '56 in filosofia e filologia.
Nello stesso anno fonda un gruppo di 'Amici Pedanti', impegnati nella difesa del classicismo contro i manzoniani e la poesia tardoromantica.
Negli anni '56-'57 egli insegna a S. Miniato.
Nel '57 morì il fratello Dante e il padre pochi mesi dopo.
Nel '59 sposa Elvira Menicucci.
Nel '60 è chiamato dal Ministro dell'istruzione per occupare la cattedra di eloquenza all'università di Bologna: l'insegnamento lo terrà occupato fino al 1904.
Negli anni
'60, lo scontento provocato dalla debolezza del governo post-unitario,
sfociò in un atteggiamento filo-repubblicano e addirittura giacobino (la
sua produzione letteraria e di denuncia sociale e politica Giambi ed Epodi.
Negli anni successivi, con il mutare della realtà storica, Carducci passa ad un rapporto più tranquillo con la monarchia, che fini per apparirgli migliore garante dello spirito laico ('pericolo clericale') e di un progresso sociale non sovversivo ('pericolo socialista').
La simpatia monarchica culmina nel 1890 con la nomina a Senatore del Regno e la consacrazione alla veste di poeta ufficiale della Terza Italia.
Nel 1906 fu insignito del Premio Nobel e morì a Bologna nel 1907.
Nell'organizzazione delle sue opere Carducci segue criteri tematici più che cronologici.
Juvenilia
Levia Gravia
Giambi ed Epodi
Rime Nuove
Odi Barbare
Rime e Ritmi
In prosa è autore di scritti autobiografici e polemici, raccolti in due sezioni:
Confezioni e Battaglie.
L'Epistolario è un documento biografico, psicologico e stilistico di grande interesse.
L'amore per i classici si plasma dall'infanzia, quando Carducci legge dalla biblioteca paterna Iliade, Odissea, Eneide, Gerusalemme liberata.
Questo sentimento si rafforza man mano e sfocia nella formazione del gruppo degli 'Amici pedanti', con lo scopo di attività polemica contro il manzonianismo e la rimeria dell'epoca.
Con gi Juvenilia si definisce SCUDIERO DEI CLASSICI e imita con passione Orazio, Catullo, Virgilio, ma anche Dante, Parini, Alfieri, Foscolo e Leopardi, per lui maestri di rigore stilistico ma anche etico, cioè di quei valori che egli ritiene caduti ai minimi livelli nel suo tempo.
L'impegno civile, l'attenzione per l'argomento socio-politico si esprime non solo nei Levia Gravia ma domina nei componimenti polemici dei Giambi ed Epodi (Orazio è preso come modello per polemica e metrica).
Lo sdegno di Carducci è prodotto dalla situazione e dagli avvenimenti dell'Italia contemporanea: lo stapotere del Papa, la sconfitta di Mentana e l'arresto di Garibaldi per mano del Governo la meschina e avida curiosità con la quale il pubblico segue il processo Fadda (il patriota Fadda venne ucciso dalla moglie e dall'amante di lei).
Dal rifiuto del presente nasce il rimpianto del passato che si esprime nella denuncia e nella satira: Carducci attacca fortemente la classe politica del I decennio post-unitario, a suo giudizio colpevole di eccessiva debolezza.
Anche a conseguenza del risolversi della Questione romana, la forza polemica di Carducci si attenua e si apre la forma più lirica e pacata delle Rime Nuove. La raccolta comprende 105 liriche composte tra il '61 e l'87, ripartite in tre sezioni in cui si delineano tre filoni tematici:
Paesaggio
Autobiografia
Storia
Spesso i temi sono legati tra loro (per esempio l'ispirazione autobiografica e collegata al rivisitare il paesaggio maremmano e a vicende personali presenti).
L'autore sembra voler ripercorrere le tappe del suo cammino poetico.
Le poesie di tema storico prediligono l'età medioevale vista non come un'epoca di oscurantismo, ma come positivo inizio della storia d'Italia grazie all'esperienza dei Comuni.
Un altro mito storico di Carducci è la Rivoluzione Francese, considerata il più grande evento epico dell'era moderna.
Anche il mondo antico greco e romano riscuotono sempre grande attenzione.
LEGENDA: mentre Barbarossa si ritira da Alessandria dopo non essere riuscito a vincerla, viene accerchiato nella piazza di Marengo dall'esercito della Lega lombarda e si salva solo perché chiede il passo in nome della propria dignità di Imperatore del Sacro Romano Impero e gli italiani lo concedono, riverenti di tale titolo.
vv.1-8: è notte, la luna si intravede dal fitto bosco; l'esercito imperiale è in fuga, incalzato dagli uomini della Lega.
vv.9-l2: nella notte si alza l'inno trionfale, il canto di vittoria di chi è ormai certo della riuscita.
vv.13-32: punto di vista dei capi dell'esercito tedesco, ure nel complesso mediocri.
SIRE DI HOHENZOLLERN: è amareggiato di dover morire per mano di 'mercanti' (i soldati improvvisati della Lega, borghesi cittadini avvezzi ai traffici). Scontro della vecchia mentalità 'guerriera' con quella dei comuni lombardi.
VESCOVO DI SPIRA: ura grossolana e materialista: pensa ai suoi servi e ai canonici e si rammarica di non poter più vedere la sua canonica.
CONTE DITPOLDO: giovane e romantico, pensa all'innamorata lontana.
ARCIVESCOVO DI MAGONZA: valoroso guerriero, brutale e cinico, si preoccupa di dover abbandonare l'argento del suo bottino.
CONTE DEL TIROLO: è un cacciatore appassionato, fa metafore sulla caccia (tipico feudatario): il cervo è una nobile preda sgozzata dai villani.
v.33: spicca la ura epica di Barbarossa, che non parla, nasconde i suoi pensieri, è isolato nella solitudine con lo sguardo impavido fisso al cielo e sembra scrutare il destino.
All'alba, dopo la meditazione notturna, Federico emerge nel suo orgoglio imperiale, conscio di aver trovato una soluzione. Allo scoramento e al senso di disfatta dei suoi uomini si oppone la grandiosità del vecchio imperatore. Egli ordina di mostrare il vessillo imperiale e di annunciare il passaggio dell'Imperatore Romano, erede di Cesare e di Traiano: gli italiani fanno loro largo.
AMBIGUITA': per chi simpatizza Carducci? L'esercito della Lega o Federico?
In realtà li stima entrambi.
ESERCITO DELLA LEGA: il motivo di gloria sta nella continuità orgogliosa della tradizione romana.
FEDERICO: l'oggetto della stima del poeta è il Federico Imperatore Romano. Per Carducci non è positivo tanto il Medioevo in sé, non l'opposizione tra i feudi tedeschi e quelli italiani, ma il proseguimento nel Medioevo della gloria e della virtù dell'antico Impero Romano.
Composta il 21 aprile 1885, in ricordo della mattinata del 10, in Maremma. Quel giorno, viaggiando da Livorno a Roma, il poeta rivede Bolgheri e Castagneto, luoghi della sua fanciullezza, con una grande commozione acuita dai primi segnali di un malessere fisico.
Sonetto: dopo la rottura di Leopardi, che aveva interpretato in un modo nuovo questa struttura, Carducci la riprende.
Il pensiero coincide con la strofa, in genere ed è ricco di reminiscenze letterarie.
I strofa:
il poeta identifica la formazione del suo carattere fiero e severo con il paesaggio natale, selvaggio e aspro.
Il poeta prova sentimenti intensi giacché il suo cuore non è disponibile a compromessi: il paese dolce e il suo ripresentarsi agli occhi del poeta produce in lui una forte emozione.
II strofa:
Carducci osserva i paesaggi noti con gli occhi tra il riso (per i dolci ricordi giovanili) e il pianto (per l'amarezza del presente) e in quelle forme egli ricerca le memorie delle sue illusioni giovanili (temi leopardiani)
II strofa:
il poeta esprime la vanità dei suoi sogni e di un correre affannato senza mai giungere alla fine. Egli è consapevole che un giorno morirà, ma l'amarezza derivante da tutto ciò è temperata da un MA: il paesaggio natale, fatto di colline, di nebbie, di prati verdi nelle piogge mattutine è comunque una consolazione poiché la delusione della vita può compensarsi nella contemplazione di questo paesaggio sereno e mite.
Per Carducci la natura è benigna, positiva,
piena di luce e colore, rasserenante
poeta solare
Notiamo degli accenni romantici: egli è consapevole della disillusione e della morte.
La poesia è un'odicina anacreontica (4 quartine di settenari) e fu scritta nel giugno '71, a meno di un anno dalla morte del lio Dante (novembre '70). La morte improvvisa del bambino fu un colpo durissimo per il poeta, che scriveva di aver riposto tutte le sue speranze, tutta la sua gioia nel piccolo defunto.
La poesia è costruita sulla metafora dell'albero, il melograno, simbolo di una natura che si rinnova incessantemente, che ogni primavera si sveglia grazie alla luce del sole. L'orto era muto e solingo perché ormai non vi risuona più la voce del bambino, né è più allietato dalla sua presenza, ma questa è la sola eccezione perché l'albero è tornato a produrre fiori che, a loro volta, origineranno frutti, grazie al caldo e alla luce del mese di giugno.
I parte: elementi positivi
II parte: Carducci si rivolge a Dante e lo paragona al solo e ultimo fiore che la natura aveva dato a lui, vecchia pianta già provata e inaridita del dolore.
Se la natura fa sbocciare il melograno, invece il fiore della giovane vita di Dante è per sempre appassito, così come il padre, ormai, sente la sua vita inutile.
Il bambino è nella terra buia e fredda: né il sole, né l'amore possono ricondurlo in vita.
Contrasti vita-morte, luce-ombra.
Contro le immagini solari dell'albero, del verde, del vermiglio, della luce e del calore, c'è l'immagine della terra fredda, nera, che non vede più il sole.
Scritta nell'agosto dell'85, dopo un soggiorno estivo sui monti della Carnia che conquistarono il poeta per la loro bellezza.
L'interesse e l'ammirazione furono sollecitati anche dalla semplicità, dalla schiettezza, dall'operosità degli abitanti di questa terra, egli cercò l'origine di tale civiltà, ma, data la scarsità di fonti, immaginò le prime vicende di un comune medioevale.
La rappresentazione del comune rustico intorno all'anno 1000, quando era ancora viva la minaccia degli invasori, mostra una comunità che incarna gli ideali più alti per Carducci: comunione con la natura, libertà, senso del dovere, laboriosità, amor di patria.
Sestine di endecasillabi.
I strofa: il poeta descrive nostalgicamente il paesaggio della Carnia, facendo riferimento all'ombra del mattino e all'ombra della sera.
II strofa: nella contemplazione dei monti e dei boschi, il pensiero del poeta riprende a vagare e a sognare il lontano passato di questi luoghi (squarcio di vita dell'epoca medioevale).
Ma il Medioevo che egli cerca non è quello germanico, ma un Medioevo italico fatto della sana e rustica virtù dei Comuni, con le loro regole semplici e schiette.
III strofa: Carducci dipinge la comunità radunata nei campi, dopo la Messa, in estate; anche se Carducci è ateo e ha un atteggiamento polemico nei confronti della Chiesa, recupera la FUNZIONE CIVILE DELLA CHIESA (Messa, Croce, Vangelo, cimitero-v.6-. luogo in cui i vivi e i morti si ritrovano grazie alla memoria). Vi era dunque uno stretto e positivo legame tra RELIGIONE e SOCIETA', perché la fede forniva importanti ideali su cui la piccola comunità si fondava.
Il console divide i boschi e i pascoli per i pastori di pecore o bovini: questa divisione di compiti comporta la scelta di uomini che difendano il territorio dalle invasioni barbare. I prescelti sono orgogliosi del compito loro assegnato e obbediscono al console , ma le donne piangono e invocano la Madonna.
Carducci rimpiange la semplicità e la virtù del passato, una società irrimediabilmente perduta che si fondava su valori e principi che egli non riscontra nel suo tempo.
Proseguendo la linea impostata nelle Rime nuove, le Odi Barbare propongono un argomento storico incentrato sull'antica Roma, eterno simbolo di civiltà; qui torna il tema oraziano della fugacità del tempo e dell'opposizione morte-vita, contrasto sofferto dal poeta ed espresso dalla contrapposizione tra luce-caldo e buio-freddo.
Ma il carattere innovativo delle Odi Barbare è in ambito formale e metrico: esse sono composte in versi che cercano di riprodurre la metrica latina quantitativa (quella italiana è accentuativa), ma che risulterebbero comunque imperfette e suonerebbero 'barbare' alle orecchie di un latino.
L'edizione completa e definitiva delle Odi è del 1893.
Carducci offre un omaggio alla città che lo ha accolto a 25 anni, Bologna, e dove ha vissuto fino alla morte: il sole al tramonto, illuminando le torri, le chiese, i palazzi della città, sembra risvegliare nei loro mattoni rosso cupo il ricordo della città medioevale, suscitando quel desiderio di bellezza antica (v.20) che è il centro dell'ispirazione lirica.
La rievocazione del passato è condotta in un metro antico, il distico elegiaco e con un lessico ricchissimo di latinismi: morituro, divo, tempio, foro, clipeato, fastigi, aulenti, gentili, consoli.
Anche il
termine desiderio (v.20) sembra avere il suo valore semantico latino
(DE-SIDERARE: sidus, sideris=stella costatare l'assenza
delle stelle, la loro mancanza, senso di privazione e di vuoto)
v.2: ricalca l'esordio dell'Ode I, 9 di Orazio 'vides ut alta stet nive candidum/Soracte'
chiaro inverno, il colle bianco di neve ride
v.1-2:
fosca turrita Bologna: città ricca di torri medioevali costruite con mattoni di cotto (rosso cupo) = fosca
Al tramonto il sole lascia le torri e la cattedrale di S.Petronio, saluta i merli lambiti dall'ala di tanti secoli e la cima alta della Chiesa.
Il cielo risplende di una luce bianca, simile al bagliore del diamante, mentre la piazza è ricoperta da un sottile strato di nebbia argentea, attenuando le moli di quegli edifici eretti dal braccio armato, forte e guerriero degli antenati.
Gli avi, oltre ad essere grandi guerrieri (VALORE MILITARE), innalzano anche grandi e poderosi edifici (VALORE CIVILE): la pienezza della forza, del coraggio e dei valori è nel passato e si contrappone ad un presente vuoto e freddo.
PRESENTE: inverno, freddo, fosco, bigio, viola morituro
PASSATO: caldo , vigoroso, rossi maggi, calde sere
L'ultimo debole raggio di sole invernale sembra far risuscitare il tempo antico. Il passato (sia mondo latino o medioevale) rappresenta per Carducci un tempo e un mondo più forte.
Nel mondo moderno nemmeno sole è autentico, ma è malato come il suo tempo (sorriso viola).
Per Carducci recuperare la storia significa provare nostalgia per un tempo migliore. Anche l'arte è coinvolta nell'opposizione presente-passato: anche se il poeta è abile la musa non può che ridere e fuggire perché la bellezza della poesia antica non si può riprodurre: la musa fugge come la possibilità di realizzare nel presente sia la poesia antica sia il passato.
L'ANTICO E' SUPERIORE PER:
VALORE MILITARE
VALORE CIVILE
INTENSITA' DEGLI AFFETTI
POESIA
DUE NUCLEI LIRICI DISTINTI:
CORNICE. Ambientata nel mese di Novembre e scritta nel Dicembre'76: situazione presente grigia, fredda, piovosa.
QUADRO CENTRALE (vv.37-48): rievoca l'incontro con Lidia nel Giugno'75: periodo passato, caldo, solare, amoroso.
Nel paesaggio autunnale grigio e monotono, il poeta rappresenta il proprio stato d'animo triste ed annoiato.
La natura novembrina è buia, umida, piovosa, fangosa
il cielo è plumbeo come un fantasma
la nebbia confonde le cose: anche il poeta vorrebbe nascondersi e smarrirsi.
Le persone alla stazione sono 'ravvolte': non solo coperte per il freddo, ma anche chiuse in sé. Esse si affrettano, si muovono quasi automaticamente, senza gioia e pronte per imbarcarsi in un destino di sofferenza
Controllore che fora il biglietto di Lidia = tempo: incalzate, inghiotte la giovinezza, i ricordi, i momenti di gioia
Minuziosa presentazione del treno a vapore: 'mostro' con gli occhi di fuoco, rumoroso e cupo che pota l'amata lontano da lui
Ricordo di luce e calore dell'estate quando il poeta e Lidia si sono incontrati (vv.37-48)
V.49: autunno, pioggia. Il poeta sente il bisogno di confondersi nella nebbia e al tempo stesso di toccarsi per essere sicuro di non essere diventato un fantasma.
Il fredde di novembre è anche la sua condizione interiore di noia, di stanchezza, di volontà di adagiarsi nel crepuscolo dell'anima (poesia crepuscolare)
E' sorprendente come Carducci riesca a parlare di una realtà così moderna come il treno inserendola in un contesto linguistico immaginativo, aulico, classicheggiante e con molti latinismi.
Questa raccolta unisce liriche tradizionali (rime) a poesie 'barbare' (ritmi): qui lo sperimentalismo carduccciano raggiunge i massimi livelli, sia nei temi sia nelle forme.
La lingua, invece, si mantiene nobile e staccata dell'attualità, anche quando la tematica è civile, improntata sulla realtà contemporanea.
Il lessico è aulico e ricco di latinismi.
Nonostante il tono polemico in Giambi ed epodi, si può affermare che Carducci è un poeta in accordo col suo tempo.
Per esempio è fautore del laicismo in Italia, che sente il dovere di essere laica per la mancata soluzione della questione romana.
Il passaggio dal dissenso politico all'adesione alla causa monarchica, culminata nella nomina a senatore nel 1890, conferì a Carducci un peso pubblico crescente, un'autorevolezza e un prestigio che, a partire dagli anni '80, ne fanno il poeta ufficiale, vate della Terza Italia.
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