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PRIMO LEVI

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PRIMO LEVI



Nasce a Torino nel 1919 e ha una giovinezza di studi regolari e di vaste letture: Anche se appartiene ad una famiglia ebraica, le leggi razziali del 1938 lo colpiscono relativamente e può continuare gli studi. Si laurea in chimica e nel 1941, trova lavoro a Milano presso una fabbrica di medicinali. Prende contatto con esponenti dell'antifascismo, nel 1942 entra nel Partito d'Azione e dopo la caduta del fascismo fa il partigiano in Val d'Aosta, dove nel dicembre 1943 viene catturato e deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, dove rimane dal febbraio 1944 al gennaio 1945.
Rientrato a Torino dopo un viaggio di circa cinque mesi che descriverà ne La tregua, Levi trova lavoro presso una fabbrica di vernice e cerca di inserirsi nella vita normale, dopo la disumana esperienza del lager; intanto scrive e nasce così Se questo è un uomo (1947) che viene rifiutato dalla Einaudi e pubblicato all'editore De Silva di Torino. Il successo, scarso all'inizio, verrà nel 1958 quando il libro uscirà nella collana dei 'Saggi' di Einaudi. Incoraggiato, riprende l'attività di scrittore, pubblica La tregua (1963), La Chiave a stella (1978), Se non ora quando (1982), I sommersi e i salvati (1986) e fa attività giornalistica, partecipando a incontri e convegni.
Nelle sue opere ritornano le esperienze traumatiche del lager, cui non è forse arbitrario legare la sua tragica fine: muore suicida a Torino nel 1987.
Lo stesso Levi ci ha fornito ampie indicazioni per comprendere la sua produzione: 'Ricordo di aver vissuto il mio anno di Auschwitz in una condizione di spirito eccezionalmente viva. [] di fatto, non ho mai smesso di registrare il mondo e gli uomini intorno a me, tanto da serbarne ancora oggi un'immagine incredibilmente dettagliata. Avevo un desiderio intenso di capire, ero costantemente invaso da una curiosità che ad alcuni è parsa addirittura cinica, quella del naturalista che si trova trasportato in un ambiente mostruoso ma nuovo, mostruosamente nuovo'. Questa vocazione conoscitiva e questo habitus scientifico sono aspetti fondamentali di Se questo è un uomo: Levi cerca di leggere e scoprire le leggi dei comportamenti umani, i meccanismi attraverso i quali si manifesta la sopraffazione o l'abbrutimento, che non è solo fisico, ma anche interiore: 'i personaggi di queste ine non sono uomini, la loro umanità è sepolta, o essi stessi l'hanno sepolta sotto l'offesa subita o inflitta altrui'. Ha scritto Cesare Cases: ' l'uomo soffre ingiustamente, ma si salva nel capire. Il capire è una dimensione essenziale nella chimica e nella filosofia di Levi'.
Ma c'è un'altra componente nel primo libro di Levi: l'impegno di testimonianza, con tutte le implicazioni che questo comporta: pietà per le vittime, ansioso ammonimento per il futuro, perché ciò che è successo una volta può succedere ancora ('Meditate che questo è stato / vi comando queste parole', si legge nell'epigrafe di Se questo è un uomo); e vent'anni dopo, a chi gli chiedeva a quali fattori attribuisse la sua sopravvivenza al lager rispondeva: 'forse mi ha aiutato anche [] la volontà non soltanto di sopravvivere (che era comune a molti), ma di sopravvivere allo scopo preciso di raccontare le cose a cui avevamo assistito e che avevamo sopportate'.
Alla luce di questi dati, Se questo è un uomo è da considerare, assieme al Diario di Anna Frank e a L'istruttoria di Peter Weiss, un testo fondamentale per capire e ricordare l'Olocausto.
Dopo Se questo è un uomo, che potrebbe definirsi come una sorta di discesa agli inferi, all'oscuro e primordiale fondo della vocazione di morte, La tregua (1963) appare come la riconquista, il recupero dell'individualità e della vita; al punto che s'illumina spesso di toni di colloquiale amabilità. E tuttavia nel Levi che rievoca questo ritorno alla vita c'è sempre un'ombra che impedisce la completa immedesimazione coi comni e con le loro rinate speranze; c'è 'la consapevolezza che si tratta appunto di una tregua e che la vergogna del passato era inestinguibile'
(Cases); e c'è la spietata verità che un comno, il Greco, gli ripete: 'Guerra è sempre'. Questi sono quindi i motivi che costituiscono la fisionomia de La tregua: il riconquistato senso e amore della vita e l'oscura consapevolezza che nulla potrà più essere integralmente vissuto, perché c'è stato di mezzo Auschwitz.
Ma circoscrivere l'importanza di Primo Levi alla sua produzione memorialistica è errato. Ci sono almeno due testi di notevole interesse legati alla sua formazione scientifica e alla sua attività professionale nell'industria: Il sistema periodico (1975) e La chiave a stella (1978).
La prima è un'opera composta di storie ispirate ciascuna a un elemento chimico - l'idrogeno, il carbonio ecc. -, ma è nel contempo, con un amalgama di temi e di toni di notevole originalità, la rievocazione, per rapidi accenni e inserti, di un passato nostalgicamente sentito: le comunità ebraiche del vecchio Piemonte, gli amici e comni ssi. Ne consegue che Il sistema periodico traccia la storia di una generazione, o almeno di coloro che seppero negarsi alla retorica del fascismo, all'infamia delle leggi razziali, alla mortificazione della dignità dell'uomo.
I racconti de La chiave a stella hanno come oggetto invece le concrete esperienze di un tecnico, le consuetudini, il linguaggio - e da ciò un accentuato sperimentalismo linguistico -, i riti del cantiere e della fabbrica.
Dalla vocazione scientifica di questo scrittore, e dalla sua persistente volontà di capire bisogna partire per comprendere i saggi che compongono la sua ultima opera, I sommersi e i salvati (1986). Suggeriti, in parte, dalle tesi revisionistiche che a partire dagli anni Ottanta serpeggiano nella cultura tedesca, questi saggi gettano luce con inconsueta sincerità ancora un volta sull'esperienza del lager, sulla perdita di umanità degli oppressori e degli oppressi, sull'unicità di quella esperienza. Ma vanno oltre l'esperienza individuale, pongono problemi - etici, filosofici, storiografici - di valore perenne. Ha scritto con felice sintesi Mengaldo: 'Levi restò sempre diviso tra due interpretazioni della follia nazista: come episodio orribile, sì, ma circoscritto e concluso, della storia moderna, o invece come risultato conseguente delle tendenze del mondo contemporaneo, tra sviluppo vertiginoso della tecnica e vocazione totalitaria del potere, e su questa forcella continuò a interrogarsi sino all'ultimo'.






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