Parafrasi Libro 7
'Il palazzo di Alcinoo'
Ulisse andava
verso lo splendente palazzo di Alcinoo; e intanto si
fermava; era preoccupato mentre stava sulla soglia bronzea. Il palazzo di Alcinoo emanava una grande luce come se fosse un sole o una
luna. Dalla soglia, lungo tutte le pareti, il muro era foderato di bronzo con,
in alto, fregi smaltati di colore celeste. Le porte erano d'oro e la soglia
aveva stipiti di argento, l'architrave era d'argento e le maniglie d'oro. Ai
lati della porta stavano due cani d'oro e d'argento costruiti da Efesto, che facevano la guardia alla casa di Alcinoo, immortali e senza vecchiaia. Dentro il palazzo
c'erano molti troni appoggiati alle pareti con sopra tappeti finissimi, fattura
di donne. Su quei troni i capi Feaci sedevano per
mangiare e bere. Sui plinti stavano ure auree di giovani che sorreggevano
torce accese che facevano luce ai convitti notturni. In casa cinquanta ancelle
svolgevano i lavori: una parte molava il frumento e un'altra tesseva o filava
la lana: le mani di quest'ultime movendosi sembravano foglie di pioppo, mentre
spruzzavano d'olio i tessuti. E come i Feaci erano i
più bravi alla guida di navi, le donne erano le più brave al
telaio: a tutte Atena dette l'abilità di produrre opere mirabili. Vicino
alle porte, fuori dal cortile, c'era un giardino grande quattro iugeri
circondato da siepi. Alberi alti la crescevano e c'erano peri, granati, fichi e
meli e olivi pieni di olive. Dagli alberi non cadeva nessun frutto, né
appassiva né s'infiacchiva; lo Zefiro fa crescere i frutti e li fa maturare. Il
frutto matura sull'altro, la pera su pera, il grappolo su grappolo, il fico su
fico. Là c'era anche una vigna piena di grappoli; alcuni si seccano al
sole, altri vengono vendemmiati o pigiati; alcune uve acerbe fioriscono, altre
scuriscono. Verso la fine del giardino crescevano ogni sorta d'ortaggi di
colore verde lucente. Da due fonti scaturisce l'acqua, da una si proa in
giardino, dall'altra vi attingono le genti del popolo. Così era il
palazzo di Alcinoo.