letteratura |
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Plauto
Egli ricorse alla cosiddetta 'contaminatio', operando una sintesi tra il canovaccio del modello principale e le scene di altre commedie greche, in modo da poter disporre di un ampio materiale su cui sviluppare la trama. Il risultato è una libera interpretazione dei modelli greci, nei confronti dei quali sfrutta a fini comici il suo sentimento di ostilità, tipico della società romana.
L'intreccio è, di conseguenza, solitamente complicato e talvolta ripetitivo nella presentazione della medesima situazione iniziale: l'amore ostacolato dalla mancanza di denaro, dagli impedimenti sociali o da qualche antagonista.
I personaggi plautini non sono singoli individui ma maschere fisse, già note al loro pubblico.
I 'tipi' principali sono:
L''adulescens' : giovane innamorato incapace di affrontare i propri problemi, il cui linguaggio spesso arriva a toni alti e patetici con i quali l'autore cerca di ridicolizzare il personaggio. Egli è contrastato dal padre, il 'senex', poiché talvolta desiderano la stessa donna o a causa della dipendenza economica del lio dal padre.
Il 'senex' : vecchio padre severo e beffato che ora nega un aiuto economico al lio, ora cerca di conquistare la donna scelta da quest'ultimo, divenendone avversario.
La 'meretrix' : in quanto personaggio femminile, ricopre un ruolo marginale tanto da non apparire affatto sulla scena in alcune commedie. Tale personaggio, sconosciuto a Roma, era invece consueta nel mondo greco. Rappresenta la cortigiana, libera o schiava e, in quest'ultimo caso, desiderosa di essere riscattata dall'amante per passare alla condizione di sposa.
La 'matrona' : madre dell'adulescens e sposa del senex. La sua ura è in contrasto a quella dell'etera. Il suo carattere si distingue per autoritarismo e dispotismo, capace di scatenare ire furibonde delle quali ne è vittima il marito.
Il 'parassitus' : è probabilmente uno dei personaggi più buffi. Vive sfruttando insaziabilmente i beni economici altrui e portando rovina ai suoi benefattori che si trovano, però, almeno ricambiati dalle sue lodi, magari esagerate. Le sue battute sono chiaramente fonte di comicità.
Il 'miles gloriosus' : soldato fanfarone al servizio di chi lo a meglio. La sua definizione può essere 'conquistatore immaginario', vanta infatti successi in campo di guerra e in campo amoroso mai avvenuti e prontamente smascherati nel corso della commedia. Anche la sua ura non era nota in Roma, forse perché qui il servizio militare era dovere di ogni cittadino, ed è probabile quindi che i romani si sentissero, per contrasto, orgogliosi del proprio valore militare, a differenza di quello ellenistico.
Il 'leno' : un'altra ura sconosciuta presso i romani è il commerciante di schiave e lo sfruttatore, ossia il lenone. Il suo personaggio è quello maggiormente negativo, inoltre costituisce solitamente un ostacolo alla realizzazione dei desideri dell''adulescens' . egli è comunque destinato alla sconfitta, come lo sono di norma l'avidità e l'odiosità nel teatro plautino. Quello che più colpisce, comunque, della sua ura è la capacità d'essere superiore ad ogni tipo di giudizio morale che gli venga attribuito.
Il 'servus' : il servo costituisce il motore della vicenda. Il suo carattere è sfrontato ed astuto ed è dotato di grande intelligenza e vitalità, grazie alle quali egli riesce sempre ad affrontare qualsiasi situazione. E' grazie alla sua presenza che la storia trova un inizio ed una conclusione. Probabilmente è il personaggio maggiormente caratterizzato: è consapevole dell'ottima strategia delle proprie mosse tanto da farlo esplicitamente capire al pubblico (tecnica metateatrale) ed è con queste che risponde alle minacce del padrone. Il ritratto fisico che ce ne dà l'autore si rifà alle personali caratteristiche di Plauto stesso: capelli rossi, testa grossa, pelle molto scura, occhi vivaci, viso rubicondo e fisico piuttosto tarchiato. Tale deformità fisica sembra quasi una sfida al destino all'interno di un universo nel quale ogni ordine sociale viene sovvertito per lasciare trionfare i servi e i li a dispetto dei padroni e dei padri.
A fianco dei personaggi principali della commedia plautina recitano altri personaggi che rivestono ruoli di minore importanza, come per esempio:
La 'lena' : ella è la 'ruffiana', e, da come si intuisce nel nome, una sorta di doppio femminile del 'leno'. E' per lo più rappresentata da una vecchia, curante unicamente del proprio interesse e quasi mai sincera nei suoi rapporti personali.
L''ancilla' : è, appunto, l'ancella, la servetta al seguito della 'meretrix' o della 'matrona'. L'ancella è molte volte coinvolta negli affari delle sue padrone, essendone, magari, perfino complice.
Il 'cocus' : la sua presenza è, naturalmente, d'obbligo in presenza di banchetti, per i quali viene sempre ingaggiato. Talvolta il suo ruolo assume importanza più rilevante nel caso in cui questo prenda parte agli affari del proprio padrone.
Il 'puer' : egli è un ragazzo molto giovane impiegato come 'schiavetto'. Nelle commedie di Plauto se ne trovano molti ma spesso la loro presenza non comporta sostanziali benefici o impedimenti all'economia della commedia.
Il 'fenerator' : egli recita un ruolo negativo, quello dell'usuraio, sempre pronto ad entrare in scena nei momenti meno opportuni ed esclusivamente per i propri interessi, sempre materiali, come appunto il denaro: l'usuraio lo presta a chi lo richiede, come del resto prevede la sua professione, molte volte per riscattare una cortigiana.
La fortuna è un elemento importante soprattutto per la ura del servo. Essa infatti gli è d'aiuto quando questo mette in pratica la sua astuzia: egli non sarebbe riuscito, altrimenti, a realizzare i propri piani ogni volta lo avesse desiderato. La fortuna contribuisce, dunque, al successo del servo. Questa particolarità si riscontra anche nella commedia Aulularia, in un'esclamazione del servo Strobilo, quando ode dove l'avaro Euclione avrebbe nascosto il tesoro: 'I numi mi vogliono proprio bene'(atto IV-scena sesta).
L'Aulularia
Euclione, il protagonista, ha in casa una pentola d'oro, che costituisce l'unica sua preoccupazione. Ad un certo punto, cercando un nascondiglio sicuro per il tesoro, va ad interrarlo nel tempio della Fede. Poi, colto dal sospetto , si precipita a controllare e, incontrando il servo Liconide, di punto in bianco l'accusa di furto. Il servo è stupito poiché al furto non è ancora arrivato. Euclione, sulla base di un vago presagio, pensa di essere stato derubato e ritiene di aver preso il colpevole. Si arriva così all'ispezione personale, alla perquisizione. Euclione, ormai vittima dei suoi sospetti, riprende l'oro dal tempio e lo sotterra nel bosco dove il servo, che lo ha seguito e lo ha veduto, gli ruba la pentola. Si giunge così alla scena dell'equivoco che vede protagonisti Euclione e Liconide. Il primo parla riferendosi alla perdita della pentola, il secondo si riferisce invece alla violazione ed al parto di Fedria, lia di Euclione. Nel dialogo ciascuno dei due pensa soltanto al suo bene e a questo soltanto si riferisce. Del resto Euclione non sa nulla della lia come Liconide non sa nulla del tesoro. Il giovane confessa la sua colpa e l'altro crede che confessi il furto della pentola. Alla fine Liconide incontra un servo, ladro della pentola, che gli rivela ciò che ha preso. Il giovine gli impone di così di restituire il 'bottino'. La vicenda si conclude con la restituzione della pentola e con il matrimonio tra Liconide e Fedria
La commedia è ambientata ad Atene, infatti l'ambiente è rigorosamente greco: ciò gli permette maggiore libertà nella descrizione dei personaggi, il che non sarebbe accaduto se la commedia avesse avuto luogo a Roma, a causa dei rigidi costumi romani. Sulla scena si trovano due case, quella di Euclione e quella di Megadoro. Le battute principali, tuttavia, si svolgono all'interno della casa di Euclione, dove il protagonista trova la pentola ricolma di monete d'oro e dove si svolgono i preparativi per il matrimonio di sua lia. La maggior parte delle azioni, comunque, trova luogo all'esterno, del quale non se ne hanno descrizione.
La vicenda è ambientata nel periodo in cui vive Plauto, tra il III° e il II° secolo a.C., tuttavia l'epoca della narrazione non viene specificata. Ai fini dello sviluppo narrativo, comunque, non è determinante. Il tempo, infatti, ha valore simbolico e di conseguenza le vicende potrebbero essere ambientate anche in un altro periodo.
Lo svolgimento della narrazione avviene in successione cronologica.
La lingua è un elemento fondamentale per la comicità plautina, infatti quest'ultima è costituita in gran parte da battute e motteggi. L'autore la arricchisce inoltre di varie espressioni 'grecizzanti' e inusitate oppure di grecismi con terminazione latina, che devono suonare ridicole alle orecchie del pubblico. Essa, infatti è originale, vivace e volutamente popolare, a volte grottesca e volgare. Ciò si dimostra, ad esempio, attraverso le parole di Euclione, riferendosi ai suoi servi, 'schiena da legnate', 'canaglia?vecchia?strega' (atto I) e riferendosi ad altri personaggi, come ad esempio Megadoro, 'già spalanca la bocca per papparsi il mio oro'. Anche fra i domestici si riscontra un linguaggio alquanto volgare: 'sei un fesso?e ingrato per giunta', 'vecchiaccio della malora'. E' una lingua, comunque, non propria del cosiddetto 'popolino', ma che il popolo capisce ed apprezza in tutte le sue sfumature. Dall'analisi del testo della commedia plautina si nota che la comicità si basa su questi principali elementi:
Battute: dialoghi brevi tra i personaggi, come 'cosa gridi, idiota!' / 'ti denuncio!', 'perché mi denunci?' /'perché hai un coltello!' /'ma io sono un cuoco e posso tenerlo' (atto I, scena seconda), '?altro che ladro, sei un ladrone!'/'ladro io? e che t'ho rubato?'/'avanti, dai qua.'/'qua che cosa?'/'non lo sai, eh?'/'ti giuro che non t'ho rubato niente!'/'rendimi quello che m'hai preso, su.'/'su che?'?(atto IV, scena quarta)
Giochi di parole:' ..cucinare in un baccanale per delle baccanti!', '..staffilare fintanto che le fruste non avranno fatto la stoppa'
Frasi rivolte al pubblico:' non capisco più niente! Gente aiuto, ditemi chi la presa! Be?, che c'è? Perché ridete??' ( atto IV, scena IX ). ' Avete sentito, eh, tutti quanti. Non si sa mai. Oggi due testimoni non bastano più, ce ne vuole almeno una dozzina, e poi, e poi?' ( atto V, scena II).
Gli equivoci: In un dialogo tra Liconide, lio di Megadoro e il noto avaro Euclione sorge nell'atto IV e precisamente nella scena X un equivoco, soluzione della situazione attuale. ' Sono io, un disgraziato .'/ ' Il disgraziato sono io e rovinato, per giunta, con addosso un monte di guai.' / ' Animo fatti coraggio!'/' Ah si? E come? E' una parola!'/ ' la colpa è mia, lo confesso, sono io a farti soffrire.'/ ' Ah si? Bravo! '. '?..Ma anzi sono qui a pregarti di darmela in piena regola.'/ ' E vorresti tenerla senza il mio consenso?'/ ' ?Penso che sia opportuno che tu la lasci a me?.' / ' Senti, tu: se non me la restituisci?' / ' Restituire che cosa? '/ ' La mia pignatta d'oro! Quella che mi hai presa! L'hai detto tu!' / ' Ma io non ho detto niente, io non ti ho rubato nessuna pignatta!' / ' pensavo che tu avessi saputo tutt'altra cosa, una faccenda che riguarda me.' L'equivoco tra i due personaggi si basa sul fraintendimento dell'argomento trattato: Euclione, ossessionato dal possesso della pignatta d'oro, vive in funzione di questa. Infatti nel momento in cui Liconide cerca di parlare con Euclione riguardo Fedria, il vecchio avaro pensa immediatamente al bene più grande ch'egli possiede, la pentola d'oro, lasciando in secondo piano la propria lia, considerata allo stesso livello di un qualsiasi oggetto.
La lingua è un elemento fondamentale per la comicità plautina, infatti quest'ultima è costituita in gran parte da battute e motteggi. L'autore la arricchisce inoltre di varie espressioni 'grecizzanti' e inusitate oppure di grecismi con terminazione latina, che devono suonare ridicole alle orecchie del pubblico. Essa, infatti è originale, vivace e volutamente popolare, a volte grottesca e volgare. Ciò si dimostra, ad esempio, attraverso le parole di Euclione, riferendosi ai suoi servi, 'schiena da legnate', 'canaglia?vecchia?strega' (atto I) e riferendosi ad altri personaggi, come ad esempio Megadoro, 'già spalanca la bocca per papparsi il mio oro'. Anche fra i domestici si riscontra un linguaggio alquanto volgare: 'sei un fesso?e ingrato per giunta', 'vecchiaccio della malora'. Tuttavia si può notare che il linguaggio dei personaggi è condizionato dai rapporti sociali che legano i due aperti:
tra Euclione e la sua serva Stafila è fortemente rozzo e a volte offensivo: 'via di qui, via!togliti di qui, perdio! Razza di spia, con quegli occhi che ti schizzano fuori e ficchi dappertutto!' (atto I, I). Altri esempi si possono ricavare dagli appellativi rivolti a Stafila già citati sopra
tra Euclione e Megadoro è invece rispettoso:'gli dei ti assistano, Megadoro!' , 'eccomi qua, Megadoro. Se ti serve qualcosa?'. Il tono diventa tuttavia scontroso quando Euclione sospetta che Megadoro trami contro di lui per rubargli l'oro:'in miseria nera; perdio!', 'e sta bene. Ma, un momento. Perdio! Son morto!' (atto II , II).
tra Euclione e il servo di Liconide e con il cuoco Congrione il linguaggio è ancora differente, si presenta arrogante, iroso e offensivo:'ti denuncio!', 'non c'è al mondo delinquente peggiore di te, nessuno a cui romperei più volentieri le ossa.' (atto III, II), 'fammi vedere le mani!'/'vedo. Fammi vedere quell'altra, adesso!'(atto IV, IV).
E' una lingua, comunque, non propria del cosiddetto 'popolino', ma che il popolo capisce ed apprezza in tutte le sue sfumature. Dall'analisi del testo della commedia plautina si nota che la comicità si basa su questi principali elementi:
Battute: dialoghi brevi tra i personaggi, come 'cosa gridi, idiota!' / 'ti denuncio!', 'perché mi denunci?' /'perché hai un coltello!' /'ma io sono un cuoco e posso tenerlo' (atto I, scena seconda), '?altro che ladro, sei un ladrone!'/'ladro io? e che t'ho rubato?'/'avanti, dai qua.'/'qua che cosa?'/'non lo sai, eh?'/'ti giuro che non t'ho rubato niente!'/'rendimi quello che m'hai preso, su.'/'su che?'?(atto IV, scena quarta), 'ti prego soltanto di rispondere a qualche domanda.'/'purché tu non mi chieda niente' (atto II, II)
Giochi di parole:' ..cucinare in un baccanale per delle baccanti!', '..staffilare fintanto che le fruste non avranno fatto la stoppa'
Frasi rivolte al pubblico:' non capisco più niente! Gente aiuto, ditemi chi la presa! Be?, che c'è? Perché ridete??' ( atto IV, scena IX ). ' Avete sentito, eh, tutti quanti. Non si sa mai. Oggi due testimoni non bastano più, ce ne vuole almeno una dozzina, e poi, e poi?' ( atto V, scena II).
Gli equivoci: In un dialogo tra Liconide, lio di Megadoro e il noto avaro Euclione sorge nell'atto IV e precisamente nella scena X un equivoco, che porta allo scioglimento della commedia: ' Sono io, un disgraziato .'/ ' Il disgraziato sono io e rovinato, per giunta, con addosso un monte di guai.' ? ' la colpa è mia, lo confesso, sono io a farti soffrire.'/ ' Ah si? Bravo! '?'Ma anzi sono qui a pregarti di darmela in piena regola.'/ ' E vorresti tenerla senza il mio consenso?'/ ' ?Penso che sia opportuno che tu la lasci a me?.' / ' Senti, tu: se non me la restituisci?' / ' Restituire che cosa? '/ ' La mia pignatta d'oro! Quella che mi hai presa! L'hai detto tu!' / ' Ma io non ho detto niente, io non ti ho rubato nessuna pignatta!' / ' pensavo che tu avessi saputo tutt'altra cosa, una faccenda che riguarda me.' .L'equivoco tra i due personaggi si basa sul fraintendimento dell'argomento trattato: Euclione, ossessionato dal possesso della pignatta d'oro, vive in funzione di questa. Infatti nel momento in cui Liconide cerca di parlare con Euclione riguardo Fedria, il vecchio avaro pensa immediatamente al bene più grande ch'egli possiede, la pentola d'oro, lasciando in secondo piano la propria lia, considerata allo stesso livello di un qualsiasi oggetto.
L'accentuazione caricaturale: questo aspetto riguarda soprattutto Euclione: egli infatti continua a sottolineare la sua povertà, evidenziando ancor più la propria indole dell'avarizia:'..io invece sono povero, che più povero di così?', 'non ho un soldo da darle in dote.'(atto II, II)
L'opera di Plauto dà molto spazio alla musica, come appunto dimostrano i vari 'cantica', ossia metri lirici cantati, oppure l'ampia presenza di canti e parti in versi recitati e allo stesso tempo accomnati dalle note del flauto. La musica ha un'importanza particolare poiché la sua funzione è quella di sottolineare con il suo ritmo i momenti di più intensa emotività. E' inoltre probabile che Plauto abbia compiuto questa scelta in quanto indotto dalla predilezione del pubblico romano per alcuni tipi di spettacoli dove la musica, il canto e la danza rivestivano un ruolo fondamentale.
Nell'opera di Plauto i riferimenti alla romanità sono molto frequenti. E' da ricordare che all'epoca della composizione di commedie come 'L'Aulularia', Roma usciva vittoriosa dalle guerre puniche, passando da una vittoria all'altra, cosa che contribuiva a rasserenare gli animi dei romani e l'atmosfera generale della società romana. Pertanto i cittadini erano maggiormente inclini a distrazioni e ben disposti ad accogliere l'intento dell'autore di 'far divertire' il proprio pubblico e di attuare la funzione catartica attraverso il riso.
L'ambiente romano, tuttavia, non avrebbe tollerato l'estrema libertà che si è invece concesso Plauto negli intrecci, negli atteggiamenti e nelle battute a causa della loro abituale austerità negli stili di vita.
vIl 'lare domestico' : la sua funzione è quella di proteggere l'abitazione di Euclione. Lo incontriamo per la prima ed unica volta all'inizio dello svolgimento della commedia, mentre ne recita il prologo. Il suo ruolo comporta l'esposizione dell'argomento in forma di monologo, per facilitare la comprensione del pubblico.
vEuclione : egli è il protagonista della commedia. Appartiene alla classe dei piccoli borghesi, infatti, possiede anche una schiava, Stafila, ma, a causa della sua avarizia, vive quasi in condizioni di povertà. Anche dalle parole di quest'ultima emerge la sua peculiare caratteristica: 'Hai paura che ti portino via i muri della casa??E' tutto pieno di vuoto e di ragnatele'. (atto I-II). Egli è un vecchio avaro, per di più iracondo e sospettoso verso gli altri, tanto da non curarsi affatto degli affari altrui . Il suo carattere emerge dalle critiche di tutti gli altri personaggi: ' Non c'è nessuno che la miseria abbia ridotto spilorcio come lui' ( atto I, II), ' Nemmeno la pomice è asciutta come lui'(atto I, IV),' E' il campione degli spilorci' ( atto I, IV). E' infatti dominato dal desiderio di possedere un qualsiasi bene a tal punto da vedere ovunque una minaccia ai suoi averi. Egli è perciò preso continuamente dalla paura, la quale lo conduce ad una inevitabile frenesia, sospinto di conseguenza a continue verifiche e varie ispezioni. Sin dall'inizio avvertendo degli strani rumori dal giardino, intento in una discussione con Megadoro, si precipita immediatamente in casa per controllare se l'oro non sia stato ancora rubato.' E sta bene. Ma, un momento. Per Dio! Son morto!' / ' che ti succede adesso?' / ' Questo rumore di ferri!' / ' Stan lavorando nel mio orto.. Ma dove s'è ficcato adesso'.( atto I, II). L'ossessione di essere derubato lo accomna per tutta la commedia, infatti mentre torna dal tempio di Fede dove ha deciso di nascondere l'oro sente un corvo gracchiare e pensa sia un presagio negativo: precipitandosi nuovamente al tempio, incontra Strobilo, servo di Liconide, che è vittima dei suoi sospetti. La stessa paura si dimostra sia nel suo comportamento, arrivando persino a cambiare continuamente nascondiglio alla sua pentola, sia nelle sue parole. Tutti i personaggi della commedia ruotano attorno al protagonista, poiché questo è il motore dell'azione: Euclione ha, infatti, modo di conversare con tutte le altre ure sulla scena, ad eccezione di Eunomia, sorella di Megadoro, la quale ha contatti solo con il fratello. Alla fine della commedia il carattere di Euclione si rivela invece contraddittorio con la propria personalità, coerente fino a questo momento: dona pertanto la pentola d'oro in dote alla lia, promessa a Liconide ' ?.Penso che sia meglio che la lasci alla mia liola, così avrà la sua dote anche lei, come tutte le ragazze che si rispettano' ( atto V, IV). Plauto descrive, attraverso il comportamento dell'avaro, il rapporto con gli Dei: questi sono venerati dal protagonista solo per interesse personale, non per vera fede, come si vede chiaramente al termine al termine della scena seconda del quarto atto, quando afferma: ' o Buona Fede, t'offrirò, un vaso da congio di vin melato. Sì te l'offrirò; ma, quando te l'avrò offerto me lo berrò io'
vMegadoro: è il modello di uomo razionale e intelligente attraverso il quale Plauto presenta la critica alla società del suo tempo . ' Quattrini, tutti vogliono quattrini' è così che l'autore evidenzia la mentalità della propria epoca riguardo la concezione del matrimonio, affermando che ' La donna senza dote sta invece sottoposta al marito; quelle che la dote ce l'hanno, caricano il pover uomo di preoccupazione e di pasticci infiniti'. Megadoro infatti ritiene che se tutti i ricchi sposassero ragazze povere, senza dote, si eviterebbero molti problemi e molte spese. Così come Machiavelli anche Plauto sostiene che la procreazione abbia come unico fine quello di garantire un erede per mantenere il nome della famiglia. ' Una faccenda che ti sarebbe utile finché campi: dovresti avere li. ' L'autore Rinascimentale afferma che : ' Pure io ho tanta voglia di avere tanti liuoli, che io son per fare ogni cosa'.
vStrobilo: è il devoto servo di Megadoro. cerca di servire il padrone al meglio delle sue capacità e per questo è molto esigente quando impartisce gli ordini ai cuochi. La sua caratteristica principale è la furbizia, grazie alla quale riesce ad ottenere la propria libertà. Anche attraverso questo personaggio il commediografo latino descrive la società a lui contemporanea caratterizzata dalla presenza della schiavitù: il padrone poteva decidere infatti della sorte del suo subalterno 'Ah si? Ti faccio impiccare! E subito anche, se non confessi .'( atto IV, IV) .
v I cuochi: Antrace e Congrione: essi ricoprono un ruolo fondamentale nella caratterizzazione del vecchio Euclione, come esprimono nelle loro battute suscitando l'ilarità del pubblico: 'urati che quando va a dormire si lega un sacco sulla bocca?per non perdere il fiato quando dorme.'/'e si tura anche dall'altra parte per non perdere fiato?', 'quando si lava, gli vien da piangere a buttar l'acqua usata'? nel testo essi sono entrambi rispettosi del padrone e obbedienti a Strobilo che li coordina, hanno però fama di ladri e per questo motivo Euclione li vuole licenziare.( 'Mi hanno riempito ogni angolo della casa di ladri'),
vLiconide: è un giovane responsabile ma non particolarmente astuto: è infatti il proprio servo a suggerirgli il compromesso con Euclione che gli permetterà di sposare Fedria. Nuovamente Plauto fa riferimento ai costumi della sua società: egli pertantanto vuol descrivere indirettamente gli avvenimenti della 'festa di Cerere' ,tipica del mondo greco, e critica le conseguenze dovute ai comportamenti tenuti durante lo svolgimento dei festeggiamenti. Tuttavia Liconide cerca di rimediare alla violenza usata su Fedria sposandola. Si può considerare il simbolo dell'uomo che, maturato, cerca di porre rimedio agli errori fatti in precedenza.
vStafila: è la serva di Euclione, dal quale viene trattata malissimo: 'Disgraziata, esatto, e che tu viva in malora, che non meriti altro.'. riflette la condizione sociale della donna e quindi della persona sottomessa e consapevole di non poter cambiare la propria posizione, manca infatti in lei un qualsiasi slancio di ribellione ai soprusi del vecchio ' Sto zitta. Vado.'(atto I, II)
Eunomia: sorella di Megadoro, che lo spinge a trovar moglie. Rappresenta la donna intelligente e affettuosa che non pensa soltanto al proprio bene ma anche a quello dei suoi cari: '?.Quel che ti dico è per l'affezione che ti porto e per il tuo bene '.
L'opera Plautina presenta degli elementi che si possono riscontrare anche nell'opera seicentesca del famoso commediografo Francese Molière ' L'avare', sia comuni che antitetici. Così per quanto riguarda l'analisi dei singoli personaggi l'autore latino utilizza le maschere fisse, limitando così lo sviluppo psicologico vero e proprio del singolo personaggio. Le azioni quindi della singola ura si riducono al minimo : essi agiscono, ma i loro veri sentimenti non vengono analizzati, ci si concentra soltanto sul loro lato esteriore. Contrariamente il commediografo Francese per la prima volta nel campo teatrale , cerca di analizzare l'aspetto psicologico dei vari personaggi : non si limita a descrivere una ura esteriore, ma produce diverse sfaccettature del singolo carattere. Arone non è soltanto avido di denaro, come lo è d'altronde lo stesso Euclione, ma anche di sentimenti nei confronti dei propri li. Infatti nel momento in cui Cleante cerca aiuto presso il padre per poter sposare la giovane Marianna, egli non solo rifiuta, ma cerca di prenderla in sposa egli stesso, accentuando così il dissidio con il lio. In più, dopo una serie di eventi, si scopre che Arone, non solamente era un vecchio avaro, ma anche uno strozzino che cercherà di storcere una quantità ingente di denaro a Cleante. L'autore seicentesco tenta di mettere da parte la trama, motore dell'azione della commedia Plautina, , lasciando maggior spazio alla psicologia dei protagonisti. Nella Aulularia, infatti, proprio da un complicatissimo intreccio nasce la vicenda : si parte da una serie di 'ingegnosissimi' equivoci, la cui soluzione porta alla conclusione della commedia. Questo elemento è anche presente nell'' Avare' , ma esso serve solamente per accentuare il contrasto tra il senex (Arone) e l'adulescens (Cleante): ' Vi prometto che non vi sarà più nulla che tu non possa ottenere da me' / ' Padre mio, non vi chiedo più nulla; già mi avete dato tutto concedendomi Marianna.' / ' Come come??'/ ' ?Chi ha parlato di concederti Marianna?' / ' Voi, padre mio' / ' Io???' (atto IV, scena V). Mentre per Plauto il ruolo del prologo recitato da un personaggio esterno alla vicenda (in questo caso il lare domestico) costituisce il ' fondamentum' di tutta la vicenda, avendo quindi una funzione informativa, nel 'Avare' viene soppressa l'introduzione alla situazione attuale che si ricava dunque dalle prime battute tra Valerio ed Elisa. Le due commedie differiscono tra loro anche per la collocazione spaziale: l'Ulularia si svolge ad Atene, luogo accettato dalla popolazione Romana poiché accorda con l'autore le critiche rivolte alla società Greca, anche se in realtà il commediografo classico vuole mettere in evidenza i difetti della società latina in cui egli vive per universalizzarli cercando di proporre un insegnamento morale. L'Avaro, se da una parte mantiene il fine della commedia, didattico e critico, dall'altra posiziona la propria 'opera' nel proprio mondo Parigino, un ambiente nettamente più progredito di quello classico, ma che in realtà mantiene quei difetti presenti in tutte le epoche. Molière riesce infatti a mettere in luce le varie ure sociali attraverso un'esperienza personale che lo porta a contatto con tutti gli strati della società, dal più umile al più sublime. Le due commedie differiscono tra loro anche per l'analisi di due diversi ambienti sociali: se da una parte Plauto prende in considerazione la società popolare basandosi su situazioni quotidiane, dall'altra Molière incentra la sua attenzione su una classe che è momentaneamente in ascesa , quella borghese, la vera protagonista del mondo illuminato.
Elemento fondamentale della commedia di Molière è la presenza del 'juste milieu': un personaggio che presenta una giusta misura, evita gli eccessi e cerca sempre di raggiungere l'equilibrio classico. La maggior parte delle volte il ' bon sens' viene incarnato da servi , come Mastro Giacomo , o alle volte da ure molto equilibrate come Arnolphe nell' ' Ecole des femmes' o ancora come Elmire e Cleante in ' Tartuffe'. Infine la commedia non trova una soluzione se non attraverso l'intervento di un personaggio o di una situazione esterna alla vicenda , il così detto ' deus ex machina', che stabilisce l'equilibrio inizialmente infranto, già utilizzato dagli antichi scrittori Greci( Eschilo, Sofocle).
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