Promessi
Sposi cap.XX- L'innominato
Vecchio e maestoso,
il castello, dominava su tutta l'ombrosa valle sottostante. Si trovava sulla
cima di una piccola altura, che si distingueva da una serie di monti. Non si
riusciva bene a capire se questo poggio era legato alle altre cime o ne era
diviso da rocce e dirupi. La parete che si affacciava alla valle era l'unica
praticabile: una scoscesa faticosa da percorrere ma abbastanza uguale;qua e
là c'erano piccole case, e campi nei piccoli spazi coltivabili. I monti opposti,
che formavano l'altra parete della valle erano anch'essi poco coltivati, dal
momento che erano ricoperti da spuntoni di rocce e macigni, discese ripide, non
praticabili e senza piante tranne qualche cespuglio. Dalla posizione favorevole
del castello, l'innominato dominava, come un'aquila, tutto lo spazio
sottostante, potendo controllare chiunque avesse osato avvicinarsi. Vedeva le
discese e la loro fine, le poche strade praticabili. Solo una di quest'ultime,
con tornanti e curve, arrivava al castello. Era facilmente controllabile
affacciandosi alle finestre. Anzi da quella posizione ci si poteva difendere,
anche da molte persone, grazie a tutti quei bravi che vivevano all'interno. Ma
d'altra parte, nessuno osava mettere piede, né lassù né nella valle, che
non fosse conoscente del padrone. Si raccontava, che in passato, alcuni uomini
avevano provato quell'impresa, ma senza successo.
Il castello era una fortezza troppo
preziosa. Al suo interno un intreccio di corridoi bui, molte sale controllate
singolarmente da qualche bravo, e alle pareti moschetti, sciabole e partigiane.
Il padrone di tutto questo, l'innominato, era grande, bruno e calvo: i pochi
capelli rimasti erano bianchi. La sua faccia era rugosa ed era facile dargli
più dei sessanta anni che aveva. Ma il comportamento, il modo di
muoversi e di fare, i lineamenti ormai induriti dal tempo, e dal suo passato,
evidenziavano una forza neppure presente in un giovane. Era da considerare
però il fatto, che l'età era molto alta e lui la sentiva: non
fisicamente ma interiormente: da un po', aveva come il rimorso di ciò
che aveva compiuto nel suo passato, di tutte le cattiverie che aveva fatto.
Quando ne compiva una, tutte le altre si riaffacciavano nella sua memoria,
facendogliele pesare sempre di più. All'inizio, quando aveva compiuto i
primi delitti, sentiva come un rimorso, un senso di colpa, che poi
sparì, ma che si faceva sempre più vivo ora. Ma in passato era
diverso. Lui era giovane, con un lungo avvenire, si sentiva una tale vitalità
addosso, che nessuno avrebbe mai potuto fermarlo. Adesso, se pensava al futuro
non sentiva più tutto questo. Percepiva la morte, che prima o poi
sarebbe arrivata. Nel buio e nel silenzio del suo castello gli appariva, non
rendendoglielo più sicuro. Ma la cosa che forse più gli pesava
era che essa non era minacciata da un nemico mortale; non la poteva quindi
respingere. Nasceva da sola dentro di lui. Probabilmente era ancora lontana ma
egli sentiva che si avvicinava sempre più. Adesso, in questi momenti, sentiva
dentro di sé anche la presenza di quel Dio di cui aveva tanto sentito parlare,
ma che aveva sempre ignorato, occupato com'era a vivere. Tutto ciò che
sapeva su di lui, e che non aveva mai preso in considerazione, ora lo sentiva
come una cosa che si sarebbe avverata. Questo pensiero però, non lo
condivideva con nessuno, lo nascondeva con la sua cupa ferocia. E con essa
cercava di toglierlo anche dalla sua mente. Invidiava i tempi in cui commetteva
delitti senza pensarci tanto, aspettando la riuscita, e avrebbe voluto che
tornassero, per convincersi che era ancora così. Infatti, in quei tempi,
la violenza, la vendetta, l'omicidio, gli erano da autorità contro la
coscienza. Ora, nel suo animo cresceva sempre più forte l'idea di un
giudizio individuale. Ma lui non era come tutti gli altri malvagi: era il
"capo" di tutti questi, si era distaccato dal gruppo, e questo gli dava solo un
sentimento di solitudine tremenda. Questo è facilmente paragonabile con
la descrizione che Manzoni ha fatto dell'ambiente che
circonda il castello: la durezza e l'isolamento del paesaggio comuni anche allo
stato d'animo dell'innominato, per esempio. Descrive tutto facendolo sembrare
tetro ed ombroso: poche case, la terra non coltivabile, la valle isolata,
circondata da alti e appuntiti monti. Anch'essi servono per dare un'
impressione così dura a questo sfondo, che si può infatti
definire azzeccato alla personalità dell'innominato.