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"Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non capirebbero (cap.2) "
Con questo romanzo autobiografico, P. Levi narra la sua esperienza del Lager; una vera e propria cronaca, attenta nei particolari, di tutte le assurdità e le crudeltà compiute dai nazisti all'interno del campo di concentramento di Auschwitz, durante il secondo conflitto mondiale.
Il libro è una testimonianza, un insieme di avvenimenti che a stento si possono credere veri; ma lo scopo del libro è proprio quello di informare la gente di tutto ciò, e di renderla conscia di quelle atrocità. Primo Levi, con questo libro, lancia un messaggio, civile e morale, su cui riflettere: che utilità ha mai avuto questo inspiegabile sterminio di massa, spinto solamente da un ottuso odio razziale? L'errore è oramai stato commesso, ma guai a ripeterlo.
Sin dalle prime pagine, dove si narra il viaggio verso il Lager, con migliaia di persone stipate in piccoli convogli ferroviari, si intuisce la sofferenza provata da quegli uomini: il loro nome cancellato, la loro dignità annientata, il loro aspetto fisico eliminato, le loro origini dimenticate. Di fronte ha tutto ciò, come lo stesso autore narra, si potevano fare solamente due cose: abbandonarsi o reagire, tentare di non dimenticare. Per coloro che si lasciavano andare il destino era già segnato, mentre per una piccola parte di coloro che combattevano si poteva intravedere una lievissima speranza di salvezza. Levi ha reagito, ha cercato di sopravvivere a tutto ciò, e ce l'ha fatta; ma molti altri, pur avendo combattuto, sono morti senza motivo, uccisi nelle camere a gas o caduti per l'eccessivo lavoro. Di fronte a tutto questo, non ci si può permettere di rimanere indifferenti; non si può dimenticare, è necessario che ognuno di noi porti memoria di quanto accaduto in quei luoghi,
Con le sue descrizioni minuziose, Levi riesce a colpirci al cuore raccontandoci solamente la sua vita quotidiana, alla quale però non è mai riuscito ad abituarsi, fino a quando ha smesso di farsi domande, di chiedersi perché.
All'interno del libro si incontrano decine di personaggi, tutti diversi, ma allo stesso tempo tutti uguali: diversa la lingua, l'origine, il passato, ma con lo stesso terribile presente. La maggior parte di essi appare solamente di striscio, in pochi mantengono un rapporto duraturo con il protagonista, ma tutti delineano la ura dello stesso uomo costretto a vivere al limite della sopravvivenza.
Lo stile è caratterizzato da un'estrema ricchezza di dettagli e di riflessioni dell'autore stesso, utili a comprendere meglio lo stato d'animo dei prigionieri.
Personalmente ho trovato la lettura di questo romanzo un po' pesante: le molte descrizioni contribuiscono a non renderlo scorrevole. Però, anche se non mi è piaciuto, forse per i contenuti impegnativi e troppo forti, l'ho apprezzato, poiché l'ho letto nella giusta chiave: esso non è stato scritto per far divertire il lettore, o per allietarlo, ma per informarlo e renderlo conscio delle atrocità compiute dall'uomo contro la sua stessa specie.
Un libro diverso dagli altri, piuttosto inconsueto per chi, come me, è solito leggere romanzi di tutt'altro genere e con concetti totalmente diversi; tuttavia è un libro d'obbligo, che può piacere o non piacere, ma che non si può evitare. Levi ci testimonia ciò che accaduto nei Lager, e tutti noi abbiamo il diritto e, soprattutto, il dovere di conoscerlo.
Primo Levi
"Se questo è un uomo"
Ed. Enaudi
g. 289 £ 19.900
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