ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto letteratura

Relazione del libro "Mastro Don Gesualdo"

ricerca 1
ricerca 2

Relazione del libro "Mastro Don Gesualdo"


Tecniche narrative:

Nel romanzo emerge un completo distacco del narratore, secondo il "canone dell'impersonalità", quindi l'opera "si deve fare da se", e pertanto il Verga non interviene mai nella vicenda, come un chimico che descrive il risultato di un esperimento al microscopio. Il punto di vista è quindi esterno, compaiono molti discorsi diretti che mandano avanti la storia. Il ritmo narrativo è piuttosto vario: alcune vicende sono raccontate in modo scorrevole, veloce, incalzante, come per esempio l'asta per l'affidamento delle terre del Comune; altre, invece, risultano più "lente" per immedesimare il lettore negli "affanni" dei personaggi. Il romanzo appartiene alla corrente veristica e alcune volte ne trae spunti particolarmente intensi come nella lettera amorosa che il baronello Rubiera scrive ad una donna di teatro: <<Se agglomerate cerimonie tema non forman delle mei verghe . . L'ore 7 del 17>>.

L'Autore fa anche uso della "bestemmia": << . santo e santissimo . >> è l'epilogo d'ogni sfuriata dell'iracondo Mastro Don Gesualdo.

Nella narrazione vi sono espressioni come <<Lotto delle terre comunali>> e <<Salamelecchi>> che evidenziano che l'azione si svolge in un borgo camnolo e non in un povero paese di pescatori che quindi risente l'influsso delle città vicine. Il linguaggio è da commedia; quello della tragedia è riservato alle ine delle pene e della morte di Mastro Don Gesualdo. Le ine meno incisive sono quelle sui moti del 20 e della Carboneria: la storia si riduce a qualche data e a qualche frase di colore.




Elementi spaziali e temporali:

Alcuni sono i riferimenti temporali che ci permettono di inserire quest'opera in un preciso contesto storico: l'accenno a Mastro Don Gesualdo che diventa Carbonaro, nel secondo modulo e la descrizione di una sommossa contadinesca a Vizzinni, riflesso della rivolta di Palermo, e, ancora, il colera che uccide Santo Motta. Tutta l'azione si può collocare quindi intorno al 1820 fino intorno 1848 poiché nella quarta parte vi è la descrizione delle agitazioni pseudo-liberali.

L'azione si svolge a San Giovanni <<suonava la messa dell'alba a San Giovanni>> e nei paesi e nelle camne limitrofe, fino ad un'estensione massima a Palermo dove vivrà Isabella e morirà Mastro Don Gesualdo.



Descrizione dei personaggi:

Mastro Don Gesualdo:

La prima descrizione di Mastro Don Gesualdo ce lo propone in versione domenicale, in abito da festa, in casa Sganci quando è invitato a vedere dal balcone la processione del Santo Patrono: <<raso di fresco, vestito di panno fine, con un cappello nuovo fiammante tra le mani mangiate dalla calce>>; è il ritratto di un instancabile lavoratore che viene mostrato quando inciampa nei tappeti, balbetta, entrando in quel mondo falsamente gentile della nobiltà di provincia. Si mescola ad una vita che non è la sua e "piantato li" nel balconcino dei parenti poveri della padrona, alza il capo a guardare i fuochi d'artificio, con l'interesse eccessivo di chi vuole darsi qualcosa da fare. Ma quando il discorso viene portato sul: <<il nascer grandi è un caso e non virtù! . venire su dal nulla qui sta il vero merito>> allora Mastro Don Gesualdo mostra tutto il proprio valore rispondendo con semplicità e orgoglio che spesso lavorava anche tutta la notte. Merito del Don Gesualdo è quello di lavorare con un sole che spacca le pietre, sotto un sole di mezzogiorno andare a piedi con la sua mula per chilometri e chilometri ed entrare nel fiume in piena a rischio della sua vita per salvare le strutture del ponte, nonostante ormai abbia più tarì in tasca che capelli in testa. E' anche un uomo generoso che nel momento del colera ospita in ogni suo possedimento tutti coloro che glielo chiedono, fornisce Diodata di dote, istruisce sua lia Isabella nonostante ciò costituisca un divario sempre più grande fra i due. E' un uomo sensibile quando la prima notte di nozze il <<cuore gli si gonfia di tenerezza mentre aiuta Bianca a spettinarsi>>; gli si stringe il cuore quando la lia si allontana dal suo bacio a causa della barba troppo ispida.


Bianca Trao:

Bianca Trao ci viene presentata nelle primissime ine quando attraverso un uscio semiaperto appare discinta, pallida come una morta, con le mani convulse, fissando sul fratello occhi pazzi di angoscia che balbetta: <<Ammazzatemi, don Diego! Non lasciate entrare nessuno qui>>. La ritroviamo sul balcone di casa Sganci vestita con un abitino di lanetta, <<con le spalle un po' curve, con il busto magro e piatto con il viso smunto e dilavato>>; le stesse carni bianche, ma arrossate dall'imbarazzo per gli sguardi dei presenti, la rendono più graziosa <<nel vestito candido e spumeggiante delle nozze, con il profilo angoloso dei Trao, ingentilito dalla pettinatura allora di moda . >>. Nel corso della narrazione la rivedremo divenire faticosamente madre nella casa paterna; vivere con fatica lontano dalla lia che studia nel collegio di Maria, primo educatorio di Palermo. La ritroveremo madre e moglie nella casa di Mangalavite durante il colera, e, infine, morente di tisi, accudita da Diodata, verso cui nutre una profonda gelosia che le rende più difficile una morte lontana dalla lia.


Esempi di dialoghi validi:

I dialoghi hanno un ruolo portante nella storia: ne danno il senso e la portano avanti.

Una frase particolarmente sembra contraddistinguere la filosofia di vita di tutti i personaggi che gravitano intorno a questa storia, anche se a dirla, è Mastro Don Gesualdo: <<Ciascuno al mondo cerca il suo interesse e va per la sua via.>> Viene pronunciata quando Isabella si tira indietro dal bacio del padre che la punge con la barba ispida; ma in realtà potrebbe essere stata pronunciata da qualunque personaggio della storia a partire da Bianca che si sposa per riparare, alla baronessa Rubiera quando le propongono le nozze fra Ninì e Bianca; potrebbe essere citata da Mastro Don Gesualdo in ogni altra occasione della sua vita dal momento dell'asta per le terre comunali al momento delle varie associazioni tra parenti per ottenere le terre. Indubbiamente è una frase che si addice al Duca di Leyra.

<<Fermate, fermate!>> <<A Diodata, sei venuta a darmi il buon viaggio?>> <<A povera Diodata, tu sola ti rammenti del tuo padrone . guarda che fai . sotto la pioggia . è il tuo vizio antico! Ti rammenti?>> E' questo l'ultimo dialogo tra Mastro Don Gesualdo, che in carrozza viene trasferito a Palermo, e Diodata, uscita da casa, sotto una pioggia battente, a salutarlo. Nel dialogo fanno capolino alcuni elementi caratteristici di tutto il racconto: l'affetto profondo di Diodata, serva sempre fedele, anche nei momenti più difficili (durante la tisi di Bianca) e soprattutto un affetto disinteressato, il senso di felice sicurezza che emerge da quel <<ti rammenti>> pronunciato da Mastro Don Gesualdo. Nei momenti più difficili Mastro Don Gesualdo è sempre ricorso a Diodata: sia è rifugiato a casa sua durante la prima rivolta, ha cercato precedentemente conforto tra le sue braccia prima del matrimonio nella Canziria, la sua terra amata, tra i covoni di grano, che gli danno il senso della ricchezza. Questo dialogo preannuncia la morte di Mastro Don Gesualdo; questo tema, era molto caro al Verga, a tal punto da inserire nel suo romanzo addirittura quattro morti.

Divisione in macro-sequenze:

Parte 1^ - Cap. 1

Parte 1^ - Cap. 2

Parte 1^ - Cap. 3

Parte 1^ - Cap. 4

Parte 1^ - Cap. 5-6-7

Parte 2^ - Cap. 1

Parte 2^ - Cap. 2-3

Parte 2^ - Cap. 4-5

Parte 3^ - Cap. 1-2

Parte 3^ - Cap. 3

Parte 3^ - Cap. 4

Parte 4^ - Cap. 1-2

Parte 4^ - Cap. 3-4-5


Esempio di discorso indiretto libero:

Frase detta in occasione della proposta di matrimonio fra Bianca Trao e Mastro Don Gesualdo.






Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta