letteratura |
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Lawskij è un vanesio buono a nulla che convive con una donna sposata, Nadezda Fëdorovna, della quale si è ormai stancato ma non sa come liberarsi; la loro relazione fa scandalo in paese: il dottor Samojlenko è l'unico amico di Lawskij, che stima, mentre von Koren, uno zoologo despota che domina la vita mondana, lavoratore assiduo ed ambizioso, lo odia ferocemente, lo considera un essere pericoloso, simbolo della degradazione della specie umana, e sarebbe felice di ucciderlo con le proprie mani. La crisi fra i due amanti incalza: lui tenta di fuggire ed abbandonarla, e a tal fine cerca disperatamente un prestito, mentre lei lo ha tradito per leggerezza con il meschino Kirilin e con il giovane Achmiadov, ed ora entrambi la ossessionano per avere nuovi appuntamenti. Lei è infelice, si sente una donna fallita e l'amica Marja Kostantinovna, madre di famiglia, le serve da rimprovero vivente. A Lawskij saltano due volte i nervi, e la seconda sfida von Koren, che non aspetta altro, a duello. La sera Nadezda Fëdorovna deve sottostare ai desideri di Kirilin, che minaccia uno scandalo, ed Acmjadov, scopertili, li denuncia a Lawskij: proprio allora Lawskij si rende conto di quanto sia importante per lei quella donna, l'unica persona che gli sia vicina. Va al duello ma fallisce volontariamente il colpo: von Koren è invece tentato di far fuoco e finisce l'odiato rivale. Dopo quel giorno Lawskij cambia completamente vita: sposa l'amante, si mette a lavorare per are i debiti, fa vita umile e ritirata; e von Koren, il giorno della partenza, passa a stringergli la mano. Dramma psicologico: la tensione accumulata dalle antinomie Nadezda Fëdorovna-Lawskij e Lawskij-von Koren si scarica di colpo nel lieto fine, invece di sfociare nell'attesa catastrofe; l'atrocità dei racconti della noia e della solitudine è qui riscattata da una febbrile voglia di cambiare, al quale finisce per trovare in modo naturale il 'cambiamento' giusto: non la fuga, ma la realtà. Sprezzante e disumano, von Koren rappresenta le forze sane, laboriose; per quanto sgradevole, è il modello positivo a cui Lawskij si piegherà. Questa volta la noia e la solitudine non portano all'inedia e alla disperazione, ma ad una mutazione interiore.
Un cocchiere non può sfogare con nessuno il dolore per la morte del lio. Una storia dominata dalla coscienza della morte, dal senso della vita, dal silenzio delle cose e delle persone, da un'inerzia esistenziale riscattata solo da pochi fiochi barlumi di umanità; un famoso scienziato narra i suoi ultimi malinconici giorni di vita, trascorsi nella noia delle incombenze e dei fastidi quotidiani, degli acciacchi, della paura di morire: la moglie apprensiva, la lia che studia al Conservatorio e si sposa di nascosto, il lio lontano (entrambi indifferenti alle ristrettezze economiche dei genitori), la lia adottiva Katja, che sperpera in una vita di piaceri il patrimonio ereditato, i colleghi pedanti, ecc. Il vecchio osserva tutto con abulia e disgusto: nessuna disgrazia riesce a scandalizzarlo o commuoverlo. Ma quando Katja gli confessa la propria infelicità e gli chiede consiglio, si rende conto che per tutta la vita quella donna soffrirà più di lui, e ne prova compassione, e nel dirle addio intravede quel futuro senza pace.
Andrej Efimjc è il medico di uno squallido ospedale di provincia, dove i malati sono trattati come bestie. Nella corsia n° 6 sono ricoverati cinque matti, e, in particolare, Ivan Dmitric, un filosofo afflitto da mania di persecuzione, che crede nell'immortalità. Andrej Efimjc viene assalito da una profonda crisi spirituale e prende a frequentare sempre più assiduamente il malato della corsia n° 6: ossessionato dal pensiero della morte e da un crescente nichilismo, il dottore si prende, invano, una lunga vacanza, perché il viaggio non fa che acuire il senso di inutilità; al ritorno lo ricoverano in ospedale, nella corsia n° 6, a soffrire nelle condizioni inumane in cui devono vivere i suoi ex pazienti. Incapace di resistere alle regole che lui stesso aveva contribuito a mantenere, si rivolta e viene picchiato dai suoi ex assistenti. Muore il giorno dopo. Polemica sociale ed allegoria sulla vita e sulla morte.
Un pittore frequenta due sorelle che vivono in una casa appartata: Zenja, la minore, è tenera ed affettuosa, succube della sorella Lida, che, invece, è forte e dura: propugna idee di progresso materiale (come la costruzione di un nuovo ospedale), che si scontrano violentemente con quelle idealiste e mistiche del pittore, convinto assertore del benessere dell'anima. Quando Zenja se ne innamora, Lida la manda lontano ed il pittore non le vedrà mai più.
Lo 'sconosciuto' è un aristocratico che ha preso servizio in incognito presso Orlov, uno squallido e meschino funzionario lio di un personaggio altolocato. L'obiettivo è uccidere il padre nel nome della rivoluzione; invece, il servo viene a poco a poco coinvolto nella vita privata del padrone. Un giorno Zinaida Fëdorovna, la sua amante, lascia il marito e si trasferisce a casa sua: donna di casa, buona e semplice, non chiede altro che un focolare e l'affetto coniugale, ma Orlov prova invece fastidio per quell'intrusa; non fa nulla per difenderla dalle offese e dai furti della cameriera Polja, finge viaggi di lavoro per essere libero di gozzovigliare con gli amici, non prova alcun senso di colpa per aver rovinato la sua vita. Zinaida rimane fervidamente innamorata, affettuosa ed apprensiva, e soltanto il servo ne ha compassione. Un giorno il servo si trova di fronte l'odiato nemico, Orlov padre in persona, ma, invece d'ucciderlo, si sente svuotato alla vista di un vecchio anonimo. Decide allora di andarsene, avendo fallito la propria missione, ma prima scrive una lunga lettera al suo padrone, rinfacciandogli di appartenere ad una generazione di falliti senza nerbo (e vi include se stesso) e dice la verità alla donna, invitandola a partire con lui. Zinida, incinta, accetta, e si rifugiano insieme all'estero; però Zinaida non è felice, e lo accusa di averla maltrattata come Orlov. Muore nel mettere alla luce una bambina, Sonja, che ridarà all'uomo uno scopo per cui vivere. La crisi esistenziale di un uomo che riconosce le proprie debolezze in quelle della classe contro cui lotta e scopre di 'voler vivere': una casa, una famiglia, ecc (proprio gli ideali borghesi che lo ripugnavano); Orlow è invece l'emblema del negativo assoluto: oltre a non avere ideali rivoluzionari, non riesce neppure a provare quei sentimenti naturali.
Kovrin è uno scienziato che decide di andare a riposarsi in camna dall'amico Egor Semenjc, un anziano che ha dedicato la propria esistenza ad edificare la sua fattoria modello, ma ora teme che dopo la sua morte nessuno continui l'opera. Lo aiuta la lia Tanja, ma il futuro di Tanja è un'incognita. I profumi della camna inebriano lo studioso, che non si preoccupa neppure quando comincia ad avere le visioni di un monaco nero che vaga per la camna, e chiede Tanja in moglie. L'anziano contadino è entusiasta, ma presto si palesano i segni dello squilibrio mentale di Kovin, che, oltretutto, prende a maltrattare il vecchio; in breve, il lavoro d'una vita viene spazzato via, ed il vecchio ne muore di crepacuore. Kovin si è già separato da Tanja e vive con un'altra donna, ma per poco: dopo un'ennesima allucinazione cade vittima della propria follia. Il monaco rappresenta l'ambizione smisurata di un megalomane egoista che si crede un genio destinato alla gloria e disprezza tutto il resto; ma rimpiangerà fino all'ultimo il profumo della camna, che è la vita e che lui ha distrutto. L'intellettuale qui è un male assoluto, crudele e sprezzante, un folle criminale che si ciba delle proprie allucinazioni.
Un giovane nobile ha deciso di rinunciare alla carriera di funzionario e di darsi al lavoro fisico degli operai. Suo padre, uomo austero e severo, minaccia di diseredarlo, e, davanti alle suppliche della sorella Kleopatra, il giovane Mishail accetta un incarico in ferrovia, al servizio dell'ingegner Dolzikov. Il lavoro intellettuale non è però per lui: lascia l'incarico e va a fare l'operaio. Rotti i rapporti con il padre, gli restano soltanto l'amicizia del dottor Blagovo e di Masha, la lia dell'ingegnere, oltre all'affetto della sorella. Masha s'innamora del suo concetto di vita e presto si sposano e si trasferiscono in camna. La vita rurale li sfibra in soli sei mesi: benché ancora innamorata, Masha non resiste e se ne va; al tempo stesso, Kleopatra si ribella al padre e si dà a Balgovo: rimasta incinta, deve chiedere aiuto al fratello. Mishail si integra nella comunità dei contadini, e vi rimane solo: Kleopatra muore nel dare alla luce una bambina, il padre rifiuta la rappacificazione accusandolo di essere l'unico responsabile della rovina della famiglia. Cechov nega sempre l'eroismo; tutti i 'protagonisti' che tentano nuove strade sono destinati alla solitudine ed al fallimento: scoprono che la nuova vita è anch'essa piatta e mediocre, fatta di abitudini e meschinità, e perdipiù si sono alienati il proprio ceto sociale. Pessimismo sulle capacità di rinnovamento sociale.
Nikolaj lascia Mosca, dove fa il servo, e torna al suo villaggio portando con sé la moglie Olga e la lia Sasà: è malato e morirà presto. Lo ospita Kirjak, prepotente ed ubriacone, nella cui abitazione vivono anche sua moglie Marja, che ne subisce le angherie, le sue sei lie, la svergognata Fekla ed i due nonni. La vita è misera e squallida: quando Nikolaj muore. Olga decide di tornare a Mosca.
Belikov è un insegnante timido e misantropo, chiuso e ostile a tutte le novità. I colleghi cercano di farlo sposare alla nubile Varenka, ma il fratello di lei odia le bassezze del professore, noto delatore, e lo scaraventa giù dalle scale. Belikov muore di vergogna.
Un dottore viene chiamato a visitare la ricca ereditiera di un complesso di fabbriche, ma scopre che la sua malattia è semplicemente l'infelicità di dover vivere in quel posto squallido.
Gurov ed Anna si conoscono e si amano in Crimea: sono entrambi delusi del proprio matrimonio, della propria monotona vita privata, e nella loro relazione trovano tutti i sentimenti di cui hanno bisogno; tornati a Mosca continuano ad incontrarsi in segreto, pur tra paure e rimorsi.
Un giudice istruttore si reca in un villaggio per indagare sul suicidio di un agente d'assicurazione e rimane intrappolato lì per tutta la notte da una tempesta di neve, mentre i testimoni aspettano a loro volta sul luogo del delitto. Il giudice ha tempo di rimanere turbato dalla vicenda.
Alla vigilia delle nozze, Nadja sente che non sopporterà la vita borghese, e supplica l'amico di famiglia Saia d'accomnarla a Pietroburgo, dove comincia una nuova vita. Nadja torna a far visita ai suoi e Sasha muore, ma lei ha imparato la lezione e preferisce tornare a vivere da sola.
Per la costruzione di un ponte un ingegnere compra una villa e vi si trasferisce con moglie e lia; cercano di familiarizzare con i contadini del luogo, che sono brava gente, ma li ricambiano con scherno e diffidenza, perché rappresentano il progresso; alla fine l'ingegnere dovrà andarsene ed ai contadini dispiacerà perdere quei vicini gentili ed educati, senza sapere perché.
Treplev è un giovane appassionato di teatro che ha allestito uno spettacolo in casa dello zio Sorin, e, nel ruolo di protagonista, ha chiamato Nina, l'ereditiera di cui è innamorato. Sua madre Irina, attrice al tramonto, guasta tutto per gelosia, e Treplev si dispera. L'amministratore di Sorin, Samraev, è un essere avido e meschino; sua lia Masha è corteggiata dal povero e mediocre maestro Medvenko, ma in segreto ama Treplev, ed è disperata perché capisce di non avere possibilità. Completa il quadro Trigorin, esponente dell'intellighenzia, stimato e famoso, che funge anche da amante di Frina. La depressione di Treplev aumenta quando si rende conto che Nina si sta innamorando di questi (caricatura, forse, di Cechov stesso). Treplev tenta il suicidio, non prima d'aver però invano sfidato a duello Trigorin, che ormai rappresenta tutto il negativo della società borghese: un onesto professionista senza ideali e dedito al dongiovannismo, tanto più repellente quanto più di successo; per evitare ulteriori screzi, Irina si porta via Trigorin, ma Nina lo raggiunge a Mosca e comincia una nuova vita con lui. Due anni dopo Masha è sposata al sempre più mediocre Medvenko, e non ha dimenticato la sua passione; Nina è stata abbandonata da Trigorin ed ha fallito come attrice; Treplev ha abbandonato le velleità giovanili ed incomincia a scrivere come Trigorin: quando rivede Nina le offre nuovamente il suo amore, ma ormai il suo destino è segnato e se ne va. Treplev si uccide. Treplev è un debole, incapace di vivere; Nina, il 'gabbiano' ucciso (da Trigorin) per futilità, è invece ancora piena di coraggio e continuerà.
In casa del professor Serebryakov si svolge ogni giorno un rituale di odio a cui prende parte un piccolo gruppo di falliti: la vecchia Marja odia tutti ma conserva una grande stima per il genero; questi ha dedicato la vita agli studi, ma è rimasto fondamentalmente un mediocre; Elena, la seconda moglie, è giovane e bella, e soltanto ora si rende conto dello sbaglio che ha commesso sposando un uomo ormai vecchio e malato. Vanja, lio di Marja e fratello della prima moglie del professore, è sempre vissuto all'ombra dell'illustre famiglia, ammazzandosi di lavoro nella fattoria mentre lui frequentava i cenacoli degli intellettuali, ed ora si rende conto d'aver sprecato la propria vita: disprezza tutti, nutre un odio viscerale per il cognato e tenta di rubargli la bella moglie; frustrato e fallito, beve; beve anche Astrov, il brillante medico di famiglia, afflitto da un profondo pessimismo e sull'orlo del nichilismo; lo ama in segreto la brutta Sonja, lia di primo letto del professore, una ragazza brava e laboriosa su cui ora ricade tutta la responsabilità della fattoria; l'unica con cui può confidarsi è la matrigna. Questa decide di intercedere in suo favore, ma così scopre che l'inedia di Astrov è causata da una violenta passione per lei, e quasi cede al suo abbraccio. A Sonja non ha il coraggio di dire la verità, ma la ragazza è abbastanza abbattuta da capire d'essere stata rifiutata. Il professore convoca tutti per proporre una sua idea: vendere il podere e comprare una casa in Finlandia; Vanja impazzisce di collera: gli rinfaccia di aver lavorato come uno schiavo tutta la vita per tenere in piedi il podere, d'aver passato la notte con Sonja a tradurre libri per lui e d'aver sacrificato ogni soldo affinché lui potesse proseguire i suoi studi. L'alterco provoca il panico nelle donne, già scosse da Astrov, ed imbarazzo negli altri. Vanja perde il controllo di sé, spara un colpo di rivoltella contro Serebrjakov, ma lo manca; stravolta, Elena decide di partire con il marito, andandosene da quella casa. Disperato ed oppresso dalla vergogna, Vanja ruba una fiala di morfina dalla borsa di Astrov per suicidarsi; lo scoprono in tempo, lo costringono a rappacificarsi con il cognato, e, partiti i due, Sonja lo convince a rimettersi al lavoro con lei, come un tempo. Rimasti soli, Sonja sfoga la sua tristezza: sono sì condannati a lavorare, senza alcuna gioia, per gli altri, ma lei crede che saranno ricompensati dopo la morte, con il riposo eterno in paradiso. All'anima turpe, devastata da un'orrenda sofferenza, di Vanja, si contrappone l'animo buono e semplice di Sonja, ancora fiduciosa; entrambi sono degli sconfitti senza speranze di rivincita.
Nella casa del vecchio Grigorij vivono la seconda moglie Varvara, il lio sordo Stepan e sua moglie Aksikja. Il vecchio e la nuora conducono gran parte del commercio. Il lio Anisim vive lontano, e durante una sua visita a casa, i parenti trovano una moglie per lui: è Lipa, una povera stupidella di famiglia poverissima, a cui non sembra vero di ammogliarsi. Dopo il matrimonio Anisim riparte, lasciando Lipa a fare da umile serva nella casa paterna. Quando nasce il suo bambino, Lipa gli dedica tutta se stessa. Si è scoperto che Anisim è uno spacciatore di monete false e viene condannato a sei anni di lavori forzati. Il vecchio Grigorij vuol proteggere il nipotino, lio d'una sciocca e d'un criminale, e, pertanto, gli lascia nel testamento un largo pezzo di terra. Allora Aksinia va su tutte le furie: minaccia d'andarsene, di smascherare i commerci illeciti del vecchio e di mettersi in società con altri. Ormai è lei la più attiva in famiglia ed i vecchi, spaventati, cedono subito. Nella sua furia Aksinja insulta la povera Lipa e versa acqua bollente sul piccino, uccidendolo; infine scaccia Lipa, che se ne torna stordita dalla madre: In breve Aksinja diventa la padrona assoluta, al punto di negare il cibo al vecchio, che deve accettare l'elemosina di Lipa. Dramma familiare, con due 'umiliati', Grigorij e Lipa, ma assai diversi: l'uno (ricco e codardo) finirà nella miseria, l'altra (semplice, umile e buona) tornerà semplicemente al punto di partenza. Uno dei racconti più feroci.
In una città di provincia vivono le tre sorelle Prozorov, attorniate dalla futile ed indolente aristocrazia locale, composta per lo più da ufficiali. Olga, insegnante, fiera di lavorare, vorrebbe tornare a Mosca; Masha è infelice perché a diciotto anni ha sposato l'insegnante Kuljgiu, ed ora lo trova stupido; Irina ha vent'anni ed è corteggiata da Tuzenbach. Il loro padre è morto, capofamiglia è il fratello Andrej, fidanzato alla timida Natasha: il volgare Solenij, l'affettuoso Cebutjkin, ed il fresco arrivato Versinin completano la cerchia degli ufficiali. Andrej sposa Natasha, lei è moglie meschina e madre apprensiva, lui, annoiato, perde al gioco, fino ad ipotecare la casa; Masha diventa l'amante di Versinin, mentre anche Solenij corteggia Irina, che, stanca di quella vita insulsa, anela Mosca, che le appare sempre più un'illusione, e, per la disperazione, accetta di sposare il brutto Tuzenbach, ora borghese. Un incendio distrugge mezza città, ed i Prozorov si prodigano per accogliere le famiglie senza tetto, compresi i Versanin: Natasha si comporta come la padrona di casa, ingrigendone la vita con i suoi modi borghesi. Solenij, geloso, provoca e sfida a duello Tuzenbach alla vigilia delle nozze, e lo uccide. Il reggimento si trasferisce, portandosi via Versinin e lasciando un grande senso di vuoto. Ora Masha ed Irina sono sole, in lacrime, senza un futuro; Olga cerca invano d'infondere nuova fiducia: le aspetta di nuovo la noia d'una vita senza meta.
Ljuba torna a casa dopo un periodo trascorso all'estero per rimettersi dalle sciagure che le hanno tolto il marito ed il lio; la sua proprietà è in pericolo a causa della sua maldestra amministrazione, ma lei non se ne rende conto. Con lei torna la lia Anja, per la quale spasima lo studente Trofimov, già precettore del bambino defunto; a casa era rimasta invece Varja, lia adottiva con la testa sulle spalle, conscia dei pericoli che incombono sulla casa, e che tutti danno per fidanzata con il mercante Lopachin, nonostante lui non si sia mai proposto. Questi, milionario, consiglia di costruire, nel giardino dei ciliegi, villini per i villeggianti, ma Ljuba e suo fratello Gajev non capiscono che il fallimento è alle porte, che presto ci sarà un'asta: Ljuba continua, al contrario, a sprecare soldi. Tutti vanno incoscienti incontro alla deriva, salvo Lopachin, che continua ad avvertirli, e Trofimov, idealista, che crede in un futuro migliore e ne parla con accenti profetici; Trofimov esalta la nobiltà del lavoro contro l'inerzia della classe intellettuale, ma disprezza, al tempo stesso, il mercante, che è l'unico ad aver sempre lavorato sodo, per i suoi modi meschini. La proprietà viene inevitabilmente messa all'asta, e, mentre in città si decidono i loro destini, Ljuba, Anja, Varja ed i loro amici danno una festa e danzano; Ljuba spera che Gaev riesca, grazie ad un po' di credito ottenuto dai parenti, a vincere l'asta, ma la proprietà viene invece acquistata da Lopachin, il quale si prende così la rivincita sugli antichi padroni della sua famiglia: ora potrà abbattere il giardino dei ciliegi. I vecchi padroni se ne fanno in sordina, relitti: Ljuba verso nuove follie, Anja abbracciata a Trufimov (studente da sempre, che non prenderà mai la laurea), Varja privata della sua vita e contesa fra l'opportunità di sposare il nuovo, meschino padrone ed il dolore d'aver già perso tutto. Decadentismo (la decadenza d'una famiglia irresponsabile, senza nerbo, inerte), simbolismo (il giardino, simbolo di un'epoca ed una classe sociale destinata a soccombere).
Ivanov è un possidente sprofondato nella più tetra abulia; ha sposato Anna, un'ebrea che perciò è stata diseredata dalla sua famiglia, e che ora sta morendo di tisi. Le ansie provocate dal comportamento di Ivanov non fanno che affrettare i tempi della malattia, ma Ivanov non prova più nulla per lei, salvo un vago senso di colpa, e non fa nulla per aiutarla; pensa solo a curare i suoi affari presso il volgare Borkin. La Lebedev maligna sull'infausto matrimonio, ma sua lia Sasha, invece, è innamorata di Ivanov, che invita a rinascere; Anna, che ha sacrificato a lui ogni cosa, li sorprende in flagrante, e ciò acuisce il senso di colpa di Ivanov: le finanze vanno a rotoli, e la creditrice Lebedev minaccia di rovinarlo. È conscio del proprio cinismo e della catastrofe incombente, ma è come impotente a cambiare. Per la prima volta la moglie gli si rivolta contro, accusandolo d'averla ingannata e di stare ora ingannando Sasha per ingannare i Lebedev: Iavnov perde le staffe e le grida in faccia che la sua malattia è mortale. Morta Anna, Ivanov accetta di sposare Sasha, nonostante tutti trovino ridicolo quel matrimonio fra un uomo tetro ed avvizzito ed una fanciulla fresca: Sasha è decisa, e quando Ivanov si vorrebbe tirare indietro perché conscio di non poterla rendere felice, lei lo costringe ad andare fino in fondo; uno dei maligni, Lvev, l'insulta però in pubblico e lo sfida a duello; Sasha lo difende davanti a tutti dando, anzi, la colpa della morte di Anna ai pettegoli; ciononostante Ivanov, stanco, si suicida.
È la storia di Olga, cui la sorte ha riservato un destino crudele: ogni volta che s'innamora di qualcuno, capita qualcosa che glielo porta via; è così bisognosa d'affetto che s'affeziona subito a qualcun altro, dedicandogli tutta sé stessa, ma ogni volta finisce male.
Il medico Starcev s'innamora di Kotik, la giovane viziata di casa Tevikin, ma lei ha sogni di gloria artistica e parte per Mosca. Torna quattro anni dopo, molto cambiata, desiderosa di riallacciare i rapporti con Starcev, ma ora è lui che non vuole più sposarla, preferendo la routine a cui s'è abituato.
Alechin racconta l'amore segreto che lui e la moglie di un amico nascosero anche a se stessi per non compromettersi e come soltanto nel momento dell'addio si fossero detti la verità, rimpiangendo di non averlo fatto prima.
La maestra d'un villaggio ripensa alla sua infanzia, prima che morissero i suoi genitori, ed alla sua situazione attuale, che sarà probabilmente la stessa per sempre.
Un vecchio che sa di dover morire approfitta d'un ospite per parlare della propria esistenza, tirando in ballo la giovanissima moglie, i li, il podere, e riuscendo soltanto ad annoiarlo.
Vera ritorna al villaggio, da cui, bambina, era partita dieci anni prima: il padre è morto, lasciandola padrona, ma la fattoria va avanti ancora con i metodi disumani della zia e del nonno, che arrivano a picchiare i contadini; lei si annoia ed è disgustata, ed alla fine, giusto per cambiare, decide di sposare l'unico partito disponibile.
Un giovane di camna prima si strugge di gelosia perché l'amata lascia il paese con un uomo sposato, poi la raggiunge in Italia e si fa rovinare da lei.
In un paese si vive nello squallore più assoluto: ignoranza, volgarità, dissolutezza, egoismo, ottusità, bestialità. La locanda dei Terechov è simbolo di questo stato: due anziani fratelli, una sorella e la lia d'uno di loro, imbevuti di fanatismo religioso, si odiano fino al punto da accapigliarsi; Aglaja, la sorella, ucciderà Matvej, che considera responsabile di tutte le loro sciagure, quando, sotto lo sguardo indifferente dell'adolescente Dasutka, questi aggredisce l'altro fratello Jakov; il delitto verrà scoperto ed i compaesani gioiranno nel vederli arrestati, condannati e deportati, Aglaja in Siberia, Dasutka data come concubina ad un colono, Jakov a Sakhalin; nella solitudine e nella disperazione, però, Jakov ritroverà la fede.
Zaptev, lio d'un mercante, sposa Julia, che, benché non l'ami, accetta spinta dalle necessità. Lui è ricco e la porta a Mosca, ma la vita in comune è un inferno: la morte della sorella Nina, già abbandonata dal cinico marito Panaurov, ed i dissapori matrimoniali avvelenano la vita di Zaptev, che quasi rimpiange l'amante Paolina; la morte della loro bambina, la crisi esistenziale del fratello Fëdor e l'imminente morte del padre maturano Zaptev, che riesce a poco a poco a prendere in mano le redini dell'azienda e del matrimonio, e capisce che poco importa se nessuno dei due lo entusiasma: potrà infondere in entrambi la sua personalità, e quello non è che l'inizio della sua vita.
Un vecchio costruttore di bare assiste alla morte di sua moglie ed è colto dai rimorsi a pensare che per cinquant'anni non l'aveva degnata di attenzioni. Si rende conto di quante cose non ha fatto in quei cinquant'anni; piange in punto di morte, ed il suo ultimo pensiero è per il suo violino, che regala ad un goffo ebreo perché non vada perduto.
Anna ha ereditato la fabbrica del padre, ma l'essere una padrona l'ha isolata dal mondo, lasciandole una cerchia d'amicizie fatta soltanto dei notabili dell'azienda; inganna il tempo facendo beneficenza, ma non sa fare bene neppure quello; è in età da marito e segue con compassione le pene della sua bella cameriera innamorata d'un cameriere che, invece, vuole sposare una ricca. È Natale, e l'eccitazione della festa le fa pensare al suo futuro: finora l'unico uomo ad averla colpita è stato l'operaio Pimenov; le donne di casa le consigliano di sposare ora un ricco mercante ora un bel giovane, e, alla fine, lei accetta, prendendola sul serio, la battuta di sposare Pimonov; quando si rende conto che tutte scherzavano, corre a ritrattare. La sera compatisce malinconicamente la cameriera e sé stessa.
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