letteratura |
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La storia comincia col racconto della triste nascita di Tristano (nome voluto dalla madre per ricordargli in eterno le vicende legate alla sua nascita) e con la morte della madre causata dalle fatiche del parto e dal dolore per il marito deceduto durante un combattimento contro il duca Morgan. Il piccolo Tristano viene scambiato come lio del siniscalco Rohalt e di sua moglie Enide, in modo da salvargli la vita al momento dell'entrata di Morgan nel palazzo. Il piccolo Tristano cresce nell'inconsapevolezza di essere sotto il dominio di colui che ha ucciso i suoi genitori. All'età di sette anni, comincia l'addestramento del giovane da parte di Governale, un uomo tanto abile nell'arte della guerra quanto nell'utilizzo dell'arpa per raccontare poesie accomnandosi con essa; questi lo educa negli antichi ideali dell'onore, nel rispetto per i deboli e gli oppressi e verso la donna amata.
Un giorno approdò al porto davanti al castello di Kanoel una nave di
Vichinghi; incuriosito dagli stranieri Tristano si avvicinò ad essi
chiedendo maggiori informazioni sui luoghi di provenienza. Essi lo convinsero a
salire con la scusa di mostrargli quanto fossero salde le loro vele. Non appena
salì sulla nave, venne legato e fatto prigioniero per essere venduto
come schiavo; pregò il mare di aiutarlo, e dopo otto giorni di tempesta,
nelle vicinanze di una terra sconosciuta, i barbari lo lasciarono su di una
scialuppa.
Al suo approdo sull'isola di Cornovaglia vide un cervo ferito, udì un
gran abbaiare di cani da caccia e sopraggiunsero i cacciatori che uccisero il
cervo. Dopo aver insegnato ai cacciatori come scuoiare un cervo, venne condotto
a Tintagel alla corte di re Marco al quale si presentò come lio di
mercanti. I due erano inconsapevoli l'uno verso l'altro di essere
rispettivamente zio e nipote: infatti la regina Biancofiore, madre di Tristano
era sorella del re.
Nel vecchio castello di Kanoel, il suo padre adottivo venne rinchiuso in una
torre e condannato ingiustamente a morte da Morgan. Una notte riuscì a
fuggire in mare con una barca e dopo un lungo viaggio in balìa delle
onde, giunse finalmente in una terra sconosciuta: approdò anch'egli in
Cornovaglia. In quel momento passava Tristano che riconobbe il proprio padre e
lo condusse alla corte di re Marco. I cortigiani erano dubbiosi sull'origine
del ragazzo straniero, perché dimostrava doti da cavaliere quindi Rohalt
spiegò ad essi l'origine regale di Tristano e delle vicende legate alla
sua nascita e così lo zio lo nominò cavaliere. Il primo pensiero
del re fu quello di recuperare il territorio una volta appartenuto alla sorella
e adesso ingiustamente sottratto da un uomo senza pietà. Sir Tristano
salpò prendendo con sé solamente dieci valorosi guerrieri: non aveva
bisogno di portare con sé tanti uomini: se era vero che Morgan fosse un feroce
tiranno, gli uomini l'avrebbe trovati al suo arrivo. E così fu. Infatti
fin da quando la loro nave era apparsa all'orizzonte con le insegne regali del
vecchio re, la gente si affollò al porto armata di forconi e di tutto
quello che disponeva per ridare il trono in mano alla vecchia dinastia. Dopo
uno scontro, nel quale morì Morgan, Tristano si apprestò a
riprendersi il trono rubato al padre, ma per riconoscenza lo diede al fedele
Rohalt che per tutto quel tempo l'aveva cresciuto come lio proprio. La sera
stessa ritornò in Cornovaglia con i dieci prodi cavalieri con cui era
partito.
Ma al suo ritorno non trovò gente festante ad accoglierlo, l'intera
città e la corte erano affranti da una tristezza immensa, infatti era
giunto il periodo del 'quarto amento', l'ultimo dei debiti
contratti con il re d'Irlanda alcuni decenni prima, il quale prevedeva la
cessione, da parte del re di Cornovaglia, di trecento ragazzi e di trecento
ragazze. La maggiore preoccupazione di re Marco, (oltre a quella della vita dei
ragazzi) era l'impossibilità di rifiutare l'accordo perché nessuno
sarebbe stato capace di battere il Moroldo, uomo alto e possente fratello del
re d'Irlanda. Tristano si offrì di sfidarlo e lo scontro avvenne
nell'isola di San Sansone con la vittoria di Tristano e un pezzo della sua
spada si conficcò nella testa del Moroldo. Una volta tornato a Tintagel
cadde stremato sulla spiaggia.
Le ferite che comunque aveva riportato nello scontro sarebbero guarite in poco
tempo; però così non fu, infatti dopo qualche tempo le ferite
invece di chiudersi si aprivano sempre di più e cominciavano a marcire e
Tristano assumeva sempre di più un colore pallido. Governale si accorse
che la spada dell'irlandese era stata avvelenata. Sentendosi alla fine,
espresse il desiderio di poter morire su di una barca nel mare con in mano la
propria arpa. Il suo desiderio fu esaudito e per diversi giorni navigò
in balìa del vento e delle onde finché non fu tratto in salvo da una
nave di pescatori, e trovandosi in Irlanda, dichiarò ad essi di
provenire dalla Francia sud-occidentale. Venne portato in un palazzo, in una
stanza dove una bella fanciulla dai lunghi capelli biondi utilizzando unguenti
e filtri particolari, in breve tempo risanò Tristano. Nel cuore della
notte, per paura che uno dei cavalieri del Moroldo lo potesse riconoscere,
scappò dal palazzo salpando su una barca di pescatori.
Nessuno a Tintagel si aspettava di veder ritornare Tristano e mentre tutti gioivano
per il suo ritorno, quattro baroni che lo avevano in odio pensavano a come
sbarazzarsene a come screditarlo. Uno dei quattro che temeva Tristano, sir
Andret, propose semplicemente che il re dovesse prendere moglie e avere un
lio da onorare come unico erede. Il re acconsentì ad una tale
richiesta sottolineando in particolare l'insistenza e la lealtà di
Tristano; dichiarò che avrebbe sposato la fanciulla a cui appartenesse
il lungo capello biondo che quella mattina una rondine aveva posato sul suo balcone.
Il giovane cavaliere si offrì volontario di adempiere alla richiesta del
re, portando con se i dieci uomini che lo avevano già accomnato
contro Morgan, fece rotta verso l'Irlanda per convincere la principessa che lo
aveva salvato da morte certa a sposare il suo re. Siccome la terra in cui si
apprestavano ad entrare era una terrà proibita per loro, Tristano
ordinò che i cavalieri si togliessero le armi e i ricchi abiti di cui
erano vestiti: si sarebbero presentati come dei mercanti volenterosi di vendere
merci. Recandosi un giorno in una locanda udì un verso orrendo che fece
impallidire i clienti dell'osteria e l'ostessa.Era il mostro di Wexford che
aveva annunciato la sua discesa in città il giorno dopo per cibarsi di
una fanciulla. Lo stesso Moroldo aveva paura a battersi con il mostro. L'alba
del giorno dopo mentre Tristano stava facendo il giro delle mura della
città, il mostro emise il suo orrido verso e vide cinque cavalieri
scappare urlando. Ne prese uno fermandolo per i capelli: era sir Aguerran il
rosso, il quale gli disse di scappare dalle grinfie del mostro. Tristano
continuò per la sua strada e vide l'orrida creatura, e dopo averla
uccisa taglio la lingua e se la mise tra il petto e l'armatura. Ma per
l'eccessivo calore emanato svenne vicino ad una pozza dove si era fermato per
bere. Sir Aguerran tornando sul luogo del misfatto vide quello che era successo
e approfitto della situazione dichiarando di essere stato lui a uccidere il
drago portando a palazzo come prova la testa mozzata del mostro. Questa fu la
sua fortuna: infatti il re aveva promesso la mano di sua lia a chi fosse
riuscito a uccidere il mostro. Il re annunciò al vile cavaliere che dopo
tre giorni avrebbe avuto in sposa la lia. Ad ella egli annunciò
l'uccisione della bestia e il nome del suo nuovo marito. L'ancella Brangenia
notò un particolare: nella testa del drago mancava la lingua. Dopo delle
attente ricerche finalmente trovarono Tristano esanime e con lui trovarono la
lingua del mostro. Dopo avere ripreso conoscenza Tristano seppe che si doveva
battere con sir Aguerran. Mentre dormiva, Isotta capì da un particolare
della spada di Tristano che questi era il responsabile dalla morte di suo zio.
La sua furia fu tremenda e voleva a tutti i costi uccidere Tristano ed egli si
giustificò dichiarando di essersi battuto in leale duello e
spiegò il motivo del suo viaggio. Il giorno delle nozze, con uno
stratagemma, smascherò il trucco del cavaliere e quindi sir Aguerran fu
esiliato per sempre dall'Irlanda. Ella riuscì anche ad ottenere il
perdono per Tristano da parte del re il quale diede il permesso al valoroso
cavaliere di prendere Isotta come era suo diritto. Dopo alcune settimane di
preparativi per le nozze, finalmente partirono e le due ancelle di Isotta
l'accomnarono per il viaggio. La regina preoccupata per la lia costretta
ad amare una persona di cui aveva solo sentito il nome, ordinò allora a
Brangenia che alla fine del pranzo regale avrebbe dovuto versare un filtro
d'amore nelle coppe dei due sposi affinché il loro amore durasse eternamente.
Il viaggio incominciò e dopo alcuni giorni di navigazione si fermarono
in un'isola per riposarsi e per fare dormire la povera ancella malata di
febbre. I naviganti scesero a terra e Tristano e Isotta mangiarono insieme dei
frutti e bevvero del vino, ma purtroppo il vino non era vino, era il filtro
d'amore che la madre della principessa aveva preparato e questo episodio
segnò l'inizio della fine per i due amanti. Una volta tornati in
Cornovaglia cominciarono i preparativi per le nozze e tutta la città era
in festa per il lieto evento, ma i due sventurati erano infelici, potevano
avere solo fugaci incontri notturni avvolti in cappe nere che li coprivano da
occhi indiscreti. L'unica soluzione che Brangenia poté dare al problema di Isotta
era quello di non incontrare più Tristano. Venne il giorno delle nozze e
i festeggiamenti raggiunsero il culmine nel torneo al quale parteciparono tutti
i cavalieri della Tavola Rotonda, ed era appunto con uno di questi che si
doveva battere Tristano nell'ultimo scontro: sir Lancilloto. La regina Isotta
ben sapeva quanto fosse abile il cavaliere ed era in apprensione per suo
nipote, cercando di non darlo a vedere, ma questo non gli riuscì; i
quattro nemici di Tristano notarono lo stato d'ansia della regina e così
iniziarono la congiura contro il cavaliere nemico. Cominciarono avvertendo re
Marco della storia d'amore tra la regina e il nipote. Il buon re non volle
credere a delle accuse così basse e infamanti a carico dell'amato
nipote, al quale tuttavia ordinò di allontanarsi per un certo periodo di
tempo, finche lui non lo avrebbe richiamato, perché a palazzo vi erano delle
persone alle quali era poco gradito. In esilio i giorni trascorrevano male per
il povero Tristano che cadde sempre di più in uno stato di cupa
depressione. Governale non seppe trovare altra soluzione che convincerlo a
tornare a Tintagel per rivedere la sua amata, certo correndo gravi rischi ma
salvando così se stesso e la regina.
Intanto Isotta che viveva nella più grande tristezza, si rincuorò
nel vedere un messaggio mandato dal suo amato che le diceva di incontrarsi la
sera stessa nel giardino. Il nano Froxin, che aveva notato tutto,
avvertì il suo padrone sir Andret che il vile Tristano era tornato in
città. La sera stessa mentre Isotta si recava all'appuntamento, i
quattro maldicenti trattennero re Marco convincendolo a parlargli del suo
incontro con re Artù. Appena il nano lanciò il segnale
concordato, i quattro cavalieri condussero il re fuori nei giardini e vide la
scena dei due amanti. Il re confuso ordinò che fossero legati e condotti
in prigione. All'alba Tristano fu messo su di una carretta in segno di scherno;
prima che fosse condotto al rogo volle fermarsi in una cappella dalla quale era
impossibile scappare in quanto sorgeva su di una rupe e a questo punto il
povero cavaliere preferì la morte sulle rocce piuttosto che sul rogo e
così fece sparendo nel nulla. Questo episodio non smosse assolutamente
l'interesse collettivo e su di un'altra carretta veniva condotta al rogo la bella
Isotta.
Tutto era pronto per l'esecuzione, ma ad un certo punto arrivarono i lebbrosi;
il loro capo vedendo la situazione della regina chiese che ella fosse data a
loro piuttosto che arsa viva. La povera Isotta preferiva la morte sul rogo a
quella con i lebbrosi e i quattro cavalieri traditori volevano la morte lenta e
sofferta della lebbra. Il re non seppe cosa rispondere ed ecco Ivano il loro
capo che sciolse le funi che legavano la sventurata al palo e la portarono
nella foresta. Tristano era riuscito a salvarsi e una volta ritrovato
Governale, era pronto a correre in soccorso dell'amata non appena il fuoco
fosse stato acceso; ma vedendo questo cambio di programma e non volendo
infierire troppo con le spade si fecero largo tra la folla di lebbrosi e
liberarono Isotta. Con essa fuggirono attraversando paludi e praterie e si
fermarono solo quando ebbero la sicurezza di non essere rintracciati.
La vita nella foresta (del Morrese) che avevano scelto come rifugio era
piuttosto dura, si erano dovuti costruire un rifugio e archi e frecce per la
caccia; i soli frutti che potevano mangiare erano quelli che crescevano
spontaneamente. Tutto questo finché non sopraggiunse l'inverno e le cose per
itre peggiorarono. La fine della brutta stagione fu segnata dallo spuntare dei
fiori e dal cantare degli uccelli. Nel frattempo i quattro traditori convinsero
re Marco che l esistenza di Tristano non era una garanzia per il suo trono.
Così gli armigeri dei cavalieri cominciarono a battere la foresta. Per
convincere gli uomini del bosco a collaborare nelle ricerche, offrivano loro
trenta denari per chiunque avesse rivelato il loro nascondiglio. Un giorno sir
Denoalen, saputo dove si trovava Tristano, volle andarci lui steso per
ucciderlo o per condurlo dal re. Governale era uscito prima degli altri dalla
capanna per abbeverare il cavallo e quando udì l'abbaiare dei cani si
mise subito dietro ad un albero. Quando sopraggiunse il cavaliere con i suoi
cani, il fedele di Tristano balzò fuori dal suo nascondiglio e
tagliò di netto la testa del vile., montò a cavallo e se la
portò via. Al ritorno di Governale al rifugio, i tre furono costretti a
scappare e vagarono per due giorni e due notti. Una mattina i due uomini erano
usciti per andare a caccia e un boscaiolo sbucato fuori da un nascondiglio
corse ad avvertire il re nel suo castello
della presenza dei due amanti nella foresta. Intanto Tristano era
ritornato e stanco, si era steso vicino la sua amata ponendo la propria spada
fra i due. Infatti quando venne il re notò la presenza dell'arma fra i
due e non fu capace di trovare le prove del loro tradimento. Per lasciare ai
due un segno del suo passaggio, a Isotta sostituì l'anello che il re
stesso gli aveva donato con quello donato dalla principessa e a Tristano
sostituì la propria spada con quella del cavaliere. Uscito dalla tenda
ò il boscaiolo come promesso.
Quando si accorsero dello scambio ripresero a vagare senza una meta precisa per
sfuggire alla morte. Governale tornò al rifugio e incontrò il
contadino traditore che stava preparando una trappola per cinghiali. Non si
sarebbe insospettito se non avesse visto nulla sotto la veste. La volle aprire
e vide una sacca contente trenta denari e riconobbe il contadino come la spia
che li aveva traditi e spinse l'uomo nella buca. Al tramonto della giornata
arrivarono nei pressi di una casa di legno e ne uscì un frate eremita di
nome Ogrino. Dopo aver lasciato i cavalli a pascolare mangiarono con lui e gli
raccontarono della loro triste vicenda e di come fossero iniziati i loro guai.
Insieme al vecchio capirono che la colpa di tutto non era loro, ma del destino.
Tristano non considerava giusto il fatto che Isotta dovesse vivere di stenti
invece di poter comandare dei sudditi come una regina; nel contempo Isotta
chiedeva a Ogrino come poter fare per far sì che il Fiore della
cavalleria (così era considerato Tristano presso la corte di Tintagel)
degno di sedere alla tavola rotonda non appassisca. Il vecchio frate
trovò la soluzione semplicemente consigliando alla donna di ritornare
dal proprio marito e di chiedere pietà per sé e per Tristano. Lo stesso
frate si fece da portavoce per i due consegnando personalmente un messaggio a
re Marco. Dopo aver letto il messaggio, chiese consiglio ai suoi baroni e
tutti, tranne i tre rimanenti traditori, furono concordi nell'affermare che
dovesse riprendersi la regina. Aggiunse poi rivolgendosi al frate di ritornare
da Tristano con l'ordine di riportagli Isotta con la promessa che la sua sorte
l'avrebbe decisa al momento e che comunque non gli avrebbe fatto del male. Dopo
due settimane l'appuntamento con re Marco era in un punto del fiume chiamato
Guado Avventuroso. Isotta salutò il suo amato lasciandogli un anello di
smeraldo che avrebbe potuto inviarle in qualsiasi momento e che qualunque fosse
stata la richiesta, lei l'avrebbe eseguita. Dopo che Isotta tornò fra le
braccia del re, i due si incontrarono in mezzo al fiume e dopo essersi ripreso
ognuno la sua spada, re Marco lasciò Tristano con l'ordine di
allontanarsi dalla città e di potervici ritornare esclusivamente ad un
suo comando.
Per mantenere la promessa fatta ad Isotta, appena uscito dalla vista delle
sentinelle rientrò nella foresta e si nascose nella casa di un contadino
conosciuto da Brangenia. Sir Andret, sir Aguenelon e sir Gondoine, fecero pedinare
Tristano dal nano Froxin il quale tornato da loro, propose un modo sicuro ed
infallibile per catturarlo. I tre il giorno dopo andarono dal re e reclamando
il fatto che a suo tempo la regina non fosse stata sottoposta a regolare
processo, proposero per Isotta la prova del fuoco divino. Dopo due giorni,
Brangenia con panni da lavandaia si recò da Tristano richiedendo il suo
intervento a favore della regina che temeva per la propria vita. Anche lo
stesso buon re Marco era preoccupato per la vita della povera Isotta e
più di ogni altra cosa temeva l'assemblea dei baroni. L'appuntamento per
i due era nel giardino reale di notte e nello stesso luogo si erano appostati i
tre baroni: sir Gondoine con la balestra, sir Guenelon dietro un cespuglio e infine
sir Andret dietro una porta armato di un pugnale. Appena Tristano entrò
nel giardino subito si accorse della presenza di altre persone: dopo due anni
di vita nella foresta sviluppo l'udito in maniera molto sensibile. Con una
abile stratagemma riuscì a far scoprire sir Guenelon uccidendolo.
Gondoine si apposto dalla finestra dalla quale si era affacciato e venne
trafitto da una delle infallibili frecce di Tristano che lo colpì in
piena fronte; Andret riuscì a fuggire e dopo aver cavalcato tutta la
notte, si rifugiò nel suo castello dando l'ordine di far alzare il ponte
levatoio. Il cavaliere prese i corpi dei due baroni e li getto nel mare. Andret
sparì dalla circolazione e nessun altro chiese più il giudizio di
Dio. Governale vide uscire il nano Froxin dal giardino e lo uccise colpendolo
con un bastone.
Il dolore di Isotta nel vedere partire il suo amato era talmente grande che
raramente riusciva a sorridere senza di lui e quelle poche volte che ci
riusciva, mostrava una tale tristezza in volto che era impossibile non notarla.
Intanto il suo amato cavaliere vagava di corte in corte mettendosi ogni volta
al servizio di diversi re; combatte i barbari scozzesi insieme ai cavalieri
della tavola rotonda. Un giorno il re della Frisia lo chiamo a corte
chiedendogli quale fosse il vero motivo delle sue battaglie; come prima
risposta Tristano diede quella di combattere per le insegne regali, ma il
sovrano si accorse che non era il vero motivo; il cavaliere rispose allora di
combattere per la gloria personale, ma neanche questo era accettato come
motivo. Alla fine fu lo stesso re a dare la reale motivazione dei suoi
combattimenti: la morte. Infatti il sovrano stesso non capiva perché, durante i
combattimenti, Tristano si esponeva più volte alla traiettoria delle frecce.
Per ben due anni Tristano e il suo amico vagarono senza una meta precisa e la
loro fama si diffuse in tutto il mondo. Per la lontananza alla quale erano
stati costretti i due amanti, ognuno dei due credeva che l'altro si fosse
volontariamente o involontariamente dimenticato dell'amore esistente. Dopo il
lungo vagabondare, Tristano e Governale salparono su di una nave senza
conoscerne la destinazione e si ritrovarono nella Bretagna. Dopo essersi
addentrati nel territorio, uno spettacolo terribile si presentò loro:
morti e ovunque case bruciate e segni di distruzione. Lungo una strada veniva
dal lato opposto uno strano individuo, disarmato, che si portava appresso poche
cose e in particolare un liuto. Si presento come un menestrello di nome
Wiligelmo. Alla domanda del perché di tale distruzione, l'uomo rispose che
tutto ciò era dovuto al fatto che il conte Urnoy di Nantes pretendeva la
mano della lia del duca di Hoel. Il cavaliere reputando ingiusto il fare del
conte propose subito al suo scudiero di mettersi al servizio del duca. Lo
stesso menestrello indicò ai due la strada per il castello assediato
Charaix. Il giorno dopo si presentarono al castello e Caerdino, il lio del
duca li scambiò per nemici, ma quando il cavaliere si presentò venne
dato l'ordine di lasciali passare egli stesso li ricevette mostrando loro il
castello e le sue mura. Per il duca di Hoel si era accesa una nuova speranza di
vittoria. Durante il loro discutere arrivò la lia del duca e quando
venne pronunciato il suo nome, Tristano stava quasi per venir meno, infatti
ella si chiamava come la sua amata: Isotta, Isotta dalle bianche mani per la
caratteristica di avere delle mani dalla pelle bianchissima.
I quattro riunitisi discussero delle soluzioni necessarie da prendere per dare
una svolta al conflitto. Tristano evidenziò la necessità di
uscire allo scoperto per poter colpire Urnoy. Isotta sentendo la loro
discussione e trovando come unica soluzione il suo matrimonio con il conte, lo
propose per poter riportare la pace nella regione. Ma né il duca suo padre né
Tristano non accettarono questa soluzione. Quella sera stessa, trenta cavalieri
corazzati e coperti da un mantello nero capeggiati da Tristano e Caerdino
giunsero al campo di Urnoy distruggendo molte strutture d'assedio e uccidendo molti
nemici. Dopo questo evento in tutto il ducato cominciarono a svilupparsi gruppi
di protesta pronti ad unirsi ad Hoel. Notando la notevole affluenza di fedeli
unitisi, Tristano si congedò dal duca per andare a ordinarli in esercito
- secondo lui - dato fondamentale per la buona riuscita di un combattimento.
Una volta pronto per il combattimento, secondo accordi precedentemente presi
con Caerdino, Tristano fece ammucchiare ed accendere un cumulo di sterlia in
modo che il lio di Hoel potesse riceve il segnale dell'inizio della
battaglia. Ebbe così inizio lo scontro e i primi ad affrontare i
combattenti usciti dal castello furono i soldati di sir Riol e in principio
sembrò volgere in favore di quest'ultimo e tra i soldati di Caerdino cominciò
a serpeggiare molta preoccupazione per il ritardo delle truppe di Tristano.
Riol rimase trafitto dalla lancia di Caerdino e quando i suoi soldati
cominciarono a darsi alla fuga, ecco risuonare i corni e il sopraggiungere la
fanteria del cavaliere. Appena giunto sul campo di battaglia, Tristano
abbassò la lancia e comincio ad andare proprio contro il conte e la sua
scorta e dopo averne eliminati alcuni, si rivolse contro il ribelle che
slealmente uccise il cavallo di Tristano che cadde a terra; ma senza perdere
tempo sguainò la spada e colpì ripetutamente Urnoy facendolo
infine crollare a terra e implorare pietà. Ebbe così fine lo
scontro, il conte giurò fedeltà al duca, fece ricostruire le
città distrutte, rinunciò ufficialmente a Isotta e facendosi
crociato morì in Terra Santa nella guerra contro gli Arabi. Isotta,
avendo osservato il combattimento dall'alto, gioì per la vittoria; in
particolare era contenta per la presenza di Tristano a corte e propose a suo
padre di sposarlo. Il cavaliere accettò a patto che l'amore della
principessa fosse autentico. A palazzo vi furono tutti i preparativi per un
matrimonio ricco e sfarzoso. Caerdino gli donò una collana d'oro e per
mettersela dovette togliersi la borsa di cuoio contenente l'anello donatogli da
Isotta dai biondi capelli al momento della loro separazione e per il povero
cavaliere fu tremendo rivedere quel gioiello. Dopo il matrimonio quendo furono
soli nelle loro stanze, Tristano era sconvolto e non diede neanche un bacio
alla sua sposa ponendo come scusa un voto fatto a San Giacomo di Compostella
durante il combattimento contro Urnoy che se fosse sopravvissuto allo scontro
non avrebbe baciato una donna per un anno intero.
Molto tempo passò senza che i due si baciassero e ne si abbracciassero.
Il motivo di tutto ciò risiedeva nel fatto che in Tristano era ancora
vivo il ricordo della sua amata. Un giorno, mentre era a caccia con Tristano
gli pose la domanda che il cavaliere si aspettava da diverso tempo; come mai
dopo un anno non fosse ancora nato un lio. L'infelice confessò la sua
sfortunata vicenda e il suo amico non fu capace di colpevolizzarlo e in
più riconobbe la sua non colpevolezza attribuendo la colpa di tutto al
destino. Intanto la povera Isotta di Tintagel si consolava nella consapevolezza
che il suo amato non l'avrebbe dimenticata. Un giorno però si
presentò a palazzo sir Cardiac raccontandole dove si trovasse Tristano
in quel periodo e del suo matrimonio. Fu un colpo tremendo per la povera
regina, ma riuscì a non buttarsi giù e anzi reagì
ordinando che il nome di Tristano non fosse più pronunciato davanti a
lei per alcun motivo. Intanto lui passava le sue giornate da solo cavalcando
lungo le spiagge o suonando l'arpa. Il dilemma che maggiormente lo angosciava
era se continuare a vivere con sua moglie, o abbandonare tutto rischiando di
commettere villania e ritornando dalla sua amata; quindi decise insieme al suo
fido Governale di mettere le loro spade al servizio della causa della guerra
santa contro gli Arabi. Ma non volle partire senza aver salutato la sua sposa
che in quel momento passava il tempo dando da mangiare a degli uccellini in
gabbia. Dopo una discussione, Isotta per dare un esempio del suo stato d'animo
paragonò il suo amore a quegli uccellini rinchiusi e così facendo
aprì le loro gabbie e li liberò. Il povero cavaliere sentendo
molto le proprie responsabilità se ne andò con la morte nel
cuore. Tristano però non riuscì a portare a termine i suoi
obiettivi, sulla costa di Bretagna nel frattempo sbarcò una schiera di
terribili pirati capeggiati da Bedalis. Incominciarono a distruggere una
cittadina uccidendone gli abitanti e distruggendone i mulini. A Charaix
arrivarono dei messaggeri per richiedere l'intervento del duca. Tristano in
accordo con Caerdino prese un manipolo di valorosi e accomnato da Governale,
si diresse verso i distruttori. Dopo essersi fermati il mattino seguente in
prossimità del mare, Tristano notò subito una colonna di fumo che
si alzava dalla costa e mandò Governale in esplorazione. Lo scudiero
ritornò portando notizie terribili: Bedalis aveva attaccato un villaggio
di pescatori e imprigionato gli abitanti per rivenderli come schiavi. Partirono
all'attacco, Tristano si occupò personalmente del capo e dei suoi
fratelli. Dopo un durissimo scontro, il vile morì e Tristano
riportò solo una lieve ferita alla spalla. Dopo esser tornati a
castello, la ferita fu pulita dal sangue e il cavaliere fu visitato dal medico
di corte che applicò su di essa un unguento come medicazione. Dopo
diversi giorni la ferita non guarì facendosi più profonda. Fu
palese che il pirata aveva intinto la punta della spada nel veleno. A palazzo
furono convocati i migliori medici di tutto il ducato e i loro sforzi a nulla
servirono per salvare la vita a Tristano.
I
giorni passavano e Tristano diventava sempre più debole, anche se
cercava la morte non era questo un bel modo di morire. Un giorno volle
conferire solo con Caerdino, esclusivamente con lui, al dialogo non doveva
assistere neanche la moglie. Tristano sapeva bene chi fosse l'unica persona in
grado di salvarlo: era Isotta dai biondi capelli; l'unico dubbio dell'amico era
se la regina avesse accolto la richiesta di aiuto. A tal proposito Tristano gli
diede l'anello che Isotta gli aveva donato come pegno d'amore e aiuto
assicurato in qualsiasi circostanza. Gli accordi furono molto precisi: al
ritorno Caerdino avrebbe dovuto issare una vela bianca se a bordo della nave vi
fosse stata la sua amata, altrimenti una nera. Ma Isotta dalle bianche mani
disubbidendo alla richiesta del marito aveva udito tutto il dialogo e fu in
grado da sola di trarre le dovute conclusioni sui veri problemi che
affliggevano lo sposo. Salparono Caerdino e Governale insieme a un equigio e
dopo otto giorni e otto notti ininterrotte di navigazione, giunsero finalmente
in vista delle coste della Cornovaglia, appena giunti si recarono subito a
palazzo per chiedere udienza con la regina portandole dei doni come usanza. Li
ricevette la fedelissima Brangenia che non permise loro l'accesso finché
Caerdino non le diede l'anello di Isotta. Finalmente furono ricevuti e in
accordo con i due, la regina sarebbe partita l'indomani mattina e durante la
notte avrebbe preparato dei filtri. Per non offendere re Marco utilizzò
come scusa della sua assenza, quella di recarsi per qualche giorno nel proprio castello
della Bianca Landa approfittando della presenza di alcuni mercanti bretoni che
si dirigevano proprio da quelle parti. Nel frattempo sir Andret aveva
riguadagnato la fiducia del re ed era tornato a palazzo; sospettando che in
realtà la regina volesse tornare da Tristano, propose al re di scortarla
nel suo viaggio. Il viaggio di ritorno non fu così veloce come quello
dell'andata. Tristano attendeva impaziente il ritorno dell'amata, ma Isotta
dalle bianche mani cercava la vendetta del tradimento. Più volte
Tristano chiese se finalmente fosse giunta la nave con a bordo Isotta dai
biondi capelli e più volte la moglie rispondeva di no. Le cure dei
medici presenti non servirono a nulla, la paura di Tristano non risiedeva
maggiormente nella morte vera e propria, ma nel veder decadere la propria
carne. Intanto la nave sfrecciava sulle onde non curante delle tempeste,
l'unico obiettivo era quello di giungere il più presto possibile a
Charaix. Durante tutto il giorno più volte aveva chiesto se fosse
finalmente giunta la nave. Quando finalmente approdò sulle coste e alla
domanda del cavaliere sul colore della vela, Isotta dalle bianche mani rispose
che era di colore nero: la vendetta di Isotta si era compiuta.
In quel preciso istante Tristano morì, e il suo ultimo pensiero e le sue
ultime parole furono rivolte a Isotta la sua amata. Fingendo e uscendo dalla
stanza, Isotta gridò di dolore e in particolare ordinò di suonare
a morto le campane, ma proprio in quel momento Isotta dai biondi capelli era scesa
a terra e sentire quel rumore fu una sensazione tremenda e si sentì
venir meno le forze; con l'aiuto di Caerdino, arrivò al castello e
ordinò a tutti di uscire. Tale ordine non escluse Isotta dalle bianche
mani che ormai sentiva il rimorso per la bugia raccontata che aveva provocato
la morte del cavaliere. Isotta dai biondi capelli gli si distese al fianco e
dopo una breve preghiera si lasciò andare anche lei. Quando re Marco fu
portato a conoscenza della morte pianse molto e volle che fossero sepolti
insieme nel cortile di un antico convento di Cornovaglia che dava sul mare. Di
tanto in tanto, egli stesso si ricava a far loro visita e piangeva, ma allo
stesso tempo rifletteva sui misteri dell'amore e di quanto questa stranissima
forza fosse potente.
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