letteratura |
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Concetto storiografico che indica la genesi e lo sviluppo del processo di unificazione realizzato con la nascita dello stato nazionale in Italia. Il termine cominciò ad affermarsi alla fine del XIX secolo, quando gli storici si interrogarono sulle radici dello stato unitario e sulle modalità della sua costruzione.
Si affacciarono allora alcune tendenze interpretative che si sarebbero confrontate nei decenni successivi. Una corrente legata ai principi del nazionalismo insisteva sulla matrice autoctona del Risorgimento italiano, considerato un autonomo sviluppo di idee e di precondizioni che risalivano al XVIII secolo. Una versione filosabauda scorgeva infatti nell'espansione territoriale del Regno di Sardegna, avviata nella prima metà del XVIII secolo, le origini del Risorgimento, che veniva così accreditato a un fattore dinastico e tutt'al più statalistico.
Al contrario, la tradizione democratica e repubblicana metteva l'accento sull'importanza della Rivoluzione francese e dell'età napoleonica, scorgendo in esse il laboratorio politico di quelle idee di libertà, di indipendenza, di organizzazione liberale del potere che avrebbero animato gli uomini e i movimenti più impegnati a favore dell'Italia unita.
Nel secondo dopoguerra la lettura marxista del Risorgimento si orientò a cogliere i limiti sociali della costruzione unitaria, identificandoli nella mancata rivoluzione agraria, nella passività delle masse contadine e nella scarsa diffusione dell'ideale unitario, limitato a ristretti nuclei di notabilato locale.
In tempi recenti è tornata sotto nuova veste la questione inerente il rapporto tra l'idea di nazione e lo stato, come nodo fondamentale per comprendere potenzialità e carenze della storia d'Italia. Nella critica storiografica è riaffiorata la contraddizione tra un'idea culturale dell'Italia, che ha origini antiche, e il ritardo con cui si forma lo stato italiano, che per di più vede la luce grazie a iniziative elitarie e legate al quadro internazionale, nascendo così privo di un forte radicamento nella coscienza degli italiani.
La storia
È possibile ripercorrere le vicende del Risorgimento, muovendo dai moti napoletani e piemontesi del 1820-21 (Vedi Moti del 1820-21) e da quelli scoppiati a Modena e nelle Legazioni pontificie nel 1831 (Vedi Moti del 1830): furono esperienze politiche di raccordo tra il passato napoleonico e massonico, a cui i rivoluzionari di quel decennio attinsero progetti d'azione e forme organizzative, e il futuro, al quale consegnavano l'esigenza di istituzioni liberali, svincolate dall'assolutismo e fondate sulle costituzioni.
Negli anni Trenta Giuseppe Mazzini fu il più tenace e convinto assertore della necessità dell'unificazione politica, da lui concepita come atto volontario, di uomini che sceglievano liberamente un destino comune nell'orizzonte della democrazia e della repubblica. Chi aderiva alla mazziniana Giovine Italia, un'organizzazione sorta nel 1831, sapeva di dover lottare per l'indipendenza nazionale: e fu questo il primo passo verso l'unità. Tale obiettivo non era condiviso dalla corrente moderata e monarchica, che si batteva per l'indipendenza dell'Italia, ma non per la sua unione politica, considerata un progetto irrealizzabile. Eppure tutti i rappresentanti del moderatismo ebbero una parte di rilievo nel formare la classe politica risorgimentale, che dopo il 1861 avrebbe governato l'Italia almeno fino alla fine del secolo.
Le rivoluzioni del 1848-49 introdussero un fattore nuovo, che venne sperimentato nel vivo delle insurrezioni antiaustriache e nel fuoco della prima guerra d'Indipendenza (1848-49), consistente in un legame, esile e carico di equivoci, ma pur sempre operante, tra l'iniziativa dinastica dell'esercito sardo e l'azione volontaria dei patrioti, la maggior parte di formazione mazziniana. La Repubblica romana (1849) che Mazzini e Garibaldi difesero come una libera istituzione italiana, rimase il punto politicamente più alto raggiunto dai democratici nel corso di tutto il Risorgimento.
Dopo la sua sconfitta fu il regno sabaudo a proporsi come centro di aggregazione delle istanze nazionali, qui vissute come aspetti di diplomazia internazionale. La strategia di Cavour trovava la sua forza nel fatto che era l'unica in Italia ad associare le aspirazioni nazionali all'indipendenza della penisola con le tradizioni espansionistiche di uno stato. Il regno sardo aveva queste peculiarità e per di più poteva mettere in campo strutture e tradizioni diplomatiche e militari adeguate al compito.
Il passaggio decisivo nel processo di unificazione avvenne con gli accordi tra il Regno di Sardegna e la Francia di Napoleone III, frutto di una convergenza tra obiettivi ben distanti tra loro: il primo puntava a un ampliamento dei confini settentrionali e alla contemporanea estinzione dell'egemonia austriaca in Italia; il secondo coltivava il proposito di esercitare un rilevante peso internazionale e di accrescere il consenso all'interno portando nuove terre alla nazione francese (Savoia e Nizza). La guerra svelò le ambiguità dell'accordo: dopo i successi delle prime settimane, i francesi si ritirarono, lasciando l'alleato in una posizione delicata, in quanto alcune regioni della penisola avevano visto le popolazioni insorgere per chiedere l'annessione al Piemonte.
Tutto il quadro degli accordi tra Cavour e Napoleone III si stava alterando di fronte a un'imprevista accelerazione degli eventi, che assunsero una piega ancora più netta nell'estate del 1860. Fu quello il momento militare dei democratici, la cui azione si esaltò nell'impresa di Garibaldi conclusa con la liberazione del Sud dal dominio borbonico: sul piano politico l'impresa dei Mille cadde sotto il controllo di Cavour e del re di Sardegna, il quale invase lo Stato Pontificio per congiungersi con Garibaldi e vanificare il progetto di un attacco a Roma, temuto perché avrebbe scatenato la reazione internazionale.
Il 17 marzo 1861, con la proclamazione di Vittorio Emanuele II a re d'Italia, si compiva la prima fase del Risorgimento: le successive tappe (terza guerra d'Indipendenza, 1866, e presa di Roma, 1870) aggiungeranno il Veneto e Roma; per le altre aree di cultura italiana, anche se non completamente, ossia il Trentino, l'Alto-Adige, il Friuli, sarà la prima guerra mondiale a concludere il processo di unificazione.
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