letteratura |
Notaio criminale: è una ura secondaria, che appare soltanto in questo modulo: tuttavia, la sua importanza risiede nel suo valore di simbolo della falsa giustizia umana, che costruisce una vera e propria "montatura" nei confronti di Renzo, trasformato in pericoloso delinquente. Il dialogo con il giovane rivela una gamma molto varia di sentimenti e di comportamenti.
Le gride non contavano nulla, ma quelle contro gli osti avevano pieno valore e , se un povero oste non avesse domandato il nome dell'avventore, avrebbe dovuto are una pena di trecento scudi, o in caso di impossibilità, cinque anni di galera.
Quel sedicente Ambrogio Fusella che, aveva tentato il colpo maestro di condurre Renzo caldo caldo alle carceri, e nonostante il colpo gli fosse fallito, era riuscito tuttavia a portar ai suoi superiori il nome, il cognome e la patri del giovane. Quando l'oste si presentò a un notaio criminale per fare la sua deposizione, rimase meravigliato nell'apprendere che la polizia ne sapeva già più di lui. Egli dovette subire molti rimproveri per quanto era avvenuto nella sua osteria e l'intimazione di non lasciarsi sfuggire il forestiero.
Allo spuntar del giorno (la mattina del 12 novembre), Renzo aprì gli occhi a stento, e vide ai piedi del letto un uomo vestito di nero (il notaio criminale che aveva ricevuto la denuncia) e due armati, uno di qua e uno di là del capezzale. Il giovane vide che i birri gli mettevano le mani addosso per tirarlo fuori dal letto, però lui diceva che non voleva andare dal capitano di giustizia, perché non aveva a che far nulla con lui, ma che voleva esser condotto da Ferrer, perché galantuomo e perché gli aveva delle obbligazioni (era in debito con Renzo, per l'aiuto dato a sgombrare il passaggio della sua carrozza). Il notaio diceva sempre di si. Ma anche Renzo si accorgeva del ronzio che proveniva dalla strada, e "vi scorgeva in pelle in pelle la titubazione che costui si sforzava invano di tener nascosta" (a fior di pelle, in modo molto evidente, l'esitazione). Si sentì nella strada un rumore straordinario. Il notaio aprì la finestra per dare un'occhiata. Vide un crocchio di cittadini, i quali avevano in principio risposto con cattive parole, e si separarono continuando a brontolare. Chiuse la finestra e stette un momento a pensare a cosa fare: se condurre a termine l'impresa o lasciar Renzo in guardia dei due birri e correr dal capitano di giustizia per render conto di ciò che accadeva. Ma decise di eseguire gli ordini per non passare per un buono a nulla o un pusillanime. Renzo si accorse che dal farsetto mancavano i denari e la lettera di padre Cristoforo e, rivolgendosi al notaio, se li fece restituire.
I birri, ad un cenno del notaio, afferrarono l'uno la destra e l'altro la sinistra di Renzo, e in fretta in fretta gli legarono i polsi con certi ordigni che erano chiamati manichini (antenati delle manette, fatte di cordicelle sparse di nodi, chiuse all'estremità da pezzetti di legno). Il giovane cercò di svincolarsi, ma il notaio lo esortò ad avere pazienza, a procedere diritto per la strada senza farsi scorgere, in modo da conservare il proprio onore; volgendosi, poi, ai birri, raccomandò loro di non fargli male, di andare come tre galantuomini che vanno a spasso. Ma Renzo, di tante belle parole, non ne credette una, e capì benissimo che il notaio, temendo che si presentasse per la strada qualche buona occasione di scappargli dalle mani, metteva innanzi quei bei motivi. Tutte quelle esortazioni non servirono ad altro che a confermarlo nel disegno, che aveva già in testa, di far tutto il contrario.
Renzo, badando a tre che venivano con visi accesi, che parlavano d'un forno, di farina nascosta, di giustizia, cominciò a fare ad esse dei cenni con il viso e a tossire in quel modo che indica tutt'altro che un raffreddore. Quelli guardarono più attentamente la comitiva e si fermarono; con loro si fermarono altri che arrivavano. Il notaio esortò Renzo ad aver giudizio, a badare all'onore, ma il giovane faceva peggio, e i birri, gli diedero una stretta di manichini. Renzo cominciò allora a gridare per il dolore; la gente si affollò intorno, il notaio cercò di far credere che si trattasse di un malvivente, di un ladro colto sul fatto, ma Renzo alzò la voce, gridando che era stato arrestato per aver gridato pane e giustizia, e la folla si mise ad incalzare e a pigiare sempre più. I birri lasciarono i manichini; il notaio fu circondato da ogni parte, e tra grida di "Corvaccio! Corvaccio!" e urtoni d'ogni genere, riuscì a stento a trarsi fuori da quel serra serra.
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