ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto letteratura

Ugo Foscolo - La personalità letteraria: diviso tra razionalità e interiorità, Le opere, Alessandro Manzoni, Riassunto XXVII° Cap

ricerca 1
ricerca 2

Riassunto XXVII° modulo de "I Promessi Sposi"


L'autore si appresta a fornire informazioni sulla guerra per la successione al ducato di Mantova e del Monferrato. Morto Vincenzo Gonzaga, gli succede Carlo Gonzaga, del ramo francese di Nevers. La Sna gli contrappone, per Mantova, Ferrante Gonzaga principe di Guastalia, e per il Monferrato Carlo Emanuele I° di Savoia. Don Ponzalo, governatore di Milano, vuol fare una guerra in Italia per desiderio di gloria personale e si allea con il duca di Savoia, per dividere con lui il Monferrato. Porta pertanto l'assedio a Casale, ma l'operazione si rivela lunga e infruttuosa. La sua protesta presso la Repubblica veneta a proposito della fuga di Renzo si rivela dovuta a contingenti motivi politici, ma, passato il momento, il governatore non intende più occuparsi del personaggio.

Nel frattempo Renzo vuol far avere sue notizie alle due donne, ma, non sapendo scrivere, deve ricorrere a chi lo sa fare e renderlo partecipe dei suoi segreti. Si avvia così un sectiuneggio, né rapido, né regolare con Agnese. L'operazione di comunicare attraverso la mediazione di scrittori di professione e lettori letterati si rivela infatti assai complessa.

Il giovane in ogni modo riceve da Agnese i cinquanta scudi dono dell'Innominato, indecifrabili notizie attorno al voto di Lucia e il consiglio di mettersi il cuore in pace. Ma egli rifiuta decisamente il suggerimento e dichiara di tenere il denaro come dote di Lucia.



Costei, quando viene a sapere che Renzo è sano e salvo, prova un gran sollievo e desidera solo che egli "pensi a dimenticarla", proponendosi di fare altrettanto. A complicare le cose interviene donna Prassede, che cerca ogni occasione per parlare di Renzo come di un delinquente, pensando così di farlo dimenticare a Lucia. La giovane si sente continuamente costretta a difendere il suo promesso e si trova dunque in un gran turbamento. Per fortuna Lucia non è l'unica persona che donna Prassede si propone di guidare.

Dispone infatti di numerose lie e di un marito, don Ferrante, uomo di studio cui non piace né di comandare, né di ubbidire: lascia dunque alla moglie il governo della casa, ma è geloso della propria indipendenza. Il suo regno è la biblioteca, il cui catalogo occupa molto spazio: diviso per materie esso fa emergere, ironicamente, da un lato una panoramica della cultura del tempo, dall'altro il carattere e le preferenze del personaggio, che delle tendenze del pensiero del suo tempo sceglie sempre quelle che si rivelano perdenti. Don Ferrante studia soltanto per piacere personale e per poter mantenere la sua posizione di prestigio nelle conversazioni con gli altri dotti e gli amici.

Risulta così più che un dilettante in astrologia; in filosofia le sue preferenze vanno ad Aristotele; più che delle scienze naturali approfondiscono lo studio della magia e della stregoneria, perché si tratta di difendersi dalle malie altrui. Addottrinato nella storia e nella politica, merita e gode del titolo di professore nella scienza cavalleresca, tanto da essere interpellato spesso in affari d'onore.

Ma qui il narratore si ferma, per non meritare dal lettore, insieme con l'Anonimo, il titolo di seccatore.

Trascorre un anno, in cui non si registra alcun mutamento nelle condizioni dei personaggi. E' invece la storia "grande" che si appresta a sconvolgere, come un turbine vasto, con avvenimenti generali e drammatici, anche la vita dei più umili.  




Riassunto XXVIII° modulo de "I Promessi Sposi"


Il narratore si accinge a rievocare i grandi eventi storici che coinvolgeranno i personaggi del romanzo. Riprendiamo il racconto della storia milanese dal tumulto si San Martino, egli osserva che le disposizioni delle autorità che hanno stabilito il prezzo politico del pane e della farina conducono la popolazione ad un consumo senza risparmio che aggrava la condizione di scarsità delle scorte. Le leggi cercano di portare dei correttivi e minacciano gravi pene ai trasgressori finché, intorno alla data dell'esecuzione dei quattro disgraziati ritenuti responsabili del tumulto, quella tariffa violenta viene abolita. Ma ormai le condizioni della carestia sono gravissime e il narratore, sulla scorta delle relazioni del tempo, intende farne un ritratto.

Il lavoro è fermo a Milano è ridotta ad un indicibile spettacolo. Ai mendicanti di mestiere si aggiungono i nuovi poveri dei ceti ridotti in miseria: garzoni, operai, servitori licenziati ed anche bravi. Ma il peggiore spettacolo è offerto dai contadini che dalle camne si riversano nella città, nella speranza di un qualche sussidio o elemosina. Le morti diventano sempre più frequenti.

Numerosi sono però anche i segni della carità: sia quella dei singoli, sia quella organizzata in grande dal cardinal Federigo, che aveva scelto sei preti che girassero per la città e soccorressero i casi più gravi. Ma il bisogno è così diffuso che la carità è costretta a scegliere e non basta a portare un rimedio sufficiente.

Il contrasto tra ricchezza e povertà, caratteristico del secolo, è ora attenuato, perché i nobili mantengono solo un'apparenza di parca mediocrità.

In tali condizioni si profila il pericolo di contagio. Dopo molte esitazioni viene deciso di concentrare tutti gli accattoni nel lazzaretto, un edificio costruito precedentemente per accogliervi gli ammalati di peste. Quelli che vi entrano volontariamente sono pochi, pertanto si ricorre alla costrizione. Nel lazzaretto le condizioni di sovraffollamento, di mancanza d'igiene e di promiscuità rendono ancora più penosa la convivenza e la mortalità aumenta. Il provvedimento viene così annullato e la città torna a risuonare dell'antico lamento.

Intanto però è pronto il nuovo raccolto: i contadini tornano al loro lavoro, cessa la carestia e la mortalità diminuisce.

Ma si profila il nuovo flagello della guerra. Gli intrighi diplomatici tra i grandi, dopo aver posto fine all'assedio di Casale, portano l'esercito imperiale a percorrere il Milanese per recarsi all'assedio di Mantova. Le truppe di Lanzichenecchi, soldati di mestiere che lo compongono, portano con sé la peste, ma le autorità sottovalutano questo pericolo. Rimosso per i cattivi successi della guerra, don Ponzalo lascia Milano accomnato dagli scherni del popolo che lo incolpa della fame sofferta sotto il suo governo.

Come tutti gli eserciti del tempo, anche quello tedesco pratica il saccheggio dei paesi che incontra nel proprio tragitto e la sua discesa attraverso la Valtellina e la Valsassina porta terrore e distruzione.





Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta