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Scheda libro de
"Il Gattopardo"
TITOLO: Il Gattopardo
AUTORE: Giuseppe Tomasi di Lampedusa
EDITORE: De Agostini
DATA DI EDIZIONE
LUOGO DI EDIZIONE: Novara
NUMERO PAGINE
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scrittore italiano nato a Palermo nel 1896 e morto a Roma nel 1957. Di famiglia aristocratica, trascorse la fanciullezza in Sicilia, compiendo, in seguito, numerosi viaggi all'estero. Combatté nella prima e nella seconda guerra mondiale. Dopodiché, studioso di letteratura straniera e di libri storici, si dedicò alla narrativa negli ultimi suoi anni di vita.
La fama arrivò dopo la morte con la pubblicazione de 'Il Gattopardo' (1958) che suscitò subito notevole interesse. Anche se si lega alla visione pessimistica dell'immobilità della società siciliana narrata dai veristi, Tomasi di Lampedusa si dimostra uno scrittore maggiormente proiettato verso il Novecento e il decadentismo. Il romanzo è stato poi trasposto nel cinema da Visconti nel 1963. Dopo sono state anche pubblicate altre opere che testimoniano il suo impegno creativo e culturale: 'Racconti' (1961), 'Lezioni su Stendhal' (1971), 'Invito alle lettere francesi del Cinquecento' (1979).
La vicenda narrata in questo romanzo si svolge nella Sicilia della seconda metà dell'Ottocento, più precisamente tra il maggio 1860 (periodo delle lotte garibaldine per liberare il Regno delle due Sicilie dai Borboni e per annetterlo a quello di Sardegna) e il maggio 1910. Spesso la narrazione è sospesa per lunghi periodi di tempo: inizialmente mesi, poi verso la fine per lunghi anni.
Il narratore (probabilmente di metà Novecento) è esterno e palese, perché talvolta commenta la vicenda e talvolta attua dei paragoni tra l'epoca che narra e quella in cui vive. La focalizzazione è variabile poiché il narratore conosce il punto di vista di alcuni personaggi (quali per esempio il Principe).
Principe Salina
Il Principe Fabrizio Salina, grande proprietario terriero della Sicilia, possedeva numerosi feudi. Era un uomo all'apparenza piuttosto austero e autoritario, ma in fondo piuttosto buono.
Fisicamente imponente, con occhi azzurri e capelli biondi a causa dell'origine tedesca della madre. Grande appassionato delle scienze, soprattutto della matematica e dell'astronomia, che era in grado di tranquillizzarlo.
Era sposato con Maria Stella dalla quale aveva avuto sette li (quattro maschi e tre femmine) e che aveva frequentemente tradito con donne più giovani, dalle quali otteneva la carnalità che la moglie non era in grado di offrirgli, perché troppo legata alla religione.
Dell'aspetto caratteriale si può dire che il suo è molto diverso da quello dei suoi parenti e amici, infatti con il suo atteggiamento duro e autoritario, vedeva la Sicilia come un ambiente troppo calmo e molliccio che andava alla deriva.
Tancredi
Tancredi, il nipote pupillo del principe Salina è un giovane baldanzoso e anche abbastanza indisciplinato, tanto da arrivare ad unirsi alle forze partigiane che in quel momento stavano combattendo contro le forze reali, nonostante che lui appartenesse all'aristocrazia.
Egli ha molta stima dello zio e lo considera come un padre poiché, morti i suoi genitori quando era piccolo, Don Fabrizio lo aveva subito accolto nella sua famiglia ed era stato suo tutore.
Angelica
Angelica è la lia Don Calogero Sedara e e la prima volta alla corte dei Salina creando uno stupore generale per la sua straordinaria bellezza, che colpisce in particolar modo Tancredi che subito se ne innamora. Ella in seguito ha il modo di esprimere anche la sua intelligenza, che aveva sviluppato in un collegio a Firenze dove aveva appreso una lingua pura, le maniere e gli atteggiamenti da usare in ambienti come la corte dei Salina.
Don Calogero Sedara
E' il padre di Angelica e il sindaco di Donnafugata. Nel libro lui rappresenta la classe borghese che sta prendendo il sopravvento e nel suo carattere e viene presentato come un uomo molto avaro e attaccato al denaro. Comunque, nonostante che sia un uomo molto ricco, non può nascondere le sue origini povere che si manifestano nei suoi atteggiamenti abbastanza rozzi e inadatti all'ambiente regale in cui viene posto nel romanzo
Concetta
E' la primogenita di Don Fabrizio, essa nel romanzo viene usata soprattutto per 'supportare' la ura di Tancredi facendolo apparire come un uomo anormale e destinato a compiere grandi gesti.
Padre Pirrone
Una digressione è poi dedicata a Padre Pirrone, sacerdote di casa Salina. Prima del suo ritorno al paese natale di S.Cono, non si può dire certo che l'autore lo presenti in modo molto positivo : sembra infatti condurre una vita piuttosto sciatta, senza nerbo , passata a concedere assoluzioni al Principe per le sue scappatelle notturne. E invece, a sorpresa, la sua ura è di molto rivalutata a S.Cono, quando grazie alla sua proverbiale sagacia (o piuttosto grazie al caratteristico spirito di conciliazione tipico di un sacerdote ), riesce a dirimere un' intricata lite familiare fra popolani.
La vicenda cominciò in piena rivoluzione, presso Villa Salina a Palermo. Durante il primo giorno narrato, Don Fabrizio tradì la moglie andando con una prostituta di Palermo. Padre Pirrone (il prete di casa Salina) sapeva delle scappatelle del suo padrone e lo rimproverò a lungo anche di questa. La mattina fece la sua sa all'abitazione del Gattopardo, il suo tanto amato nipote Tancredi Falconieri. Egli era un bel giovane, noto soprattutto per le sue frequentazioni poco raccomandabili, ma era in ogni modo il pupillo di Don Fabrizio, che lo adorava forse anche più dei suoi li. Era venuto a salutare la famiglia e a comunicare allo zio (che non fu certo contento della notizia, in quanto era a favore del dominio borbonico) che sarebbe andato a lottare, insieme a numerosi contadini, per la liberazione della Sicilia dai Borboni. Dopo la notizia dell'arrivo di Garibaldi a Marsala, la narrazione, attraverso un'ellissi, passa all'agosto di quello stesso 1860 e alla permanenza dei Salina (compreso Tancredi) nella loro villa estiva, presso Donnafugata. Il viaggio durato ben tre giorni, fu davvero straziante, ma all'arrivo trovarono una calorosa accoglienza. In quel primo giorno di vacanza, Don Fabrizio ricevette la triste notizia che un borghese del luogo, Don Calogero Sedàra, aveva accumulato ricchezze pari alle sue. Durante quella giornata il Principe venne anche a sapere quali sentimenti provava per Tancredi sua lia Concetta, convinta che anche il suo amato ricambiasse. Il padre non si rivelò assolutamente entusiasta, convinto che la lia fosse troppo timida e riservata per diventare la comna di un uomo così impegnato politicamente, come lo era suo nipote. La vita di quest'ultimo, cambiò quella sera stessa e non certo per la felicità della cugina innamorata.
Quel giorno, al palazzo, era stata organizzata una cena alla quale erano stati invitati alcuni donnafugatesi, tra cui Don Calogero (che Don Fabrizio da quel giorno cominciò a disprezzare) e sua lia Angelica. Quest'ultima si rivelò essere una bellissima ragazza diciassettenne e, oltre ad essere attraente, era anche piuttosto colta e raffinata. Lasciò tutti i presenti senza parole, tutti compreso Tancredi che parlò tutta la sera con la bella ospite e da quel giorno la corteggiò. Concetta da quel momento divenne molto più scortese nei confronti del cugino.
Da questo momento la narrazione subisce un altro salto temporale e si passa ad ottobre.
Il Principe era molto preoccupato per la situazione politica e per i problemi in famiglia.
Ricevette poi dal nipote, che era ripartito, una lettera nella quale confessava il suo grande amore per Angelica e pregava lo zio di chiedere al padre la sua mano.
Dopo il plebiscito, nel quale votò sì anche Don Fabrizio (che riteneva che l'unico modo per non cambiare le cose fosse quello di modificarle), si stabilì che la Sicilia sarebbe stata annessa al Regno di Sardegna.
Ben presto il Gattopardo chiese, per conto di Tancredi, la mano di Angelica a Don Calogero, il quale gliela concesse dopo aver sentito anche il parere della lia.
Durante l'incontro, il Principe fu nuovamente disgustato dalla volgarità e dall'ignoranza del suo ospite. La sua opinione su Sedàra si modificò parzialmente, in quanto, vedendolo molto di frequente, si era ormai abituato a tutti i suoi difetti. Col tempo finì col chiedere all'uomo consigli nel campo degli affari, consigli che spesso si rivelavano utili.
Intanto, Angelica aveva fatto anche la sua visita a casa Salina come fidanzata di Tancredi. Probabilmente lei non lo amava, le piaceva fisicamente e vedeva in lui la possibilità di entrare a far parte della nobiltà siciliana. Non le importava troppo della sua cultura o del suo impegno politico.
Qualche tempo dopo fece il suo rientro a casa anche il suo promesso sposo, accomnato da due amici conosciuti nell'esercito del Regno di Sardegna, del quale facevano parte. Durante quel periodo Angelica e Tancredi passavano molto tempo insieme nelle stanze più sconosciute del palazzo di Donnafugata; mentre uno degli amici del ragazzo tentava di sedurre Concetta, che però non ricambiava i sentimenti dell'innamorato.
Dopo la permanenza di padre Pirrone al suo paese natale, per celebrare l'anniversario di morte del padre, il narratore passa a raccontare del ballo al quale parteciparono i Salina.
La famiglia, si recò al completo con Tancredi e la sua comna già sposati, presso i Ponteleone. Durante tale ricevimento, Angelica urò come grande e soprattutto bella esperta d'arte, mentre Don Fabrizio fu l'unico ad annoiarsi. Era malinconico, depresso, di malumore e si mise addirittura a pensare alla propria morte. Questa lo colpì una ventina di anni dopo, quando era settantatreenne.
Era appena stato a Napoli per una visita, quando stremato, i suoi familiari lo portarono in un albergo di Palermo. Prima di morire ripensò a tutto ciò che di buono aveva passato nella sua vita e non fu probabilmente troppo soddisfatto.
Nell'ultima parte del romanzo sono ritratte le tre lie di Don Fabrizio: Concetta, Carolina e Caterina, rimaste zitelle. Sono ormai settantenni e alla prese con alcuni problemi con la chiesa. La meglio descritta è Concetta, alle prese con i suoi turbamenti dovuti sia al presente che ai ricordi del passato. A peggiorare ulteriormente il suo stato psicologico fu la notizia che probabilmente Tancredi non l'aveva mai odiata, anzi, provava qualcosa per lei. Capì che la sua vita era stata uno sbaglio, e la causa di ciò era solo lei e non gli altri, come le faceva comodo pensare.
Attraverso l'analisi del romanzo di Tomasi di Lampedusa emergono diverse tematiche che l'autore ha desiderato evidenziare. In primo luogo un tema molto ricorrente è quello della morte inevitabile per chiunque. Insieme con questo emerge spesso il disfacimento degli individui (alla morte pensa frequentemente il Gattopardo nei momenti di maggiore tristezza e solitudine).
Inoltre, credo che sia sottolineato il carattere dei siciliani, tutti parecchio presuntuosi, sicuri di sé e molto tradizionalisti. Non molto disposti a cambiare le cose, perché probabilmente impauriti da ciò che non conoscono.
Penso anche che possa emergere l'odio, o comunque il disprezzo che provano i nobili nei confronti dei borghesi (nel romanzo Don Fabrizio e Don Calogero rappresentano le due categorie).
Il mio giudizio personale dell'opera è buono. L'aspetto che ho maggiormente apprezzato è stata la sua abilità nel rendere bene il Principe Salina, rappresentante di tutti i siciliani, con tutte le loro caratteristiche generali, mantenendone comunque di originali.
I difetti dell'opera sono, secondo me, la mancanza di una vera e propria trama ricca di avvenimenti, che magari avrebbe potuto alleggerire un po' la narrazione, che in alcuni tratti diventa piuttosto pesante, quando si sofferma nelle lunghe descrizioni dei paesaggi e di tutti i loro minimi dettagli.
Sono invece più interessanti quelle degli stati d'animo dei personaggi. Soprattutto quelli di Don Fabrizio, spesso contrastanti e diversi secondo la situazione in cui si trova. In alcuni momenti i pensieri del Principe sanno anche far sorridere.
Probabilmente il successo di questo libro sta tutto nella capacità di Tomasi nel creare una storia straordinariamente verosimile, calata nel contesto di un epoca che lo sfiora ma che non gli appartiene del tutto, abbellendola delle caratteristiche tipiche di un romanzo, quali ad esempio le liriche descrizioni dei paesaggi, le sfumature caratteriali di alcuni personaggi talvolta ironiche, la passione amorosa che non guasta mai.
Come se non bastassero già le implicazioni storiche e liriche a rendere grande questo romanzo, ecco che l'intera opera è permeata anche da un sottile ma sensibile velo di malinconia, che viene acuito proprio nel finale : dal Gattopardo si evince dunque anche una problematica di carattere esistenziale, tesa a dimostrare come nulla sia duraturo e tutto destinato all'oblio perpetuo.
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