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Concetto, identità ed immagine di marca come decisioni strategiche
Le strategie che basano il posizionamento sull'aumento del valore dell'offerta non possono, tuttavia, costruire il proprio successo esclusivamente sulle funzionalità soddisfatte dal particolare prodotto o servizio. L'immagine viene allora ad essere l'asse portante per la conquista del vantaggio competitivo.
Possiamo definire l'immagine di marca come l'espressione che sintetizza in sé il prodotto o servizio così come viene percepita dal ricevente il messaggio, la quale assume forma e significato attraverso la rappresentazione che questi pone in essere nella sua mente. Essa deve essere forte, chiara e definita. La forza dell'immagine è strettamente connessa alla personalità di cui essa è portatrice. Pertanto, l'immagine deve possedere una propria personalità: non deve sembrare un qualcosa messo lì e attaccato al prodotto per caso, ma apparire evidente, inequivocabile e naturale (anzi, esserlo, in quanto espressione della fusione tra impresa e mercato), quasi non ci fosse nemmeno il bisogno di indagarne e comprenderne natura ed origine. Il risultato ideale sarà ottenuto quando l'acquirente potenziale, avvertendo un qualsiasi stato di bisogno rientrante tra quelli cui intendiamo rivolgerci, identificherà assieme ad esso, in un unico e inscindibile processo, la sua naturale ed ovvia soluzione nella scelta della nostra marca.
La definizione e la chiarezza dei concetti espressi dall'immagine di marca attengono alla sua identificabilità ed all'impossibilità percepita dal cliente di compiere errori di valutazione circa la scelta del problem-solver più adatto alla sua particolare esigenza, e sono inscindibilmente legate al requisito di forza.
1.4.1 - La relazione tra prodotto e cliente.
La comprensione del reale ruolo svolto dall'immagine di marca nella relazione tra impresa e mercato deve confrontarsi con la confusione generata dalla sovrapposizione di concetti spesso fraintesi.
Dare una definizione del prodotto può, quindi, varcando la soglia dell'ovvietà, riportare le cose nella giusta prospettiva. Il prodotto, in estrema sintesi, altro non è che un problem-solver, nel senso che possiamo concepirlo come un mezzo atto a risolvere le problematiche avvertite, più o meno consapevolmente, dal consumatore, di qualunque derivazione e natura - funzionale, simbolica, ecc. . - esse siano. Di più: il prodotto è quello che consumatore e la marca" class="text">il consumatore compra, indipendentemente da ciò che l'impresa offerente ritiene che esso sia o rappresenti. È il consumatore, in altre parole, ad attribuire il significato al prodotto, e il comprenderlo significa per le imprese fare un notevole passo in avanti verso l'orientamento alla fusione con il mercato, evitando di incorrere nell'assai frequente peccato di presunzione (frutto probabilmente di un disorientamento miopico) che da quell'orientamento invece allontana. La conseguenza che ne traiamo è che, se ad esempio viene a prodursi la decadenza e il fallimento di un prodotto, non sono i potenziali acquirenti a non avere capito il messaggio, ma è l'esatto contrario. La responsabilità della mancato convergenza tra l'immagine della marca e le aspettative del mercato viene ad essere imputabile alla carenza di sensibilità da parte dell'impresa.
Un'impresa la
quale cada nell'errore di non pensare alla sua offerta in termini dei benefici
apportati al consumatore, è un'impresa che corre seriamente il pericolo
di perdere la sua posizione competitiva.
ura 1.5 - Relazione tra prodotto e cliente.
Osserviamo la ura 1.4. Questa pur semplicistica rappresentazione del rapporto che intercorre tra chi esprime una domanda e chi a quella domanda vuole dare una interpretazione e una risposta, pone in evidenza il ruolo del prodotto quale elemento che deve muoversi e convergere verso il bisogno percepito. Anche nel caso in cui si voglia prospettare un movimento in senso contrario per il quale, a volte, sarebbe il cliente a muoversi verso il prodotto, si tratta, in realtà, del medesimo rapporto, che è, e permane, invariabile; tale diverso senso è soltanto apparente e deriva dal fatto che i bisogni, pur non essendosi manifestati apertamente, sono stati in qualche modo (più o meno inconsapevole) ugualmente avvertiti dall'impresa e raggiunti dall'azione strategica espressa nel prodotto. Il cliente sta solo seguendo una strada che era già esistente, ma non ancora visibile agli occhi suoi e dei più.
Da parte sua, il mercato emette continuamente segnali, che sì, possono risultare estremamente difficile da percepire da parte dell'impresa, ma non per questo devono portare a dubitare circa la loro esistenza. Sono del resto la complessità e l'apparente contraddittorietà dei modi con cui il mercato esprime i suoi bisogni ad accrescere il valore delle informazioni in essi contenute. Interpretarli in un senso e non in un altro può tuttavia condurre lontano dal cuore della competizione.
Può risultare conveniente, a questo punto, indagare il modo con cui il prodotto, proponendosi come problem-solver, riesce a fare breccia nella mente del consumatore. A tale fine rappresentiamo il prodotto come il risultato dell'aggregazione dei diversi elementi di soddisfazione dei bisogni. Secondo l'intensità e le peculiarità con cui tali elementi sono presenti possiamo osservare risposte diverse al medesimo bisogno.
Gli elementi di base che caratterizzano il core product - il nucleo dell'offerta - sono quelli che esprimono la ragione per cui l'impresa è sul mercato e rispondono alle primarie esigenze funzionali, estetiche, di prezzo delle quali l'azione dell'impresa vuole essere la risposta. Con l'espressione lateral product intendiamo tutte quelle attività di contorno che servono a dare una particolare caratterizzazione e attenzione ai bisogni secondari (per ordine, non necessariamente per importanza) dei potenziali acquirenti. Il terzo livello del prodotto - image - è costituito da tutte quelle attività che sono riconducibili all'affermazione dell'immagine del prodotto o, più in generale, della marca.
ura 1.6 - Livelli di efficacia del prodotto
I tre livelli di espressione del prodotto hanno un
diverso impatto sul rapporto che l'impresa intrattiene con il mercato. A
livello di core product la concorrenza porta spesso a situazioni nelle quali le
differenze tra i vari competitor sono poco evidenti; qui i margini per la
differenziazione sono quelli che derivano dalle attività o il riflesso
delle scelte operate a un altro livello del prodotto (pensiamo, per esempio,
allo stretto legame tra immagine da una parte e design e packaging dall'altra).
Inoltre è questo livello che assorbe le maggiori energie
dell'organizzazione e comporta i maggiori costi. Se l'azione strategica
dell'impresa si arresta a questo livello incorre, come denota l'arrestarsi al
primo stadio del vettore in ura 1.6, in una minore efficacia e nel rischio
di trovarsi a competere in un ambiente dove i prodotti si avvicinano sempre
più ad essere delle commodity con le
relative
difficoltà a distinguersi.
ura 1.7 - I livelli del prodotto in una visione concentrica
A livello di lateral product, che contribuisce principalmente a una più marcata caratterizzazione e, soprattutto, a livello di image, troviamo, invece, le attività che maggiormente contribuiscono ad arrecare valore e incisività al prodotto. È qui che prende spessore e vigore la forza di impatto della marca.
Ricollegandoci all'impostazione di De Chernatony e McDonald (ura 1.7) possiamo rappresentare il prodotto come un'insieme concentrico di circonferenze il cui nucleo è costituito dal core product e dove le circonferenze più esterne, rispettivamente riconducibili al lateral product e alla image, formano quello che gli autori chiamano product surround, la dimensione del prodotto che in maggiore misura contribuisce alla creazione del valore[1].
La classificazione proposta non vuole comunque essere intesa come normativa, limitandosi a consentire un inquadramento meno nebuloso e più razionale e sistemico delle caratteristiche del prodotto. In realtà core product, lateral product ed image non sono distinguibili e riconoscibili facilmente, dal momento che ogni elemento costituente un determinato livello è intimamente legato a tutti gli altri. Il senso proprio di ogni prodotto deriva proprio dalla forma e intensità che assumono le relazioni che sussistono tra i suoi diversi elementi e tra questi ed i potenziali clienti.
Per concetto di marca intendiamo un significato attribuibile alla marca derivante dai bisogni di base dei clienti (funzionali, simbolici, esperenziali) e scelto dall'impresa. La gestione del concetto di marca rappresenta il mezzo per mantenere il controllo, attraverso la definizione dell'identità di marca, sull'immagine di marca.
I passi logici della creazione e governo del concetto di marca, così come individuati da Park, Jaworski e MacInnis[2], sono sintetizzabili come di seguito:
selezione di un concetto di marca;
gestione nel tempo del concetto di marca attraverso le fasi di:
introduzione;
elaborazione;
fortificazione.
La selezione di un concetto di marca deve opportunamente basarsi su un'attenta considerazione dei bisogni dei clienti, mettendo in atto, in questo modo, un posizionamento che tenga conto delle ragioni d'uso e delle attività dell'impresa. I bisogni possono essere ricondotti a tre fondamentali categorie: funzionali, simbolici, esperenziali.
I primi sono individuabili in quelli che spingono alla ricerca di soluzioni per problemi relativi al consumo, in grado, cioè, di risolvere un problema corrente, prevenire un problema potenziale, risolvere un conflitto o intervenire su una situazione divenuta frustrante per riformarla. Un prodotto in grado di offrire un beneficio funzionale è quindi un problem-solver orientato a dare risposta ad esigenze riguardanti il consumo e generate esternamente al sistema valoriale della persona.
I bisogni simbolici sono definibili come desideri di acquisto che nascono in funzione della soddisfazione di esigenze di auto-stima o di differenziazione della propria personalità, oppure in relazione alla posizione relativa riguardo ai ruoli assunti in un determinato contesto o alla partecipazione e appartenenza a gruppi sociali. Una marca il cui concetto risponda a un bisogno simbolico - che appare all'esterno, ma viene avvertito e imposto all'interno - svolge, infatti, il ruolo di dare evidenza a un ruolo, una posizione, un'immagine di sé.
I bisogni esperenziali esprimono il desiderio verso quei prodotti che arrecano piacere per i sensi e per la mente, offrendo stimoli per la cognizione dovuti spesso ad un'esigenza di varietà[3]. Una marca che si orienti alla soddisfazione di questo genere di necessità, siano esse di stimolo o di varietà, sta rispondendo ad esigenze generate internamente.
Ogni marca può essere posizionata in base a ciascuno di questi bisogni e proiettare perciò un'immagine funzionale, simbolica o esperenziale. Risulta possibile, tuttavia, anche un posizionamento fondato su una loro combinazione. In questo caso aumentano però i problemi, dovendo la marca fronteggiare una minore definizione del proprio focus (rischiando di incorrere in vere e proprie crisi di identità da parte sua e di identificazione da parte del cliente). Aumenta inoltre il numero di avversari che creiamo con la nostra scelta di porci su più terreni di battaglia[4]. È indubbio, per concludere, che una siffatta scelta aumenti i costi di gestione della strategia di marca sia nella fase di introduzione, che in quelle di elaborazione e fortificazione.
Una volta stabilito, il concetto di marca viene utilizzato per guidare le decisioni relative al posizionamento. Il concetto deve rimanere il più stabile possibile per tutta la vita della marca incrementando così il livello di coerenza e credibilità della stessa. Questo ovviamente non significa che la particolare posizione assunta debba restare invariabilmente la stessa. Al contrario, il perseguimento dell'affermazione della marca impone che la specifica posizione da essa perseguita vari con le mutate condizioni del mercato.
Appare opportuno specificare che il concetto di marca non va a sostituire la nozione di posizionamento. Il suo ruolo è piuttosto quello di coadiuvarlo e conferirgli, allo stesso tempo, una maggiore flessibilità.
La relazione tra concetto ed immagine di marca deve essere gestita nel tempo in modo da consentire l'adozione di strategie di posizionamento che permettano alla marca di svolgere appieno il suo ruolo di tramite tra impresa e cliente.
Nella fase di introduzione l'obiettivo principale è quello di insediare l'immagine di marca in una posizione nel mercato in modo da darle già una prima connotazione che deve però permettere tutti quegli aggiustamenti (anche rilevanti) che si possono rendere necessari e che sono ancora particolarmente numerosi in questo passaggio e nei successivi. Gli sforzi di posizionamento nell'introduzione del concetto di marca dovrebbero, cioè, essere mirati a facilitare quelli nell'elaborazione e nella fortificazione. Le leve strategiche da attivare sono quella comunicativa e quella legata al porre in essere attività orientate alla interazione e transazione con il mercato (in verità una enucleazione e specificazione della prima). La prima vede coinvolto tutto il marketing mix nella prima proiezione e affermazione dell'immagine di marca oltre che nella differenziazione dai concorrenti. La seconda tende a favorire la familiarizzazione con la nuova marca e mette in campo una disponibilità a trecentosessanta gradi a farsi conoscere e a mettersi a disposizione, abbattendo le barriere e le resistenze che si possono frapporre fra impresa e cliente.
Il posizionamento di una marca con un concetto di funzionalità dovrebbe orientare il marketing mix a mettere in rilievo la particolare capacità e performance della marca nel risolvere gli specifici problemi connessi al consumo (l'originaria natura di problem-solver del prodotto viene qui fuori in tutta la sua portata). La performance della marca dovrebbe essere, qui, differenziata da quella delle marche concorrenti.
Le marche basate su concetti simbolici dovrebbero porre i maggiori sforzi nell'avvicinare e attirare l'attenzione dell'uditorio che ne costituisce il target per poi imporsi come oggetto di desiderio riguardo alla risposta alle specifiche esigenze di cui esso è portatore. Adottare un prezzo elevato e riuscire ad entrare nel ristretto ed esclusivo circuito distributivo dal cliente riconosciuto come naturale sbocco del particolare tipo di marca che va ricercando, potrebbe costituire un buon primo passo. L'importante, comunque, è che si metta implicitamente o esplicitamente in evidenza che la marca è qualcosa che distingue i clienti che rientrano nel target da quelli che non vi rientrano, invitando così i primi a fare parte di un qualcosa di speciale, un mondo a parte dove le proprie esigenze troveranno apamento.
Le strategie adottate da marche che si appellano a bisogni esperenziali dovrebbero essere impostate in modo da porre in risalto la capacità della marca di esprimere quella stimolazione cognitiva e soddisfazione sensoria che sono alla base del concetto di marca.
Nella fase di elaborazione lo sforzo delle strategie di posizionamento, guidate dal concetto elaborato, va rivolto e focalizzato all'incremento del valore dell'identità di marca di cui l'immagine è espressione, in modo da stabilire e sostenere la percezione della sua superiorità su quella dei concorrenti. Per ottenere l'effetto desiderato, la strada da percorrere può essere quella di rivolgerci a un più specifico bisogno oppure migliorare uno o più attributi del prodotto tra quelli avvertiti come particolarmente importanti. Qualora si renda necessario procedere ad un aggiustamento riguardo alla posizione assunta nella prima fase, ciò non deve comunque coinvolgere il concetto di marca.
Sebbene tutti i concorrenti abbiano gli stessi obiettivi di rafforzamento e differenziazione, i risultati che essi conseguono, oltre che dalle diverse capacità e risorse a disposizione e dai conseguenti diversi livelli di fusione con il mercato raggiunti, sono determinati anche dai diversi concetti di marca che rappresentano le rispettive basi per la competizione. Rilevante è poi la constatazione che la strategia adottata in questo stadio si presenta come l'estensione di quella seguita nell'introduzione.
Una marca imperniata sul concetto della funzionalità ha la facoltà di scegliere tra una ulteriore specializzazione[5] nel proporsi come problem-solver di una determinata esigenza (scelta che diventa particolarmente utile, se non necessaria, quando i prodotti diventano sempre più complessi e sofisticati, i bisogni specifici, il mercato frammentato), oppure una strategia di generalizzazione con l'obiettivo di rendere la marca utile in tutta una serie di occasioni di uso per le quali in precedenza non lo era. Nel primo caso, l'impresa goderà, a corollario, del beneficio legato alla restrizione del numero di concorrenti presenti sulla sua stessa arena competitiva. Nel secondo, andrà incontro allo scenario opposto, anche se potrà disporre di un prodotto dalle caratteristiche più versatili. L'optare per l'una o per l'altra di queste strategie dipenderà allora dalla particolare struttura e dalle specifiche connotazioni del mercato preso in considerazione.
Una marca con un concetto simbolico ha per obiettivo, nella fase di elaborazione, il mantenimento dell'associazione e del legame con il gruppo che ne rappresenta il target di riferimento. La strategia di posizionamento adottata in tal senso e volta al mantenimento dell'esclusività della marca viene definita "market shielding strategy". Si tratta di erigere barriere a ché il consumo della marca risulti difficoltoso a chi non appartiene al target magari agendo in modo tale da far nascere poi in questi ultimi il desiderio di entrare a far parte dello stesso mondo - di riferimento - cui si rivolge la marca allargando così su essi la propria sfera di influenza. Mantenere l'immagine è molto difficile, date le crescenti pressioni concorrenziali, tuttavia può rappresentare l'unica via per estendere la vita di una marca.
Le marche esperenziali, enfatizzando l'aspetto sensoriale/cognitivo, promuovono per propria vocazione e natura l'uso frequente. Il rischio è che questa frequenza arrivi a determinare una sensazione di sazietà o addirittura una situazione di overdose con un'inevitabile riflusso ed il seguente indebolimento dell'immagine di marca[6]. Si rende perciò necessario il mantenimento di un certo livello di controllo degli stimoli e del consumo. Per evitare di vedere ridurre il grado di stimolazione sotto livelli critici le marche il cui concetto si basa sui bisogni esperenziali possono seguire due diverse strategie principali. Da una parte possono allargare l'offerta attraverso il rendere disponibili prodotti o servizi accessori da usare congiuntamente alla marca. Oppure può essere creata una rete di marche ciascuna portatrice di qualcosa di diverso garantendo in questo modo una pluralità di stimoli differenti.
Nel terzo (eventuale) stadio, la fase di fortificazione, l'obiettivo è quello di procedere al collegamento dell'immagine di marca elaborata con altri prodotti della stessa impresa appartenenti a differenti classi di prodotto. I prodotti multipli, almeno nelle intenzioni, si rafforzano vicendevolmente e conferiscono alla aggregazione di marca un senso di unità e coesione aumentandone il valore. Questo, tuttavia, non significa un'interruzione per la fase di elaborazione, la quale, al contrario, continua per tutta la vita della marca. L'adozione si una strategia di fortificazione presenta, inoltre, ulteriori vantaggi: i costi si comunicazione verrebbero ripartiti su una più ampia base; la presenza di immagini simili potrebbe aiutare a creare la percezione di una complementarità dei prodotti inducendo ad un utilizzo congiunto; le singole immagini potrebbero concorrere all'incremento del valore dell'immagine di impresa. I rischi sono quelli che derivano dal non costituire dei timenti stagni: una eventuale perdita di immagine di una marca potrebbe, per un'inevitabile associazione questa volta negativa, trasmettersi rapidamente alle altre, rendendo estremamente arduo qualsiasi tentativo di ripristinare l'originario valore di marca.
In questa fase le strategie di posizionamento dovrebbero enfatizzare il collegamento all'originale concetto e immagine di marca ("bundling strategies") e l'impresa dovrebbe riuscire ad avere, se possibile, una ampiezza di visione ancora maggiore. Le marche basate su un concetto funzionale devono fare risaltare il collegamento con altri prodotti orientati alla performance. Un processo analogo vale per quelle che rispondono a problemi esperenziali dando una particolare enfasi alla complementarità tra i prodotti.
Maggiori appaiono le potenzialità di una bundling strategy se essa viene applicata a prodotti che rispondono ad esigenze simboliche. In questo caso, diventa possibile giocare con i collegamenti in modo tale da creare veri e propri stili di vita dei quali i singoli prodotti sono ognuno parte.
1.4.3 - Ideazione e gestione dell'identità di marca
L'approccio al concetto di marca, inserito nel contesto del posizionamento, viene sempre più riconosciuto come passaggio obbligato da affrontare da parte della strategia ai fini della generazione e dell'accrescimento del valore d'impresa e per il conseguimento del successo della marca nel mercato, andando a ribaltare, in questo modo, i rapporti di forza con la nozione di prodotto a lei simmetrica. La marca ha, cioè, conquistato quel ruolo di primo piano che prima non le era riconosciuto, distaccandosi ed elevandosi sopra la passata inclinazione a fare del prodotto la leva strategica principale e di riferimento per l'azione strategica.
Nel concetto di marca vengono così a convergere sia gli attributi tangibili dell'offerta dell'impresa (quelli che ineriscono al core product) che quelli intangibili e riconducibili al surround product, fra i quali spicca senz'altro l'identità di marca assieme all'immagine di marca, la sua proiezione nella mente del cliente così come viene da questi percepita.
Identità di marca ed immagine di marca non sono comunque sinonimi e perciò non vanno confuse. La prima attiene al momento della proiezione della visione della quale siamo portatori e della personalità che ci caratterizza. In primo luogo, questa proiezione avviene verso l'ambiente esterno nelle forme del target cui ci rivolgiamo, del comune sentire della realtà sociale, economica, culturale, di potere propria del contesto di riferimento. Ma importante è anche la proiezione che ne facciamo all'interno dell'impresa, nel tentativo di informare l'intera organizzazione secondo un codice genetico idoneo a farla pensare e muovere coerentemente con la visione proposta.
L'immagine di marca è, invece, un concetto che attiene al momento in cui l'identità proiettata dall'impresa giunge, attraverso un percorso in cui i significati originari di questa possono essere alterati in seguito ai condizionamenti della concorrenza, delle barriere percettive e delle circostanze, alla mente del ricevente il segnale. Questi, alla fine del processo appena descritto, implementerà un'immagine che non sarà necessariamente coincidente con il sistema valoriale e simbolico contenuto nel concetto di identità che è stato emesso.
La relazione tra identità ed immagine di marca è
illustrata in ura 1.8. Come sappiamo, core product e surround product sono
tipicamente portatori, rispettivamente, di attributi tangibili ed intangibili
che esprimono, confluendovi, il concetto di marca cui essa farà costante
riferimento e che assumerà le connotazioni di una vera e propria
identità di marca. Quest'ultima, ben definita, costituisce il modo di
essere della marca e va ad esprimere tutti i valori ed i significati che ne
costituiscono il codice genetico tanto nei rapporti che l'impresa intrattiene
con il mercato, quanto nei rapporti che si sviluppano al suo interno.
L'immagine di marca, infine, è la risultante della proiezione
dell'identità nella mente dei potenziali acquirenti operata dall'impresa
nel suo sforzo comunicativo ed espressivo generalmente inteso.
L'identità fa riferimento al particolare mondo di significati della marca ed in ciò si distingue dalle identità delle marche concorrenti. Con il tempo, attraverso la condivisione partecipata degli eventi che determinano il sentire dell'acquirente e il prendere parte al particolare immaginario cui egli si richiama, l'identità di marca viene a definire un'area di possibilità legittimate.
Sarebbe tuttavia pericolosamente riduttivo e fuorviante intendere la costruzione dell'identità di marca come circoscritta allo stabilire quale sia l'architettura giusta per gli attributi di cui sono portatori i prodotti e a quale prezzo questi vadano portati sul mercato. Il ruolo dell'identità è in realtà molto più importante, dovendo essa rendersi promotrice di un mondo che il cliente deve riconoscere come possibile e auspicabile attraverso il disegno dei contesti comunicativi, di quelli nei quali il prodotto vive e attraverso le storie che esso racconta.
L'identità di marca, in ogni caso, non trova solitamente modo, nell'immediato, di sviluppare e manifestare la propria forza ed esprimere appieno la capacità di generare tutto il valore di cui è potenzialmente portatrice. Essa si sviluppa nel tempo secondo un processo evolutivo che vede la marca attraversare tre fasi attraverso le quali diventerà sintesi dei nuclei ideali in cui è suddivisibile il prodotto[7]:
Marca come sintesi di attributi di prodotto In una prima fase il potere di cui dispone la marca è indirizzato (e solo sufficiente) a consentire la distinzione del prodotto di un'impresa da quelli della concorrenza attraverso l'adozione di un sistema di segni di riconoscimento. All'inizio sono perciò i prodotti a dare un senso alla marca.
Marca come sistema di valori Se all'inizio i prodotti contengono in sé elementi di differenziazione, successivamente, in seguito all'operare dell'azione strategica da parte dell'impresa, essa riesce a dispiegarsi attraverso l'affermazione di attributi intangibili quali ad esempio valori evocati, forme, prezzo. È questa la fase centrale dell'evoluzione della marca, nella quale essa acquista una propria personalità e organicità e viene associata a un insieme di elementi tangibili e intangibili. Sono appunto codesti elementi - ed in particolare quelli intangibili - a innescare un processo che ha come risultato ultimo (anche se non definitivo e da sviluppare senza soluzione di continuità) quello di creare sia per l'impresa sia per il cliente un valore che va oltre la mera somma degli attributi di prodotto. Il concetto di marca si fa, in questa fase, corposo, superando l'iniziale sua astrattezza e inconsistenza.
Marca come vettore di sviluppo Il risultato ultimo dell'evoluzione dell'identità di marca è quello in cui la marca si distacca completamente dal prodotto che le è sottostante per giungere a godere di vita autonoma, Non sempre le imprese raggiungono questo stadio di sviluppo della propria identità di marca, vedendo invece arrestata la sua evoluzione a una delle fasi precedenti.
La sequenza con cui una marca si muove da una fase all'altra non ha una valenza determinata in partenza, essendo il limite fra esse assai sfumato e valendo come fattore determinante la struttura e le caratteristiche proprie del settore o segmento in considerazione. Così, in alcuni settori si può verificare l'accesso diretto all'accezione valoriale della marca saltando il primo momento in cui essa rappresenta solamente il segno nel quale riconoscere un insieme di attributi. Ciò può valere, per esempio, nel settore moda, dove da subito riveste un'importanza primaria una comunicazione incentrata sull'espressione di mondi di riferimento capaci di essere riconosciuti come effettivamente desiderabili dal consumatore (invece che fondata sull'evidenziazione del complesso di attributi presenti nel prodotto).
Il passaggio alla seconda e alla terza fase diviene ancora più opportuno e auspicabile nei marcati maturi, dove ormai il livello di rumorosità è molto elevato e il consumatore si trova a dover scegliere tra prodotti che ai suoi occhi risultano essere sullo stesso piano, e dove l'affermazione di una forte personalità di marca può essere risolutiva nel determinare la scelta. Ad ogni modo, è in quei settori dove sono dominanti gli aspetti evocativi e quelli simbolici che l'identità di marca ha i maggiori margini di sviluppo e può apportare i più elevati incrementi di valore.
L'importanza del creare una personalità di marca forte e definita appare in tutta la sua evidenza se consideriamo i livelli di complessità che la mente si trova ad affrontare, esposta come è ad un eccesso di informazione sempre crescente. La mente, in genere, ama la semplicità e poco tollera un bombardamento di segnali che alla fine produce soltanto disorientamento[8]. Così, per ogni categoria di prodotti riusciamo a trattenere e ad associare al bisogno sottostante solamente un numero limitato di immagini corrispondenti ad altrettante marche. Compito dell'identità di marca diventa allora quello di far rientrare il nostro prodotto tra la ristretta schiera di eletti che hanno accesso alla mente del cliente attraverso il riconoscimento della loro funzione di adeguati problen-solver riguardo al bisogno che è alla base della scelta . Per ogni segmento/mercato, il consumatore assegna la leadership soltanto a poche imprese. Questo non deve però sorprendere, essendo la caratteristica di qualsiasi rapporto di interlocuzione. Nessuno ha la capacità di esprimere un numero elevato di preferenze pariteticamente sopra tutte le altre, qualsiasi sia l'argomento della scelta da operare. Perciò, dobbiamo tenere in considerazione, per esempio, che anche i nostri distributori, nel caso non siano legati a noi da un rapporto di esclusiva, manifestano delle preferenze e tra esse dobbiamo cercare di ricadere .
Il processo che porta all'ideazione e allo sviluppo dell'identità di marca si articola in momenti che, al fine della loro comprensione, possiamo distinguere, ma che in realtà si intersecano in una vicendevole convergenza verso il saper essere e il saper rappresentare.
Per la costruzione o il riposizionamento di una identità di marca, è innanzitutto fondamentale riuscire ad interpretare il contesto socioculturale e gli immaginari collettivi di riferimento, trovando, attraverso una fusione, la sintonia tra impresa e mercato, in modo da prospettare per l'identità un ampio potenziale di sviluppo.
La visione si pone, allora, come il risultato strategico di questa interpretazione svolgendo allo stesso tempo una funzione di informazione dell'azione strategica e di riferimento per tutta l'organizzazione. Dalla visione scaturisce direttamente la concezione di identità di marca, la quale, una volta progettata nei suoi aspetti tangibili[11], viene proiettata verso il mercato esprimendo in tal modo il senso compiuto dell'idea cui siamo pervenuti. La progettazione dell'identità di marca si matura in tre momenti:
Diagnosi dell'identità di marca attuale
Questa prima attività, necessaria se il problema è quello di procedere a un riposizionamento, è volta a comprendere, attraverso un'analisi obiettiva, quale sia al momento l'essenza dell'offerta dell'impresa intendendo con ciò la sua ragion d'essere, i simboli e i codici comunicativi utilizzati per lasciare la propria impronta nella mente del target e se essi siano riconoscibili e condivisi. In questa prima fase, occorre verificare, inoltre, se l'identità di marca concorda o meno con gli attributi tangibili del prodotto, potendo ben verificarsi l'eventualità che la visione non abbia trovato in essa una consona espressione.
Visione prospettica del posizionamento
Può costituire la prima attività da portare a compimento nel caso in cui il problema sia quella di creare ex novo un posizionamento. Il passo logico che deve necessariamente precedere l'indagine della migliore posizione assumibile è rappresentato dal chiedersi a che punto stiano le visioni dal dentro e dall'esterno. Questa valutazione risulta spesso difficile per la mancanza di obiettività di chi la esegue e per le stesse cause che sono alla base degli effetti di disorientamento descritti in precedenza. I limiti in cui incorre, viceversa, ne aumentano ulteriormente l'importanza e la decisività.
Domandarsi quale siano la visione e la missione che intendiamo portare avanti e quale sia il traguardo che, raggiunto, possiamo ritenere soddisfacente serve poi ad orientare la marca in una precisa direzione. È la visione a dettare i punti salienti, tangibili e intangibili, che debbono ritrovarsi nel prodotto. Occorre identificare quale sia il gruppo di clienti cui intendiamo rivolgerci, quali siano le occasioni d'uso (magari con possibilità di essere ampliate) su cui basare la nostra azione, e, soprattutto, quali siano le reali posizioni, attuali e potenziali, dei nostri concorrenti.
Con la definizione e la creazione di una identità di marca coerente con la visione emergono le tematiche relative a come, operativamente, manifestarla in modo da ricrearla nell'immagine percepita.
Sviluppo e alimentazione iterativa del concetto di marca
La conquista di una posizione di rilievo non deve far ritenere acquisito tale risultato. Essa deve essere continuamente alimentata e riorientata. Assumono, allora, rilevanza le esperienze vissute dalla marca e l'implementazione della riflessione circa quanto esse ci possono insegnare. Il ruolo della cultura e dell'apprendimento d'impresa risultano fondamentali nel cercare di ricostruire i terminali e i collegamenti delle relazioni causa-effetto e nello scoprire nuovi sentieri di sviluppo per l'identità e per l'immagine di marca. Una valutazione del genere non può, naturalmente, prescindere da una considerazione circa l'adeguatezza delle competenze aziendali e da una loro ridefinizione nel caso in cui ciò appaia necessario. Inoltre, se da una parte la marca deve rendersi partecipe del processo di innovazioni dei valori del proprio contesto di riferimento, dall'altra deve mantenersi ancorata ad un gruppo di valori stabili, capaci di informare l'azione strategica in qualunque situazione l'impresa si venga a trovare, e attorno ai quali viene fatto ruotare il "senso profondo" dell'identità di marca[12].
C. W. Park, B. J. Jaworski, D. J. MacInnis, Strategic brand Concept - image management, in "Journal of marketing", ottobre 1986, p. 136.
È notorio che la soddisfazione non dipenda soltanto dal livello del consumo, ma anche dalla sua variabilità, ovvero dalla percezione dell'oscillazione e, in particolare, della crescita. La psicologia e la biologia dimostrano, infatti, come siamo molto meno sensibili al livello assoluto di uno stimolo sensoriale, piuttosto che alle variazioni rispetto al suo livello abituale o agli standard che derivano all'esperienza.
Una importante implicazione della creazione di un concetto di marca consiste proprio nel fatto che è esso a determinare quali siano i concorrenti dell'impresa.
Stiamo concentrandoci su un segmento più ristretto, ma in grado di generare grandi profitti potenziali, anche se la marca non resterà isolata nella sua posizione felice per molto tempo, dal momento che la profittabilità del segmento attirerà sul mercato nuovi agguerriti concorrenti. Aumentare il valore dell'immagine percepita ed essere riconosciuti come coloro che fanno il mercato potrà comunque servire ad opporre resistenza all'erosione della quota di mercato.
Si tratta, questa, di una situazione evidentemente difficilmente verificabile per una marca che si incentri su un concetto simbolico.
S.Saviolo, Gestire l'identità di marca nella moda. Il caso Artime - Sector No Limits, in "Economia & management", settembre 1997, p. 52.
Solo in rare eccezioni il disorientamento potrebbe risultare un effetto gradito ed anzi ricercato per il suo particolare effetto ottundente i sensi.
Poco importa che non si tratti di un bisogno meramente funzionale o comunque avvertito distintamente come tale dal potenziale acquirente. Anche il bisogno di apparire e di esprimere una simbolicità attraverso l'acquisto non esimono dal riconoscere, sia pure solo implicitamente, all'acquisto stesso l'attribuzione di problem-solver. L'unica cosa che cambia è la diversa natura del problema e della soluzione per esso prospettata.
L'esempio è peraltro estensibile al caso di un rapporto di esclusiva, dal momento che si può sempre presentare la possibilità di troncare tale rapporto in favore della costituzione di uno nuovo con una marca ritenuta più appetibile proprio perché portatrice di una identità più forte.
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