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Clinica - Nell'organizzazione genitale femminile - modo di essere donna

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Clinica


Cap.1°


Il rapimento e devastazione nell'immaginario edipico femminile


L'odio per la madre. L'Edipo femminile per S. Freud


Il primo piano in cui troviamo la devastazione femminile è quello dell'immagine, quindi sul registro immaginario.

L'immaginario gioca un ruolo di primo piano nella costituzione di una posizione sessuata femminile.

Per Freud, il momento topico nella via della femminilità è l'istante di vedere che ad un certo punto della vita della bambina che fino a lì è un ometto, scorge il genitale maschile e per differenza scopre la mancanza del pene.

In questo momento, qualcosa di irreversibile, si compie.




Una bambina che apprezza i giochi, i vestiti e le sembianze del sesso femminile non è meno maschietto di una che indossa i pantaloni.

Nel momento in cui vede la mancanza, vi è la dimensione del primato di un organo rispetto ad un altro.


Nell'organizzazione genitale femminile, al maschile non corrisponde un femminile.


Sul piano dell'immagine,invece, ad un ruolo maschile può corrispondere un ruolo riconosciuto come femminile, non è così per la pulsione.

Per entrambi i sessi c'è un solo genitale, quello maschile


L'intera organizzazione genitale è costituita a partire dal primato del fallo.

La distinzione quindi non è tra maschile e femminile, ma tra genitale maschile e l'essere evirati, dall'altro.


L'immagine dell'organo, porta con se una valenza simbolica che Freud rimarca come legata alla funzione fallica del pene.

Varie sono le espressioni che mettono in luce la dimensione dell'organo.

Le donne con le palle . le donne con gli attributi . sono espressioni correnti.

Per la bambina dunque permane l'idea che le donne che valgono, hanno il pene.

Tra le donne evirate, per la bambina, fa eccezione la madre.

La madre ha il fallo, nella doppia valenza immaginaria e simbolica.

L'istante in cui la bambina vede che al proprio corpo manca il pene, fa sorgere in lei, l'invidia.


Si sa che le donne, davanti al desiderio, sono molto più decise.

La decisione del desiderio, dunque, è un tratto femminile che Freud riconduce a questo momento.

E' la presa di posizione davanti alla scoperta dell'evirazione.

Il tratto della decisione è legato quindi al giudizio istantaneo sull'evirazione.


Per Freud, nei maschi, il meccanismo di riposta all'assenza di pene nella donna è il disconoscimento.Qualcosa in più nella rimozione.

Lo stesso meccanismo che presiede alle perversioni.


Si apre così la via feticista all'amore maschile.

Ciò che determina la scelta dell'oggetto d'amore per l'uomo, è la presenza di un dettaglio sul corpo della donna che ha la funzione di smentire la sua castrazione.


Non è così nella scelta dell'oggetto amoroso per la donna.

L'unico universale per la donna è l'invidia del pene e si comporta da maschiaccio.


Le risoluzioni del complesso di mascolinità non sono generalizzabili.


Non c'è un solo modo di essere donna.


Per Freud, la posizione per i maschi era molto semplice, ma enigmatica quella femminile per esempio come possa arrivare a sostenere compiti attesi dal suo stesso sesso.


L'invidia del pene, può portare ad un disconoscimento femminile causato dalla propria evirazione.

(Disconoscimento: consiste nel rifiuto inconscio di una realtà dolorosa e conflittuale che si manifesta differentemente nella nevrosi e nella psicosi)


L'invidia del pene, il complesso di mascolinità e il disconoscimento dell'evirazione, sono forme di un rifiuto della bambina davanti alla scoperta.

Per Freud, non c'è reazione possibile che non sia di rifiuto.

La scoperta, non può essere accettata.


Sul piano dell'immagine, la conseguenza della scoperta dell'assenza del pene è una ferita narcisistica che produce una cicatrice indelebile.

Il soggetto si vedrà sempre in eccesso o in difetto rispetto all'immagine reale riflessa dallo specchio.


Sul piano dell'oggetto d'amore, la bambina, riterrà responsabile la madre di averle dato un corpo mancante.


Il mutamento più importante però si colloca a livello della zona erogena dominante, coinvolta nel godimento sessuale.

Freud osserva che le pratiche masturbatorie perdono di importanza non soddisfazione quanto i maschi.

La bambina si sente umiliata dal proprio organo.

IL SIMBOLICO INTACCA IL REALE DEL GODIMENTO.


Per Freud, è proprio da qui che si apre la strada per l'investimento della zona vaginale, necessaria alla sessualità nell'età adulta.


La via verso la femminilità, richiede una soluzione a questa catastrofe.

L'operatore fondamentale per il superamento della catastrofe è la messa in funzione della catena delle equivalenze simboliche

Se si attua l'equivalenza pene-bambino, la libido può scivolare dal pene su un altro oggetto.

Il desiderio di un bambino prende il posto dell'invidia del pene e diventa per questo il più forte dei desideri femminili.

Tale scivolamento, permette alla bambina di entrare nell'Edipo.


Il rapporto tra complesso di Edipo e il complesso di evirazione è rovesciato rispetto al maschio.

Se il maschio esce dall'Edipo e abbandona l'amore incestuoso per la madre sotto la minaccia dell'evirazione, per la bambina è il contrario.


L'evirazione è già data in partenza per lei.


Quando l'equivalenza pene-bambino riesce, la bambina vorrà un bambino dal padre, divenuto oggetto d'amore.

E' questo l'Edipo femminile.

A questo punto, si instaura nella bambina, della gelosia nei confronti della madre e per Freud, l'intesa femminile è raggiunta.


Tutto l'interesse della questione risiede in questo passaggio che permette l'entrata nell'Edipo.

Ovvero, se la ferita narcisistica e l'invidia del pene seguono logicamente la scoperta dell'evirazione, lo scivolamento degli oggetti del desiderio, il cambio dell'amore e della zona erogena dominante rimangono più enigmatici.


Esse sono operazioni non scontate e mai riuscite completamente per Freud.


La bambina non lascerà mai del tutto l'Edipo, come non vi entra del tutto.


L'ipotesi è che il nucleo delle nevrosi femminili, in particolare l'isteria, appartenga a questo attaccamento alla madre che precipita in una rimozione inesorabile.

E' la prima formulazione del legame devastante tra la donna e la madre, ovvero un senso di paranoia, di angoscia e di furto.


Se la madre al momento della scoperta dell'evirazione sul proprio corpo è ritenuta un'eccezione, ad un certo punto la bambina scopre che così non è.

Il suo amore era diretto alla madre fallica e da questo momento l'amore lascia il posto all'odio, unendosi dunque al padre.


Le angosce che la bambina nutre sono di vita e di morte.Ritiene responsabile la madre di non averle dato abbastanza latte o addirittura di essere avvelenata.


La catastrofe che si produce segna il distacco dalla madre come primo oggetto d'amore.

E' difficile che a ciò sopravvivano le tendenze passive necessarie per spostare la zona erogena dalla clitoride alla vagina e facilitare l'investimento del padre come nuovo oggetto; quella che Freud definisce l'ondata di passività che inaugura la svolta verso la femminilità


Freud nota una relazione costante tra femminilità e vita pulsionale alla quale descrive la tendenza a sviluppare forti impulsi masochistici.


Il problema si pone dal carattere della libido.

La libido è una sola al servizio della funzione maschile e della funzione femminile.


La sostituzione dell'organo investito libidicamente, il fallo, con una zona erogena femminile, pone problemi alla libido.

La zona genitale femminile non drena la libido in modo egualmente efficace.


L'oggetto d'amore precedentemente investito, la madre,diviene la causa della catastrofe, avendo rilevato la mancanza nel corpo della bambina e nel corpo proprio dell'organo che drena l'energia pulsionale.


La conclusione di Freud è che decisiva per il futuro della donna è lo sviluppo preedipico.


2 L'invidia per la vita. L'Edipo per M.Klein


Le teorie della Klein sullo sviluppo del bambino, rovesciano la teoria freudiana.

Per lei, l'Edipo è in funzione sin dai primi stadi dell'evoluzione del soggetto.

E' attraverso la chiave di lettura edipica che si possono interpretare i fantasmi del bambino sin dalla fase orale.


L'equazione pene-bambino, riguarda entrambi i sessi ed è preceduta dalla equazione seno-pene-bambino.


Il pene acquisisce significato in quanto sostituto del seno che è il primo oggetto nel circuito pulsionale infantile.

L'amore e l'aggressività sono dunque diretti verso questo contenuto prezioso del corpo della madre di cui l'infante desidera appropriarsi.


La messa in funzione anticipata dell'Edipo,attribuisce al seno un significato equivalente al pene.

Seno e pene, sono i due oggetti primari che hanno origine dai desideri orali del lattante.

La Klein si concentra nella perdita di questi oggetti perduti.


Per ella, non vi è un problema simbolico per la bambina.considera che l'identificazione alla madre sia il tramite per un'assunzione della propria posizione sessuata, senza distinzione tra identità femminile e identità materna.


Neanche il cambiamento della zona erogena costituisce un problema.

La bambina, anzi possiede una posizione ricettiva avvantaggiata nei confronti del seno che passa al pene senza dover modificare la ricettività.


Per la Klein, il problema si pone per il bambino che deve mutare la posizione passando da quella femminile nei confronti della madre alla posizione attiva nei confronti del pene.


Il contributo della Klein, lo troviamo maggiormente con il concetto di invidia, ovvero la frustrazione che marca il rapporto del lattante con il seno e la reazione ad essa degli effetti devastanti con il rapporto con la madre.


Il lattante avrà un'insoddisfazione con il seno.Non potrà mai appropriarsene del tutto avendo l'angoscia che prima o poi gli verrà a mancare, attaccando quindi la madre e distruggendo il senso stesso.


La funzione orale è dunque strutturale perché il lattante lo vorrebbe avere sempre a disposizione.

Il seno che non può avere, diventa odiato e deve essere distrutto.

A questi attacchi, segue l'angoscia della ritorsione e che quindi le proprie parti interne vengano distrutte.


La madre non può eliminare questa dimensione del rapporto con il lattante perché ella non è in grado di eliminare i suoi impulsi distruttivi e le sue angosce persecutorie.


L'invidia nei confronti della madre nei primi stadi di vita, può pregiudicare tutta l'evoluzione successiva.


L'invidia è il modo originario di manifestarsi della pulsione di morte che mira a guastare l'oggetto portatore di vita.


Per gli attacchi di avidità e di invidia verso il seno, lasciano nel bambino sensi di colpa.

L'angoscia di persecuzione dunque ne discende come immediata conseguenza.


Fondamentale, è il carattere inevitabile di questo rapporto invidioso al seno che nutre.

Nutre, quindi è oggetto di brama distruttrice.

In quanto fonte di vita, è vissuto come troppo potente.


Per la Klein, l'invidia è la prima lotta tra la pulsione di morte e pulsione di vita.


Il soggetto vuole ciò che è della madre, la attacca ma ne teme la ritorsione sotto forma di manaccia di morte, di persecuzione.


Per certi aspetti, il pensiero della Klein, si avvicina alla teoria che Freud sviluppa ne Il problema economico del masochismo.

L'angoscia primaria che anima il lattante è la minaccia di annientamento proveniente dall'interno, per opera dell'istinto di morte.

L'Io, che è al servizio dell'istinto di vita, la proietta verso l'esterno.

Questa azione, muta l'invidia in aggressività.

L'aggressività, a differenza dell'invidia, è funzionale alla competizione per la vita.

L'invidia non si rivolge all'oggetto posseduto dall'altro che il soggetto vorrebbe per sé.

E' il carattere illimitato dell'avidità che la trasforma in invidia.


L'operazione psichica fondamentale per la Klein affinché il soggetto possa sopportare la pulsione di morte è la separazione dell'oggetto,

in un oggetto cattivo esteriorizzato, che non può possedere, ma odiare e dal quale si deve proteggere ed

un oggetto buono introiettato da amare e dal quale essere amato.


Se si stabilizza, questa separazione, dà luogo alla sicurezza che presiede la futura integrazione dell'Io.

Il soggetto può dunque contare su un proprio oggetto buono e sulla propria capacità di amare.


Per la Klein, la costituzione di un oggetto buono è il frutto dell'operazione del soggetto che riesce a investire la libido in modo stabile.


L'angoscia di essere uccisa, divorata dalla madre,già segnalato da Freud, segna il rapporto tra madre e bambina


Il vero trattamento dunque, è che si stabilizzi una buona divisione dell'oggetto in buono e cattivo senza che in futuro debba attaccare l'oggetto amato.

Deve esserci un0integrazione dove odio e amore non si confondono e che entrambi i sentimenti convergano insieme in base ai contesti.


Dopo la reazione depressiva, il soggetto recupera le parti scisse, le reintegra e l'oggetto si definisce come esteriore indipendente dal soggetto.


Il soggetto deve fare il lutto della propria onnipotenza, l'oggetto non è in suo potere, ma può integrare le sue parti aggressive che non essendo distruttive, possono essere impiegate.


Per M. Klein, entrambi i sessi sono investiti dalla frustrazione orale che precede l'Edipo.

L'impossibilità di possedere totalmente il seno materno, fa entrare in scena il padre, come colui che ha portato via la madre nella fase orale.


Gli stadi si mescolano.


Se il rapporto del bambino con il seno è disturbato, se l'invidia verso la madre ha disturbato la costituzione di un oggetto buono, affidabile, allora la rivalità con il padre si infiamma.


La prima sa dell'Edipo è contaminata dalla potenza dei due genitori che non vengono visti con i quali avere rapporti distinti, ma il sospetto che essi traggano reciprocamente una soddisfazione che rafforza la fantasia che sono sempre uniti.


Il legame dunque tra invidia ed Edipo è molto stretto.

L'Edipo è tanto più difficile quanto più è intensa l'invidia nei confronti della madre


In seguito, il passaggio dall'investimento orale a quelli successivi, riduce l'importanza della madre come fonte di godimento e l'invidia può quindi ridursi.


Se la bambina investe il padre come oggetto d'amore, la gelosia prende il posto dell'invidia e la madre diventa rivale.


Mentre l'invidia non è catalizzata sulla contesa di un oggetto, ma sulla distruzione dell'oggetto e del suo possessore, la gelosia, include il desiderio, presupponendo che l'oggetto sia da conquistare.


La possibilità che l'invidia si trasformi in gelosia dipende dalla riuscita del trattamento edipico.


Anche sul versante della relazione con il padre, l'Edipo è influenzato dall'invidia.


Secondo l'equivalenza seno-pene, più è forte l'invidia del seno nella relazione con la madre, più forte sarà l'invidia del pene nella sua forma distruttiva.

L'oggetto desiderato dovrà essere quindi distrutto.


Al contempo, la rivalità con la madre sarà violente, volta al possesso del fallo, più che al suo amore.


Tale differenza è importante perché sposta l'asse della relazione dal desiderio all'asse del godimento.


Nella situazione in cui è in primo piano il desiderio infatti, la rivalità è diretta a suscitare il desiderio del padre e a farsi amare da lui; quando è il godimento a dominare è in gioco l'affermazione della volontà in quanto tale.


Il rapporto con il padre può allora assumere le caratteristiche dell'oggetto idealizzato.

Si ripropone dunque la scissione tra oggetto idealizzato, il padre, ed oggetto cattivo, la madre.


A differenza dell'oggetto buono, l'oggetto idealizzato non rassicura il soggetto sulla sua amabilità. Lascia quindi il soggetto nell'angoscia della persecuzione.


Il fatto di aver preso qualcosa dall'oggetto per vivere è ciò che la Klein, chiama gratitudine


Par.3°


Come si costruisce una donna. L'Edipo per J. Lacan


Donne si nasce o si diventa?

Per Lacan, si diventa, attraverso il passaggio di quel meccanismo simbolico che è l'Edipo.

Così come l'uomo nella sua posizione sessuale, dal simbolico e dal passaggio attraverso l'Edipo.

Negli anni '50, Jacques Lacan, introduce in psicoanalisi, la distinzione dei 3 registri di:

Reale

Simbolico e

Immaginario.


Per non perdersi tra il fallo, la castrazione, la frustrazione, la madre, il padre, è importante distinguere ogni volta se l'oggetto in gioco è un oggetto immaginario, reale o simbolico e che tipo di mancanza corrisponde.

E' così che Lacan, distingue il pene (organo reale) dal fallo (organo immaginario).

Lacan introduce due termini che orientano in modo nuovo la problematica dell'evoluzione femminile.

Alla coppia della relazione keniana, (la madre e il bambino), aggiunge un terzo elemento, (il fallo immaginario) che ha funzione di dono.

Tutti e tre compongono i fantasmi infantili.

A questi tre, aggiunge un quarto elemento simbolico, la funzione del padre.

Il padre, preso come elemento simbolico, permette di avanzare nell'immaginario in cui la bambina si trova perduta a un certo stadio di sviluppo.

Per Lacan, il fallo si investe la libido a partire dalla fase genitale.

Freud,suggerisce appunto di chiamare più appropriatamente la fase genitale, fase fallica.

Il soggetto così, passerebbe dalla fase, orale a quella anale o uretrale a quella non genitale, ma fallica.


La fase fallica, a differenza di quella genitale non è organizzata sul godimento, ma ancora imperniata sulla prevalenza di un organo unico per entrambi i sessi.

Ne consegue, infatti che sul piano immaginario, l'unica rappresentazione dello stadio genitale è il fallo, e dato che non esiste la falla per la donna, si parlerà di presenza o assenza del fallo.


Il fallo non è il pene.

Il pene è organi genitale maschile, il fallo è la versione idealizzata. Esso è un pene sempre in erezione.


Per Lacan, il fallo è l'oggetto della mancanza laddove manca, come ciò che avrebbe dovuto esserci e invece non c'è.


E' la mancanza stessa a farlo sorgere.

Esso svolge la funzione del velo che lascia intendere che dietro ci sia qualcosa.


Paradossalmente, il fallo è collocato laddove sarebbe atteso e manca, ovvero nel corpo della madre.


La tesi di Lacan è che la relazione d'oggetto è sempre una relazione con l'oggetto che manca.


Le tre relazioni che descrivono il rapporto con l'oggetto sono relazioni che declinano la sua mancanza sui tre registri.


La frustrazione, la castrazione e la privazione, corrispondono a tre tipi di mancanza, ovvero reale, immaginaria e simbolica.


Nella bambina, quando percepisce di essere privata del pene, la mancanza è REALE.

La propria anatomia è percepita come mancante perché entrano in gioco gli altri due registri. Immaginario e simbolico.


Gli effetti della scoperta sulla bambina sono inspiegabili se non si considera che l'organo in questione, il pene non vale come organo reale, ma in quanto simbolico.

Perché il soggetto possa sentirsi privato di qualcosa, bisogna che un'operazione simbolica trasformi questo reale in qualcosa d'altro rispetto a ciò che è dato naturale.


E' la nuova formulazione della frustrazione che ci aiuta nella comprensione dell'invidia.

Nella frustrazione, l'oggetto in gioco è REALE, il danno che vive è invece IMMAGINARIO.

La frustrazione, si riferisce all'impatto con l'oggetto reale, sono tutte le vicende che marcano il rapporto pulsionale con l'oggetto.


L'oggetto della frustrazione è l'oggetto dello stadio orale, il seno materno.

E' la madre che può dare o negare l'oggetto desiderato.

Se lo nega, vi è una risposta capricciosa.

Di conseguenza, cambia il valore dell'oggetto che non è più un oggetto di soddisfacimento ma come oggetto benevolo o malevolo di potenza.


La frustrazione è il momento in cui la bambina, è presa nella relazione speculare con la madre, nella quale il fallo circola nella forma immaginaria.

Per uscire dalla frustrazione, è necessario che si attivi il quarto termine, il padre, ed entri dunque il registro simbolico.

Quando la bambina incontra la mancanza del fallo nella madre, si incrina l'onnipotenza materna ed è il padre che mantiene uno scarto sufficiente tra i tre elementi, madre, bambino e fallo.

E' il padre che trasura la relazione immaginaria, legandola ad un'organizzazione simbolica che l'oggetto passa dalla dimensione della mancanza immaginaria della frustrazione alla dimensione del debito simbolico.

Questo avviene attraverso l'Edipo.


Per Lacan, l'Edipo è una macchina simbolica che trasforma gli elementi che vi entrano.


Ciò che si può conoscere sotto il nome di preedipico è la triade immaginaria

madre-bambino-fallo che indica la posizione perduta del bambino prima della funzione paterna.

E' grazie a questo concetto astratto che si può afferrare logicamente la devastante relazione madre-bambina descritta da Freud e la Klein.


Per Freud, le cose procedono con la linearità e chiarezza.

Il patto simbolico introdotto dall'entrata in gioco del padre, lo istituisce come avente diritto al fallo per l'identità virile che gli dà l'accesso all'uso dell'organo sulla base dell'interdizione dell'oggetto materno.


Il residuo immaginario dell'operazione simbolica di castrazione rimane ad alimentare la rivalità con l'altro uomo e quel rifiuto di assumere la posizione femminile con gli altri uomini che Freud ha indicato come roccia in scalfibile di un'analisi maschile condotta al suo termine.

Questo porta per il maschio, l'uscita dalla dimensione dell'invidia nella relazione con la madre.


Per la bambina, l'uscita dalla frustrazione è più problematica.

Nella condizione dell'entrata nell'Edipo femminile, il dono che ella attende dal padre, il bambino, in quanto oggetto immaginario è sostituito dal fallo mancante e deve quindi essere entrata in funzione l'equivalenza simbolica pene-bambino.


Ciò, vale solo come desiderio perché è impossibile che possa essere realizzato.La delusione, quindi è inevitabile e riconduce la bambina dalla posizione materna alla posizione femminile spostando il desiderio del bambino-pene nella dimensione della domanda sul registro del simbolico dei doni.


Il momento della frustrazione è quel momento in cui la mancanza d'oggetto è ridotta a mancanza, PRIMA

che l'operazione simbolica faccia precipitare questa mancanza in castrazione o privazione.


Ciò che vale nella frustrazione, non è l'oggetto che è ridotto alla sua assenza di mancanza, ma il fatto che qualcuno possa farne un dono.

L'agente della frustrazione è la madre, la quale ha un'importanza dominante.


All'interno della frustrazione, giocano reale e immaginario, destinato a precipitare in castrazione e privazione grazie alla funzione simbolica del quarto elemento.


La rivendicazione che fa del diritto, un'esigenza, del desiderio narcisistico è un modo classico dell'invidia femminile.

La frustrazione oscilla verso la privazione sotto la forma della privazione.

L'USCITA DELL'EDIPO, DUNQUE DEVE PORTARE ALLA PRIVAZIONE, ANCHE SE LA BAMBINA PROVERA' INVIDIA PER IL PENE.


E' la castrazione che permette l'assunzione della frustrazione in una dialettica di scambi legalizzati in cui la perdita e il dono, riformulano il reale.

Ed è sempre la castrazione, per la Klein che il soggetto accede al superamento dell'invidia senza perdere la capacità di godimento.



3.2 Cos'è il fallo per una donna


Per la Klein, l'analisi della relazione precoce del bambino con la madre, la conduce ad un genetismo al quale attribuisce la costituzione del soggetto con la forza delle pulsioni in campo, una forza costituzionale.

Per la Klein, la relazione con l'oggetto non ha nulla a che vedere con le coordinate dell'incontro ma prodotta dall'interno del soggetto.

Da qui, la teoria che è l'origine quantitativa degli impulsi il fattore determinante per la costituzione del soggetto per la forza con cui si presenta l'invidia.

E' una differenza decisiva con il pensiero di Lacan.


Per Lacan, gli oggetti keniani sono da prendersi come significatizzanti perché il soggetto non è solo con questi oggetti persi nel corpo materno.

L'elemento che va a completare la costruzione Kleniana è l'Altro, prima della venuta al mondo del soggetto.


Il desiderio del bambino per gli oggetti del corpo materno, si costituisce sulle tracce del desiderio della madre.

Che la madre desideri, è la condizione perché il bambino incontri un terzo elemento come speculare, luogo delle aggressioni e ritorsioni.


Nel IV seminario, Lacan, introdusse il padre come elemento simbolico.

Ora, aggiunge che è attraverso la madre che il bambino incontra il padre.

E'una svolta nelle teorie psicoanalitiche.


Sin dall'inizio,sul piano simbolico, il soggetto si trova in un triangolo a tre elementi:

madre, padre (che dà la vita) e bambino (che deve trovare un significato per la sua esistenza).

Sin dall'inizio, tutti gli elementi sono in gioco.


Alla concezione evolutiva, la Klein, sostenne che la sequenzialità degli stadi fosse da correggere e che si dovesse accettare l'idea di una sovrapposizione tra gli stadi ed un'anticipazione dell'Edipo ai primi mesi di vita.


Per Lacan, l'Edipo è l'organizzatore del simbolico in quanto dispositivo che lo mette in funzione.

Sin dai primi stadi, attraverso l'incontro con in desiderio della madre,il bambino incontra il padre come terzo elemento.

La sola assenza o presenza della madre, che introduce l'elemento simbolico, introduce il bambino nella dimensione della domanda.

Questo è il modello dello svolgimento edipico riformulato da Lacan.


Il fallo simbolico, come ogni simbolo, designa la cosa sullo sfondo della sua assenza, finché esso rimane ancorato alla sua valenza immaginario, non funziona come puro simbolo.

Il fallo simbolico entra in funzione quando si distacca dal pene reale.


E' per questo che il fallo simbolico è in primo luogo il fallo della madre, perché designa ciò che non ha.

Il fallo è assente, ma presente come operatore che organizza il desiderio materno, cioè esso organizza la mancanza materna in desiderio.

Quanto il desiderio materno sia organizzato dal fallo è di fondamentale importanza perché il soggetto possa avere degli elementi verso cui orientarsi per organizzare la propria posizione sessuata.


Che dunque il desiderio materno fosse strutturato e includesse il bambino è ciò che fornisce il punto di appoggio alla dialettica del rapporto del bambino con il desiderio della madre.

Con l'intervento del padre, l'essere confuso e indistinto del bambino troverà nel simbolo del bambino desiderato un significato.

Bambino desiderato e bambino domandato sono i termini che definiscono il costituirsi del soggetto in rapporto al desiderio materno.


3.3 La Metafora Paterna


Per Lacan, la metafora paterna è quella che permette al bambino di accedere ad un significato sul suo essere e che gli dia un posto in rapporto alla coppia genitoriale.

La metafora paterna è la riscrittura dell'Edipo per Freud.

Freud ha compreso l'universalità del mito di Edipo per gli esseri umani, ne ha fatto un complesso fondamentale che organizza la soggettività e le formazioni sociali.

Nell'Edipo,l'essenziale della funzione paterna è che il padre sia portatore di una legge che interdisce il godimento e lo incanala in vie regolate dal significante.


La metafora paterna riscrive il mito di Edipo in una formula linguistica, attraverso lo strumento della metafora secondo Jakobson.

Con questo, l'Edipo si trasforma, diventando una macchina simbolica che trasforma gli elementi che vi entrano in un processo che provoca la questione del sesso del soggetto da parte del complesso di castrazione.

Il perno di questo processo è il fallo.


La metafora paterna trasforma il desiderio della madre, una x enigmatica, in un elemento del linguaggio, il fallo.

Grazie alla riuscita dell'operazione di metafora, il fallo viene a rappresentare ciò che è desiderato dalla madre.

Il padre, funge da separatore madre-bambino, introducendo il fallo come oggetto distante.

Interviene nella realtà come ciò che la madre desidera e il bambino non le può dare.

La funzione del madre è puramente simbolica, di attivazione del movimento significante.


All'uscita della metafora paterna, ciò che la madre desidera può dirsi sotto il simbolo del fallo.

Il bambino dunque non è più imprigionato nella domanda senza risposta "cosa vuole da me?" ma può leggere il desiderio della madre legato al significante che per lei valore fallico e se vorrà essere desiderato dalla madre dovrà situarsi sotto questi attributi.

Vi è quindi uno scollamento tra il bambino e il fallo grazie all'intervento del padre.


La novità rispetto all'Edipo freudiano è che anziché essere illuminato dai tre registri, quando definisce le posizioni sessuali, ci sono solo due sessi, ma un solo significante articolato al desiderio.

In più, vi è la novità che: Freud, poneva il fallo come ciò che viene laddove manca, per Lacan, in entrambi i sessi manca qualcosa, ovvero della pienezza d'essere che è andata persa con l'incontro con il linguaggio.


La metafora paterna consente ad entrambi i sessi di assumere simbolicamente questa mancanza primaria (castrazione del linguaggio) e raccordarla al fallo in modi diversi.


All'uscita dell'Edipo, il bambino assume di "non avere quel che ha" e la bambina di " non avere quel che non ha".



3.4 L'invidia del pene


L'invidia del pene è il modo in cui il fallo entra in gioco lungo la strada della sessuazione femminile e spinge la bambina nell'entrata dell'Edipo.


L'uscita dall'Edipo, non è mai perfetta e lasciando anche il retrogusto dell'invidia del pene.


Lacan riformula l'invidia del pene a partire dalla distinzione nei tre registri.

Questa eredità assume forme diverse a seconda dei registri sui quali è vissuta.


Nel caso dell'immaginario, l'invidia del pene, prende la forma del desiderio che la clitoride diventi un pene.E' una fantasia di godimento femminile già segnalata da Freud.

Se il pene è sul registro del reale, prende forma del desiderio del pene del padre. E' un desiderio impossibile. La mancanza si presenta nella forma della frustrazione.

Se il pene è sul registro del simbolico, l'invidia del pene,prende forma del desiderio di bambino dal padre.La mancanza è vissuta come privazione che priva realmente il soggetto di un oggetto simbolico.


Le tre dimensioni della mancanza si alternano e l'invidia si fissa in punti che sono particolari per ciascun percorso soggettivo.

E' attraverso questi passai che si compie l'entrata della bambina nel circuito del significante, attraverso il terzo tempo dell'Edipo.


Primo tempo: il soggetto si identifica allo specchio all'oggetto del desiderio della madre;

Secondo tempo: il padre interviene come privatore della madre;

Terzo tempo: il padre fa prova di questo avere.

L'Edipo permette così alla bambina di compiere un passaggio enorme, poiché è in quanto oggetto di scambio che può inscriversi nelle relazioni di parentela come donna. lia,moglie e madre.


Ogni essere umano, arriva alla vita come oggetto (lio di qualcuno, oggetto di manipolazioni e cure . ecc..) ed attraverso l'incontro con il desiderio dell'Altro che si costituisce come soggetto desiderante nella metafora paterna.


Cap. 2°


La devastazione nella trasmissione generazionale: la filiazione simbolica


La struttura della Metafora Paterna, organizza la soggettività in un ordine simbolicocce le preesiste, con due effetti di stabilizzazione fondamentali.

Da un lato, il soggetto trova delle identificazioni che diano una rappresentazione al suo essere e

Dall'altro, il rapporto con il suo godimento viene regolato dall'interdizione edipica e dalla sua localizzazione nell'organo fallico.


La logica della operazione di Metafora Paterna produce il soggetto cosiddetto normale della nevrosi. Il cui desiderio è orientato dall'Edipo e il cui godimento rimane separato e accessibile attraverso costruzioni di linguaggio.


La filiazione, cioè il passaggio generazionale che consente di iscrivere in questo ordine simbolico ciascun, nuovo nato e si trasmette di generazione in generazione.


Il Nome del Padre,scorre come significante di una rinuncia e di accesso alla possibilità di una trasmissione.

La funzione significante del Nome del Padre è necessaria perché il soggetto possa sapere qualcosa della paternità o della sua esistenza.

E'a riguardo della filiazione, che il termine devastazione e nell'opera di Lacan,

Il termine venne usato nella costituzione della soggettività, della collocazione del soggetto rispetto alle leggi di parentela come manovra dal più alto effetto istituente.

La devastazione, spinta fino alla dissociazione della personalità del soggetto,può portare ad una filiazione falsificata, quando la costrizione dell'ambiente si adopera per sostenere la menzogna.


La conseguenza di quelle filiazioni in cui si confondono le generazioni è una devastazione della personalità del soggetto, che si spinge fino ai limiti della psicosi.


Il Nome del Padre, è reso operativo dal desiderio della madre.


In una situazione di falsificazione, il Nome del Padre, non può assumere il desiderio che è in circolazione ed è un desiderio che non riconosce peso alla sua autorità.

La riuscita dell'operazione di metafora è così pregiudicata, con un effetto di disordine provocato dal sentimento di vita del soggetto.


Per Lacan, la devastazione  è una conseguenza della degradazione della legge paterna, quando non è all'altezza del suo compito.


[Esempio del padre di Anna che la perturba imponendo la propria legge delinquenziale. La conseguenza è uno stato di abbandono di Anna fisico e psicologico essendo disorientata rispetto alla legge]


In ogni caso, una filiazione falsificata e una posizione paterna che non supporta il Nome del Padre come puro significante del rapporto con la legge in quanto tale, hanno effetti devastanti sul soggetto, che faticherà a reperirsi nella sua esistenza e ad accedere alla filiazione.


La tesi di Lacan è che essa dipenda proprio dalla preclusione del Nome del Padre.


La preclusione del Nome del Padre è un dato di struttura della psicosi.

Gli effetti di devastazione nella filiazione, sul piano simbolico sono legati ad un difetto nel suo funzionamento.


Troviamo un problema analogo di devastazione legata al registro simbolico nella femminilità.

La Metafora Paterna, anche quando è operativa, quando riesce, riesce a dare un significato al soggetto quanto al suo essere in riferimento al fallo.


Rimane una difficoltà legata al fatto che la libido femminile non è rappresentata dal fallo come lo è quella maschile.

Sul piano simbolico resta un vuoto laddove sarebbe atteso un significante che designa la libido femminile.

Sul versante femminile avremo dunque sempre degli effetti di devastazione simbolica, legati alla impossibile rappresentazione del proprio essere come femminile.

Cap. 3°


Rapimento e devastazione del godimento femminile


Cap. 3° par.1°

L'essere femminile dalla mancanza al supplemento

Psicosi e femminilità:invenzioni


Un difetto nel Nome-del-Padre a livello della filiazione o la sua preclusione, hanno effetti di devastazione simbolica quindi.

Il soggetto psicotico, non può trovare una significazione al proprio essere attraverso il Nome-del-padre.

A fronte di questa mancanza sul piano significante, il soggetto deve inventare una soluzione positiva che strutturi una forma vivibile per il suo essere e per il godimento non regolato dal fallo con cui è confrontato.

Sono i fondamenti della nuova teoria della psicosi, in cui Lacan, riprende il caso discusso da Freud nel caso della paranoia di Schreber.

Schreber, per la sua psicosi, costruisce un fantasma fondamentale che hanno le coordinate simboliche.

Questo fantasma chiama in gioco la donna.

La logica di questa soluzione lega alla mancanza del significante fallico l'esistenza della donna.

La donna fa così ingresso nella psicosi in quanto invenzione che viene al posto di ciò che non è garantito dal Nome-del-Padre.


Lacan introduce la donna come concetto nuovo,non la donna costruita dall'Edipo, ma della donnacce sorge al di là del Nome-del-Padre.

Nel seminario V, la soluzione che il soggetto trova al suo essere indeterminato è la soluzione edipica, (universale per tutti i soggetti nevrotici) la soluzione che deriva dalla messa in funzione del quarto elemento, il padre simbolico, che interviene a regolare la distanza tra il bambino, la madre ed il fallo.

Il soggetto psicotico, non può ricorrere a questo quarto elemento e viene mobilitato l'inconscio in tutte le sue risorse formali perché possa dedurre una soluzione per il suo essere.


Lacan affaccia per la prima volta, l'ipotesi di un al di là del fallo.

E' l'ipotesi che il significante fallico non dreni nella donna tutta la pulsione.

Da qui, l'ipotesi è che nella vita di una donna, non tutto si può ricondurre all'operazione fallica.


Freud insistette sulla difficoltà di spostare l'investimento erogeno dalla zona clitoridea alla zona vaginale, dalla attività alla passività.

Giacché la formula che la libido è maschile, essa è articolata sul fallo.

Una parte della vita pulsionale nella donna rimane estranea all'operazione simbolica del fallo.

Ma ciò che qualifica l'essere femminile non è più la mancanza del fallo immaginario, ma un supplemento che viene al posto di ciò che non è marcato dal significante fallico.


Questo è un avanzamento di Lacan rispetto alla letteratura di Freud e rispetto alle letture femministe.

Freud, rimaneva imprigionato nello schema edipico in cui il fallo è il significante unico rispetto al quale si definiscono i due sessi e non poteva che leggere la femminilità come una mancanza.

Per Lacan, la donna non è tanto quello che non ha, ma piuttosto rappresenta ciò che è Altro, rispetto all'uomo come possessore dell'organo che vi corrisponde.


L'uomo serve alla donna da testimone perché ella possa incontrare l'Alterità del suo sesso, perché possa dividersi attraverso il suo stesso godimento in una parte che proviene dal godimento fallico e in un'altra che dà conto di un'altra dimensione.

La posizione femminile viene definita a partire dal godimento.

Un godimento che non viene dall'operazione di castrazione, ma che se realizza in una rivalità con questo.

Nei due sessi, vi sono due godimenti: uno trova nel fallo il suo significante ed è prodotto dall'effetto di castrazione del linguaggio sul corpo, l'Altro è un godimento avvolto nella propria contiguità.


Il godimento Altro, si definisce come un godimento fuori dalla legge fallica.


La ura della donna capricciosa è la rappresentazione del desiderio materno prima della Metafora Paterna, la X incomprensibile.

In questa prospettiva, la madre della devastazione è l'Altro responsabile dell'incontro con questo godimento supplementare.

La madre della devastazione è dunque la responsabile dell'incontro con l'Altro del godimento, che è una ura dell'Altro reale, capriccioso e incomprensibile perché regolato dal fallo.


3.2 Clinica della devastazione


In clinica, troviamo la devastazione, ogni volta che la relazione tra donne, supera una certa soglia, la soglia al di qua della quale la distanza è data dal rispetto delle forme o di una ura maschile o di un obiettivo.

Quando la vicinanza supera questa linea, la domanda rivolta ad un'altra donna, non trova ancoraggio e arriva nel punto in cui si trasforma in devastazione.


La devastazione è legata all'attesa, alla domanda verso la madre.

L'attesa di un riconoscimento che sanzioni un godimento sospeso.

Questo riconoscimento non è possibile, non si può fare un significante scambiabile. (?)

Da qui, la devastazione.

L'attesa non può che essere delusa, il tradimento profondo. Il tradimento dell'attesa che il godimento sospeso possa trovare una soluzione.

L'unico modo che ha questa domanda di non produrre devastazioni è quello di mantenersi come domanda sospesa, in attesa.

Se la distanza tra le donne è mantenuta, allora l'attesa permane e permette all'amore di non trasformarsi in odio e devastazione.

La distanza è mantenuta dalla funzione attiva del padre che circoscrive questo godimento catalizzando il desiderio altrove.


Un madre non è diversa da una lia, quanto all'essere donna.

E' la dimensione dell'Altra per se stessa che entra in scena.

La donna emerge nella lia quando scopre che la madre non risponde su tutto della trasmissione della femminilità, quello che rende la donna, madre, non si trasmette, ma prende la forma del capriccio.

Donna è anche madre quando scopre che  la lia è un tradimento, tradimento perché se l'ha pacificata per un certo tempo tenendo la funzione del fallo, è destinata a perdere questa funzione quando non è più bambina e diviene donna.

Si rivela allora alla madre che la lia non ha risolto il suo rapporto con la femminilità, l'ha resa madre, ma non donna.

In questo, la madre vive un furto da parte della lia, si sente privata di qualcosa che credeva di avere acquisito, il fallo nelle sembianze del bambino.

Ella incontra la stessa frustrazione che la lia ha incontrato.

La donna e la madre sono due entità coesistenti in ciascuna.

Essere madre non è la via per essere donna.

La relazione madre-lia che si perde in questo gioco di specchi è impossibilitata a risolvere la questione del godimento supplementare, se non passando per un terzo elemento il relais.


Biancaneve e Cenerentola sono le prima ad introdurre la devastazione come passaggio del rapporto con la madre cattiva.

La madre buona si contrappone a quella cattiva.


3.3 Lo sguardo:invidia e bellezza


Invidia, viene da vidéo, in latino, vedere.

L'oggetto dell'invidia è legato alla visione, o all'immagine che un soggetto si fa di qualcosa che gli viene raccontato.

Lacan, nota che l'invidia è provocata da beni che non sarebbero per chi invidia di alcuna utilità e di cui non suppone neanche la vera natura.

Quello che ha su di lui l'effetto di un veleno, è lo sguardo.

L'effetto di invidia è legato allo sguardo.

Lo sguardo ha il potere di scindere il soggetto e di farlo percepire a se stesso come mancante, mentre l'Altro, gode.

Lacan definisce il soggetto come l'effetto del significante.

Il soggetto non padroneggia i significanti del linguaggio, il rapporto tra percipiente e percepito è sconvolto.


Lacan, definisce il soggetto nel suo rapporto con la pulsione.

La pulsione a partire dalla quale definisce il rapporto tra il soggetto e l'oggetto è la pulsione scopica, il piano della percezione visiva.


Lacan usa il termine di "squartamento pluralizzante" per il soggetto definito dalla pulsione e dagli oggetti pulsionale.

Il soggetto è squartato, non è una funzione unitaria.


Come Freud era partito dalla psicopatologia della vita quotidiana, dai sogni, da tutto ciò che fa difetto al funzionamento normale per capire come funziona il soggetto, così Lacan parte dai disturbi della visione per capire come funziona il rapporto del soggetto con la pulsione scopica, ma pensa la visione a partire dalle discordanze della realtà, da ciò che la rende incerta, in breve, dalla funzione della castrazione introdotta nel campo del visivo.

Nella tradizione filosofica, il campo visivo, è stato visto come il campo privilegiato che permetteva l'accesso alla verità.

Per Lacan, se il campo della visione ha potuto essere un modello della conoscenza contemplativa, è proprio perché è sempre stato escluso dal campo della percezione visiva il soggetto, così come la castrazione e il desiderio.

Per poter credere nell'illusione di una conoscenza contemplativa, bisogna togliere di mezzo ciò che vi fa difetto e che si manifesta nei fenomeni di disturbo.

Bisogna pensare che il soggetto è ridotto alla sua identità immaginaria, all'Io, che tutto si svolge sull'asse immaginario. Lacan, cerca invece il destino del soggetto del desiderio della castrazione e della mancanza del campo visivo.

E' a questo proposito che utilizza l'esempio dell'anamorfosi.


3.1 L'anamorfosi


L'ottica geometrale è la modalità di costruzione della prospettiva che organizza la visione a partire da un punto, il punto focale della prospettiva. La proposizione dell'immagine cambia se questo punto si sposta.

Lacan è interessato a ciò che in questa costruzione fa disturbo, come nel quadro Gli ambasciatori di Hans Holbein dove si vede un teschio al centro e sopra due ambasciatori.

Il teschio, disturba la contemplazione perché non si capisce bene cosa ci sta a fare.


Lacan, mostra che con l'uso dell'anamorfosi è stato possibile all'artista introdurre quel qualcosa che di solito non è apprezzato.

Il teschio, l'oggetto bizzarro rimanda al soggetto il suo rapporto con il reale che gli sfugge che sfugge al campo percettivo.

Il teschio si fa esso stesso da occhio, sguardo che osserva colui che credeva essere l'osservatore e lo sconcerta.


La costruzione anamorfica, ovvero un diverso punto di prospettiva sul quale è costruita l'immagine di un oggetto interno al quadro, sposta l'asse della percezione e dà l'idea che ciò di cui si tratta in quest'oggetto è qualcosa che viene da un'altra dimensione.


3.2 Il colore è soggettivo


La prospettiva geometrale è quella della contemplazione, della visione pacificante.

La costruzione prospettica è accessibile anche a chi non vede.Quello che è essenziale alla visione è piuttosto quello che sfugge a questo piano.

Esiste una disciplina che studia la visione dei colori, la cromatologia applicata che mette insieme neurologia, fisiologia, fisica e psicologia.

Secondo tale disciplina, il colore non è una proprietà dell'oggetto, il colore è dato da un processo.

L'onda luminosa è composta da fotoni, diversi tra loro per frequenza e vibrazione.

I fotoni della luce, interagiscono con gli elettroni degli atomi della superficie degli oggetti, venendo assorbiti o riemessi e arrivando ai nostri occhi in quantità e qualità differenti, provocando diverse sensazioni cerebrali di tipo visivo, alle quali è dato il nome di colori.

Il colore è dunque un'interpretazione visiva di un fenomeno energetico naturale.

La percezione del colore, quindi, è data da un'interazione che è possibile collocare stabilmente in un luogo preciso.

Tutto ciò che è colore non è che soggettivo.Siamo di fronte a un oggetto che sfugge. E' per questo che Lacan fa della pulsione scopica la pulsione elettiva, pragmatica nel campo della psicoanalisi.

L'oggetto della pulsione scopica è fondamentalmente inconsistente, quindi è il più adatto a rappresentare l'oggetto della pulsione, che per Freud, è l'oggetto perduto.

L'oggetto della pulsione è un posto vuoto che i vari oggetti vengono ad occupare, è il luogo dell'estimità, ovvero quel luogo intimo ma estraneo che caratterizza il rapporto con il perturbante.


3.3 Lo sguardo è all'esterno


Ciò che Lacan chiama la schisi occhio-sguardo è la divisione occhio-sguardo.

Lo sguardo è all'esterno perché non è dal lato del soggetto ma dal lato dell'Altro.

Il soggetto è parte dello spettacolo del mondo, è lo strumento attraverso cui la luce si incarna, la luce dà l'idea che ci sia qualcosa da vedere, anche se non è presente alcun oggetto.

Nel nostro rapporto visivo ordinario con le cose, questo sguardo non è presente, altrimenti attiverebbe quel fenomeno di perturbante che crea disturbo e questo ha permesso di pensare che si svolge sul piano dell'immaginario.

Per cogliere questo sguardo, Lacan, riprende un fenomeno nel mondo animalegli ocelli.


Si ricostruisce la scansione logica in questi termini:

Tempo 1, la luce che Lacan fa corrispondere all'Altro che preesiste;

Tempo 2, si introduce il soggetto;

Tempo 3, una particolare concentrazione di luce fa sorgere lo sguardo,all'interno della luce, prende consistenza lo sguardo dell'Altro;

Tempo 4, nel momento in cui si presentifica lo sguardo dell'Altro, il soggetto che osservava percepisce se stesso come una macchia nel quadro.


Lo sguardo è molto importante come si sa e Lacan fa un esempio preso dal gioco di seduzione tra i sessi.

La condizione perché lo sguardo entri nel gioco di seduzione è che non si faccia percepire come tale.

Se lo sguardo non è inconsistente, non viene distolto nel momento stesso in cui è percepito, esso non produce un effetto narcisistico di seduzione, ma un effetto perturbante.


3.4 L'essenziale della visione


Questa esteriorizzazione dello sguardo, è la condizione per poter aggiungere lo sguardo nella lista degli oggetti pulsionale; da qui, l'importanza di questa costruzione che permette a Lacan di introdurre nella psicoanalisi la pulsione scopica con un effetto di innovazione straordinario.


L'Altro guarda e a questo sguardo è connesso un effetto perturbante che il soggetto tende ad interpretare come rimprovero.

Perché o sguardo che viene dall'Altro, in quanto perturbante, lo si percepisce con un effetto che va dal rimprovero al maligno.

L'effetto perturbante evidenzia come si passi attraverso questa via dal piano del funzionamento omeostatico, al piano in cui è presente un condensato godimento che deve essere estratto perché la visione si svolga pacificamente, senza effetti di disturbo.

Il campo visivo si scinde in due:

Da un lato, funziona secondo il principio di piacere sull'asse immaginario;

E un altro versante che segue il funzionamento della pulsione scopica che ruota attorno a un resto, l'oggetto sguardo.


E' lo sguardo come oggetto che produce quell'effetto di disarmonia che Lacan ci presenta attraverso l'aneddoto della scatola di sardine.


Essa rappresenta la concentrazione del punto luminoso, l'ocello del mare, in cui la luce si condensa del punto luminoso, l'ocello del mare, in cui la luce si condensa in un punto e produce l'impressione di un occhio che guarda.

Lo sguardo è un oggetto che circola e che rende possibile le arti visive e la loro fruizione.


3.5 L'estetica del bello


Secondo le coordinate dell'anamorfosi, il reale si presenta nella forma sfuggente della macchia.

E' la struttura a rendere il reale inaccessibile per via diretta.

Il reale non può che rimanere velato nell'esperienza umana.

Per concepirlo, bisogna che il soggetto lo aggiri, fino a circoscriverlo.

Il reale, assume sempre la forma di vuoto, per il fatto di non poter essere rappresentato, o meglio per il fatto di non poter essere rappresentato che da qualcosa d'altro.

Il reale è presente nell'anamorfosi proprio perché è legato all'istantaneità dell'apparizione, all'attimo in cui dalla composizione armonica sorge l'elemento estraneo. Ed è l'uso dei tratti a rendere possibile conurazione fuggente, che mostra bene di cosa si tratta.

Il reale, può apparire grazie ad un'operazione di linguaggio a condizione che questa operazione sia spinta sino al suo limite, in cui mostra di essere un artificio.

Seguendo questa struttura fondamentale si compie l'operazione della bellezza, come operazione che si avvicina al reale, il più vicino possibile.

Il bello avvicina al reale e ne persevera la struttura inaccessibile.


Il bello ha un rapporto con il desiderio. Un rapporto ambiguo, come il reale, da un lato disarma il desiderio, dall'altro si congiunge con il desiderio, lo attiva inducendolo in forma oltraggiosa.

La struttura di linguaggio che organizza il bello è la stessa struttura di linguaggio che produce il desiderio


L'estetica ha per Lacan, il più alto valore in quanto estetica del bello.

Il bello è fondamentale per rendere la struttura del desiderio e del reale.

La bellezza arriva quando si esaurisce la serie dei significanti, in questo modo assume la mancanza del significante a rappresentare tutto il reale e poi procede oltre.


La bellezza compie l'operazione inversa dell'odio (e dell'invidia).

Laddove l'invidia condensa il reale, riempie il vuoto con l'odio come oggetto pulsionale, la bellezza ripristina la struttura del vuoto della pulsione, riconduce al vuoto il luogo dell'oggetto.



4 Il rapimento di Lol V.Stein


Il testo di Marguerite Duras, si presta ad introdurre una letteratura della femminilità al di là della chiave edipica.

Lacan, ne mostra l'ingranaggio pulsionale, la costruzione di un rapporto particolare con il godimento che realizza l'essere della protagonista in una posizione femminile pragmatica.


In questo romanzo, una ragazza, Lol, soffre per il tradimento del suo ragazzo con la sua migliore amica.

Il vuoto di Lol dà la forma anche alla sua sofferenza.

Non fa domande sul fidanzato, non le interessa sapere.

Ella accentua ad una normalità troppo normale che introduce qualcosa di inquietante.

Parla di se in terza persona fino a quando dopo anni non vede una coppia che si bacia e ricomincia a parlare di se in prima persona, comincia ad inventare delle passeggiate e in queste trova quella coppia, Tatiana, la sua amica e Jacques Hold, quest'ultimo si innamora di Lol ed ella ritrova la sua felicità.


Lacan, in questo racconto, mostra un versante del rapporto con l'altra donna rispetto alla devastazione della rivalità.

Quello che Duras chiama, il rapimento.


4.1 Il rapimento


Il rapimento, percorre il romanzo su più livelli, in senso soggettivo ed oggettivo come nota Lacan; il rapimento dei due amanti nella danza, il rapimento di Lol che assiste alla scena, il rapimento del lettore da parte dell'immagine di Lol, del corpo di Tatiana da parte di Lol, di Jacques Hold da parte di Lol e il nodo che qui si riforma.

Ma è in realtà è ciò che stringe il nodo a rapire, ma chi?

Il rapimento, un'enigma,come quello che Freud aveva indicato nella femminilità che suggerisce il metodo con il simbolo.

Ciò che è toccato, in questo nodo che rapisce è il corpo.


Il rapimento è legato dal fatto di avere un corpo che può essere rapito.

La tesi di Lacan, è che il soggetto non è il suo corpo, il corpo è fabbricato dall'Altro.

L'organismo biologico diviene il corpo del soggetto attraverso l'incontro con il linguaggio.

E' il linguaggio che si scrive sul corpo, ne fa uno simbolico e con questo lo consegna al soggetto.Contemporaneamente ne isola un residuo, che resiste come luogo della pulsione, teorizzato come oggetto (a), su questo residuo vi è l'immagine del corpo,  i (a), ideale rispetto al quale il soggetto è sempre in difetto.

L'organismo incorpora il linguaggio e si produce come corpo pulsionale e come soggetto di linguaggio. Gli effetti sono due: l'incorporazione consegna un corpo al soggetto e permette all'essere di avere a disposizione il linguaggio.


Dunque, il corpo è del registro dell'avere, ma tocca l'essere.

Così il rapimento concerne il punto di snodo del corpo con l'essere.

La ferita narcisistica fondamentale nella donna tocca l'immagine del corpo.

Nel personaggio Lol abbiamo un'estremizzazione di questo tratto.

L'identificazione narcisistica non è affatto riuscita in Lol, è presentata sin dall'infanzia come non essere presente nel suo corpo.


Il nodo, ha investito Lol di un corpo, la ha fatta essere, per una sera.

Il vuoto si è ripresentato in forma drammatica quando il nodo si è bruscamente sciolto.

Il nodo è un concetto che Lacan impiega per definire il legame dei tre registri. Attraverso il nodo, si regola il rapporto del soggetto alla realtà. Il nodo classico, nevrotico è compiuto dalla Metafora Paterna che regola il godimento alla legge.

modulo 4°


L'abbandono della devastazione



Perché avviene la devastazione nel rapporto donna-madre?

Per Freud, si radica nell'abbandono dell'attaccamento alla madre preedipica per entrare nell'Edipo e per sciogliere un attaccamento così intenso è necessaria la funzione dell'odio;

Per Melanine Klein, si radica nell'invidia.


Ma tutto non ciò non basta per spiegare un tale dispendio di energie.


Per Lacan, questo odio devastante non dipende dalla castrazione, ma è il segno che nel godimento femminile, qualcosa sfugge alla castrazione.


Il dato clinico della devastazione donna-madre, contrasta con l'assunto freudiano che considera la donna castrata in quanto priva dell'organo fallico, in quanto la devastazione tra la donna e la madre, è legata al versante delle femminilità che non è definito dalla castrazione.

Nel regime edipico, la donna entra come castrata sin dall'inizio, in quanto priva del pene.

La castrazione è la porta di entrata all'Edipo femminile.


Per Lacan, la devastazione è il segno che un'attesa va delusa,

un'attesa non legata al dono simbolico del padre,

attesa, rivolta non al padre, ma alla madre,

attesa non di un simbolo ma di una sostanza attesa dalla madre come donna.

Il soggetto psicoanalitico è innanzitutto il soggetto del linguaggio, dell'inconscio, il soggetto che parla e in quanto tale è definito da Lacan come mancanza-ad-essere-

Mancanza, perché il soggetto non è rappresentato da un significante che ne fissi l'identità, esso è situato nello spazio sospeso tra due significanti nella forma evanescente dell'altrove.







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