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Corso di laurea in psicologia università di Parma
Appunti di psicologia sociale
IL CONCETTO DI ATTEGGIAMENTO: DEFINIZIONI E DISTINZIONI TEORICHE
Esistono due approcci alla definizione di atteggiamento:
atteggiamento come combinazione di tre reazioni concettualmente distinte nei confronti di un determinato oggetto (Eagly e Chaiken 1993); queste tre reazioni sono definite come affettiva (le emozioni), cognitiva (credenze, opinioni, idee) e conativa - comportamentale (le intenzioni comportamentali). "L'atteggiamento è una tendenza psicologica che si esprime valutando una particolare entità con un certo grado di favorevolezza o sfavorevolezza; la valutazione si riferisce a tutte le classi di risposte valutative, manifeste o nascoste, cognitive, affettive o comportamentali."
"L'atteggiamento è un sentimento positivo o negativo, durevole e generale, nei confronti di una certa persona, oggetto o argomento" (Petty e Cacioppo 1981); è un approccio unidimensionale. Distingue il concetto di atteggiamento da quelli di credenza (opinioni della persona a proposito dell'oggetto di atteggiamento) e di intenzione comportamentale (predisposizione ad agire in un certo modo nei confronti dell'oggetto di atteggiamento).
Le misure "self report" sono:
scala di valutazione composta da un solo item
la scala Likert (1932)
il differenziale semantico (Osgood, Suci e Tannenbaum 1957)
Le misure fisiologiche sono:
il riflesso galvanico cutaneo (RGC)
elettromiogramma facciale
L'osservazione del comportamento e le misure non reattive:
tecnica della lettera smarrita
tecnica del "falso canale di informazioni" (una sorta di macchina della verità)
Teorie funzionaliste degli atteggiamenti (Katz 1967); quattro funzioni motivazionali degli atteggiamenti:
funzione di difesa dell'Io
funzione di autorealizzazione attraverso l'espressione di valori
funzione strumentale, additiva o utilitaristica
funzione economica o di conoscenza
PROSPETTIVE INDIVIDUALI:
aggressività come istinto:
Mc Dougall
Prospettiva psicoanalitica: Freud
Prospettiva etologica: Lorenz
comportamento aggressivo mediato da fattori interni:
frustrazione - aggressività ( Miller e Dollard )
teoria del segnale stimolo ( Berkowitz )
personalità autoritaria: Adorno
aggressività come comportamento appreso:
condizionamento operante
il modellamento ( Bandura )
La violenza televisiva:
efficacia del comportamento aggressivo
normatività
personaggio simile allo spettatore
stato emozionale dello spettatore
comportamento aggressivo mediato da fattori socio - ambientali:
attivazioni negative esterne: rumore, affollamento, afa
attivazione non specifica e trasferimento dell'attivazione
aggressività come comportamento provocato dal dolore
PROSPETTIVE SITUAZIONALI
esito di processi attributivi ( per esempio scontri studenti vs. polizia )
esito di un ragionamento
emergente da dinamiche interpersonali:
teoria della deindividuazione ( Zimbardo )
teoria della norma emergente ( Turner e Killian )
PROSPETTIVE INCENTRATE SUL LIVELLO DI POSIZIONE
aggressività emergente da dinamiche intergruppo
aggressività emergente dal principio di reciprocità: occhio per occhio
FATTORI FACILITANTI:
senso del dovere morale
empatia } motivi altruistici
reciprocità
innalzamento autostima } motivi egoistici
riconoscimento sociale
stress
pericolo
perdita di tempo
perdita materiale
scarsa competenza
Esperimento con i teologi: due gruppi di discussione di cui uno sulla parabola del buon samaritano
PROSPETTIVE INDIVIDUALI:
spiegazione sociobiologica
altruismo come comportamento appreso:
condizionamento operante
il modellamento
altruismo come comportamento a difesa del sé
altruismo come comportamento derivante da fattori emotivo - cognitivi: ù
affect priming model ( Bower e Forgas )
affect as information ( Schwartz )
PROSPETTIVE INTERPERSONALI:
relazione di scambio ( non favorisce l'altruismo ) vs. relazione di condivisione ( favorisce
l'altruismo)
riaddestramento attribuzionale ( Fosterling )
teoria dell'attribuzione applicata al comportamento altruistico ( Weiner )
gli altri come fattore inibente ( Latanè ):
diffusione della responsabilità
ignoranza collettiva
timore della valutazione
Caso di Kitty Genovese
gli altri come fattore facilitante ( Piliavin ):
la possibilità di comunicare
la possibilità di assumere ruoli diversificati
la coesione
Esperimento sul metro con un barbone e un dottore che fingono di svenire
PROSPETTIVE INCENTRATE SUL LIVELLO DI POSIZIONE
comportamento prosociale emergente da dinamiche intergruppo cioè l'importanza dell'appartenenza sociale nel attivazione del comportamento altruistico ( Kohler e Hoffmann )
PROSPETTIVE INCENTRATE SUL LIVELLO IDEOLOGICO
norma dell'imparzialità e principio di equità ( Miller )
Esperimento con studenti, cui vengono offerti come a per la loro adesione, vari livelli di amento: giusto, eccessivo e scarso
il principio del bisogno ( Montada e Schneider )
la responsabilità sociale ( Batson )
MODELLI RIASSUNTIVI
il modello a cinque fasi ( Schwartz e Howard ):
attenzione ► motivazione ► valutazione ► difesa ( non attivazione ) o attivazione del comportamento prosociale
il ritratto dell'altruista ( Bierhoff Klein e Kramp ):
alti punteggi nella scala della responsabilità sociale
alti punteggi nella scala dell'empatia
scarsi punteggi nella scala di misurazione delle intenzioni ostili ed egoistiche
Durkheim 1898 : representations collectives e representations individuelles, le prime oggetto di
studio della sociologia, le seconde della psicologia.
Moscovici 1961 " La Psychanalise, son image et son public "
differenze tra rappresentazioni collettive in Durkheim e rappresentazioni sociali in Moscovici
processi generatori delle rappresentazioni sociali:
ancoraggio
oggettivazione: - nucleo urativo
- personificazione
- urazione
funzione delle rappresentazioni sociali:
ipotesi dell'interesse
ipotesi dell'equilibrio
ipotesi del controllo
ipotesi di Moscovici: rendono familiare quanto è estraneo, distante rispetto all'esperienza delle persone che costituiscono il gruppo coinvolto nel rapporto con la realtà
rappresentazioni sociali e sistemi di comunicazione:
Analisi di Moscovici sui dati raccolti sulla psicanalisi, in tre settori della stampa francese: stampa militante comunista, stampa cattolica e stampa indipendente
1) stampa indipendente ► diffusione ► opinione
2) stampa cattolica ► proazione ► atteggiamento
stampa comunista ► proanda ► stereotipo
opinione: asserzione valutativa su una questione controversa che mostra caratteri di instabilità, plasticità e specificità;
atteggiamento: organizzazione critica che esprime un orientamento nei confronti di un oggetto, orientamento che si rivela o tramite un comportamento globale o tramite una serie di risposte il cui significato è comune;
stereotipo: designa uno stato di semplificazione delle dimensioni degli stimoli, d'immediatezza della reazione e talvolta di rigidità.
altri sistemi di comunicazione:
proposta ( Palmonari ): sollecita uno sforzo per costruire una sintesi fra prese di posizione diverse, considerate in opposizione, ma conciliabili in una visione sovra-ordinata delle loro funzioni
perversità
futilità ( Hirschman )
messa a repentaglio
Doise: tre livelli di ancoraggio
1) sociologico
2) socio-psicologico
psicologico
stabilità - mobilità della struttura "interna" delle rappresentazioni sociali: il nucleo centrale
INTRODUZIONE
prospettiva di Freud
prospettiva comportamentista:
Modello della frustrazione aggressività di Miller e Dollard
Modificazione dello schema di Miller da parte di Berkowitz
critica di Tajfel alle prospettive comportamentiste
Bruner: categorizzazione come mezzo di semplificazione e organizzazione della realtà
Bruner e Goodman, psicologi della stagione del New Look (1947): esperimento sulla categorizzazione (gettoni e monete), con la scoperta del fenomeno di "accentuazione percettiva". Per Bruner questi rendimenti percettivi errati sono dovuti a un distacco dalla realtà oggettiva, distacco dovuto a fattori motivazionali
Tajfel: le percezioni non corrette sono dovute non a rendimenti percettivi errati, ma al fatto che si riconosca una delle serie di oggetti da percepire o giudicare come appartenente a una categoria particolare
Esperimento di Tajfel e Wilkes: stima della lunghezza di otto linee, o divise in due gruppi A e B senza alcuna denominazione
Tajfel: la categorizzazione come processo socio - cognitivo che tende sia a esagerare le differenze tra raggruppamenti o insiemi di oggetti, sia a minimizzare gli oggetti che compongono la medesima categoria.
Molti lavori depongono a favore dell'influenza dell'informazione sulla appartenenza categoriale di una persona, sui giudizi formulati sulla persona stessa
CATEGORIZZAZIONE E PROCESSI INTERGRUPPI
1948-'52: tre ricerche di Sherif svolte in campi estivi per ragazzi
Sherif elabora i dati ottenuti arrivando alla conclusione che:
scopi competitivi ► conflitto intergruppi
scopi sovraordinati ► cooperazione reciproca
Billig commenta l'esperimento di Sherif sottolineando che:
il conflitto intergruppi non è mai ridotto a conflitto interindividuale
il conflitto intergruppi emergerebbe prima della fase di competizione, cioè la sola divisione in gruppo è sufficiente a produrre spinte competitive.
Blake e Mouton fanno un esperimento sulla dinamica intergruppi con i "gruppi di formazione", formati da alti dirigenti d'impresa e scoprono che anche in un ambiente asettico come quello dei professionisti, la competizione porta a discriminazione a favore dell'in group
Rabbie e Horwitz (1969) si chiedono: ci sarà una differenziazione intergruppi anche se l'in group e l'out group sono categorie artificiali, senza motivi di competizione?
esperimento di Rabbie e Horwitz: il solo fatto di condividere la stessa sorte (interdipendenza lewiniana),indipendentemente da come questa si realizza, sembra sufficiente a suscitare una discriminazione valutativa a favore del proprio gruppo di appartenenza
esperimento di Tajfel e Billig con matrici di amento
Tajfel sostiene che il semplice fatto della categorizzazione sociale produce un comportamento intergruppi a favore dell'in group e a sfavore dell'out group
1976 Doise distingue tre aspetti della relazione intergruppi:
comportamentale
giudizi di valore
rappresentazioni
il processo di categorizzazione non solo permette di semplificare e organizzare la realtà, ma fornisce anche ad ogni individuo, in quanto membro di determinati gruppi sociali, uno strumento per differenziare gruppi e categorie sociali
Doise e Deschamps (1974 1978) l'incrocio delle appartenenze categoriali provoca una diminuzione della differenziazione categoriale
Tajfel: la categorizzazione sociale è condizione necessaria ma non sufficiente perché i fenomeni intergruppi si realizzino: l'altra condizione che deve essere presente è che l'appartenenza di gruppo sia rilevante per l'immagine di sé dei soggetti che compongono i gruppi. Dalla specificità positiva del proprio gruppo deriva il sostegno e la valorizzazione della propria identità sociale. Riprendendo la teoria del confronto sociale di Festinger, Tajfel postula che ogni individuo aderisca ad un gruppo per incrementare o mantenere una identità sociale positiva e ogni gruppo sociale tenta di acquisire o mantenere una propria specificità positiva distinguendosi dagli altri gruppi
Rabbie si chiede a questo punto: quali sono le condizioni per cui la percezione di una categoria di individui si trasforma nella percezione di un gruppo? Rabbie e Horwitz (1982) giungono alla conclusione che tale trasformazione si verifica quando l'insieme di individui di cui si tratta è visto come un'entità che passa da una posizione ad un'altra nel campo sociale, attivamente o passivamente, per raggiungere un vantaggio a per evitare un danno. Rabbie critica Tajfel per non avere distinto tra categoria e gruppo e per averli usati indistintamente. Rabbie critica inoltre la teoria dell'identità sociale di Tajfel, perché non è plausibile che l'identità sociale sia implicata fortemente nel provocare il favoritismo per il proprio gruppo nelle situazioni intergruppi minimi; le persone possono identificarsi positivamente o negativamente con un gruppo senza appartenere a nessuno dei due. Occorre quindi distinguere tra identificazione dell'attore con un gruppo e identità sociale
LA TEORIA DI TAJFEL SULLE RELAZIONI INTERGRUPPI
esiste un continuum comportamento interindividuale - comportamento intergruppi
tutte le situazioni sociali si possono collocare ad un qualche punto tra i due estremi di questo continuum
quali sono le condizioni sociali che fanno sì che un individuo interpreti l'incontro con l'altro in termini interpersonali o intergruppi?
Per Tajfel la condizione essenziale per la sa di forme estreme di comportamento intergruppi è la credenza che i confini tra i due gruppi sono definiti in modo illegittimo ma anche rigido e immutabile per cui non è possibile che gli individui passino da un gruppo all'altro; in questa situazione l'attore sociale può solo cercare un nuovo assetto nel rapporto tra i gruppi, perseguendo il cambiamento sociale;
la condizione essenziale per la sa di un comportamento interpersonale è la credenza che i confini tra i gruppi, pur socialmente rilevanti, sono permeabili e non vi sono ostacoli tanto forti da impedire il passaggio da un gruppo ad un altro;
il processo di categorizzazione in Tajfel è ancora inteso in senso aristotelico, cioè le categorie sono definite sulla base della presenza di certe caratteristiche e sull'assenza di altre. Questa definizione appare oggi inadeguata. La Rosch ha elaborato il concetto di natural categories, che hanno confini sfumati e possono essere definite dai loro esempi prototipici;
la differenza tra la categorizzazione di oggetti sociali e la categorizzazione di oggetti non sociali è che la prima è basata più spesso che l'altra su valori; cioè la categorizzazione sociale si origina da una certa rappresentazione della realtà definita nel contesto di un gruppo sociale concreto. La categorizzazione sociale contribuisce cioè a definire il posto di un individuo all'interno della società, introduce differenze di valore tra i diversi gruppi che individua;
l'identità sociale è quella parte dell'immagine di sé di un individuo che deriva dalla sua consapevolezza di appartenere a un gruppo sociale (o a più gruppi), unita al significato emotivo attribuito a tale esperienza (Tajfel 1981)
Resta da chiarire il senso attribuito nella concettualizzazione di Tajfel alla nozione di gruppo; per Tajfel L'affermazione più semplice che si può fare a proposito di un gruppo è che esso è un gruppo di persone che sentono di essere un gruppo
Le componenti essenziali di un gruppo sono:
componente cognitiva: si sa di appartenere a un gruppo
componente valutativa: la propria appartenenza può avere una connotazione positiva o negativa
componente emotiva: provo emozioni nei confronti del gruppo cui appartengo
La spinta alla differenziazione intergruppi si origina in particolare in alcune situazioni sociali in cui i gruppi non sono sicuri del proprio status; tali situazioni sociali di ambiguità sono così schematizzate da Tajfel:
|
Condizioni che portano ad abbandonare il proprio gruppo |
Condizioni che portano a rimanere all'interno del proprio gruppo |
Gruppi riconosciuti consensualmente come superiori |
A |
B |
Gruppi riconosciuti consensualmente come inferiori |
C |
D |
Casella A: si crea angoscia quando passare ad un'altra condizione sociale è considerata una perdita di valore; se lo status è toccato da un conflitto di valori ci sarà chi tenterà di uscire e chi tenterà di arginare le fughe;
Casella B: o si intraprendono attività promozionali del gruppo, o c'è il rischio che il gruppo perda la sua specificità positiva;
Casella C: ci sono tentativi individuali di passare da un gruppo ad un altro;
Casella D: Se i soggetti sono consapevoli del fatto che la realtà sociale non è immutabile, essi potranno:
cercare la specificità del proprio gruppo ridefinendolo nei termini il più possibile prossimi al gruppo superiore;
reinterpretare le caratteristiche inferiori del gruppo in modo da non farle apparire inferiori, ma da far loro acquisire una specificità di valori positiva nei loro confronti;
tentano di creare, tramite nuove azioni o nuove elaborazioni della realtà, nuove caratteristiche di gruppo dotate di specificità di valore positivo nei confronti del gruppo superiore.
SVILUPPI RECENTI DELLA TEORIA DI TAJFEL
La teoria dell'identità sociale di Tajfel (SIT), è stata rielaborata nella teoria della categorizzazione del sé (SCT) di Turner nel 1985. La SCT si differenzia dalla SIT su due punti importanti:
la SCT pone l'identità sociale quale base socio - cognitiva del comportamento di gruppo e meccanismo che lo rende possibile;
mentre per la SIT il comportamento agisce lungo il continuum, per la SCT entrambi gli estremi di tale continuum fanno parte di "un agire nei termini del sé", ma di un sé che opera a diversi livelli di astrazione
I diversi livelli di astrazione del sé nella categorizzazione sono:
human identity
social identity
personal identity
la categorizzazione di sé e degli altri al livello intermedio, cioè la social identity, accentua il carattere prototipico e stereotipico del gruppo: ciò comporta una sorta di omogeneità intragruppo, definita da Turner come depersonalizzazione della percezione di sé dell'individuo; la depersonalizzazione è, per la SCT, il processo basilare sottostante a fenomeni di gruppo;
nel cercare di attribuire significato ad ogni oggetto sociale in un contesto specifico, il sistema cognitivo utilizza quella categorizzazione che massimizza l'interazione tra accessibilità della categoria e il fit o corrispondenza tra stimoli e specificazioni categoriali (modello accessibilità * corrispondenza). La categoria saliente è quella in grado di spiegare nel modo migliore le somiglianze e le differenze tra gli stimoli.
critiche di Doise alla SCT:
la SCT non tiene conto degli effetti delle posizioni sociali degli individui e delle credenze generali
la SCT trascura molti dati sperimentali che sembrano invalidare la correlazione positiva tra differenziazione intergruppo e omogeneità intragruppo. Alcuni di questi dati mostrano che ad una omogeneità out group può corrispondere una differenziazione in group in più sottogruppi; altri dati mostrano che in situazioni di confronto sociale tra gruppi di status diversi vi è la tendenza, nei gruppi con meno potere, a cogliere significative differenze out group.
Sachdev e Bourhis (1985) mostrano che nel confronto intergruppi i membri di status inferiore giungono ad esprimere un favoritismo per l'out group
Mummendey e Schreiber (1983) mostrano che il favoritismo in group dipenda dai metodi usati per misurare tale variabile; nei confronti multidimensionali l'in group e l'out group possono essere entrambi positivi
STEREOTIPI SOCIALI ED EFFETTI DELLA DISCRIMINAZIONE INTERGRUPPI
differenza tra stereotipi cognitivi e stereotipi sociali
fine '800 : Tarde e Le Bon evidenziano come nel gruppo prevalgono l'emotività e la
suggestione, a discapito degli aspetti individuali più razionali. Essi oppongono cioè la
razionalità individuale all'irrazionalità prodotta dal gruppo.
1935: esperimento di Sherif con l'effetto autocinetico; questo esperimento dimostra che le
persone, quando sono poste di fronte a uno stimolo ambiguo e non strutturato, sviluppano
comunque una struttura di riferimento interna e stabile rispetto alla quale valutano lo stimolo.
Tuttavia, non appena si scontrano con le differenti valutazioni prodotte dagli altri, esse
abbandonano velocemente questa struttura di riferimento e si adeguano a quella degli altri.
Anni '50 : anche a causa del desiderio di comprendere come fosse stata possibile l'adesione in massa del popolo tedesco al nazismo, riprende quota l'interesse della psicologia sociale per il tema dell'influenza sociale.
Asch, allievo di Kurt Lewin, realizza dal 1951 al 1956 una serie di famosi esperimenti sul conformismo, consistenti nella valutazione della lunghezza di vari segmenti, da confrontare con un segmento campione. Questa valutazione è eseguita in gruppo, nel quale sono presenti i complici dello sperimentatore. Questo esperimento dimostra come sia difficile sostenere, all'interno di un gruppo, un'idea deviante da quelle altrui. La spinta al conformismo non proviene però da una suggestione, come sostenevano Tarde e Le Bon, ma da una scelta ragionata e cosciente
1955: Deutsch e Gerard distinguono l'influenza tra informativa e normativa;
influenza informativa : è quella in cui uso il giudizio altrui per avere sicurezza sul mondo in cui vivo, cioè alla domanda su quale è il mondo in cui vivo, rispondo adottando il punto di vista della maggioranza, perché ciò è rassicurante;
influenza normativa : è quella in cui mi adeguo alle idee della maggioranza per un mio bisogno di appartenenza, per rispondere a domande riguardanti la mia identità
Negli anni '60 '70, Moscovici osserva che i lavori sull'influenza sociale realizzati a partire dal
contributo di Asch, pur con sfondi teorici diversi, convergono sul paradigma dipendenza -
controllo sociale e sul paradigma pressione verso il conformismo. Il modello di influenza
sociale che ne deriva si organizza fondandosi su alcune proposizioni:
l'influenza sociale è distribuita in modo diseguale e viene esercitata secondo una modalità unilaterale
la funzione dell'influenza sociale è quella di mantenere e rinforzare il controllo sociale
le relazioni di dipendenza determinano la direzione e la rilevanza dell'influenza sociale esercitata in un gruppo
gli stati di incertezza e il bisogno di ridurre l'incertezza determinano le forme prese dai processi d'influenza
il consenso che l'influenza è tesa a raggiungere è basato sulla norma dell'obiettività
tutti i processi di influenza sono visti nella prospettiva del conformismo, e il conformismo è considerato sottofondo comune di questi processi
Moscovici definisce il modello fondato su queste proposizioni come modello funzionalista
dell'influenza sociale
1976 Moscovici: " Psicologia delle minoranze attive "
L'influenza sociale non è solo della maggioranza nei confronti di una minoranza, ma anche viceversa, come le rivendicazioni degli studenti, delle donne , dei neri e dei gay stanno a dimostrare. Moscovici introduce quindi quello che lui chiama modello genetico dell'influenza sociale. Vengono introdotte alcune distinzioni:
minoranza nomica: è portatrice di idee contronormative, che afferma e promuove nella società
minoranza anomica: è portatrice di idee contronormative, ma non le afferma e non le promuove nella società
minoranza ortodossa: si muove nell'ambito di ciò che è ritenuto giusto, non fa controproposte, ma vuole radicalizzare le norme vigenti
minoranza eterodossa: fa una reale proposta contronormativa, alternativa a quella vigente
La minoranza può esercitare un'influenza sulla maggioranza attraverso il suo stile di
comportamento. Deve enunciare una propria posizione ben definita sul problema in questione
e rimanervi fedele, opponendosi alle pressioni esercitate dalla maggioranza. La minoranza deve
mantenere cioè una coerenza, che deve essere diacronica ( stabile nel tempo ) e sincronica
( di tutti i suoi membri ). Moscovici fa un esperimento anch'esso basato sulla percezione, ma
questa volta il complice è uno solo, che mantiene un atteggiamento coerente, inserito nel
gruppo di soggetti sperimentali. L'influenza cioè non è basata su una relazione di potere, ma
nasce dai significati emergenti dall'insieme di comportamenti dei soggetti minoritari in
occasione degli incontri tra i soggetti e i loro interlocutori. Moscovici sposta quindi l'influenza
sociale dalla fonte alla relazione fonte - target.
1982 Mugny si chiede: quando il comportamento della minoranza viene percepito come
coerente, e allora produrrà influenza sociale, e quando il comportamento viene percepito come
rigido, e allora non produrrà nessuna influenza? Per Mugny bisogna passare da una dinamica
diadica ( maggioranza e minoranza ) a una dinamica triadica ( popolazione, minoranza e
potere).La minoranza dovrà allora, per esercitare influenza, mantenere uno stile di negoziato
rigido con il potere, e flessibile con la popolazione. L'innovazione portata dalla minoranza si
realizza non tanto nelle norme fattuali, che sono sempre frutto di una negoziazione, ma nel
cambiamento di mentalità, simbolico, che il comportamento rigido della minoranza ottiene sul
potere. La rigidità deve essere sulla legittimazione di un principio che la minoranza vuole far
valere, la flessibilità subentra successivamente, a risultato ottenuto, nella negoziazione reale.
1978 Moscovici si interroga sulle differenze tra gli effetti prodotti da un'influenza minoritaria e quelli prodotti da un'influenza maggioritaria. Nel 1980 Moscovici e Personnaz realizzano un esperimento in cui ai soggetti sperimentali erano mostrate delle diapositive "blu", che un collaboratore dello sperimentatore denominava sempre "verde". Tuttavia, invece di usare un test di colore per misurare la modificazione percettiva successiva all'interazione sociale, , i ricercatori hanno usato l'after effect cromatico, basato sul fenomeno per cui, fissando uno schermo bianco dopo aver fissato una luce colorata per alcuni secondi, si percepisce il complementare del colore precedentemente fissato.
1) condiscendenza 1) conversione
2) acquiescenza 2) internalizzazione
3) pubblica 3) privata
4) diretta 4) indiretta
5) cosciente 5) latente
6) immediata 6) differita
Moscovici si interessa poi ai processi sottostanti l'influenza sociale: alla basa della influenza
maggioritaria c'è un processo di confronto sociale, nel quale il soggetto confronta la propria
idea con quella degli altri e considera con la massima attenzione ciò che gli altri dicono, in modo
tale da far coincidere le proprie opinioni con quelle degli altri. Alla base dell'influenza
minoritaria c'è un processo di validazione, un'attività cognitiva che mira a comprendere perché
la minoranza rimanga coerente alla propria posizione. La Nemeth invece propone invece di
spostare l'attenzione dalla posizione di maggioranza o minoranza all'argomento in discussione.
L'influenza maggioritaria favorisce un pensiero convergente, mentre l'influenza minoritaria
favorisce un pensiero divergente.
Sia la maggioranza che la minoranza non sono nei fatti realtà granitiche, ma al loro intero interno
variegate e complesse, quindi bisogna fare distinzione, quando si parla di influenza sociale, di
bersaglio in-group e di bersaglio out-group.
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