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Il mentale in Freud e Bion
Il punto di partenza di questa indagine è il dato di fatto della coscienza, un
dato che non ha eguali e che si sottrae caparbiamente a qualsiasi tentativo di
spiegazione e di descrizione. Tuttavia, quando si parla di coscienza, ciascuno
sa benissimo, in base alla propria esperienza più intima, che cosa si intende.
Freud, S. 1938
La psicoanalisi reputa che i presunti processi concomitanti di natura somatica
cosituiscano il vero e proprio psichico,e in ciò prescinde a tutta prima dalla
qualità della coscienza.
Freud, S. 1938
Questi poeti e artisti hanno i loro metodi per registrare la loro consapevolezza
di qualche tipo di influenza, di stimoli che vengono dal di fuori, dell'ignoto
che è così terrificante e che stimola sentimenti così potenti che non li si può
descrivere con le parole comuni. Questi sentimenti vanno considerati come
percepibili solo in quanto l'essere umano ha organi talamici ed esperienze
talamiche:come se la stessa mente umana, descritta in termini fisici, fosse un
sistema nervoso centrale che si è sviluppato soltanto fino al talamo, di modo
che non è rimasta nessuna reale comunicazione sinaptica fra il talamo e lo
sviluppo ulteriore della mente, il neo-pallium o qualunque sia il termine
appropriato per essa. Abbiamo bisogno di inventare una qualche forma di discorso
articolato che possa avvicinarsi alla descrizione di queste realtà, di questi
fenomeni che io non riesco affatto a descrivere.
Bion,W.R. 1992
Premessa
Scopo di questa relazione è delineare, nelle sue linee essenziali, la
problematica connessa al tema del mentale in Freud e Bion nel tentativo di
cogliere alcuni punti di contatto ed eventuali differenze nelle rispettive
teoresi.
Nella mia ipotesi il pensiero di Bion sul problema mente/corpo si riconduce a
quello di Freud assai più di quanto generalmente venga ammesso e si pone anzi
come ideale linea di sviluppo di quello; paradossalmente, tuttavia, ne
rappresenta anche un superamento radicale, e, per certi aspetti, un vero
ribaltamento. Lo stretto legame tra i due autori era già stato sottolineato p.e.
da Mauro Mancia che riallaccia direttamente il pensiero di Bion a quello del
primo Freud, collegandoli entrambi all'interno di un dualismo interazionista
(Mancia,M.1981).
In questo lavoro, tuttavia, non viene còlta la natura problematica del rapporto
Freud-Bion e una 'eccessiva' preoccupazione neurofisiologica sembra far perdere
di vista i profondi cambiamenti introdotti da Bion. La funzione alfa, che ha il
compito di trasformare le esperienze emozionali in elementi alfa mentali,
difficilmente, per esempio, può essere riferita ad una cornice biologica precisa
come quella che presiede al sonno REM. La sua particolare funzione
'trasformativa' rende poi problematica una eventuale collocazione di Bion
all'interno di una teoria di tipo interazionista, che prevede comunque una
visione di tipo sostanziale di due realtà, mentale e somatica, che interagiscono
tra loro, seppur nei termini 'minimi' di Popper (Popper,K. Eccles,J. 1977).
Lo stesso Freud, del resto, si era dichiarato contrario ad ogni teoria dualista
e nelle sue opere il concetto di mentale appare solo come sinonimo di
consapevole, di conscio e non appartiene allo 'psichico', che invece fa parte
dei concetti di inconscio e di 'realtà psichica'.Quest'ultimo è complesso,
controverso, e strettamente legato alle vicessitudini della teoria del trauma
sessuale da cui media gli aspetti causalistici.
Per 'realtà psichica' Freud intende infatti una particolare forma di esistenza
che non va confusa con la realtà materiale, ma che non è limitabile neppure al
solo psicologico, al puro soggettivo. Essa è piuttosto la realtà del desiderio
inconscio e delle fantasie ad esso connesse, organizzate nei fantasmi originari
che restano determinanti nel mondo del nevrotico. In questo senso essa appare
legata all'uomo pulsionale e al corpo, ma di questa realtà somatica, al centro
della eterna lotta tra Eros e pulsioni distruttive, la realtà psichica media il
conflitto aprendo alla rappresentazione e al significato.
Su queste basi mi è sembrato importante esplorare i rapporti tra i concetti
bioniani di 'proto-mentale' ed 'elemento beta ' e il concetto freudiano di
'inconscio somatico', talvolta frettolosamente liquidato come residuo
positivista e non sempre assunto in tutto il suo valore euristico. Una maggiore
comprensione di questi aspetti aurorali o 'matrici' del mentale in Freud e Bion
mi sembra infatti essenziale per cogliere la comune concezione
'trasformazionale' e le differenze talvolta laceranti tra l'uno e l'altro.
Il mentale in Freud
Contrariamente a quanto sarebbe ragionevole pensare la posizione di Freud sul
problema mente/corpo non è affatto scontata e definita. Essa del resto è stata
variamente interpretata dagli autori che l'hanno collocata ora nel dualismo
mente-corpo (Searle,J.R.1969; Sulloway,F.J.1979), ora nel dualismo di tipo
interazionista ( Popper e Eccles, 1977; Mancia,M. 1981), ora nel parallelismo
psico-fisico (Hinshelwood, R.D.1989), ora nel monismo materialista ( Meltzer,D.
In realtà Freud, che pur si era considerato seguace del parallelismo
psico-fisico ai tempi della monografia sull'Afasia (1891), ricusò in seguito più
volte questa posizione (Freud, 1915 p.51), così come sostenne di essere
contrario ad ogni forma di dualismo ( Freud, 1938 p.644). E' probabile, invece,
che Freud, per quasi tutta la sua opera, abbia pensato ad una forma di monismo
materialista. Questa posizione, sostenuta da Meltzer e lo stesso Bion (1992), è
stata però vista in senso riduttivo e deterministico. Meltzer parla di un
modello neurofisiologico ed 'idrostatico' in cui l''Unità della mente' è imposta
dall'equazione neuro-anatomica di mente e cervello di tipo uno-ad-uno'( Meltzer
D. 1984).
Oggi forse occorre rivedere questo giudizio. Esso infatti non dà ragione di una
certa ambiguità e paradossalità che Freud mantenne intorno al problema
mentecorpo e che verosimilmente testimonia una profonda consapevolezza della
complessità dei problemi epistemologici connessi. In fondo ciò che Freud lasciò
insoluto è proprio ciò che ancora agita i moderni filosofi della mente, ovvero
la natura della coscienza. Freud, che rimase sempre contrario alla equiparazione
tra psiche e coscienza, lasciava a questa una piccola parte : 'Niente altro che
quella di un organo di senso per la percezione delle qualità psichiche ' (
Freud, S. 1899 p.560).
Così Freud evitava di definire la natura della coscienza, lasciandola piuttosto
ai filosofi e all'opinione popolare (Freud S. 1938, p.586). Sappiamo del resto
che per il padre della psicoanalisi lo psichico è l'inconscio, ma la natura
dell'inconscio resta paradossale. Esso può essere conosciuto 'soltanto in una
forma conscia, dopo che si è trasformato o tradotto in qualcosa di conscio '(
Freud, 1915,p.49). La questione della sua natura, se psichica o somatica, resta
a lungo aperta.Tuttavia, alla fine della sua opera, Freud sembra decidersi per
una natura somatica dell'incoscio,e quindi dello psichico, lasciando alla
coscienza la caratteristica di 'una qualità (o attributo) dello psichico,
incostante per giunta' (Freud, S. 1938,p.644).
Ciò può sembrare lontano dall'odierna psicoanalisi, che ruota intorno a
posizioni ermeneutiche, ma avvicina paradossalmente il pensiero di Freud alle
concezioni materialistiche oggi dominanti sul problema mente/corpo. L'asserzione
freudiana che la consapevolezza sia una qualità transitoria dello psichico è poi
del tutto sovrapponibile alla recente ipotesi di Dennett (1969) per il quale la
consapevolezza è una specie di fenomeno emergente che nascerebbe solo come
caratteristica di una sufficiente complessità o raffinatezza di azione.
Ciò dovrebbe far pensare che la posizione di Freud sul problema mente/corpo non
sia affatto ingenua, né che esprima soltanto il desiderio di far accettare la
psicoanalisi dalla comunità scientifica dell'epoca, ma che rifletta piuttosto
dei nodi epistemologici non ancora risolti e per alcuni autori non risolvibili
(Nagel,T.1986). Contrariamente al giudizio di Meltzer, è probabile allora che
Freud, pur optando per una posizione materialistica, abbia contribuito ad uscire
dagli aspetti più ingenui di tale posizione, legati al positivismo, aprendo di
fatto ad una concezione ben più complessa e non del tutto chiarita. Alcuni
autori pensano ad esempio che in Freud vi sia un modo sufficientemente ambiguo
di trattare il problema mente /corpo, tale da poter situare la psicoanalisi ora
nel versante delle scienze biologico-naturali, ora in quello delle scienze
ermeneutiche (Corsi Piacentini, T. et alii, 1983). Etchegoyen, per esempio, ha
sottolineato recentemente che in Freud è già presente il conflitto che tuttora
lacera la psicoanalisi; il conflitto natura vs cultura, che vede gli
psicoanalisti divisi tra coloro che vogliono mantenere la psicoanalisi entro
l'ambito delle scienze naturali e coloro che vogliono condurla nell'ambito
dell'ermeneutica. Per i primi la realtà psichica corrisponde a fatti o dati che
il linguaggio esprime nella relazione transfert/controtransfert e che possono
essere spiegati attraverso la ripetizione; per gli altri la realtà psichica si
esaurisce nel significato che l'analista e l'analizzando costruiscono
nell'orizzonte della relazione analitica, attraverso il gioco del linguaggio,
nel cosiddetto circolo ermeneutico ( Etchegoyen, H.1993). E' mia opinione,
tuttavia, che Freud avesse cercato proprio di evitare questa scissione,e che la
sua 'ambiguità' traduca piuttosto la consapevolezza della natura paradossale e
misteriosa del rapporto mente/corpo, ma anche la ferma convinzione che l'unica
strada possibile per una psicoanalisi 'scientifica' fosse quella di una
psicoanalisi ancorata al corpo. In questo senso tutta l'opera di Freud può
essere letta come un ciclopico e drammatico tentativo di comprendere i fenomeni
psichici e mentali rimanendo all'interno di una concezione monistica e
materialistica. La strada percorsa da Freud rimarrebbe così più sul terreno
accidentato del paradosso che sulla comoda via della scissione. Se questo è vero
è possibile concepire le strategie di Freud per affrancarsi dall'organico,
rimanendo materialista, come un tentativo di gettare le basi per una teoria
delle trasformazioni. Freud stesso ipotizzò che il tormentato passaggio della
rappresentazione dal sistema Inc in quello ad esso contiguo (Prec), avvenisse
attraverso un 'cambiamento di stato, una trasformazione del suo investimento' (
Freud, 1915). In ogni caso nella sua teoresi
l'articolarsi del concetto di pulsione con la rappresentazione psichica conduce
ad una concezione dell'apparato psichico in cui l'attività mentale si sgancia
dalla ripetitività biologica, dando luogo ad uno sviluppo libero da patterns
fissi, ma il corpo resta comunque il teatro del conflitto e si conura come il
substrato materiale da cui tutti i processi mentali prendono le mosse attraverso
la simbolizzazione. E questo, forse, è proprio il processo chiave che nell'opera
di Freud apre la strada per la teoria delle trasformazioni. In una sintesi
efficace Riolo sottolinea come Freud usò il termine 'simbolizzazione' in due
accezioni: una 'segnica', che appartiene al normale processo di pensiero, in cui
il simbolo rappresenta l'oggetto e connette la mente e la cosa; una
'realistica',che appartiene al pensiero patologico, in cui il simbolo
sostituisce l'oggetto e viene trattato come se fosse una cosa: 'Possiamo
considerare il primo genere di simbolizzazione come una trasformazione delle
esperienze sensoriali ed emozionali in pensieri, evoluzione analoga a quella che
si realizza nel sogno. Il secondo viceversa, come una trasformazione di una
esperienza psichica in esperienza sensoriale: il collasso di un pensiero in un
organo' (Riolo,F. 1987). La grande lezione freudiana è stata allora quella di
scoprire le leggi dell'inconscio o piuttosto quelle regole di trasformazione che
permettono di transitare da una zona all'altra, dai processi primari ai
secondari, ma soprattutto i processi di significazione e di simbolizzazione che,
a partire da Freud, hanno trasformato l'inconscio somatico e il corpo in una
grande metafora aperta ai processi di mentalizzazione.
Il mentale in Bion
Come generalmente viene riconosciuto Bion collega lo sviluppo della capacità di
pensare ad una 'particolare ed ineffabile vicenda della relazione' che permette
la tolleranza della 'non cosa', ovvero del 'non seno'. Come in Freud l''assenza
dell'oggetto' resta alla base della formazione del pensiero, ma in Bion diventa
essenziale anche la 'qualità dell'oggetto assente'. L' 'assenza' cioè diventa
tollerabile quando una sufficiente reverie abbia permesso lo sviluppo della
funzione alfa e quando il senso di frustrazione per l'assenza dell'oggetto non
si sia trasformato in panico o 'terrore senza nome' (Gaburri,E. 1982).
Solo così nel 'luogo vuoto' dell'oggetto assente potrà svilupparsi la prima
forma di pensiero, come legame nella fantasia che va al di là della
gratificazione pulsionale e ne permette il differimento. La nascita del simbolo
viene così a coincidere con lo sviluppo dell' 'apparato per pensare' e la
capacità di tollerare la 'non-cosa' diventa un elemento essenziale della
capacità simbolica. La'capacità materna di reverie' si avvicina al concetto
winnicottiano di 'holding materna', ma se ne differenzia in quanto implica anche
la capacità di 'trasformazione' degli elementi primitivi proiettati. La madre
non si pone solo come 'oggetto che serve', ma anche primariamente come 'oggetto
che pensa' il bambino e al posto del bambino, che introietta, infine, oltre agli
elementi 'trasformati' o 'pensati', anche la funzione stessa del pensare.
Questa funzione 'misteriosa',che Bion indica come funzione alfa, è quindi
relazionale nella sua origine; per questo mi sembra più utile considerarla una
funzione globale della personalità, sganciata da strutture cerebrali specifiche.
Essa sta alla base del processo di mentalizzazione, che Bion descrive secondo la
ben nota metafora digestiva,e produce elementi alfa che corrispondono ad
immagini visive (ideogrammi) e costituiscono elementi mentali idonei 'ad essere
impiegati nel pensiero-del-sogno e nel pensiero inconscio della
veglia'(Bion,1992 p.188). Gli elementi alfa sono dunque 'metaboliti di base',
essenziali per la memoria e l'apprendimento, e quindi per le operazioni di
pensiero cosciente, ma anche per la formazione dell'inconscio. Per Bion infatti
'Ogni uomo deve poter 'sognare' un'esperienza mentre gli capita, sia che gli
capiti nel sogno sia che gli capiti da sveglio'(Bion, 1962) e in Cogitations
(p.148) precisa che 'non si può permettere a qualcosa di diventare inconscio se
prima non si è applicato alfa a quel qualcosa. L'incapacità di avere delle
immagini visive di ciò che sta avendo luogo vuol dire che l'esperienza emotiva
non può essere preservata né nel conscio, né nell'inconscio.'
Questo punto è essenziale, in quanto apre una profonda differenza tra
l'inconscio freudiano e l'inconscio bioniano; 'somatico' il primo, 'mentale' il
secondo: solo ciò che è stato trasformato dalla funzione alfa può diventare
inconscio, che quindi è mentale sin dall'inizio. Mentre in Freud (1915 p.51) i
processi inconsci sono di per sé 'inconoscibili' e 'inaccessibili' e solo 'a
patto di svolgere un certo lavoro, possiamo trasformarli e sostituirli con
processi coscienti', in Bion può diventare inconscio solo ciò che è stato
preventivamente trasformato dal lavoro-del-sogno-alfa. Un vero e proprio
rovesciamento di prospettiva, quindi, per cui non è più l'inconscio che produce
il sogno, ma il sogno che produce l'inconscio, mentre l'opposizione tra pensiero
diurno e pensiero notturno si dissolve in un continuum.
Conscio e inconscio divengono allora il prodotto di una differenziazione operata
dalla funzione alfa 'che, dando luogo ad elementi alfa, costruisce una barriera
di contatto' (Bion, 1962,p.100), la quale segna il punto di separazione fra
elementi consci e inconsci e genera la distinzione tra loro in un continuo
processo di formazione.
Ne consegue che il conscio e l'inconscio cessano di essere due provincie
psichiche per diventare stati transitori e reversibili dell'esperienza mentale,
situazione che Freud aveva potuto solo intuire.
Bion quindi riformula in una teoria coerente e complessa le idee di Freud sulla
nascita della coscienza. Già nel Progetto (1895) Freud aveva delineato quella
che potremmo definire la nascita della coscienza in un passo straordinario in
cui associa memoria, grido e dolore.La prima categoria di ricordi coscienti è
infatti legata alla percezione di un oggetto che crea dolore e fa gridare. In
Bion il rapporto percezione-coscienza permane , ma il motore della mente
divengono le emozioni e la 'memoria' viene ridotta all'esperienza cosciente di
richiamare i ricordi, che intrude e distrugge la vera realtà psichica. Questa è
chiamata anche 'memoria sognante' (dream-like memory) e viene a costituire la
vera 'stoffa di cui è fatta l'analisi', i veri 'fenomeni della vita mentale, i
quali sono senza forma, intangibili, invisibili, inodori, senza gusto'
(Bion,1970,p.95) e che in una delle ultime 'Cogitation' (1978) Bion dice di non
riuscire a descrivere.
Parlare di mentale del resto non significa aver risposto alla domanda di che
cosa sia il mentale, che già implica una concezione sostanzialista, quanto
piuttosto inferire una particolare condizione o stato della nostra esistenza di
cui al momento possiamo dare solo delle descrizioni operative, legate per
esempio alla realtà della seduta psicoanalitica. E' questo, mi sembra, il senso
del concetto bioniano di O, come cosa in sé, realtà ultima del mondo interno ed
esterno, ignota e inconoscile in quanto tale; essa può essere 'riconosciuta e
sentita' solo attraverso il suo farsi fenomeno, nelle sue 'trasformazioni', e il
processo di essere all'unisono con essa. Bion del resto non crede neppure che la
mente sia definibile; ogni 'definizione ragionevole' comporta infatti la
restrizione ad una 'congiunzione costante'- afferma in Memoria del Futuro.
Tuttavia ammette che per uno psicoanalista è importante assumere che ci sia una
realtà o una realizzazione che si avvicini al termine 'mente'. Bion quindi
assume che ogni psiche abbia una controparte fisica nel sistema nervoso
centrale, ma sottolinea che, diversamente dal cervello, la mente non ha alcuna
circonvoluzione. Quindi propone di usare il termine 'mente' come un termine
'senza significato', utile per parlare o scrivere su ciò che non si conosce,
'per segnalare il 'luogo dove' potrebbe esserci un significato'. In questo senso
la 'mente' assume significato a causa di quanto rivela o non rivela (Bion,
W.,1975).
Cosa sono dunque per Bion i fenomeni mentali? In realtà Bion non si preoccupa di
dare una risposta in termini sostanziali, forse non crede che si possa mai
arrivare a conoscere la natura di un fatto mentale in sé. Le ultime opere, del
resto, appaiono voler dissipare ogni pregiudio sostanzialista già nella
de-costruzione del linguaggio e nella deriva poetica; la psicoanalisi, scrive, è
'relazione a prescindere dagli oggetti relati', 'Il seno è un punto, la bocca un
altro punto, ciò che conta è la loro relazione. I punti non dovrebbero usurpare
il posto che spetta alla relazione.' In Trasformazioni (1965) afferma che non si
potrà mai conoscere quali sono i fatti in sé, che indica con il 'segno O'. Il
paziente che entra e dà la mano è un fatto esterno, una realizzazione, che fino
a quando sarà utile considerare come una cosa in sé e non conoscibile (nel senso
kantiano), sarà indicato col segno O. Il fenomeno corrispondente al fatto
esterno, quale esiste nella mente del paziente, viene invece rappresentato col
segno Talfa, in quanto fa parte della trasformazione del paziente.
E' questo che possiamo conoscere, ma solo a patto che l'O in questione sia
comune all'analista e all'analizzando e quindi disponibile per la trasformazione
da parte di entrambi. Bion quindi descrive come un fenomeno in sé, non mentale,
possa diventare mentale e assumere un significato, quando entri nel campo di
esperienza comune analista-paziente di modo che possa venire elaborato e
trasformato. Tuttavia Bion descrive anche il processo opposto di quando un
fenomeno o elemento mentale diventa una cosa in sé. Questo è ciò che avviene
nello psicotico, che non è capace di 'pensare', nel senso di manipolare le
parole e i pensieri in assenza dell'oggetto,e che non ha ricordi, ma solo 'fatti
nudi e crudi',e in cui le allucinazioni sono 'cose-in-sé', non-pensiero (Bion,
1965, p.64-63).
Bion quindi opera una precisa distinzione tra 'apparato per pensare i pensieri
'e il 'pensare.' Il primo viene concepito come il risultato di una sorta di
ristrutturazione funzionale del cervello che inizialmente è devoluto a compiti
diversi dal pensare e che solo successivamente si è adattato ad albergare i
pensieri. Esisterebbe cioè una sorta di proto-cervello, che attraverso un
processo evolutivo si trasforma in cervello come mente (mind), con la funzione
di contenere ed elaborare i pensieri.
Tuttavia ' pensare i pensieri' non è semplice. Esso implica accogliere dentro di
sé dei contenuti 'estranei'; i pensieri infatti sono 'antecedenti' all'apparato
per pensare e di fatto ci perseguitano e ci deprimono costringendoci ad una
tensione crescente per raggiungere un autentico processo di pensiero.
La capacità di pensiero del resto non viene assunta una volta per tutte; essa
implica vari passaggi e deve essere continuamente riconquistata. Essenziale
appare il passaggio dal 'pensiero tecnologico' al 'pensiero che si assume la
responsabiltà del pensiero',che implica la capacità di assumere i propri
contenuti e in particolare la responsabilità di pensare la violenza,
l'aggressione e la morte (Neri, C. 1995).
I pensieri possono così promuovere lo sviluppo della mente, che si espande ed
evolve la sua capacità di vivere le esperienze, quando, anzichè evacuarli è in
grado di con-tenere i pensieri, di dargli forma e comunicarli. Per questo
Meltzer (1984) può dire che in Bion 'la mente si autocostruisca, pezzo per
pezzo, 'digerendo' le esperienze'.
Il rapporto tra il 'pensiero' come processo e 'l'apparato per pensare'è dunque
complesso e segue il modello contenitore/contenuto che Bion astrae dallo
sviluppo del concetto kleiniano di identificazione proiettiva. Questa non è più
solo una fantasia onnipotente, ma un meccanismo per comunicare le emozioni più
primitive e pertanto un'operazione che occupa una spazio mentale comune a due o
più menti in relazione emotiva tra loro; in questo senso essa apre la possibiltà
di pensare 'la mente' come qualcosa che si estende 'oltre' i limiti del
'soggetto'.
Tuttavia per Bion occorre anche una funzione ordinatrice e sintetica in grado di
operare sugli elementi frammentati della mente.Questa funzione è individuata
nell'interazione dinamica tra posizione schizo-paranoide e posizione depressiva,
che la Klein aveva descritto come condizioni riferite ad un assetto del sé. In
Bion PS e D diventano situazioni della mente, che può così oscillare da uno
stato sospeso di confusione caotica ad un ordinamento intorno ad un 'fatto
scelto'. La funzione reciproca PS _ D viene dunque a situarsi al centro della
teoria della mente e rappresenta la fondamentale, pervasiva presenza della
capacità mentale di dividere e unire.
La funzione contenitore/contenuto 'costruisce ' dunque i pensieri sotto forma di
elementi dispersi, la funzione PS_D ordina e armonizza gli elementi sparsi
contribuendo alla scoperta dei significati e quindi alla capacità di pensare.
Tra queste due funzioni Bion non sembra indicare una priorità dell'una o
dell'altra, anche se nel suo tentativo di identificare i livelli più elementari
dell'esperire, sembra infine lasciare da parte il meccanismo
contenitore-contenuto, come se quest'ultimo potesse interferire con la
personalità nel suo confronto diretto con se stessa. La tendenza dell'Io a
cercare un contenitore può infatti risultare troppo precoce e soffocare il ritmo
incessante di disintegrazione e reintegrazione, che quindi risulta un movimento
più originario, un 'elemento innato proprio del ritmo dell'Io'(Eigen,1985).Ciò
sembra avere a che fare con le idee che Bion elabora sul pensiero creativo e su
quello che chiama 'effetto distruttivo della sintesi creativa' (Bion,1966). Il
pensiero creativo e quindi ogni trasformazione, in quanto creazione di nuove
idee e relazioni, è un processo catastrofico, dis-integrante per l'identità
dell'individuo, come per quella del gruppo a cui appartiene. L'Io integrato,
prodotto dal processo PS_D, è quindi una conurazione egemone e provvisoria,
che deve la sua identità all'esclusione permanente di tutte le idee, sentimenti,
emozioni, che potrebbero, se accolte, farlo esplodere. Esso quindi funziona da
contenitore che può espellere o schiacciare le idee che minacciano di nascere, o
può accettare di espandersi al punto di assimilarle e consentire di mandarlo in
pezzi (Riolo,F.1989).
Bion giunge infine ad indicare nella 'produzione dei segni' le fasi più precoci
dello sviluppo del pensare attraverso PS_D (Bion,1963). Questi segni sono
costituiti da e rimandano a componenti elementari o 'materiali' psichici forniti
di qualità affettive grezze, che chiama elementi beta, e che rappresentano la
primissima matrice dalla quale si può supporre che sorgano i pensieri. Per Bion
la lingua primigenia si basa quindi sul segno con una carica emotiva, che rinvia
ad elementi grezzi, indifferenziati e la nascita del pensiero appare allora come
una sorta di scrittura a partire dal caos di una catastrofe originaria. In
Cogitations gli elementi beta vengono descritti come ' impressione sensoriale
non assimilata', 'oggetti morti e irreali', 'oggetto che dovrebbe essere non
esistente e quindi impossibile da discutere'; con espressioni cioè che rivelano
estrema indifferenziazione e rarefazione fino al 'non dicibile', tanto che Matte
Blanco, nella sua 'incapacità' di conciliarli con il suo sistema, definiva gli
elementi beta una 'ferita aperta' (Matte Blanco,1981).
Gli elementi beta comunque sembrano corrispondere a 'fatti non digeriti' che si
producono quando la funzione alfa lavora sotto il principio di piacere ( anzichè
di realtà) o per una eccessiva identificazione proiettiva; allora l'esperienza
emotiva viene evacuata secondo il principio freudiano per cui la psiche tende a
ridurre gli accumuli di affetto per ottenere sollievo. Le emozioni cioè non
vengono digerite mentalmente e anche se sono trasformate in immagini
(ideogrammi) è per la loro evacuazione. Quando infatti l'esperienza e gli
stimoli non sono stati trasformati da alfa, essi restano nomi senza significato
per 'mancanza di associazioni', immagini visive usate come contenitori per
espellere idee ed emozioni non desiderate. Tale processo avviene anche
nell'individuo normale, di fronte a stimoli troppo intensi, e generalmente nello
psicotico, che per un difetto della funzione alfa è incapace di digerire
mentalmente l'esperienza emotiva. Lo psicotico inoltre non è in grado di
apprendere dall'esperienza, in quanto non facendo alcun lavoro-del-sogno-alfa,
non può far sì che il materiale percepito in modo conscio venga ad essere
'immagazzinato mentalmente, in modo tale da essere passibile sia di
rafurazione sia di astrazione'(Bion,1992,p.89).
Per vivere ed apprendere dall'esperienza occorre quindi saper sognare e potremmo
dire che Bion ha dato spessore alle espressioni 'la vita è un sogno ' e 'i poeti
e gli artisti sono dei sognatori'.Questi hanno infatti la capacità di digerire e
sognare fatti ed esperienze che altri non hanno; di porsi di fronte al terribile
e all'ignoto e di renderlo 'visibile' agli altri attraverso le loro opere (
ibidem p.152). Infine Bion ammette che gli elementi beta 'sono essenziali al
funzionamento dell'identificazione proiettiva' e alla 'comunicazione delle
emozioni all'interno del gruppo' (Bion, 1992,p.188-9).
Ciò implica dei collegamenti imprevisti e complessi tra elemento beta e sistema
proto-mentale.
Già a partire da Esperienze nei Gruppi ( 1961) Bion era approdato all'ipotesi di
un 'sistema protomentale' nel tentativo di spiegare perchè dei tre gruppi in
assunto di base soltanto uno fosse attivo in un particolare momento, mentre gli
altri due rimanevano confinati ad un livello protomentale, in stretto rapporto
con i processi corporei. Bion definisce 'il sistema protomentale come qualcosa
in cui il fisico e lo psicologico o mentale si trovano in uno stato
indifferenziato'. Da questa matrice nascono i fenomeni che a livello psicologico
possono essere indagati come sentimenti e anche gli stati emotivi propri degli
assunti di base che pervadono e dominano la vita mentale del gruppo.Questa
ipotesi viene interpretata da Meltzer come una 'concezione della vita di gruppo
entro l'individuo', 'una sorta di vita primitiva, forse tribale nelle profondità
della mente, che può emergere come comportamento di gruppo o, al contrario,
esprimersi attraverso processi corporei'(Meltzer,D.1982). Meltzer si dice
colpito in modo ossessionante da questa che pur considera una 'fantasiosa
congettura', in cui le parti più primitive del sé pensano con il corpo e
obbediscono a leggi che sono più vicine alla neurofisiologia che alla
psicologia. Alla stessa maniera il funzionamento del gruppo in ab si sbarazza
delle più importanti caratteristiche della mentalità individuale - come
l'osservazione, il pensiero, il giudizio- e i suoi membri obbediscono alle
direttive dell'assunto di base dominante. Meltzer quindi prospetta una analogia
tra gli assunti di base e le radici dei gravi disturbi psicosomatici da lui
indicati come 'soma-psicotici'.Una analogia che Gaburri definisce 'inquietante'e
che nelle sue parole implica che 'gli elementi beta protomentali del bambino
riacquisterebbero delle proprietà maligne e potrebbero incistarsi materialmente
nel biologico'(Gaburri,E. 1982).
In questo modo il 'sistema proto-mentale, che presiede alla vita mentale di
gruppo e l'elemento beta',che ha a che fare con impressioni sensoriali non
assimilate e l'evacuazione di emozioni indesiderate, vengono a saldarsi in una
inquietante omologia con gli aspetti più primitivi della vita mentale. Il
complesso sistema teorico di Bion che prevede la 'trasformazione' continua
dell'esperienza emozionale e della percezione della realtà in un processo di
mentalizzazione che A.Ferro (1996) chiama di 'alfabetizzazione degli elementi
beta',sembra allora gettare una medesima inquietante luce su quanto avviene
nelle catastrofi della malattia individuale, così come in quelle 'tribali'e
collettive della nostra quotidianeità.
Per concludere direi allora che Freud e Bion sono rimasti sempre all'interno di
una teoria monistica e materialistica, benchè paradossalmente siano stati
entrambi ossessionati dal 'mentale' e dal suo prodursi nella relazione umana.
Nessuno dei due però ha mai voluto dare al 'mentale' una attribuzione
sostanziale diversa da quella della materia, limitandosi entrambi a descrivere i
processi trasformativi con i quali è possibile entrare in contatto con questi
fenomeni mentali, per esempio nell'analisi.
Il sistema proto-mentale, in quanto descrizione di una matrice 'indifferenziata'
tra fisico e mentale, al di quà della stessa distinzione soggetto /oggetto e
individuo/gruppo, sembra condividere la natura della pulsione freudiana e
individuare la zona in cui si salda più strettamente psicoanalisi individuale e
gruppale. Dal sistema proto-mentale emergono infatti gli stati emotivi propri
degli assunti di base che ne danno una prima organizzazione, così come i
fantasmi originari 'corrispondenti' -seduzione, castrazione, scena primaria-
conurano le pulsioni e la realtà psichica.
L'elemento beta, materiale psichico grezzo, non differenziato,e che non può
essere né pensato né reso inconscio, è espressione della capacità dell'individuo
di disfarsi delle emozioni non desiderate, allontanandole dalla coscienza. Esso
viene collegato all'oblio, ma non alla rimozione, e presiede alla comunicazione
non verbale delle emozioni all'interno del gruppo attraverso l'identificazione
proiettiva.
Il concetto di 'barriera di contatto ', che deriva dal lavoro della funzione
alfa, permette poi di osservare la realtà psichica non più in termini di conscio
e inconscio, ma 'dei cambiamenti di stato, del farsi e disfarsi del pensiero,
degli attraversamenti dalla mente al corpo, dei movimenti di integrazione e di
disintegrazione ' ( Riolo, F. 1983). Ciò che appare importante allora sono le
trasformazioni da un livello di simbolizzazione in un altro (Corrao, 1982),come
dal somatico al simbolico, ma anche viceversa, e dall'inconscio al conscio. Da
ciò la centralità del concetto di barriera, come 'espressione di una posizione
osservativa vòlta a cogliere le relazioni, i contatti, i transiti, cioè i
movimenti degli oggetti nel campo' (Riolo, 1983), ma anche come modello di una
concezione del mentale che pur ricollegandosi a Freud ne amplifica enormemente
la portata. Se in Freud, infatti, è la pulsione e l'inconscio somatico che si
trasformano in mentale, in Bion è l'emozione e gli elementi beta, 'oggetti
composti di cose in sé,' non pensieri. In questo modo Bion sembrerebbe non
allontanarsi dalla teoria mente/corpo di Freud, portandola piuttosto ad un alto
grado di sofisticazione attraverso lo sviluppo della teoria delle
trasformazioni. Trovo pertanto improprio collocare Freud e Bion all'interno del
dualismo di tipo interazionista, e se dovessi trovare un referente provvisorio e
approsimativo, anche se suggestivo,delle loro teorie sul rapporto mente/corpo
all'interno dell'attuale filosofia della scienza, mi riferirei al Modello di
Organizzazione dell'uomo di E.H.Hutten , per il quale ' Mente e Corpo
rappresentano livelli differenti di organizzazione dell'essere umano; e la
relazione tra i due livelli è mediata, primariamente, dal flusso di informazione
e dal significato'(Hutten, E.H. 1981).
Abstract
L'autore cerca di delineare la teoria del mentale in Freud e Bion sotenendo due
ipotesi di fondo:a) che la concezione del problema mente/corpo in Freud sia
stata troppo facilmente ricondotta a quella positivista e sottovalutata nei suoi
aspetti innovatori; b) che la concezione bioniana del mentale si pone come
ideale linea di sviluppo di quella freudiana pur apportandone sostanziali
modifiche per quanto riguarda la natura dell'inconscio,la funzione del sogno e
delle emozioni. In particolare vengono analizzati gli aspetti comuni
riconducibili ad una teoria generale delle 'trasformazioni'del somatico in
mentale e viceversa, che tuttavia secondo l'autore non implica un dualismo di
tipo interazionista, quanto piuttosto una teoria dei diversi stati di
organizzazione della materia.Sono quindi considerati i rapporti tra percezione e
nascita della coscienza così come emergono nel Freud del Progetto e nel Bion di
Cogitations. Una particolare attenzione viene rivolta ai processi di sviluppo
del mentale secondo il modello contenitore /contenuto quale funzione relazionale
che apre ad una concezione di 'campo' come 'stato mentale condiviso'.Sono infine
delineati i rapporti tra elemento beta e sistema proto-mentale.
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