Lo sviluppo
fisico e motorio : modulo1
Fondamenti
genetici
Programma genetico e sviluppo Gli importanti cambiamenti fisici, neurologici e
psichici che connotano lo sviluppo del bambino, dalle prime fasi della vita
intrauterina fino alla vita adulta, sono il risultato di una complessa e
continua interazione tra fattori biologici (ereditarietà genetica) ed
ambientali. La doppia elica di DNA deve aprirsi e
replicarsi per creare copie di materiale genetico da trasferire alle cellule
lie. I due meccanismi alla base di questo trasferimento di dati sono la mitosi,
duplicazione che si verifica in
tutte le cellule al di fuori delle gonadi e la meiosi, processo
esclusivo delle gonadi che consente di avere negli spermatozoi e negli ovociti
un solo membro di ogni coppia di cromosomi, per consentire al momento della
fecondazione, di riottenere il corredo cromosomico completo. L'mRNA uscendo dal
nucleo si lega ai ribosomi e, grazie a questi, il messaggio genetico viene
tradotto nelle sequenze di aminoacidi che costituiscono la base per la
costruzione di proteine ed enzimi. Nel vastissimo panorama della genetica uno
degli aspetti più interessanti è senza dubbio rappresentato dal fatto che
minime variazioni del DNA possono dare origine ad un enorme varietà di specie.
Le differenze individuali, in particolare, sono sempre stati al centro degli
studi di genetica quantitativa, nota come genetica comportamentale quando viene
applicata allo studio del comportamento. La tendenza generale che si è comunque
sviluppata, caratterizzando le teorie dello sviluppo, è quella di avvicinarsi
sempre più ad una visione del bambino non più passivo di fronte agli stimoli
esterni, ma con un ruolo attivo nel selezionare e creare i propri ambienti.
Il contributo della genetica
nella diagnosi prenatale. I recenti progressi ottenuti nel campo della genetica, con le tecniche
di biologia molecolare e citogenetica, hanno permesso di chiarire come numerose
malattie dell'uomo traggano la loro origine da anomalie a carico dei cromosomi
e dei geni. In questi ultimi anni sono stati ottenuti notevoli progressi nello
studio e nella identificazione di molte sindromi genetiche e numerosi e diversi
sono gli strumenti a disposizione dei clinici per diagnosticare nel corso della
gravidanza alcune di queste patologie. Tra le principali metodiche attualmente
disponibili troviamo l'ecografia fetale, lo studio di campioni di sangue
materno e l'analisi dei tessuti fetali.
Lo sviluppo
prenatale
Fecondazione e prime fasi dello sviluppo. Dopo essere stati deposti nel canale cervicale gli
spermatozoi percorrono la cavità uterina, penetrano nelle tube di Falloppio ed
in poche ore raggiungono la porzione più alta di queste (porzione ampollare).
E' qui che generalmente avviene la fecondazione della cellula uovo liberata in
precedenza dall'ovaio. La capacità di fecondare viene acquisita durante il
passaggio nella tuba uterina grazie ad un meccanismo detto di capacitazione ed
è mantenuta anche per due o tre giorni. Subito dopo la fecondazione i nuclei
dei due gameti si fondono dando origine al nucleo diploide dello zigote che
comincia circa un giorno dopo a dividersi per successive mitosi per formare un
ammasso di cellule uguali fra loro detto morula. Nel frattempo l'uovo discende
lungo la tuba uterina, ed entra nell'utero dopo circa sette giorni, quando a
assunto la struttura di blastocisti , da cui si formerà in seguito l'embrione
vero e proprio.
Periodo embrionale. Il periodo embrionale va dall'
inizio della terza alla fine dell'ottava settimana di gestazione. L'ammasso
originario di cellule si differenzia, dando origine alle diverse regioni
corporee: testa, tronco ed arti. All'inizio della quarta settimana cominciano a
segregarsi le cellule germinali, si sviluppano le cellule del sangue, il cuore
si forma e comincia a battere, mentre è iniziata anche la formazione del
sistema nervoso. A partire dalla quinta settimana sono riconoscibili il
cervello ed il midollo spinale, gli occhi le orecchie ed il naso e si sono
formati anche i reni primitivi ed i polmoni. Questo rappresenta il periodo di
più rapida crescita dell'intera vita umana.
Periodo fetale. Nel corso di questo stadio si
assiste ad un cambiamento delle dimensioni corporee. Fra il quarto ed il quinto
mese il feto raggiunge una lunghezza di 15 cm e un peso di circa 250 gr. Può
muoversi liberamente nel sacco amniotico, dove è circondato da circa un litro
di liquido che si rinnova una volta al giorno. Anche se completamente formato,
sarebbe incapace di sopravvivere se la connessione con la placenta venisse
interrotta.
La competenza a nascere. Il bambino viene al mondo con
tutte le competenze necessarie per sopravvivere nell'ambiente extrauterino. Nel
corso della gravidanza egli si prepara anche a rispondere dello stress della
nascita. Nell'affrontare lo sforzo della nascita, in particolare l'ipossia
(carenza di ossigeno), l'organismo fetale viene infatti indotto a produrre
livelli insolitamente elevati di ormoni dello stress. L'adrenalina e la
noradrenalina, che sono i rappresentanti principali di una classe di sostanze
chiamate catecolamine, permettono all'organismo di far fronte o di sottrarsi
(reazione di fuga o di difesa) ad una minaccia portata alla sopravvivenza
(stress). Il periodo neonatale rappresenta quindi per il neonato una fase di
estrema suscettibilità ai rischi di un insufficiente adattamento dell'organismo
alle nuove competenze che gli vengono richieste. L'allattamento al seno
presenta innumerevoli ed irriproducibili vantaggi, sia sul piano delle
caratteristiche nutrizionali che psicologiche. A ciò si aggiunge, oltre alla
specie-specificità, la presenza nel latte umano di numerosi fattori di difesa
contro le infezioni.
Crescita e
sviluppo
Fattori che regolano la crescita. L'approccio al bambino deve
tener conto dell'evoluzione di un organismo in crescita, intesa quest'ultima
non solo come variazione delle dimensioni corporee, ma come un fenomeno più
generale di sviluppo che, oltre alla evoluzione somatica e biochimica
dell'organismo, comprende anche quella psicologica ed affettiva. La crescita
rappresenta dunque il denominatore comune dell'età evolutiva. I processi della
crescita e dello sviluppo, che nell'uomo si svolgono in maniera molto lenta,
occupano circa un terzo della vita, non avvengono in maniera lineare ed
uniforme, ma esistono alcuni periodi di vita in cui sono più rapidi ed altri in
cui si realizzano con più lentezza.
Fattori che regolano la crescita
(intrinseci). L'esistenza
di un corredo genetico caratteristico di ciascuna specie rappresenta il
presupposto iniziale grazie al quale negli individui della stessa specie la
crescita segue un percorso comune, segnato dalle stesse tappe fondamentali di
sviluppo. Esiste quindi un modello geneticamente preordinato sul quale si
formano le caratteristiche individuali. Gli ormoni, in particolare quello della
crescita (GH), gli ormoni tiroidei e gli steroidi sessuali, rappresentano
l'altro importante fattore intrinseco della crescita. Si tratta di sostanza in
genere attive già in epoca prenatale, che promuovono la differenziazione e la
maturazione nella maggior parte degli organi e dei distretti corporei.
Fattori che regolano la crescita
(estrinseci). Fra i
fattori esogeni, l'alimentazione svolge sicuramente il ruolo più importante e
più valutabile. Una dieta ipercalorica e ricca di proteine conduce infatti ad
un aumento oltre che ponderale anche della statura. Accanto all'alimentazione
anche l'esercizio fisico, l'osservazione di norme igieniche di vita ed il clima
costituiscono fattori in grado di promuovere una crescita regolare. Da
segnalare che le turbe psichiche agirebbero con ogni probabilità in modo
indiretto, in rapporto con le loro inevitabili ripercussioni
sull'alimentazione, sul riposo, sull'attività fisica e su alcune funzioni
organiche (processi digestivi, increzione di ormoni ecc.).
Crescita prenatale. La vita intrauterina
rappresenta la fase di incremento staturo-ponderale maggiore nel corso
dell'intera esistenza. L'incremento in lunghezza e peso che il bambino non
riesce a realizzare nelle ultime settimane di gestazione verrebbe recuperato
nei primi mesi di vita postnatale. Vale a dire che tanto più il bambino è
piccolo alla nascita e tanto più cresce nei mesi successivi. Si realizza anche
una variazione nelle proporzioni corporee. Il funzionamento della placenta, ma
anche molti altri fattori (nutritivi della madre, infettivi ecc.) possono
alterare l'accrescimento nel periodo prenatale. Parlando dello sviluppo del
sistema nervoso vedremo le possibili conseguenze del ritardo di accrescimento
intrauterino.
Crescita postnatale. Si usa suddividere l'età
pediatrica in diverse fasi: il periodo neonatale (dalla nascita al 28°giorno di
vita); la prima infanzia (0-2 anni); la seconda infanzia (2-6 anni); la terza
infanzia (da 6 anni all'inizio dell'adolescenza); l'adolescenza (da 10 anni al
completamento dello sviluppo sessuale).
La differenziazione sessuale. Durante le prime fasi dello
sviluppo non vi sono nell'embrione differenze in base alle quali stabilire se
l'individuo sarà maschio o femmina. Anche l'organizzazione primitiva delle
gonadi non presenta alcuna diversità nei due sessi. Nel processo di
differenziazione il sesso femminile costituisce una sorta di sesso di base,
verso il quale lo sviluppo embrionale evolve spontaneamente se non viene
stimolato in senso diverso.
La pubertà. La pubertà rappresenta il momento
di massima differenziazione sessuale nella vita postnatale. Essa risponde anche
ad un momento molto delicato e complesso dello sviluppo psicologico, in quanto
i cambiamenti fisici rendono ancora più complesse le problematiche tipiche
dell'età che vertono sulla definizione della propria identità di individuo.
Sviluppo sessuale. Nel maschio il primo evento
della pubertà è rappresentato dall'ingrossamento dei testicoli e dalla sa
della rugosità sulla cute dello scroto. Qualche mese dopo cominciano a
ire i peli pubici. Lo scatto di crescita della statura e delle altre
dimensioni corporee si realizza circa un anno dopo l'iniziale ingrossamento dei
testicoli ed il picco di massima velocità di crescita viene raggiunto dopo
ancora un anno. La prima eiaculazione si verifica di solito un anno dopo
l'inizio della crescita del pene. Nella femmina il primo evento della pubertà è
rappresentato dall'aumento del volume del seno (formazione del bottone
mammario) in alcuni casi preceduto dalla sa di peli pubici.
Successivamente si verifica lo scatto di crescita staturale a cui si accomna
l'ingrossamento di ovaio, utero, vagina, grandi e piccole labbra. Il menarca
e dopo circa 2 anni dalla formazione del bottone mammario. L'ordine
sequenziale con cui si succedono gli eventi della pubertà, anche se non è lo
stesso in tutti gli individui, varia sicuramente meno rispetto all'età in cui
gli eventi si realizzano. Per una stessa età vi sono dunque ragazzi in cui la
fase puberale non è ancora cominciata ed altri invece in cui essa si è già
conclusa. (Questo fenomeno solleva in genere numerosi problemi di carattere
psicologico).
Cambiamenti nelle dimensioni e nella forma del corpo. Questi mutamenti, simili nei due sessi da un punto
di vista qualitativo, si diversificano per la quantità. Il maggior sviluppo
delle spalle nel maschio è correlato con una maggiore forza e potenza
muscolare, mentre nella femmina la maggior larghezza dei fianchi è preparatoria
alla funzione riproduttiva.
Lo sviluppo del
sistema nervoso
Premessa. Le cellule nervose e le loro
interconnessioni hanno una struttura caratteristica, diversa nelle diverse
parti del cervello, da cui dipende la specificità del nostro comportamento
motorio, cognitivo, linguistico ed anche emotivo. Dalle poche cellule dei primi
abbozzi del sistema nervoso in fase embrionale si formano miliardi di cellule e
di connessioni.
Aspetti morfologici. Le modifiche di grandezza, di
peso e di aspetto esterno del cervello si effettuano con una cronologia
estremamente precisa e fissa, e sono pertanto un indice molto affidabile
dell'età gestazionale. La crescita avviene in maniera diversa in parti diverse
del cervello. E' infatti più lenta negli emisferi cerebrali e cerebellari,
parti filogeneticamente più recenti, e più rapida in altre.
Le principali tappe dello
sviluppo cerebrale (fase embrionale). Nei primi giorni di gestazione una parte di un
foglietto embrionale, l'ectoderma, si ispessisce per dare luogo alla placca
neurale. Questa si invagina, in un processo detto di induzione dorsale,
formando il tubo neurale, struttura da cui si origina tutto il sistema nervoso
centrale e periferico ed anche altri organi come gli occhi e la faccia. Una
serie di suddivisioni all'interno del tubo neurale danno luogo nelle settimane
successive alle principali componenti del sistema nervoso: nella parte
anteriore si forma il prosencefalo che costituirà gli emisferi cerebrali,
mentre le altre parti danno luogo alle strutture mediane (diencefalo, gangli
della base), al tronco cerebrale, al cervelletto, al midollo spinale.
Le principali tappe dello
sviluppo cerebrale (fase di maturazione). In questa fase si riconoscono due fenomeni
principali: la proliferazione e la migrazione neuronale. Tutte le cellule
cerebrali (neuroni, cellule gliali) si formano per moltiplicazione a partire da
particolari distretti del tubo neurale, definiti come zone germinali. Appena
formate nelle zone germinali, le cellule iniziano un processo di spostamento, a
volte fino a distanze ragguardevoli, per raggiungere la loro sede definitiva a
livello della corteccia o delle strutture centroencefaliche. I neuroni
cerebrali si dispongono nel modo tipico in cui e costituita la corteccia
cerebrale: i vari strati di cellule disposti orizzontalmente e le unità
verticali dette colonne. Gli stessi neuroni inizialmente tutti uguali ed
immaturi, si differenziano poi gli uni dagli altri per la loro morfologia, per
le proteine che producono, per le sostanza chimiche mediante le quali
comunicano con gli altri neuroni (neurotrasmettitori). Il numero di sinapsi,
assoni e dendriti è inizialmente molto superiore a quello che poi sarà
definitivo. Nello sviluppo vi è all'inizio una sovrapproduzione con successiva
eliminazione. Il fenomeno è stato chiamato anche morte cellulare programmata o apoptosi.
Non vi è dubbio che l'esuberanza del patrimonio di cellule e interconnessioni
del sistema nervoso nel primo sviluppo sta alla base del concetto di
plasticità, che conferisce a quest'organo importanti capacità di
riorganizzazione quando sue parti siano state lese precocemente, a differenza
di quanto avviene nel cervello più maturo.
Indicatori elettrofisiologici di
sviluppo. La
registrazione, mediante elettrodi applicati sullo scalpo, dell'attività
elettrica cerebrale, sia in condizioni spontanee (elettroencefalogramma) che in
risposta a stimoli visivi o acustici (potenziali evocati), è una delle tecniche
che permette di evocare in "vivo" il progredire dei processi di maturazione di
cui abbiamo parlato.
Fattori intrinseci ed estrinseci
nello sviluppo cerebrale. Lo sviluppo del sistema nervoso coinvolge fattori epigenetici, che
interagiscono con il patrimonio genetico dei diversi momenti dello sviluppo.
Uno di questi fattori è costituito dalle numerose sostanze chimiche prodotte
dalle cellule e le molecole presenti nella loro superficie (fattore
intrinseco). Un altro fattore è costituito da valori nutrizionali, esperienze
sensoriali ma anche sociali e l'apprendimento che inducono modifiche
all'attività neurale a loro volta capaci di plasmare lo sviluppo anatomico in
fasi specifiche, dette "critiche" dello sviluppo (fattore estrinseco).
Esperienza e periodi critici. E' stato formulato il concetto
di periodi critici, per lo più collocati nelle fasi precoci dello sviluppo
postnatale, in cui esperienze ambientali anormali hanno profondi effetti
sull'organizzazione cerebrale. Alcune esperienze possono portare a modifiche
funzionali irreversibili che corrispondono a precise modifiche
dell'organizzazione funzionale della corteccia. Sappiamo inoltre che alcune abilità
come il linguaggio e la musica o si sviluppano nei primi anni di vita oppure
avranno difficoltà a svilupparsi.
Fattori avversi e sviluppo
cerebrale. In caso di
malnutrizione fetale, si verifica un ritardo di accrescimento corporeo e anche
cerebrale ed il bambino nasce con un peso largamente inferiore a quello normale
per l'età gestazionale secondo le curve di crescita. Il destino dei bambini
nati con ritardo di accrescimento è tuttavia in genere favorevole: quelli che
recuperano rapidamente peso e soprattutto dimensioni del cranio nei primi 7-8 mesi di vita extrauterina hanno in
seguito uno sviluppo normale. In caso siano presenti fattori genetici
(cromosomopatie) o esogeni negativi (infezioni virali o batteriche) al ritardo
di accrescimento si associano in genere malformazioni sia a carico del cervello
che di altri organi, diverse a seconda del momento della vita intrauterina in
cui il fattore esterno negativo ha agito.
I movimenti
prima della nascita
Premessa. In realtà parlando del neonato
vedremo come il suo repertorio motorio sia molto più ricco di quanto ipotizzato
fino a pochi anni fa.
L'osservazione ecografia del feto. La possibilità di visualizzare
con grande precisione il corpo del feto permette di misurarne l'accrescimento
fisico, individuando precocemente ritardi di accrescimento, e di scoprire
eventuali malformazioni. Il suo impatto sulle nostre conoscenze dello sviluppo
motorio in epoca prenatale è stato enorme. Vedere il feto insieme al padre del
nascituro, è inoltre un importante momento di condivisione che può contribuire
a far vivere meglio la gravidanza come esperienza di coppia.
Lo sviluppo della motricità
fetale. I primi
movimenti, lente estensioni del capo, sono osservabili ecograficamente nel feto
intorno alla 7° settimana di gestazione, seguiti dopo pochi giorni da rapide
contrazioni fisiche degli arti e da movimenti più lenti e più complessi, che
coinvolgono in vari sequenza tutti i muscoli del corpo. A partire da questo
momento il repertorio motorio del feto si arricchisce rapidamente da tutta una
serie di altri pattern o schemi motori. Questi movimenti non sono affatto, come
si potrebbe pensare, caotici e scoordinati, ma vengono eseguiti con grazia e
fluidità, favoriti anche dall'ambiente liquido in cui si svolgono. Già al quarto
mese, momento in cui la madre in genere comincia a sentire il proprio bambino
muoversi, il feto ha in realtà maturato e sperimentato la maggior parte dei
movimenti caratteristici della nostra specie, che resteranno poi disponibili
per tutta la vita.
Genesi e significato della
motricità fetale. L'interpretazione più plausibile sulla natura della motricità fetale è
che sia spontanea, o meglio generata da processi interni del sistema nervoso
del feto umano, ipotesi che è stata da tempo dimostrata negli esperimenti sugli
animali. Sicuramente alcuni movimenti sono importanti per lo sviluppo del feto
e per il suo benessere.
La motricità nelle ultime
settimane di gestazione. Nelle settimane che precedono il parto le madri spesso notano che vi
sono minuti di completa immobilità fetale. La spiegazione di questo fenomeno
viene da una serie di ricerche che hanno dimostrato che il feto sta maturando
quella periodicità di momenti di attività e riposo che poi ritroveremo anche
nel neonato, e con durata molto diversa anche nel bambino più grande e
nell'adulto. Alcuni ricercatori avanzano l'ipotesi che mentre si trova in sonno
agitato, il feto sperimenti una qualche forma di vita mentale, rielaborando le
sensazioni derivanti dal proprio movimento, e che di questi processi potrebbero
restare tracce di memoria nella vita futura. Per quanto riguarda la
distribuzione della quantità di movimento nell'arco della giornata, sappiamo
che è proprio la madre ad essere responsabile di questa variazione ritmica di
movimento, mediante una serie di ormoni. Si tratta di dati estremamente
interessanti, perché confermano l'esistenza di profonde influenze esercitate
dalla madre sul comportamento fetale.
Caratteristiche individuali nella
motricità fetale. Gli studi ecografici, come pure le impressioni materne, ci indicano che
vi sono feti che si muovono più di altri, ve ne sono alcuni che compiono più
movimenti bruschi e meno movimenti lenti, o il contrario. In particolare, la
personalità della madre e il suo stato d'animo durante la gravidanza vengono
spesso citati per spiegare le differenze del comportamento tra un feto e
l'altro. Non conosciamo tuttavia al momento attuale il significato che queste
differenze tra un feto e l'altro possono avere sulla vita futura del bambino ed
in particolare sulle caratteristiche postatali del comportamento.
La motricità
del neonato
Premessa. Il repertorio motorio del
bambino appena nato viene tradizionalmente descritto in termini di postura,
posizione del capo e degli arti da supino, e di riflessi.
Il neonato competente. I comportamenti del neonato
sopra elencati vengono solitamente indicati come riflessi o risposte primitive.
Il paradigma di riflesso appare tuttavia insufficiente e riduttivo per spiegare
la complessità del sistema nervoso, anche in un organismo apparentemente
semplice come il neonato. Le differenze tra le concezioni neurofisiologiche
classiche ed i moderni orientamenti sono profonde: da una parte il neonato
viene visto come un insieme meccanico di sistemi isolati, inerti fino a quando
non vengono stimolati, dall'altro come un organismo attivo, composto di
sottosistemi profondamente interconnessi, pronto ad attivare o modulare la sua
attività in funzione delle condizioni ambientali. Nel suo repertorio motorio vi
sono tutte le abilità necessarie per nutrirsi, respirare, proteggersi da
situazioni che possono essere per lui dannose, stabilire le prime relazioni
"sociali" con la madre, in sostituzione della precedente simbiosi. L'importanza
della maggior parte dei pattern motori del neonato è chiara: essi permettono
l'adattamento del bambino al nuovo ambiente.
Continuità e discontinuità tra
feto e neonato. Venire alla
luce dopo diversi mesi è certo il momento cruciale per il nuovo essere umano,
ma non può essere considerato come l'evento che dà inizio alla vita. La
somiglianza tra tanti movimenti e comportamenti del feto e del neonato, ha
portato alcuni autori a formulare il concetto di continuità tra la vita
prenatale e postnatale. Da questo punto di vista l'evento nascita è solo un
momento, cruciale e importantissimo, ma con tutto un passato dietro di sé di
attività, di vita nell'ambiente uterino.
Differenze interindividuali. Abbiamo visto come nella vita
fetale i bambini sono tra di loro diversi, anche nel loro modo di muoversi.
Ancora maggiori sono le differenze tra un neonato ed un altro. Non solo
l'adulto ma anche il bambino, possiede una propria individualità, fatta da un
insieme irripetibile di qualità, da capire e rispettare. Per esempio, la
nascita prematura può essere un'importante causa di differenze nello sviluppo
motorio, cognitivo o anche nel carattere e nel comportamento del bambino.
La prematuranza. L'organizzazione mondiale della
sanità, definisce come pretermine quei bambini che vengono al mondo dopo un
periodo di gestazione inferiore a 37 settimane. Questi bambini sono oggetto di
grande attenzione e preoccupazione da parte dei loro genitori, medici ed
educatori. Certamente la maggior parte dei nati pretermine sopravvive ed ha uno
sviluppo apparentemente normale.
I rischi della prematurità. Il bambino nato pretermine
viene al mondo con gli organi, in particolare il sistema nervoso, l'apparato
respiratorio e quello digestivo, largamente immaturi. La possibilità di un
danno cresce con il grado di immaturità. Le moderne tecniche diagnostiche
(l'ecografia cerebrale, la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica)
consentono di diagnosticare sin dai primi giorni di vita la presenza di queste
complicanze, che sono la causa più frequente di morte o deficit neuropsichici
permanenti. Non meno importante per le conseguenze sullo sviluppo futuro del
bambino e la situazione psicologica della madre, tenuta separata da lui in un
momento cosi cruciale per l'instaurarsi di un rapporto di attaccamento (vedi
rivista "Psicologia contemporanea" sett.-ott.2000).
Il destino dei prematuri. Il miglioramento
dell'assistenza medica al pretermine ha ridotto in modo drammatico il rischio
sia di mortalità che di deficit permanenti in questi soggetti. Più spesso
tuttavia questi bambini hanno problemi neurologici minori, che si rivelano con
disturbi di apprendimento e di linguaggio solo in età scolare.
Età biologica ed età cronologica. Dall'insieme dei dati di
numerose ricerche, si può concludere che per ciò che riguarda il ritmo di
sviluppo, cioè l'epoca in cui raggiungiamo le principali tappe dello sviluppo
motorio, linguistico e cognitivo, i pretermine seguono la stessa sequenza di
sviluppo dei nati a termine, ma con un ritardo che è proporzionale ai mesi di
prematuranza. Come gruppo i pretermine presentano una più ampia variabilità di
prestazioni rispetto ai nati a termine. Queste differenze potrebbero essere
dovute a lievi danni neurologici o anche all'influenza delle diverse condizioni
ambientali extrauterine.
Lo sviluppo
motorio nel periodo postnatale
Premessa. Nei primi anni dopo la nascita,
il bambino và in contro ad un drammatico sviluppo delle sue competenze motorie.
Lo sviluppo di queste abilità è senza dubbio in rapporto con gli enormi
cambiamenti che avvengono nel suo sistema nervoso ed in particolare nella
corteccia cerebrale. Le tecniche più moderne come la PET, messe a punto dalla
medicina per studiare le patologie del sistema nervoso, consentono oggi di
visualizzare le strutture cerebrali più attive in un determinato periodo dello
sviluppo, o addirittura nel corso delle diverse attività motorie, cognitive e
linguistiche.
Il modello maturativo. Secondo questo modello, le
modifiche anatomiche sono sufficienti per spiegare i cambiamenti nel
comportamento motorio. In rapporto alla sequenza temporale della maturazione
del sistema nervoso, comportamenti inizialmente sotto il controllo dei centri
sottocorticali, come per esempio i cosiddetti "riflessi primitivi" del neonato,
passerebbero ad essere diretti da strutture prevalentemente corticali e quindi
ontogeneticamente e filogeneticamente più evolute.
Le critiche al modello maturativo
e le moderne teorie sullo sviluppo motorio Un
modello interpretativo che si basi sui dati delle modificazioni anatomiche o
anche funzionali, quali lo studio delle aree cerebrali più attive nelle diverse
fasi di sviluppo o durante lo svolgimento di compiti diversi (PET), non
consente di comprendere appieno l'enorme quantità di nuove acquisizioni
motorie, ma anche cognitive e comunicative del bambino nei primi anni di vita.
Secondo un altro modello, quello dell'information processing, il sistema
nervoso centrale deve essere considerato come un computer dotato di regole,
programmi e schemi prestabiliti in grado di analizzare i segnali provenienti
dall'ambiente esterno. Secondo il modello dei sistemi naturali dinamici invece,
l'assunto di base è che nel determinismo dello sviluppo del bambino molto
piccolo, ed in particolare di quello posturo-motorio, sia di importanza
primaria non tanto l'intervento di un singolo sistema ma l'interazione di molti
sistemi tra i quali oltre ai fattori intrinseci, propri del sistema nervoso,
devono essere considerati anche i fattori ambientali. Negli ultimi anni un
approccio multisistemico è stato applicato allo sviluppo del controllo motorio
da molti studiosi del movimento.
La ssa e il riapparire
della marcia. Secondo i
classici modelli neuromaturativi, la ssa dello stepping corrisponde alla
progressiva maturazione dei centri corticali che controllano il movimento.
Questi centri prima inibirebbero lo stepping, per poi dare vita al pattern maturo del cammino, le cui
caratteristiche, sarebbero per molti aspetti profondamente diverse da quelle
dello stepping del neonato.
In contrapposizione a questo approccio neurologico, alcuni autori hanno recentemente
ipotizzato l'influenza di altri fattori, di natura profondamente diversa, per
spiegare lo sviluppo del cammino. Ad esempio, Ester Thelen, attribuisce la
ssa dello stepping del neonato e
il suo riemergere nei mesi successivi a fattori puramente fisici: la forza dei
muscoli delle gambe non sarebbe infatti sufficiente nel lattante a sostenere il
peso del corpo che si accresce nel primo anno di vita. Per altri autori
l'emergere del cammino autonomo sarebbe dovuto invece a fattori di ordine
cognitivo ed in particolare alla capacità di integrare i movimenti ed
obiettivi, di controllare azioni in successione per raggiungere una meta.
La variabilità nello sviluppo. Tra le principali critiche che
vengono indirizzate al modello maturativo dello sviluppo motorio vi è anche
quella che esso non consente di spiegare un fenomeno estremamente importante
che la ricerca ci ha invece recentemente mostrato con grande evidenza. Si
tratta della straordinaria variabilità interindividuale, non solo nei tempi, ma
anche nelle strategie con cui il bambino sviluppa una determinata abilità
motoria come per esempio, il cammino indipendente. La variabilità è maggiore
quando una nuova abilità motoria e per la prima volta, e poi si riduce
man mano che il bambino seleziona le strategie più efficaci che sono spesso
simili.
Fattori percettivi e cognitivi
nello sviluppo di "reaching" e "gasping". Anche in un semplice compito motorio come quello
di raggiungere (reaching) un oggetto, la percezione, soprattutto visiva, ha un
ruolo fondamentale nel guidare l'azione delle nostre mani. Grazie alla vista
possiamo sia selezionare sin dall'inizio il programma motorio più idoneo, sia
operare le necessarie correzioni nel corso dell'azione. La diversità fra reaching neonatale e reaching dei mesi successivi trova una
spiegazione nel processo di differenziazione a cui vanno incontro dopo la
nascita le varie modalità sensoriali (visive, tattili, uditive) inizialmente
indifferenziate. Nel neonato infatti, il solo vedere l'oggetto determinerebbe il
movimento di avvicinamento dell'arto superiore a questo. In una fase
successiva, per il maturare dei processi di differenziazione fra i due canali
sensoriali, l'attivazione di uno di essi porterebbe ad una inibizione
dell'altro (la vista dell'oggetto inibirebbe il reaching). L'abilità di utilizzare l'informazione
"direzione" per guidare il reaching verso
l'oggetto diventa sempre più precisa nei mesi successivi, insieme alla capacità
di controllare la postura e gli aggiustamenti del corpo necessari per dare
stabilità ai movimenti degli arti. Un aspetto fondamentale dello sviluppo
motorio sarebbe la capacità di mettere insieme piani (mapping) percettivi e motori nel
produrre un programma di azione adeguato al compito motorio. Probabilmente il
bambino possiede sin dai primi mesi di vita rappresentazioni interne, sia pur
primitive, dell'oggetto, utilizzate per "anticipare" ad esempio la forma di una
cosa da afferrare e quindi preparare la mano alla presa.
Il ruolo dell'esperienza nello
sviluppo motorio. Le moderne teorie sull'apprendimento motorio, ci consentono di vedere
il ruolo dell'esperienza nella sua giusta prospettiva. Apprendere una nuova
abilità motoria vuol dire selezionare le strategie motorie più efficaci e più
economiche per raggiungere lo scopo dell'azione. L'esercizio deve stimolare
l'organizzazione funzionale dei sistemi di azione. Essere "abile" vuole dire
essere capace di utilizzare le informazioni percettive e cognitive per
coordinare movimenti e posture in maniera rapida ma flessibile per raggiungere
lo scopo desiderato.
Lo sviluppo
percettivo : modulo2
Principali
teorie sullo sviluppo percettivo
Definizione del processo
percettivo. Nello studio
del rapporto fra individuo ed ambiente, la percezione rappresenta uno dei campi
di maggior interesse per la psicologia scientifica, poiché, all'interno di un
più vasto ambito delle attività cognitive, i processi percettivi costituiscono
il tramite diretto per assumere informazioni sulla realtà circostante e per
mantenere con essa un contatto appropriato. Gli stimoli fisici, qualora
superino un determinato valore liminare di intensità, producono un'attivazione
fisiologica dell'organo recettore interessato mediante una sequenza di
eccitamenti che, a loro volta, vengono trasmessi sotto forma di messaggi nervosi
ad una definita sede della corteccia celebrale. Pertanto, stimoli fisici
inducono una successione di processi fisiologici che, a loro volta, soprattutto
a livello degli stadi terminali corticali, pongono le condizioni per la
definizione di uno stato psichico che corrisponde alla percezione, cioè
all'impressione diretta e immediata della presenza di una particolare realtà
virtuale. La percezione può quindi essere definita come l'organizzazione
fenomenica delle informazioni sensoriali, corrispondenti ad una data situazione
di stimolazione delimitata nel tempo e nello spazio.
Principali interpretazioni dello
sviluppo percettivo. In generale, nei confronti dello sviluppo percettivo sono state
definite due prospettive di base, fra loro antitetiche. Il punto di vista
empiristico, sostiene che la percezione nasca gradualmente dall'esperienza
grazie all'associazione fra le sensazioni elementari inizialmente rozze e
frammentarie, in un processo progressivo di integrazione, connessione e
coordinamento delle informazioni provenienti dai vari apparati sensoriali. Per
contro, secondo il punto di vista innatista, lo sviluppo percettivo avviene in
funzione di competenze che fanno già parte dell'equigiamento psichico del
neonato, in base a specifici processi di maturazione degli organi sensoriali e
del sistema nervoso che consentono il miglioramento delle capacità di
acquisizione ed elaborazione delle informazioni.
La teoria della Gestalt. La scuola della Gestalt ha
sostenuto l'immediatezza della percezione, nella capacità di cogliere, tramite
gli apparati recettivi, il dato fenomenico nella sua totalità e unità come
dotato di significato. Privilegia quindi il punto di vista innatista e sostiene
che le forme sarebbero percepite, fin dal momento della nascita, come distinte
dallo sfondo. Compito dell'infante quindi, non è discriminare ed organizzare le
forme, ma apprendere il loro nome e significato. La percezione rappresenta
un'attività psichica determinata dalla dotazione innata dell'organismo e dalla
rapida maturazione neurologica ad essa associata.
La prospettiva genetica di Piaget Piaget ritiene
che la conoscenza derivi precipuamente dall'azione. La percezione è quindi una
modalità particolare di azione e di adattamento, che può essere compresa
soltanto se viene posta in relazione alla classe più ampia delle operazioni che
egli chiama "intelligenza". Si avrebbe quindi una sorta di dipendenza evolutiva
della percezione rispetto ai processi dell'intelligenza, poiché le prime
percezioni dell'infante vengono mediate dagli schemi senso-motori. Nello
sviluppo percettivo del bambino, Piaget distingue due momenti complementari ed
opposti: gli effetti di campo (o "primari") e le attività percettive. Lo
sviluppo della percezione consiste nella transizione dalla prima alla seconda
fase. Gli effetti di campo costituiscono fenomeni percettivi limitati al campo
di centrazione, ossia alle interazioni immediate che si producono tra gli
elementi percepiti simultaneamente attraverso una sola fissazione dello
sguardo, nel caso della visione. Le attività percettive consistono invece nel
cogliere e nell'instaurare rapporti fra elementi percettivi in campi
differenti. Si tratta di una gamma estesa di processi di varia natura:
esplorazioni semplici e polarizzate, trasporti o trasposizioni di grandezze, di
forme e di direzioni, anticipazioni o schematizzazioni ecc. Pertanto, secondo
Piaget, lo sviluppo dei meccanismi percettivi, al pari dell'evoluzione
ontogenetica dell'intelligenza, rende il bambino, soprattutto nella fase
pre-operatoria, in grado di svolgere un ruolo più attivo e competente nel suo
rapporto con l'ambiente.
L'approccio empiristico di Hebb. Anche se la percezione di un
oggetto come totalità caratterizzata da proprietà distintive sembra nell'adulto
un attività immediata e spontanea, in realtà essa rappresenta l'esito di una
prolungata esperienza. Hebb infatti avanza l'ipotesi che il neonato presenti,
fin dal momento della nascita, la capacità di cogliere la distinzione tra
"ura" e "sfondo" e di assegnare una coerenza globale ai contorni di questa
entità percettiva ritagliata dallo sfondo. Secondo Hebb l'esplorazione visiva
non avverrebbe in modo casuale, ma si svolgerebbe secondo specifiche modalità,
lungo direzioni preferenziali, da un polo di attrazione dello stimolo ad un
altro, favorendo il costituirsi ed il consolidarsi di collegamenti funzionali
fra i diversi assembramenti cellulari. Si raggiunge in tal modo l'identità
della ura, ossia l'emergenza delle sue proprietà di associazione, idonea a
renderla individuabile rispetto alle altre. Pertanto in questa prospettiva, la
percezione, per quanto possa sembrare un processo immediato, costituisce il
risultato di una prolungata esperienza, inteso come esercizio volto a
confermare, a rafforzare e a perfezionare le funzioni percettive che sono in
corso di sviluppo nel bambino.
L'apprendimento percettivo
secondo Bruner. Facendo
riferimento a determinati indizi e caratteristiche, il bambino è in grado di
effettuare un atto di identificazione, attribuendo un determinato oggetto alla
sua categoria di riferimento. Secondo Bruner, esiste un'organizzazione
spazio-temporale primaria dei dati sensoriali concernente la distinzione
ura-sfondo, la formazione dei contorni e la definizione di unità urali
distinte. In riferimento ad essa, il bambino procede ad una classificazione
elementare degli oggetti grazie alla ripetizione di esperienze condivise con
l'adulto e alla capacità di cogliere e di rappresentare gli aspetti iconici
della realtà. Pertanto lo sviluppo percettivo consiste nella costruzione
progressiva di un sistema di categorie, in base al quale confrontare e
classificare gli stimoli, di volta in volta percepiti.
La teoria della differenziazione
percettiva di Gibson. Secondo James Gibson, le stimolazioni sensoriali non sono di per sé
caotiche e frammentarie, bensì presentano un ordine intrinseco, determinato
dalle proprietà e dalle relazioni esistenti tra gli stimoli dell'ambiente.
Anche nella loro successione temporale, le stimolazioni offrono trasformazioni
regolari e continue. Tale distribuzione spaziale e temporale degli stimoli
rappresenta una fonte ricca di informazione stabile e certa: compito del
soggetto percipiente non è quello di rielaborarla attraverso un processo
costruttivo né di integrarla o di completarla, bensì solo quello di ricercarla
e di saperla estrarre dalla realtà. Si tratta, quindi, di un incremento di
abilità dell'organismo, poiché quest'ultimo diventa in grado di rispondere in
modo differenziato a costellazioni di stimoli a cui per l'innanzi rispondeva in
maniera non differenziata. Lo sviluppo percettivo consiste sostanzialmente
nell'affinamento della differenziazione, grazie ad un miglioramento delle
capacità discriminative dell'organismo.
Il principio ortogenetico di
Werner. Per Werner,
nello sviluppo infantile, si procederebbe da uno stato di relativa globalità e
da una mancanza di differenziazione ad uno stato di maggiore differenziazione
ed ad una crescente organizzazione gerarchica. In particolare, per ciò che
concerne lo sviluppo percettivo, questo "principio ortogenetico" pone in
evidenza la transizione evolutiva dal globale allo specifico, dal diffuso
all'articolato, dall'indefinito al definito, dal rigido al flessibile, nonché
dal labile allo stabile.
Sviluppo percettivo e sviluppo
cognitivo. In base a
quanto è stato finora esposto, risulta che la percezione rientra nel più vasto
ambito delle funzioni cognitive, poiché costituiscono una modalità primaria,
immediata e diretta di conoscenza. Durante il primo periodo evolutivo, di
ordine essenzialmente percettivo, che si estende dal momento della nascita fin
verso i 5 o 6 anni, si assiste in un rapido progresso entro i singoli ambiti
percettivi che già nel corso del primo anno di vita consente la strutturazione
del campo percettivo secondo i principi dell'articolazione ura-sfondo, le
leggi dell'organizzazione degli stimoli in unità formali, la differenziazione
dei rapporti spaziali, nonché la percezione della profondità. Grazie a questa
precoce e rapida evoluzione il bambino viene ad interagire con un ambiente
tridimensionale articolato in "oggetti" ed "eventi" distinti, dotati di
stabilità e, per certi aspetti di proprietà costanti. Il secondo periodo
evolutivo, di ordine più propriamente percettivo-cognitivo, all'incirca
compreso fra i 6 anni e l'adolescenza, appare caratterizzato dal graduale
sviluppo dei processi cognitivi più elevati - che pervengono a livello
operatorio - e dalla loro influenza sullo sviluppo della percezione. Infatti,
in questo periodo evolutivo, i livelli raggiunti dall'intelligenza
rappresentativa influenzano ed orientano l'ulteriore sviluppo della stessa
percezione. Questa influenza risulta evidente nella capacità di cogliere i
rapporti fra il tutto e le parti nell'abilità di analisi - mediante i processi
di individuazione e di differenziazione - e di ristrutturazione degli elementi
compresi in un unità urativa complessa, nella disposizione a percepire i
diversi orientamenti di una forma e le relazioni spaziali, nonché nella
capacità ad individuare le proprietà funzionali degli oggetti e a compiere
azioni di identità (o diversità) fra stimoli complessi.
La percezione
nel neonato e nel primo anno di vita
Le percezioni fetali. Nello studio della continuità
fra vita intrauterina e periodo neonatale in relazione alle risposte
sensoriali, si è accertato che in generale, la semplice esposizione
all'ambiente acustico uterino produce effetti specifici sui comportamenti del
neonato. Inoltre, per ciò che concerne l'effetto acustico della parola, si è
accertato che l'esposizione prolungata alla voce materna suscita l'acquisizione
di preferenza per la voce della madre, per la lingua materna, nonché per
specifiche sequenze parlate o cantate. Non esiste invece una preferenze dei
neonati per la voce del padre. Da queste ricerche sembra emergere che il
neonato in pochi giorni è in grado di estrarre, di riconoscere e di preferire
delle invarianti acustiche e delle regolarità spettrali e prosodiche alle quali
non era stato esposto che prima della nascita. Le esperienze sensoriali fetali
avrebbero effetti strutturali e funzionali, in quanto sostengono l'attività
necessaria per lo sviluppo e, probabilmente, specificano funzionalmente i
sistemi sensoriali stessi. L'elaborazione ingegnosa e l'utilizzo intelligente
di nuovi procedimenti di indagine hanno consentito in questi ultimi decenni di
raccogliere in modo sostanzialmente concorde e coerente una mole ingente di
dati in base ai quali non è più sostenibile l'ipotesi tradizionale secondo cui
i neonati vivrebbero in un mondo caotico e frammentario di sensazioni fra loro
sconnesse, fruitori passivi di un "bombardamento" di stimoli provenienti
dall'ambiente. Per contro, il piccolo dell'uomo si presenta alla vita con una
dotazione relativamente consistente e rapidamente crescente di capacità percettive
che, sebbene lontane dalle prestazioni e dai livelli di efficienza di un
adulto, gli consentono di ricercare attivamente e di rispondere in modo
coordinato, selettivo e flessibile a molteplici stimolazioni provenienti dal
mondo circostante.
I metodi di indagine. L'invenzione e l'introduzione
di nuovi metodi e tecniche di ricerca, idonei ad esplorare sistematicamente le
prestazioni percettive dei neonati fin dai primi giorni di vita, hanno
determinato l'acquisizione di una mole ingente di informazioni in questo campo
di indagine. Il neonato appare oggi come un organismo dotato di un livello
significativo di competenza percettiva, in grado di rispondere in modo
selettivo a diverse caratteristiche della stimolazione ambientale, impegnato in
una ricerca attiva dell'informazione attraverso un'esplorazione che, sia pure
rudimentale, appare orientata e controllata.
Le procedure comportamentali
Il paradigma della preferenza di fissazione - E'
stato possibile verificare che i neonati, fin dalla prima settimana di vita,
guardano più a lungo superfici strutturate rispetto a superfici omogeneamente
colorate. Questo comportamento visivo, inteso come una prima espressione (sia
pure rudimentale) di attenzione selettiva, attesta che il lattante è in grado
di discriminare due stimoli fra loro e di dimostrare una "preferenza" (intesa
in senso obiettivo) per l'uno rispetto all'altro.
Il paradigma della assuefazione-recupero -
Esiste una precisa relazione fra preferenza per stimoli familiari e preferenza
per stimoli nuovi, in funzione dei tempi di familiarizzazione. Se quest'ultima
è breve, si ha la prima forma di preferenza; se è prolungata si registra la
seconda. Pertanto, l'attenzione verso il familiare e verso il nuovo non
rappresenterebbero due momenti evolutivi successivi, bensì costituirebbero due
distinte modalità di elaborazione delle informazioni, presenti, sia pure con
rilevanza variabile, nelle diverse fasi evolutive dell'infante.
Il paradigma del condizionamento operante - I
neonati, fin dalle prime settimane di vita, sono interessati e vanno alla
ricerca di stimoli visivi nitidi e messi a fuoco.
Le tecniche psicofisiologiche Nell'ambito psicologico si è fatto sistematicamente
ricorso alla elettroretinografia (con le quali si registrano i lievi
cambiamenti di potenziale bioelettrico generati dalla retina, quando è esposta
alla luce), alla elettrooculografia (che consiste nella registrazione degli
spostamenti dei globi oculari, basata sulla rilevazione dei potenziali
elettrici per mezzo di elettrodi situati sulla cute circostante), alla
registrazione dei potenziali corticali evocati (che costituiscono un
cambiamento del potenziale bioelettrico generato da specifiche aree corticali
in risposta ad uno stimolo visivo, acustico, ecc.).
Psicofisiologia della vita neonatale. In base alle più recenti
acquisizioni sperimentali, emerge che la dotazione delle capacità funzionali
visive del neonato è superiore a quanto si ammettesse in passato, nonostante
una relativa immaturità del suo apparato visivo. Fin dalla nascita, il neonato
è capace di eseguire movimenti coniugati. Infatti quando è posto di fronte ad
una superficie omogenea, si dimostra visivamente attivo, compiendo ampi
movimenti oculari in tutte le direzioni, più estesi lungo l'asse orizzontale
rispetto a quello verticale. In funzione di questa dotazione iniziale, i
neonati sono capaci di cogliere le differenze di luminosità e si dimostrano
sensibili al contrasto di chiarezza, in grado di "discriminare" differenti
reticoli di bassa frequenza. Il lattante non ha una visione caotica, confusa ed
offuscata, ma entro lo spazio prossimo è in grado di mettere a fuoco le
immagini e di fruire di una visione adeguatamente nitida.
L'attenzione focalizzata.Alla nascita e nelle prime
settimane, il mondo visivo del neonato è limitato ad uno spazio a lui prossimo.
Ma entro questo spazio che progressivamente si amplia, egli esercita
attivamente le sue capacità che sono sufficienti per consentirgli di percepire
numerosi aspetti dell'ambiente e di cogliere molti aspetti della realtà circostante.
Questo orientamento esplorativo è attivato soprattutto dalla novità e dalla
rilevanza degli stimoli. L'attenzione focalizzata si manifesta tramite:
L'esplorazione
visiva - il bambino piccolo ben presto appare in grado di esplorare
l'ambiente prossimo attraverso la fissazione visiva, "preferendo" certi stimoli
ad altri (attenzione selettiva). A due mesi, compie escursioni visive più
estese dei margini esterni dello stimolo e, in presenza di elementi inclusi,
dimostra maggiore attenzione per i contorni interni. Fin dalla prima settimana
i neonati discriminano i contorni curvi rispetto a quelli rettilinei,
dimostrando una chiara preferenza per i primi. Pertanto per ogni fase
successiva di età esiste un livello ottimale di informazione ambientale in grado
di stimolare e mantenere l'attenzione del lattante. La sua attenzione
percettiva si orienta verso gli stimoli più definiti, di maggiore grandezza,
che presentano contorni più precisi e differenze di luminosità più rimarcate,
e, in secondo luogo, verso stimoli con più elevato numero di angoli e di
contorni.
L'esplorazione visuo-manipolatoria - A partire da un'età molto
precoce (inizialmente attorno ai due mesi, più sicuramente attorno ai cinque),
i bambini piccoli si dimostrano capaci di esplorare gli oggetti afferrandoli e
manipolandoli con le mani (modalità tattile), anche in assenza di informazioni
visive. Questa elaborazione attiva dell'informazione, è tanto più prolungata
nel tempo quanto maggiori sono le novità e le complessità dello stimolo.
Le differenze individuali- E' interessante
sottolineare il fatto che già a quattro, cinque mesi compaiono differenze
individuali nello "stile attentivo" connesse con lo stile cognitivo complessivo
e con la modalità di interagire con l'ambiente. E' degno di nota osservare che
le differenze individuali osservate nel primo anno di vita sono fortemente
predittive circa il futuro sviluppo intellettivo dei soggetti, in quanto i short-lookers presentano nel corso
dell'infanzia e della fanciullezza prestazioni attentive e cognitive
significatamene più efficaci e più elevate rispetto a quelle ottenute dai long-lookers
L'organizzazione percettiva L'organizzazione del campo fenomenico in "forme".
Allo stato attuale della ricerca si ritiene che il neonato, posto di fronte a
conurazioni piane, non sia in grado di organizzare gli stimoli in totalità
unitarie, governate secondo le leggi della Gestalt. Egli avrebbe piuttosto una
percezione di parti, pur all'interno dell'articolazione fra ura e sfondo.
Verso i 3-4 mesi i lattanti sono in grado di cogliere definite relazioni fra
gli stimoli e di percepire il carattere globale della conurazione, almeno
entro situazioni relativamente semplici.
La
costanza percettiva. In riferimento alla costanza percettiva, che
consiste nella tendenza a percepire gli oggetti come dotati di qualità
invarianti nonostante il variare delle condizioni fisiche di stimolazione,
Bower ha posto in evidenza la sua sa abbastanza precoce, sia pure in modo
parziale. Nonostante la costanza percettiva costituisca un processo evolutivo
lungo, la sa precoce di forme elementari di questo processo percettivo
indica che il lattante diventa rapidamente in grado di percepire una certa
identità e stabilità degli oggetti, riuscendo a riconoscere il medesimo oggetto
in situazioni parzialmente diverse.
La
percezione dello spazio e della profondità. Come
per gli adulti, anche per i neonati, il riconoscimento e la discriminazione
percettiva sono più facili e rapidi per gli stimoli disposti secondo gli assi ortogonali.
Per quanto concerne la percezione della profondità, sembra che la visione
stereoscopica inizi ad organizzarsi assai precocemente. Tuttavia, soltanto
attorno ai 4 mesi, la visione stereoscopica è sufficientemente supportata dalla
convergenza di un numero consistente di indizi di profondità, in concomitanza
con lo sviluppo dell'attività motoria diretta ad afferrare gli oggetti presenti
nello spazio prossimo.
La
percezione del movimento. E' ormai accertato che i
neonati preferiscono guardare le sequenze di stimoli in movimento rispetto a
conurazioni statiche. La loro attenzione è più prolungata per una serie di
luci lampeggianti da destra a sinistra che per una singola luce intermittente
stazionaria. In sintesi, la discriminazione visiva risulta ontogeneticamente
antecedente alla manipolazione tattile, e suggeriscono la possibilità che
l'attività motoria sia parzialmente guidata e diretta dalle risposte visive
precedenti.
La percezione del volto umano Il volto umano è il veicolo di un gran numero di
informazioni, in quanto è segnale della specie, è indicatore dell'identità e
del gruppo di appartenenza (età, sesso, razza), esprime segnali emotivi, nonché
segnali legati alla parola. Fin dalla nascita i neonati dimostrano di possedere
una precisa e netta preferenza per il volto umano nella sua forma regolare
rispetto a una rafurazione irregolare e disordinata. Le caratteristiche più
salienti del volto a cui il neonato presta maggiore attenzione sono i capelli,
gli occhi, la bocca e il contorno globale. Per quanto concerne l'abilità di
discriminare e di riconoscere il volto della madre, già a tre o quattro giorni
i neonati preferiscono e dedicano maggior tempo al volto della propria madre
rispetto a quello di un'altra donna con il medesimo colore dei capelli e della
pelle. Pertanto, il volto umano costituisce una categoria speciale di stimoli,
per i quali esiste una preferenza innata, sostenuta da un sistema
sottocorticale separato, situato nel collicolo superiore.
La percezione uditiva Assieme alla percezione visiva, quella uditiva
costituisce per il neonato, come per l'adulto, una via privilegiata per
l'acquisizione di informazioni sull'ambiente.
La reattività neonatale agli stimoli acustici. Sin
dai primi giorni dopo la nascita, il neonato, pur disponendo di una sensibilità
uditiva alquanto inferiore a quella degli adulti, è in grado di rispondere
entro definite condizioni agli stimoli acustici. In particolare, i neonati,
anche se non in modo sistematico, tendono a ruotare gli occhi verso il lato da cui
proviene il suono se quest'ultimo è di debole intensità, li muovono invece
nella direzione opposta alla sorgente sonora se lo stimolo è di forte
intensità. I suoni di frequenza elevata, soprattutto se improvvisi e forti,
inducono frequentemente reazioni di difesa nel neonato; invece gli stimoli di
frequenza media e relativamente bassa, con intensità intermedia, attirano
maggiormente l'attenzione del lattante, con conseguenti reazioni di
orientamento. Nei confronti di sequenze sonore ritmate, i lattanti di 2 mesi
circa riescono a discriminare diversi tipi di ritmo e tendono preferire le
successioni di suoni organizzate secondo la legge della prossimità.
Integrazione fra le modalità sensoriali uditiva e visiva. Lo sviluppo percettivo procederebbe da un primordiale sistema
unificato in direzione di una progressiva differenziazione delle singole
modalità sensoriali. In altri termini la percezione neonatale sarebbe di natura
"sopramodale". In realtà si è accertato che le risposte oculo-motorie, operanti
alla nascita e nel primo mese, diminuiscono sensibilmente di frequenza nel
corso del secondo e terzo mese e presentano un notevole recupero nel quarto
mese.
La percezione fonetica di una lingua. E'
convinzione diffusa e largamente accettata che l'acquisizione del linguaggio si
fondi, per certi aspetti, su predisposizioni innate e su meccanismi
geneticamente determinati. Si tratterebbe di una dotazione innata su base
biologica e sarebbe pertanto plausibile ritenere che i neonati,
indipendentemente dal contesto linguistico di appartenenza, siano in grado di
distinguere le diverse categorie di fonemi, compresa la terza categoria
caratterizzata da un tempo di attacco negativo pur non essendo utilizzata dal
proprio ambiente linguistico. L'ambiente linguistico, pertanto, orienta le
disposizioni innate del neonato, restringendo da un lato il suo orizzonte
percettivo iniziale con eventuali disattivazioni di abilità; dall'altro,
accentuando e affinando specifiche capacità discriminative, in modo coerente ed
uniforme con la comunicazione verbale della propria comunità di appartenenza.
La percezione del profilo prosodico di una lingua.
Nell'acquisizione di una lingua uno dei principali problemi consiste nel saper
segmentare in modo appropriato il flusso continuo del parlato in unità dotate
di significato che successivamente possono contribuire alla elaborazione del
lessico. Inoltre sono molto sensibili alle proprietà prosodiche soprasegmentali
(intonazione, intensità, ritmo, velocità, timbro) del parlato. Nel corso dei
primi sei mesi il bambino apprende i modelli prosodici della propria lingua e
assimila le strategie di segmentazione corrispondenti, pronto ad impiegarle al
termine del primo anno di vita.
Il problema della lateralizzazione cerebrale. Com'è
noto, nei soggetti destrimani, in condizioni sia normali che patologiche, si
osserva una dominanza dell'emisfero cerebrale sinistro per l'elaborazione degli
stimoli verbali, ed una dominanza dell'emisfero destro per la ricezione e
l'elaborazione degli stimoli acustici non linguistici (melodie, suoni e
rumori). Esiste una specializzazione emisferica delle abilità uditive già nel
feto e nei primi mesi di vita.
La percezione olfattiva Oltre a quella visiva ed uditiva, tra i diversi tipi
di sensibilità di cui dispone l'individuo alla nascita (sensibilità tattile,
termica e dolorifica, cinestetica e propriocettiva, gustativa), è utile
accennare alla percezione olfattiva a motivo delle implicazioni che questa
modalità sensoriale assume sul piano relazionale. Grazie alla dotazione sufficientemente
matura del sistema chemorecettore olfattivo che si sviluppa precocemente
nell'embrione e nel feto umano, si ha una reattività differenziale del neonato
fin dal primo giorno di vita verso differenti tipi di odori (acido acetico,
alcool feniletilico, anice, assafetida), ponendo in evidenza una similarità
funzionale con l'età adulta. In questo processo assume rilevanza la familiarità
di un odore, poiché, come gli adulti, a parità delle altre condizioni, i
lattanti mostrano una preferenza per un odore familiare rispetto ad uno nuovo.
Odori alimentari piacevoli (come odore di latte, di miele ecc.) suscitano
espressioni di gradimento e di accettazione, mentre odori di sostanze
sgradevoli (come odore di uovo alterato) inducono espressioni di rifiuto e di
disgusto. Questa discriminazione è alla base della capacità di localizzazione
olfattiva, intesa come percezione approssimativa della direzione di un odore.
Allo stato attuale della ricerca si può sostenere che il neonato è in grado di
discriminare assai precocemente le stimolazioni olfattive e di orientarsi in
modo preferenziale e selettivo verso un odore piuttosto che verso un altro.
Lo sviluppo
percettivo nel corso dell'infanzia
La percezione visiva Sul piano psicofisiologico la funzionalità visiva del
bambino presenta ulteriori incrementi grazie al perfezionamento della
sensibilità al contrasto e al miglioramento della sinergia fra
accomodazione e convergenza binoculare.
L'organizzazione del campo fenomenico segue anche nel bambino le leggi dell'unificazione
formale, poste in evidenza dalla scuola della Gestalt, sebbene sia
caratterizzata da differenze considerevoli rispetto a quella attuata
dall'adulto.
Il
riconoscimento delle forme. Nella percezione infantile
sembra che la legge della chiusura e della pregnanza delle forme prevalga sulla
regola della continuità di direzione.
La
preferenza fra forme e colore. Si tratta di un tema classico
della percezione infantile, la cui esplorazione prende avvio con l'inizio di
questo secolo. Dalle prime ricerche emerse una prevalenza del colore sulla
forma nei bambini in età prescolastica. Innanzi tutto emerge una sequenza
evolutiva abbastanza precisa: ad una prevalenza della forma nei bambini piccoli
al di sotto dei tre anni segue una preferenza del colore nei bambini di età
compresa fra i tre e i cinque anni, per poi riemergere una dominanza della
forma sul colore dopo i cinque anni. Entro questa sequenza evolutiva, la
preferenza per la forma assume significati psicologici diversi in funzione
dell'età.
Esplorazione
delle differenze fra stimoli complessi. Nel confrontare stimoli
complessi si è verificato che i bambini in età prescolastica percepiscono come
non eguali due conurazioni quando non individuano in una di esse uno o più
elementi presenti nell'altra. Sembra quindi che per i bambini di questa età due
oggetti o due disegni possono essere giudicati come eguali alla semplice
condizione che ciò che viene visto in un oggetto si trovi nell'altro, in
qualunque posizione ed in qualunque numero sia.
Il
problema del sincretismo infantile. I bambini, nel corso della
prima infanzia e in parte della seconda, manifestano una specifica incapacità a
collegare ed a integrare i diversi dati percettivi a loro disposizione in unità
strutturate, nelle quali gli elementi siano organizzati secondo un reticolo di
rapporti. Sul piano percettivo, questa incapacità si traduce nella difficoltà a
cogliere le relazioni fra le diverse parti di una conurazione, nonché i
rapporti fra le "parti" e "il tutto". Il sincretismo pertanto sarebbe
caratterizzato da una visione generale piuttosto confusa del "tutto". I bambini
di questa età non sono capaci di operazioni percettive reversibili. Se la
conurazione è costituita da sottoinsiemi distinti, separati e piuttosto
eterogenei, essi tendono a percepire i dettagli, ma non il tutto; se, invece,
la conurazione globale dello stimolo è altamente organizzata e strutturata,
essi percepiscono il tutto e non le parti. Questa rigidità è riconducibile ad
una carenza infantile nella gerarchia di articolazione, in funzione della quale
la medesima unità può essere percepita sia come "parte" di una conurazione
più ampia, sia come "tutto" composto a sua volta da unità più piccole.
Scomposizione
Percettiva. Le unità primarie sono strutture percettive semplici governate dal
principio della "buona forma", mentre le unità secondarie sono costituite da
linee e da segmenti appartenenti a più unità primarie. Fin verso i sei anni, i
bambini, posti di fronte a conurazioni relativamente complesse, sono in grado
di riconoscere in esse le ura identica al modello quando si tratta di ure
incrociate, poiché è sufficiente l'analisi percettiva basata soltanto sulle
unità primarie. Vanno incontro invece frequentemente all'insuccesso se si
tratta di individuare ure incluse, poiché, in questo caso, diventa
necessario scomporre la conurazione totale e ricostruire con elementi di
essa l'unità secondaria appropriata.
La
percezione dello spazio e dell'orientamento. Il
sistema di riferimento egocentrico. Precocemente il bambino è sensibile ed
attento alla collocazione degli oggetti nello spazio, in funzione della quale
organizza le proprie azioni. Il primo sistema di riferimento spaziale è di
natura egocentrica, poiché i meridiani orizzontale e verticale della retina e
l'asse longitudinale del corpo costituiscono i principali criteri di
riferimento per organizzare la percezione.
Rapporti
topologici e rapporti euclidei. Con la sa dei processi di
simbolizzazione, verso la fine del secondo anno, inizia a svilupparsi lo spazio
rappresentativo che si situa ad un livello cognitivo superiore e che consente
al bambino di elaborare una mappa cognitiva, una "rappresentazione" delle
relazioni spaziali. Quindi anche se le qualità topologiche sembrano più facili
da essere percepite, è pur vero che il bambino può far ricorso sia alle
relazioni topologiche sia a quelle euclidee a seconda delle situazioni, in
rispondenza delle sue esigenze della vita quotidiana.
La
percezione dell'orientamento. Già fin dal secondo semestre, i
bambini sono capaci di distinguere differenti orientamenti della stessa ura
e di riconoscere la sua identità nonostante i diversi orientamenti. Tuttavia
nel corso della prima e della seconda infanzia, l'orientamento di uno stimolo
sembra assumere una modesta importanza nel processo di discriminazione e di
azione fra gli stimoli. Emerge quindi una sorta di noncuranza da parte
del bambino piccolo verso questo aspetto fenomenico della realtà, come se
l'orientamento costituisse un fattore poco rilevante e saliente nella
percezione dell'identità degli oggetti. Utilizzando vari procedimenti e diverse
ure, numerose ricerche hanno posto in evidenza in modo concorde che i
bambini della seconda infanzia spesso confondono due stimoli eguali ma con
diverso orientamento. Inoltre assume una notevole importanza l'ordine di
presentazione degli stimoli. Infatti se in un compito di apprendimento
discriminativo, due ure anziché essere presentate una affianco all'altra o,
meglio ancora, una per volta, si ottiene un sensibile incremento nella
discriminazione di linee oblique e di inversioni tipo H. Pertanto, più che la
noncuranza del bambino di questa età per l'orientamento, è opportuno porre in
evidenza, nel corso dell'infanzia, lo sviluppo della sua capacità di individuare
e di codificare le relazioni intraurali e le relazioni spaziali esistenti
fra i diversi orientamenti della medesima forma e il sistema di riferimento
spaziale.
Le
costanze percettive. Nello studio della costanza percettiva, oltre a
variazioni di metodo (confronto seriale simultaneo o successivo) che comportano
la possibilità di errori sistematici (effetto della tendenza centrale, errore
del campione), è opportuno distinguere il tipo di consegna rivolto al bambino.
In merito alla costanza della forma si è osservato che nella seconda infanzia
il bambino dimostra un elevato grado di costanza di costanza entro lo spazio
prossimo.
La percezione tattile.
In questo ambito si è soliti distinguere fra
tatto passivo (l'essere toccato) e tatto attivo (il toccare). Il primo aspetto
è stato esaminato soprattutto in relazione dei primi mesi di vita del bambino.
Si è accertato a questo proposito che i neonati rispondono prontamente a
sollecitazioni cutanee appropriate con movimenti degli arti e con l'accelerazione
del battito cardiaco. Precocemente e altresì nel bambino il tatto attivo,
definito come modalità aptica che consiste in una serie di movimenti volontari
della mano per acquisire informazioni sugli oggetti toccati. I processi
connessi con la percezione tattile attiva sono: la percezione stereognosica,
l'esplorazione tattile, la coordinazione aptico-visiva (nella prima infanzia,
pertanto, il bambino tende ad assumere informazioni sugli oggetti tramite
l'impiego congiunto e sinergico della vista e del tatto).
Lo sviluppo percettivo visivo
nella fanciullezza
Premessa. Lo sviluppo della percezione nel corso della
fanciullezza assume una certa rilevanza soprattutto nell'ambito visivo. Infatti
l'attività oculomotoria progredisce sensibilmente fra i sei ed i sette anni
grazie al consolidamento di efficaci strategie di analisi percettiva.
Progressi nell'organizzazione
percettiva. La
transizione dalla seconda infanzia alla fanciullezza tende a coincidere con il
superamento del sincretismo percettivo, poiché fra i sei e gli otto anni , in
concomitanza con la sa delle operazioni concrete del pensiero, si osserva
una progressiva articolazione gerarchica del campo fenomenico. Di conseguenza,
lo sviluppo percettivo visivo dalla fanciullezza è qualificato da un notevole
grado di plasticità rispetto alla relativa rigidità percettiva propria
dell'infanzia. Pertanto, nel corso della fanciullezza la percezione, pur
continuando ad avvalersi di meccanismi e di processi propri, risulta
notevolmente influenzata dalle attività rappresentative del pensiero
operatorio, le quali la rendono più flessibile e più efficiente.
Lo sviluppo delle costanze
percettive. In merito
alla costanza della grandezza si è osservato che durante la fanciullezza si
passa dalla precedente condizione di sottocostanza alla costanza perfetta e
spesso ad una forma di supercostanza (cioè, ad un eccesso di compensazione del
rimpicciolimento dell'immagine sulla retina a motivo della distanza
dell'oggetto da guardare). La costanza della forma presenta un'evoluzione
simile a quella della costanza della grandezza.
La percezione dello spazio. Nel corso della fanciullezza,
facendo prevalente riferimento ai rapporti metrici, la rappresentazione
spaziale diventa di tipo euclideo, in cui gli oggetti sono collocati in uno
spazio definito in modo unitario e stabile dai tre assi virtuali ortogonali
(orizzontale, verticale, sagittale). Nello sviluppo della percezione dello
spazio si ha pertanto una graduale differenziazione fra l'organismo e
l'ambiente, nonché la costruzione di un sistema di relazioni stabili. In
sintesi, nel corso della fanciullezza la percezione visiva progredisce
ulteriormente, influenzata dai processi cognitivi di ordine superiore e
perviene ad un notevole grado di articolazione, flessibilità, reversibilità e
sistematicità funzionalmente assai vicino a quello dell'adulto.
Lo sviluppo dell'apprendimento e della
memoria : modulo3
Che cosa è la memoria?