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Psicologia Fisiologica -I metodi d'indagine nell'uomo - METODI COMPORTAMENTALI NON INVASIVI



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Docente: Elisabetta Làdavas


Psicologia Fisiologica

I metodi d'indagine nell'uomo (modulo 4, manuale di neuroscienze)


I risultati delle ricerche sulla base neurologica delle attività cognitive sono strettamente legati alle metodiche d'indagine utilizzati.Due postulati stanno alla base delle neuroscienze cognitive:


1-l'architettura funzionale e neurologica della mente è multicomponenziale;


2-il comportamento di un soggetto portatore di una lesione cerebrale è determinato dall'attività complessiva del cervello,meno la componente danneggiata della lesione stessa;non ha quindi luogo una riorganizzazione post-lesionale del sistema nervoso,tale da renderlo radicalmente diverso rispetto a prima della lesione.




Lo studio della specializzazione emisferica può avvenire attraverso due metodologie:


1-metodi invasivi;


2-metodi non invasivi.


METODI COMPORTAMENTALI NON INVASIVI - I metodi comportamentali per lo studio della specializzazione emisferica sono basati su una caratteristica anatomo-fisiologica delle vie sensori-motorie. Il segnale evocato raggiunge la corteccia controlaterale, il trasferimento dell'informazione all'altro emisfero avviene solo successivamente attraverso un passaggio intercommissurale.Sulla base dell'ipotesi che l'emisfero cerebrale che riceve il segnale per primo sia in qualche modo avvantaggiato rispetto al controlaterale, è possibile esplorarne la specializzazione funzionale.Il metodo della presentazione lateralizzata può essere associato a compiti concomitanti, per indagare la specializzazione emisferica attraverso gli effetti dell'interferenza fra due attività.Ad esempio, il compito motorio è svolto dall'emisfero sinistro: se questo deve rispondere anche a stimoli visivi (presentati in emicampo visivo destro), vi è interferenza ed i tempi di reazione aumentano, suggerendo una specializzazione funzionale emisferica sinistra nella programmazione motoria.In paradigmi di cui vengono misurati i tempi di reazione unimanuali a stimoli lateralizzati è possibile determinare se, per un dato compito sperimentale, la specializzazione di uno degli emisferi sia assoluta (l'altro emisfero non è in grado di svolgere il compito), o relativa (entrambi gli emisferi sono in grado di svolgere il compito ma uno dei due è più efficiente). La limitazione principale di tutti questi metodi è che non sono in grado di fornire informazioni sulla specializzazione funzionale intraemisferica, ovvero su quali aree cerebrali all'interno di un emisfero siano coinvolte in una data operazione mentale.


METODI INVASIVI: L'INATTIVAZIONE FUNZIONALE DI UN EMISFERO CEREBRALE -Dato che l'inattivazione interessa l'intero emisfero, questo metodo non offre dati né sulla localizzazione intraemisferica delle attività oggetto d'indagine né su eventuali interazioni interemisferiche.Il test di Wada consente di diagnosticare, sulla base della sa di un'amnesia globale temporanea, la presenza di una lesione temporale controlaterale al lato dell'iniezione: in questi pazienti, infatti, l'inattivazione farmacologica dell'unico lobo temporale indenne causa il grave deficit mnestico tipico delle lesioni temporali mesiali bilaterali.In alcuni studi recenti, il test di Wada è stato associato a metodiche elettrofisiologiche o di neuroimmagine funzionale, al fine di poter determinare se, all'interno dell'emisfero inattivato, vi sono delle regioni in cui la sofferenza funzionale è particolarmente intensa.La logica di questi studi è che se l'inattivazione dell'emisfero destro causa un peggioramento del difetto afasico, mentre l'iniezione sinistra ha effetti scarsi o nulli, allora l'emisfero destro è la base neurale del linguaggio residuo o del recupero funzionale.Un altro metodo che può fornire informazioni sulla lateralizzazione funzionale degli emisferi cerebrali è l'elettroshock unilaterale, il quale, come il test di Wada, causa una disfunzione transitoria nell'emisfero cui è applicato il trattamento. L'elettroshock sia unilaterale che bilaterale causa inoltre amnesia transitoria, che può essere oggetto di ricerca neuropsicologica.


LE LESIONI SPERIMENTALI NELL'ANIMALE - Procedura secondo la quale, il ricercatore distrugge una specifica parte del cervello e osserva gli effetti comportamentali prodotti dalla lesione.La generalizzazione dei risultati dall'animale all'uomo è tanto meno problematica quanto più l'organizzazione cerebrale dell'animale sperimentale prescelto è simile a quella umana.Esso ha consentito di indagare la base neurale delle funzioni sensori-motorie, e di processi mentali complessi, quali l'attenzione, la memoria e la percezione.Il controllo post mortem è essenziale, affinché la correlazione con i difetti comportamentali sia valida.Ad esempio, in alcune ricerche è stato interrotto nella scimmia il fornice (un compatto fascio di fibre nervose che connette la regione ippocampale con i corpi mammillari) mediante sezione chirurgica, al fine di indagarne il ruolo nei processi di memoria. Anche qui è indispensabile il sacrificio dell'animale dopo lo studio sperimentale, al fine di controllare che la lesione sia stata limitata alla struttura oggetto dello studio.


EFFETTI A DISTANZA DI UNA LESIONE CEREBRALE FOCALE: LA DIASCHISI - Per diaschisi, si intende gli effetti a distanza causati da una lesione cerebrale focale. Ad esempio, la distruzione dell'area A che causa i difetti S1, S2, S3 determina una disfunzione delle aree connesse B e C. Questi studi, dimostrano come lo studio dei correlati neurali dei sintomi causati da lesioni focali non possa limitarsi alla loro sede ed estensione, ma debba anche prendere in considerazione l'attività di regioni non direttamente danneggiate, ma connesse con l'area distrutta. Il difetto comportamentale osservato è prodotto in modo specifico dalla distruzione di quella particolare area cerebrale ,oppure è l'effetto generico del danno cerebrale in quanto tale ,indipendentemente dalla sua localizzazione? La doppia dissociazione è lo strumento più potente per dimostrare la specializzazione funzionale del cervello.Si verifica una doppia dissociazione quando un paziente cerebroleso P1 presenta un deficit nel compito A, ma non in B, in cui la prestazione è normale, mentre il paziente P2 ha un comportamento opposto. Questo quadro permette di concludere che i compiti A e B esaminano funzioni distinte e indipendenti (localizzate in regioni cerebrali diverse, se lo studio ha una componente anatomica).


L'ESAME ANATOMO - PATOLOGICO "POST-MORTEM"- Le inferenze che possono essere tratte dipendono da due fattori: il metodo utilizzato per localizzare la lesione cerebrale; l'analisi psicologica del comportamento del paziente.Come il metodo delle lesioni sperimentali, anche quello della correlazione anatomo-clinica ha fatto registrare notevoli affinamenti nel corso degli anni. Quest'ultimo, infatti, ha consentito di raccogliere informazioni cruciali sulle basi neurali delle funzioni mentali nell'uomo. L'esame post-mortem è stato anche utilizzato per studi anatomici in soggetti normali, al fine di identificare aspetti morfologici, come asimmetrie tra i due emisferi cerebrali, che possono essere messi in relazione con differenze funzionali, evidenziate attraverso il metodo della correlazione anatomo-clinica. La correlazione post-mortem presenta tuttavia alcuni limiti: l'esecuzione di un esame anatomo-patologico completo dell'encefalo (macroscopico e microscopico) è una procedura lunga e complessa, che richiede una buona organizzazione e tecniche specifiche.Se è trascorso molto tempo, inoltre, tra l'esordio della malattia che ha causato i sintomi oggetto di studio e la morte del paziente, manca la corrispondenza temporale tra il deficit neuropsicologico osservato a suo tempo e la lesione cerebrale.Per tutte queste ragioni, l'esame post-mortem è di solito limitato ai casi cosiddetti positivi, cioè a pazienti che avevano suscitato l'interesse del ricercatore per la presenza di qualche particolare sintomo e che vengono quindi seguiti con cura.


L'INTERVENTO NEUROCHIRURGICO - Una possibilità di correlazione anatomo-clinica in vivo è offerta dalla localizzazione della lesione cerebrale responsabile della sintomatologia neuropsicologica durante intervento neurochirurgico, ad esempio d'ablazione di una neoplasia cerebrale. Questo metodo permette una visione della parte del cervello sede della lesione e delle regioni limitrofe, senza i problemi di corrispondenza temporale dell'esame post-mortem.Un altro caso in cui l'intervento chirurgico può determinare situazioni fonte d'informazioni utili, è quello in cui il paziente è sottoposto ad ablazione di un'area cerebrale.Un secondo esempio è costituito dalla sindrome da disconnessione interemisferica causata dalla commessurotomia cerebrale, intervento chirurgico praticato per il trattamento d'epilessie resistenti alle terapie farmacologiche.Questi interventi di neurochirurgia funzionale hanno, ai fini della correlazione anatomo-clinica, il vantaggio che le lesioni sono delimitate con precisione.


METODI ELETTROFISIOLOGICI: L'ELETTROENCEFALOGRAMMA (EEG) - L'elettroencefalogramma standard fornisce una registrazione dell'attività elettrica cerebrale, mediante elettrodi posti sulla superficie cranica. Non produca un'immagine diretta del cervello ed ha una capacità localizzatoria molto scarsa.


POTENZIALI EVENTO-CORRELATI - I potenziali evento-correlati, detti anche potenziali evocati (ERPs) sono piccole modificazioni dell'attività elettrica cerebrale spontanea sincronizzati con un evento definibile sperimentalmente come il momento d'inizio di uno stimolo in movimento. Hanno una dimensione molto ridotta rispetto agli EEG e vengono quindi estratti dal rumore di fondo mediante numerose registrazioni.


COMPONENTI ESOGENE (PRECOCI) DEGLI ERPs: APPLICAZIONI NEUROPSICOLOGICHE - Un uso neuropsicologico delle componenti esogene degli ERPs è per determinare se un dato disordine cognitivo sia attribuibile o meno a un deficit sensoriale. In pazienti cerebrolesi destri con emianopsia e emianestesia sinistra, affetti da eminegligenza spaziale, sono stati registrati ERPs precoci normali a stimoli visivi somatosensoriali, che il paziente non era in grado di percepire. Questi risultati, dimostrando con una metodica elettrofisiologica che l'analisi sensoriale dello stimolo è relativamente preservata, suggeriscono che l'emianopsia e l'emianestesia possono essere una manifestazione di eminegligenza, anziché un difetto sensoriale primario.


COMPONENTI ENDOGENE (TARDIVE) DEGLI ERPs: APPLICAZIONI NEUROPSICOLOGICHE - Uno degli obiettivi più importanti della psicofisiologia cognitiva è quello di identificare componenti specifiche degli ERPs, come indicatori fisiologici di fasi o aspetti distinti dell'analisi dello stimolo. Il potere di localizzazione anatomico degli ERPs non è elevato. E' possibile migliorarlo mediante procedure invasive, come la registrazione intracranica degli ERPs.Negli ultimi anni sono state sviluppate numerose tecniche d'analisi che cercano di localizzare le sorgenti cerebrali degli ERPs, facendo uso di un numero elevato d'elettrodi.


MAGNETOENCEFALOGRAFIA (MEG) - La registrazione e l'analisi della distribuzione dei campi magnetici che accomnano i potenziali elettrici cerebrali permettono una localizzazione della loro sorgente intracerebrale più precisa di quella consentita dagli ERPs e dallo EEG. La localizzazione della corteccia uditiva e di quella somatosensoriale sono esempi applicativi di questo uso della MEG.


STIMOLAZIONI CEREBRALI: STIMOLAZIONE ELETTRICA - Questo metodo consiste nella stimolazione di aree specifiche della corteccia cerebrale mediante elettrodi.Il limite principale di questa procedura è che può essere applicata solo a pazienti in cui, per ragioni cliniche, è necessario esporre la corteccia cerebrale.Il trattamento può interferire con l'attività d'altre strutture cerebrali, oltre a quelle direttamente stimolate di cui si vuole indagare la funzione.Inoltre l'uso di un maggior numero d'elettrodi consente la costruzione di mappe funzionali corticali più precise.In generale, i risultati ottenuti con questa metodologia concordano con quelli basati su altre procedure d'indagine nel suggerire un elevato grado di specializzazione funzionale del cervello.


STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA (SMT) - La SMT permette di stimolare in modo non invasivo la corteccia cerebrale, con due effetti principali rilevanti per lo studio delle basi neurali delle funzioni cognitive.Gli effetti collaterali della SMT sono scarsi, anche se non del tutto assenti: ad esempio in soggetti predisposti possono verificarsi crisi convulsive.


RISPOSTE AUTONOMICHE - L'utilizzazione in neuropsicologica degli indici autonomici (risposte di conduttanza cutanea e variazioni della frequenza cardiaca e respiratoria e della pressione arteriosa) concerne due aree di ricerca principali:


1-lo studio delle asimmetrie emisferiche e della specializzazione cerebrale funzionale;


2-l'impiego di queste risposte, come indice del fatto che i soggetti sono in grado di analizzare e discriminare informazioni anche se non sono consapevoli di queste operazioni mentali.


VISUALIZZAZIONE "IN VIVO" DELLA MORFOLOGIA DELL'ENCEFALO - ½ sono vari metodi che consentono di visualizzare "in vivo"la morfologia dell'encefalo, sia in condizioni di normalità sia in presenza di lesioni. L'uso dei metodi radiologici tradizionali ai fini della correlazione anatomo-clinica ha un interesse quasi esclusivamente storico. Essi sono la radiografia del cranio, l'angiografia cerebrale, pneumoencefalografica, la scintigrafia cerebrale. La tomografia computerizzata (TC) è uno sviluppo dei principi fondamentali della radiologia tradizionale. La risonanza magnetica nucleare (RM) è basata su principi fisici radicalmente diversi da quelli della radiologia tradizionale, di cui la TC rappresenta un'evoluzione, sebbene molto sofisticata. La RM, ha un potere di risoluzione spaziale e tissutale molto maggiore di quello della TC. E' quindi possibile la localizzazione diretta dei solchi e circonvoluzioni corticali e delle strutture cerebrali profonde. Come la TC, anche la RM è un esame non invasivo che, inoltre, non richiede la somministrazione dei raggi X. La RM costituisce attualmente il "gold standard" nei metodi di localizzazione morfologica "in vivo". Il campo delle possibili applicazioni neuropsicologiche della RM è assai vasto e copre i principali settori di ricerca.


VISUALIZZAZIONE "IN VIVO" DELL'ATTIVITA' CEREBRALE: METODI FUNZIONALI:

FLUSSO EMATICO CEREBRALE REGIONALE -Questa è una tecnica invasiva, che limita l'utilizzo del metodo a pazienti in cui vi è un'importante motivazione clinica, e consente la visualizzazione della perfusione corticale del solo emisfero ipsilaterale al lato dell'iniezione impedendo la raccolta dei dati dall'altro emisfero.


MISURAZIONE DEL rCBF IN CONDIZIONI STATICHE : STUDI IN PAZIENTI CEREBROLESI Questo metodo di misurazione del rCBF ha avuto larghe applicazioni in campo neuropsicologico.Molte ricerche hanno misurato il rCBF in condizioni "statiche"in cui il soggetto non svolge alcuna attività e non riceve alcuna stimolazione sensoriale.


STUDI DI ATTIVAZIONE - La misurazione del rCBF in soggetti normali durante l'esecuzione di compiti di vario genere ,ha consentito i primi studi sistematici cosiddetti di "attivazione",in cui variazioni locali del flusso ematico cerebrale vengono messe in relazione con l'attività neuronale corticale ,indotta dal compito in cui è impegnato il soggetto. Gli studi di misurazione del rCBF in soggetti normali durante l'esecuzione di varie attività hanno dimostrato come anche compiti relativamente semplici diano luogo all'attivazione di diverse aree cerebrali, spesso bilateralmente.


TOMOGRAFIA AD EMISSIONE DI FOTONE SINGOLO (SPET) - La tomografia di emissione di fotone singolo (SPET) consente di determinare il rCBF, fornendo ricostruzioni tomografiche tridimensionali del cervello, sotto forma di sezioni assiali. La radiazione gamma emessa dal tracciante (somministrato al paziente ed in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e la cui distribuzione sia proporzionale al rCBF) viene registrata da una gamma-camera rotante attorno alla testa del paziente. I dati cosi acquisiti vengono successivamente elaborati da un computer, che fornisce immagini tomografiche della distribuzione dell'isotopo nel cervello, che vanno poi riferite alle strutture anatomiche. In pazienti portatori di lesioni cerebrali focali, la SPET ,cosi già come la misura del rCBF ha dimostrato la presenza di ipoperfusione in regioni cerebrali apparentemente indenni e lontane dalla sede del danno focale.


TOMOGRAFIA AD EMISSIONE DI POSITRONI (PET) - La tomografia ad emissione di positroni (PET) produce un'immagine della distribuzione in qualunque sezione del corpo di un radionuclide precedentemente somministrato al soggetto. Quest'immagine è equivalente alle autoradiografie quantitative ottenute negli animali da laboratorio, ma la PET ha il vantaggio d'essere poco invasiva, rendendo possibili gli studi nell'uomo. Le immagini PET vanno poi messe in relazione con le strutture anatomiche d'interesse. In campo neurologico ,la PET può essere usata per misurare il rCBF, il metabolismo del glucosio e dell'ossigeno, la cinetica recettoriale dei neurotrasmettitori.


STUDI IN CONDIZIONI STATICHE IN PAZIENTI CEREBROLESI - In pazienti portatori di lesioni cerebrali focali, la PET ha confermato e precisato il fenomeno degli effetti a distanza in strutture lontane dalle aree distrutte, ma ad esse connesse. Un esempio particolarmente chiaro è lo studio sui correlati metabolici dell'amnesia globale permanente: indipendentemente dalla sede della lesione focale, la presenza d'amnesia è associata alla disfunzione di una serie di strutture corticali e sottocorticali, tra loro connesse. Un risultato con implicazioni neuropsicologiche importanti è che i fenomeni di diaschisi non sono limitati all'emisfero leso (intra-emisferici), ma possono coinvolgere anche l'emisfero controlaterale, attraverso il corpo calloso. Queste osservazioni suggeriscono che l'emisfero controlaterale alla lesione partecipi ai processi di recupero funzionale. In termini molto generali, un risultato comune a tutti questi studi PET è la dimostrazione di quadri di ipometabolismo anche in strutture cerebrali apparentemente normali da un punto morfologico macro-anatomico, spesso correlabili con gli specifici difetti cognitivi osservati.


STUDI DI ATTIVAZIONE IN SOGGETTI NORMALI - La possibilità di eseguire studi di attivazione è strettamente collegata con il potere di risoluzione temporale della PET: la capacità di misurare rapide variazioni del rCBF o del metabolismo cerebrale associate allo svolgimento di attività sensori-motorie o cognitive. Per poter concludere che un dato compito determina l'attivazione di una o più aree cerebrali, occorre far riferimento ad una situazione di "base", in cui non vi è alcun'attivazione specifica per quel compito. Cosi le aree cerebrali attivate dall'ascolto passivo di parole vengono individuate sottraendo dai valori di rCBF determinati in questa condizione quelli della condizione in cui il soggetto non riceve alcuno stimolo uditivo-verbale ,ma, come avviene anche nella condizione di stimolazione guarda soltanto il punto di fissazione. Studi PET sono stati condotti in pazienti cerebrolesi, al fine di determinare le basi neurali delle funzioni residue - prima e dopo il recupero funzionale e trattamenti riabilitativi. Anche le basi neurali dei disordini dell'età evolutiva, come la dislessia, sono stati indagati mediante PET. Al di là dei risultati specifici dei singoli studi di attivazione PET (e delle discrepanze fra di loro), il dato generale che emerge è quello di un'elevata specializzazione funzionale del cervello, non solo a livello delle attività sensori-motorie semplici, ma anche a quello cognitivo: strutture neurali specifiche costituiscono la base neurologica di singole componenti del sistema cognitivo.


RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE (RM) - Sono stati recentemente sviluppati metodi funzionali basati sui principi della RM, che permettono di misurare parametri come il flusso ed il volume sanguigno e il metabolismo cerebrale. Queste tecnologie sono di interesse neuropsicologico rilevante, in quanto hanno un potere di risoluzione spaziale e temporale superiore a quello della PET associato ad un'invasività molto bassa. Di interesse ancora maggiore sono i metodi che danno una misura del rCBF senza richiedere la somministrazione di alcun mezzo di contrasto ,essendo basati sulle proprietà magnetiche di una sostanza endogena, l'emoglobina. Il vantaggio di queste tecnologie, oltre alla maggior risoluzione, è quello di una totale assenza di invasività, in quanto non vengono somministrati traccianti radioattivi. L'esame può quindi essere ripetuto liberamente.


LA MODELLISTICA CONNESSIONISTA - L'organizzazione funzionale dei processi mentali e la loro base strutturale vengono indagate anche con un metodo simulativi: il connessionismo. Come l'intelligenza artificiale il connessionismo fornisce una simulazione computazionale dei processi mentali. Nelle reti neurali connessioniste l'unità base è una specie di neurone astratto, che riceve ed invia segnali (numeri) ad altri neuroni. Si possono distinguere tre principali tipi di neuroni:


1-di entrata (input) che ricevono segnali da altre fonti, come stimoli sensoriali o altre reti;


2-di uscita (output) che inviano segnali fuori dal sistema;


3-nascoste (hidden) con connessioni interne al sistema.


Ogni unità trasforma il segnale ricevuto in uno di uscita, che viene poi trasmesso alle unità connesse. Le reti neurali sono in grado di apprendere ed eseguire compiti di vario genere e di svolgerli poi su stimoli nuovi (generalizzazione). La rete neurale, dopo aver appreso un certo compito, può essere danneggiata più o meno gravemente, azzerando i pesi di alcune delle connessioni o eliminando alcune unità. In conclusione, i modelli connessionisti possono fornire informazioni utili sulle forme possibili d'organizzazione dei circuiti che costituiscono la base neurale dei processi cognitivi.





La Neuropsicologia (modulo 5, manuale di neuroscienze)



La neuropsicologia, si caratterizza per il suo obiettivo di studiare i processi cognitivi (e comportamentali) correlandoli con i meccanismi anatomo-funzionali che ne sottendono l'attuazione. Nelle sue applicazioni cliniche, la neuropsicologia trova le sue origini nella neurologia clinica, mediante l'interpretazione dei disturbi nella sfera cognitiva (linguaggio, memoria, attenzione ecc.) che si manifestano in seguito a lesioni circoscritte dell'encefalo. L'unica differenza nello studio dei sistemi cognitivi normali è che in questo caso è la natura stessa ad eseguire l'esperimento alterando questo o quel processo cognitivo. La neuropsicologia è contraddistinta da due diverse modalità d'approccio metodologico:


1-"metodologia per gruppi" che ritiene che lo studio delle funzioni nervose superiori debba fondarsi sull'analisi di vaste casistiche di cerebrolesi, dall'impiego di procedure psicometriche standardizzate e da un'accurata analisi dei risultati mediante l'applicazione dei metodi statistici;


2-"metodologia del caso singolo" che ritiene invece necessario indagare singoli casi clinici in cui il sintomo è presente in modo appariscente. Solo cosi sarebbe infatti possibile isolare ed identificare sintomatologie in grado di fornire informazioni sull'organizzazione delle funzioni cognitive normali.


La critica mossa alla "metodologia del caso singolo" fu che essa risultava portatrice di vizi metodologici: le condizioni d'esame non erano mai fissate e di conseguenza difficili da ripetere e i risultati inevitabilmente costituivano un insieme confuso d'osservazioni obiettive mischiate ad opinioni soggettive. Un nuovo filone di ricerca neuropsicologica, fa sì che pur continuando ad utilizzare procedure d'indagine mutuate dalla psicologia sperimentale, le applica allo studio del caso singolo alla luce di un modello normale del processo che si vuole indagare. A questo moderno indirizzo di ricerca è stato attribuito l'appellativo di "cognitivo". La sua caratteristica fondamentale è quella di formulare modelli che suddividano la funzione cognitiva indagata in sottoproblemi omogenei e ben delimitati (processo chiamato da Marr "principio della modularità). Un corollario fondamentale della teoria modulare è che essendo una funzione cognitiva sottesa da meccanismi cerebrali potenzialmente separabili, si può prevedere che l'alterazione di uno solo di questi sottosistemi non sia in grado di alterare globalmente il processo, ma piuttosto di generare disturbi in una o più tappe del processo generale. Ciò produrrà una dissociazione tra l'espletamento di un compito, che utilizza in modo predominante la componente danneggiata, e l'espletamento d'altri compiti che fanno uso d'altre componenti. Questo principio chiamato della "doppia dissociazione", costituisce un metodo fondamentale in neuropsicologia cognitiva per studiare e frazionare i processi cognitivi. Qualora la prestazione del paziente sia prevedibile in seguito ad una o più compromissioni funzionali delle componenti del modello questi risulta avvalorato; se invece la prestazione non è prevedibile il dato patologico può venire impiegato per formulare delle ipotesi di modifica del modello iniziale.


LA SPECIALIZZAZIONE EMISFERICA - Fu Broca a suscitare l'interesse degli studiosi su questo argomento, riportando il caso di un paziente che aveva perso l'uso del linguaggio al punto tale da poter pronunciare la sola parola "TAN", da cui il nome che lo rese famoso. L'aspetto più interessante del suo studio fu quello di dimostrare all'esame autoptico del cervello del paziente una sola lesione localizzata al piede della terza circonvoluzione frontale sinistra (da allora denominata "area di Broca"). In seguito a scoperte d'altri studiosi come Wernicke, i tempi erano ormai maturi per avanzare l'importante conclusione che "l'uomo parla con l'emisfero sinistro". Successivamente si arrivò alla nozione di "dominanza emisferica" rivista più volte ed articolata in quattro punti fondamentali:


1-I due emisferi del cervello umano sono asimmetrici fra loro. Ciò fa sì che il cervello umano presenti globalmente una torsione in senso antiorario;


2-La teoria classica della dominanza emisferica sosteneva che le asimmetrie funzionali erano una caratteristica specie-specifica dell'uomo. Non c'è dubbio che ciò sia in larga misura vero, tuttavia con il tempo si sono andate accumulando prove dell'esistenza di asimmetrie anatomiche e/o funzionali anche nel cervello di altri animali.


3-Se è vero che i due emisferi sono diversi dal punto di vista funzionale, è anche vero che tale diversità non dà luogo ad una dominanza dell'uno sull'altro per quanto riguarda le funzioni superiori in genere. Mentre l'emisfero sinistro è specialmente deputato alle funzioni linguistiche, il destro gioca un ruolo prevalente in altre funzioni superiori che non coinvolgono il linguaggio, particolarmente funzioni di tipo visivo-spaziale. Perciò alla visione classica di dominanza si è sostituita quella di specializzazione emisferica ed i due emisferi cerebrali sono considerati attualmente del tutto equivalenti.


4-Mentre la teoria della specializzazione emisferica sosteneva che l'organizzazione delle funzioni corticali è sempre invertita nei mancini, le ricerche più recenti hanno evidenziato come la maggioranza di essi presenti un'organizzazione non del tutto dissimile da quella dei destrimani. Appare chiaro che anche per la rappresentazione delle funzioni spaziali, ciò che caratterizza i mancini è la frequenza dei casi di mancata asimmetria funzionale tra i due emisferi.


SVILUPPO DELLA SPECIALIZZAZIONE EMISFERICA - Si sa che la specializzazione emisferica è presente sin dalla nascita, ma non per questo si può escludere una sua successiva maturazione. Ciò è reso probabile dal fatto che il cervello umano non è pienamente sviluppato alla nascita e, subisce profonde trasformazioni nel corso dell'infanzia (sarebbe dunque logico attendersi un'analoga conclusione per ciò che concerne la specializzazione emisferica). Inoltre questi processi cognitivi elementari compaiono in periodi successivi dello sviluppo ed è poco sensato chiedersi se esiste una specializzazione emisferica per un processo cognitivo che non si è ancora sviluppato. Il problema dello sviluppo della specializzazione si fa ancora più complesso quando si considerano le funzioni dell'emisfero destro, probabilmente perché esse sono ancora meno definite di quelle attribuite all'emisfero sinistro. In generale si può sostenere che le funzioni dell'emisfero destro si lateralizzano più tardi rispetto a quelle dell'emisfero sinistro. Da quanto detto fino ad ora, sia per l'emisfero sinistro che destro, sembra possibile sostenere che qualsiasi funzione cognitiva è lateralizzata praticamente al momento della sua sa e l'apparente progressivo accentuarsi della specializzazione emisferica deriverebbe dal fatto che sempre nuove funzioni emergono nel corso dello sviluppo. Non si può dubitare che il cervello infantile rimanga per diversi anni sufficientemente plastico da permettere che, in caso di lesione, le funzioni cognitive che dovrebbero essere svolte dalle aree danneggiate possano invece essere svolte da altre aree intatte dello stesso emisfero o dell'emisfero opposto. Quindi:


1-A parità d'altre condizioni, il danno funzionale è meno grave nei bambini che negli adulti;


2-Il recupero della funzione lesa avviene più rapidamente nei bambini;


3-Lesioni dell'emisfero destro nei bambini possono produrre disturbi linguistici, mentre negli adulti i disturbi afasici dopo lesioni destre sono rarissimi, con l'eccezione di alcuni pazienti mancini.


In conclusione, appare evidente che il cervello infantile è gia specializzato ma a dispetto di ciò presenta un alto grado di plasticità.


LA SINDROME DI DISCONNESSIONE INTEREMISFERICA - La sindrome di disconnessione interemisferica va distinta dalla sindrome di disconnessione intraemisferica che propriamente si riferisce a disconnessioni tra substrati funzionali appartenenti ad uno stesso emisfero cerebrale. Con il termine disconnessione interemisferica s'intende una disconnessione fra substrati funzionali che appartengono ad emisferi cerebrali diversi. Alterazioni delle commessure telecenfaliche o corticali, cioè del corpo calloso, della commessura anteriore ed ippocampale, danno origine alla sindrome interemisferica. In un recente esperimento su un paziente con lesioni al corpo calloso, si è visto che quando furono inviati contemporaneamente ai due campi visivi stimoli neutri, percettivamente e semanticamente diversi (ad esempio un libro ed una macchina), il paziente non era in grado di dire se i due stimoli fossero uguali o differenti. I due emisferi non erano quindi in grado di operare un confronto visivo fra i due stimoli somministrati. Al contrario, quando il compito sperimentale richiedeva una discriminazione degli attributi emotivi degli stimoli, cioè giudicare la loro appartenenza ad una categoria emotiva, la risposta del paziente era corretta.


MODALITA' VISIVA - Le vie nervose visive, subiscono un parziale incrociamento a livello del chiasma ottico e ciò fa sì che quelle che originano dalle due emiretine temporali raggiungono le cortecce visive dello stesso lato, mentre quelle che originano dalle due emiretine nasali raggiungono le cortecce visive del lato opposto. Utilizzando la tecnica della presentazione lateralizzata degli stimoli visivi, si è visto che i pazienti con disconnessione interemisferica completa denominano senza problemi gli stimoli presentati nel CVD/emisfero sinistro, ma non quelli presentati nel CVS/emisfero destro. Questi dati dimostrano la disconnessione dell'emisfero destro dal sinistro, in quanto l'emisfero destro ha solo competenze gnosico-visive, ma non linguistiche, e, non potendo accedere all'informazione verbale dell'emisfero sinistro a causa della sezione del corpo calloso, non sarà in grado di identificare verbalmente l'oggetto.


MODALITA' ACUSTICA - In questo caso non è sufficiente presentare uno stimolo acustico, ad esempio una parola o una nota musicale, ad un solo orecchio, perché le vie nervose acustiche, raggiungono da ciascun orecchio le aree acustiche di entrambi gli emisferi. E' possibile tuttavia realizzare una situazione simile a quella descritta per la modalità visiva con la cosiddetta tecnica della stimolazione dicotica, che consiste nella presentazione simultanea di due stimoli diversi alle due orecchie. Per ragioni che non sono state ancora chiarite del tutto, ma probabilmente in relazione alla maggior efficienza delle vie acustiche crociate (cioè quelle che collegano un orecchio con l'emisfero controlaterale) rispetto alle vie acustiche non crociate (cioè quelle che collegano l'orecchio con l'emisfero ipsilaterale), l'informazione proveniente dall'orecchio dello stesso lato risulta soppressa dall'informazione proveniente dall'orecchio del lato opposto. Inoltre, in conclusione, possiamo affermare che stimoli acustici diversi inviati simultaneamente alle due orecchie di un paziente commessurotomizzato vengono elaborati separatamente nei due emisferi cerebrali e indipendentemente gli uni dagli altri.


MODALITA' TATTILE - In ciascun emicorpo la densità delle proiezioni ipsilaterali decresce dalle regioni assiali alle regioni prossimali degli arti, e da queste ultime alle estremità distali, che presentano solo proiezioni crociate. Perciò se si stimola passivamente la mano del paziente o gli si chiede di esplorare un oggetto (modalità aptica), l'informazione proveniente da una mano raggiunge esclusivamente l'emisfero controlaterale. Pertanto la disconnessione interemisferica in questa modalità può essere misurata chiedendo ai pazienti di esplorare, ovviamente senza l'aiuto della vista, con una sola mano alla volta, degli oggetti. Quando l'oggetto viene esplorato dalla mano destra, il paziente è in grado di dirne il nome, mentre quando l'oggetto viene esplorato dalla mano sinistra, il paziente fallisce nell'identificazione verbale.


MODALITA' OLFATTIVA - L'organizzazione delle vie olfattive è caratterizzata dalle proiezioni fondamentalmente ipsilaterali, pertanto uno stimolo olfattivo presentato ad una narice, è convogliato direttamente all'emisfero dello stesso lato. Pazienti con commessurotomia totale mostrano la classica sindrome da disconnessione interemisferica, cioè non riescono ad eseguire un compito di equivalenza percettiva per stimoli odorosi inviati alla narice destra e sinistra e non riescono a denominare stimoli odorosi inviati alla narice destra.


I DISTURBI PERCETTIVI ELEMENTARI: PERCEZIONE VISIVA - La conoscenza dell'anatomia di base delle vie visive permette la comprensione del significato di alcuni deficit visivi causati da lesioni lungo la via che dalla retina và alla corteccia visiva. Quando si parla di sistema visivo, è importante distinguere il campo visivo che si trova nel mondo esterno, e la zona della retina sulla quale esso viene proiettato. Le fibre che portano informazioni dalla parte nasale e temporale della retina di un occhio si raccolgono nel nervo ottico. Quindi una lesione del nervo ottico determinerà la perdita totale della vista dell'occhio omolaterale. Una lesione del chiasma ottico determinerà, invece, un'emianopsia bitemporale, e cioè la perdita della vista nelle due metà temporali di entrambi i campi visivi. Una lesione del tratto ottico determinerà emianopsia completa controlaterale, cioè la perdita totale della vista nella metà opposta del campo visivo. Le fibre genicolo-corticali che portano le afferenze dalla metà inferiore della retina e terminano nel labbro inferiore della scissura calcarina, mentre le fibre che convogliano le afferenze provenienti dalla metà superiore della retina terminano nel labbro superiore. Di conseguenza, una lesione del margine inferiore della corteccia calcarina determina alterazioni della metà superiore del campo visivo controlaterale e viceversa per una lesione del margine superiore. La mancata consapevolezza della cecità di una parte del campo visivo può essere dovuta al fenomeno del completamento, per cui le parti mancanti tendono ad essere completate automaticamente.


CECITA' CORTICALE - La corteccia visiva primaria, detta anche corteccia striata, è localizzata nel lobo occipitale ed una sua lesione bilaterale produce la cosiddetta cecità corticale. Essa è caratterizzata da perdita completa della visione, conservazione del riflesso della luce, riduzione o assenza del ritmo alfa a livello dei lobi occipitali. In alcuni casi il paziente è anche anosognosico, cioè si mostra indifferente al suo deficit, non lo riconosce, o addirittura ne nega l'esistenza. Quando il recupero degli aspetti strutturali di uno stimolo non può avvalersi dell'informazione depositata nel magazzino semantico, ma deve basarsi unicamente sull'accesso alla rappresentazione strutturale dello stimolo depositata nel magazzino visivo, il paziente fornisce delle prestazioni nettamente patologiche. Questi dati inducono ad ipotizzare che le immagini visive possano essere generate dalle parti più posteriori del cervello, cioè i lobi occipitali, e come una loro lesione ne alteri il funzionamento.


"BLINDSIGHT" O VISIONE CIECA - Data la precisa rappresentazione topografica del campo visivo sulla corteccia striata, una lesione che distrugga solo una zona circoscritta dell'area visiva primaria determinerà uno scotoma, vale a dire una zona d'assoluta cecità, in una porzione ben definita del campo visivo. Il sistema retino-genicolo-striato serve alla identificazione degli oggetti, mentre quello retino-collicolo-extrastriato serve alla localizzazione nello spazio degli stimoli visivi. I pazienti sopra descritti non potevano, a causa della lesione che aveva distrutto la prima via, identificare gli stimoli. Erano però in grado di utilizzare l'informazione non consapevole portata ai centri dalla seconda via per spostare i loro occhi sul punto di presentazione degli stimoli.


DISTURBI NEL RICONOSCIMENTO DEI COLORI - Lesioni diverse possono dare origine ad un deficit di riconoscimento dei colori, e più precisamente ad un disturbo nella discriminazione e identificazione in termini associativi, cioè nell'attribuzione del nome.


DISTURBI NELLA PERCEZIONE DEL MOVIMENTO - Pazienti che non riescono a vedere gli oggetti in movimento, ma percepiscono gli oggetti solo in posizioni diverse e statiche.


DISTURBI NELLA PERCEZIONE DELLA PROFONDITA'- La percezione della profondità richiede operazioni diverse e difficilmente isolabili, pertanto risulta anche difficile trovare il substrato nervoso che sottende tale abilità. ½ sono inoltre pochi casi descritti di pazienti con perdita totale della percezione della profondità e tra questi si può ricordare il caso di un paziente che si lamentava per il fatto che la realtà risultava appiattita "come in un quadro o fotografia".


ATASSIA OTTICA - Un disturbo non direttamente ricollegabile ad una lesione occipitale, ma alle sue numerose connessioni con regioni cerebrali anteriori, come ad esempio le aree frontali motorie, è quello comunemente denominato atassia ottica o visuo-motoria. Con questo termine si intende un deficit dei movimenti di raggiungimento di uno stimolo presentato nel campo visivo da parte dell'arto superiore.Le connessioni tra le aree occipitali coinvolte nella percezione dello stimolo e le aree frontali motorie sarebbero sia dirette che crociate. L'interruzione delle prime darebbe origine all'atassia visuo-motoria laterale, mentre l'interruzione delle seconde darebbe origine all'atassia visuo-motoria bilaterale.

PERCEZIONE UDITIVA - Le informazioni uditive sono trasmesse dai recettori sensoriali nella coclea dell'orecchio interno tramite le vie uditive. Le vie uditive nel tronco dell'encefalo sono straordinariamente complesse ed ancora oggi esse non sono state ben definite. La rappresentazione di ciascun orecchio nelle zone primarie della corteccia uditiva non è uguale: ciascun orecchio è rappresentato maggiormente nell'emisfero opposto.


PECEZIONE SOMATOSENSORIALE - Il sistema somatosensitivo è responsabile dell'elaborazione di quattro principali modalità:


1-il tatto discriminativi, cioè la capacità di riconoscere la superficie, dimensione e forma degli oggetti cosi come la percezione del movimento sulla pelle;


2-la propriocezione, cioè il senso della posizione statica e senso di movimento degli arti e del corpo;


3-la nocicezione, cioè la percezione del danno tessutale, spesso percepito come dolore;


4-la sensibilità termica, cioè la sensazione di caldo e la sensazione del freddo.


DISTURBI NEL RICONOSCIMENTO VISIVO DEGLI OGGETTI - Da un punto di vista neurofisiologico la percezione d'oggetti avviene attraverso diverse strutture corticali. L'area visiva di proiezione primaria nella corteccia occipitale striata e le aree parastriate, analizzano gli attributi più semplici dello stimolo mentre le caratteristiche più specifiche vengono gradualmente elaborate nelle aree visive associative extrastriate, seguendo due fondamentali vie anatomo-funzionali. Una di queste, denominata via ventrale o del "what" connette il lobo occipitale con il lobo temporale (in particolare con la sua porzione inferiore) ed è implicato soprattutto nei processi di analisi delle informazioni relative alla forma ed al colore, la seconda, denominata via dorsale o del "where", termina nel lobo parietale inferiore ed è deputata soprattutto all'elaborazione degli attributi spaziali degli stimoli. Lesioni circoscritte lungo le vie sopra descritte provocano la sa di disturbi visuo-cognitivi che rispecchiano a grandi linee la topografia lesionale.


DISTURBI NEL RICONOSCIMENTO VISUO-SPAZIALE - La capacità di percepire relazioni spaziali tra gli oggetti e tra le posizioni relative delle parti di questi oggetti, costituisce un prerequisito essenziale per un adeguato riconoscimento visivo. Il primo passo è dato dalle informazioni relative all'orientamento, la profondità ed il contorno dell'immagine. Queste informazioni vengono inizialmente convogliate all'interno del buffer visivo, una sorta di memoria a breve termine. Nelle fasi successive di processamento, la rappresentazione contenuta nel buffer visivo subisce una serie di elaborazioni ad opera dei due sistemi del "where" e del "what" che ne riconoscono la collocazione nello spazio, ne analizzano le parti costituenti. Come detto, l'informazione trattenuta nel buffer visivo è retinotopica; ma poiché la nostra percezione visiva è una rappresentazione di oggetti (o parti di oggetti) avanti una precisa collocazione reciproca e spaziale, si deve supporre che ad un certo punto della catena di elaborazione visiva, l'informazione retinotopica venga trasformata in una rappresentazione spaziale. Sintetizzando, il processo di riconoscimento d'oggetti si conura in questo modello come un processo ciclico che:




l-analizza i dati provenienti dall'immagine;


2-li confronta con quelli depositati in memoria;


3-genera delle aspettative su quanto percepito.


I disturbi principali di attenzione spaziale riguardano l'emiinattenzione unilaterale per lo spazio (neglect), in cui il paziente ignora la metà dello spazio controlaterale alla lesione, e il restringimento focale dell'attenzione. Infine tra i deficit di coordinamento del movimento nello spazio, un fenomeno interessante è quello dell'atassia ottica. Come già accennato, questo disordine consiste in una difficoltà ad integrare l'informazione visiva riguardante la localizzazione spaziale di uno stimolo con l'informazione somatosensoriale concernente la posizione spaziale della mano e del braccio.


DISTURBI NEL RICONOSCIMENTO DEI VOLTI - I volti costituiscono degli stimoli visivi tridimensionali estremamente complessi, la cui discriminazione è possibile solo a patto di sofisticati processi in grado di cogliere elementi distintivi, tra loro in rapporto con precise relazioni spaziali. Con prosopoagnosia si intende la possibilità che il riconoscimento di volti potesse essere disturbato anche quando rimaneva integra la capacità di riconoscere gli oggetti. Il tipico paziente prosopoagnosico risulta incapace di riconoscere persone a lui note (conoscenti, persone famose) e nei casi più eclatanti, anche il riconoscimento degli stessi familiari e del proprio volto può essere compromesso. L'analisi di volti mai visti in precedenza e il riconoscimento di volti familiari dipende da due sistemi parzialmente separati che elaborano l'informazione in parallelo. Dopo l'analisi strutturale, possono essere svolti in parallelo diversi sottoprocessi. Se vi è concordanza fra i due tipi di rappresentazione si ha il riconoscimento del volto come "già visto"e la possibilità di attivare un sottosistema chiamato dei nodi d'identità personale, in cui è conservato un corredo d'informazioni semantiche ed episodiche sul volto riconosciuto. Il modello prevede inoltre un sottosistema, definito di generazione del nome, in cui sono contenuti sotto forma di codifica fonologica i nomi propri collegati ai volti. Per quanto riguarda l'analisi dei volti non familiari il modello include una componente chiamata elaborazione visiva diretta che è implicata nell'attenzione selettiva per i volti, ed in particolare nella cattura e memorizzazione delle caratteristiche distintive di un volto non familiare. Altre due componenti sono l'analisi dell'espressione e l'analisi del linguaggio facciale (che analizza i movimenti della bocca e della faccia).


DISTURBI DELL'IMMAGINE MENTALE - Con il termine di immagine mentale in neuropsicologia s'intende l'attivazione della rappresentazione interna di un oggetto, di un volto o di una scena in assenza di uno stimolo esterno. L'immagine mentale non è più intesa come una modalità analogica di rappresentazione della conoscenza, ma piuttosto come un particolare modo di processare le informazioni conservate in memoria a lungo termine. Secondo tale modello, le immagini mentali vengono costruite a partire da informazioni che sono archiviate nella memoria a lungo termine. Queste sarebbero di due tipi:


1-strutture visive codificate in un formato analogico che specificano la forma globale dell'oggetto;


2-strutture preposizionali che rappresentano la conoscenza che si ha su un oggetto, una situazione, una scena sotto forma di liste di proposizioni organizzate gerarchicamente.


Queste informazioni vengono utilizzate per la generazione di una rappresentazione simil-visiva, dove viene materialmente costruita l'immagine mentale. Sull'immagine formata nel buffer visivo operano inoltre una serie di moduli di elaborazione, ciascuno specializzato per una determinata operazione. ½ sono quattro principali tipi di danno nella produzione di immagini mentali:


1-un danno nel magazzino visivo a lungo termine;


2-un danno al processo di generazione di immagini mentali;

3-un danno al buffer visivo;


4-un danno al processo di ispezione visiva.


L'ATTENZIONE - L'attività cognitiva dell'uomo può essere descritta come elaborazione dell'informazione ed i processi e i meccanismi interni che consentono quest'elaborazione sono numerosi e tra questi vanno ricordati tutti quei processi che vanno sotto il termine d'attenzione. Il sistema d'elaborazione ha, infatti, dei limiti di tempo e di spazio poiché molte volte non si possono compiere simultaneamente due attività, elaborare due stimoli o recuperare dalla memoria due informazioni diverse. Ciò è dovuto al fatto che il nostro sistema di elaborazione ha una capacità limitata. Possiamo considerare l'attenzione come una funzione che regola l'attività dei processi mentali, filtrando ed organizzando le informazioni provenienti dall'ambiente, allo scopo di emettere una risposta adeguata. Inoltre alcune particolari condizioni possono influenzare il sistema d'elaborazione: una di queste è costituita dal livello di preparazione fisiologica a ricevere le stimolazioni esterne ed interne che ci permette di rispondere più o meno adeguatamente e velocemente; questo livello attenzionale è chiamato "arousal".L'altra condizione che può influenzare il sistema di risposta è il livello di vigilanza con cui c'impegnamo a svolgere un compito, in altre parole la capacità a mantenere un buon livello attentivo per un periodo protratto nel tempo. Sia la preparazione fisiologica a rispondere (arousal) che la vigilanza o attenzione sostenuta, sono delle componenti ben distinte dell'attenzione.


ATTENZIONE SELETTIVA - Per attenzione selettiva s'intende sia l'abilità a contrastare la distrazione sia la capacità a concentrare l'attenzione su una fonte o canale contenente informazioni relativamente "deboli" in presenza di distrattori "forti". Recenti studi, hanno evidenziato come pazienti frontali hanno un'attenzione volontaria deficitaria e un'attenzione automatica patologicamente intensificata. L'attenzione selettiva volontaria è un meccanismo che entra in gioco quando bisogna affrontare situazioni nuove e richiede l'impiego volontario di risorse attentive. L'attenzione automatica, invece, è guidata dall'ambiente e non dalle intenzioni e scopi dell'individuo. I pazienti con lesioni frontali presenterebbero, appunto, un'intensificazione di queste forme automatiche di risposta che potrebbero forse essere la causa della loro forte distraibilità. I pazienti frontali, quindi, non sembrano in grado di filtrare le informazioni rilevanti a scapito di quelle irrilevanti e di conseguenza sono impossibilitati a focalizzare l'attenzione.


ATTENZIONE SELETTIVA SPAZIALE - L'attenzione selettiva per lo spazio è stata trattata separatamente dal momento che alcuni meccanismi grazie ai quali dirigiamo l'attenzione visiva nello spazio sono indipendenti da quelli responsabili dell'attenzione selettiva in genere. Recenti studi PET hanno dimostrato l'esistenza di almeno due sistemi attenzionali diversi, uno posteriore specializzato per la selezione della posizione spaziale degli stimoli ed uno anteriore per la selezione degli attributi dello stimolo e la loro integrazione. Lo scopo di questa operazione di selezione spaziale sarebbe quello di fare si che la via ventrale sia attivata unicamente dagli oggetti di interesse, e non dai molteplici stimoli presenti nello spazio. A questo punto dal momento che l'oggetto è stato selezionato attraverso la sua posizione spaziale, il sistema ventrale può svolgere le sue operazioni specifiche di analisi della forma e delle caratteristiche cromatiche.


EMINEGLIGENZA SPAZIALE UNILATERALE - Un disturbo dell'attenzione selettiva spaziale dà origine ad una sindrome importante quale quella del neglect o eminattenzione. Nei casi più severi i pazienti trascurano completamente l'informazione proveniente dalla metà sinistra dello spazio, non rispondono a stimoli acustici, visivi e tattili provenienti dall'emispazio sinistro, non mangiano il cibo che si trova nella metà sinistra del piatto, non indossano gli abiti nell'emisoma sinistro e radono solo la parte destra del viso. Questa che abbiamo sommariamente descritto è la sindrome conclamata di neglect, che si può osservare nei giorni immediatamente successivi all'insorgenza della lesione parietale. Presto però s'instaura un processo di recupero che può portare in alcuni casi alla sindrome della cosiddetta alloestesia: in questo caso il paziente non trascura più le informazioni provenienti dallo spazio sinistro, ma le attribuisce a posizioni simmetriche dello spazio destro. Infine, con il procedere del recupero, può restare in alcuni casi una sintomatologia molto più lieve che di solito viene indicata con il termine di estinzione. In questo caso, i disturbi relativi al rilevamento di stimoli provenienti dallo spazio sinistro possono essere messi in rilievo soltanto in seguito alla presentazione simultanea d'altri stimoli nell'emispazio destro. E' importante rilevare che, mentre il neglect nella sua forma conclamata si osserva dopo lesioni dell'emisfero destro, e perciò interessa nella grandissima maggioranza dei casi lo spazio sinistro, l'estinzione è osservabile dopo lesioni parietali sia destre che sinistre, e interessa entrambi gli spazi con uguale frequenza. Questa diversa distribuzione anatomica dell'estinzione e del neglect ha indotto alcuni ricercatori a pensare che i meccanismi sottostanti ai due diversi disturbi possano essere diversi. L'interpretazione più accreditata del neglect e dell'estinzione è quella attenzionale: i pazienti, pur avendo i meccanismi sensoriali e percettivi relativamente conservati, avrebbero una tendenza ad orientare prevalentemente l'attenzione verso lo spazio ipsilaterale alla lesione, con conseguente difficoltà o impossibilità a portarla verso lo spazio controlaterale, dove gli stimoli verrebbero ignorati. Inoltre, ulteriori ricerche hanno permesso di evidenziare una dissociazione tra i meccanismi sottostanti l'orientamento automatico e volontario dell'attenzione. In particolare è risultato evidente come i pazienti con neglect siano impossibilitati a dirigere l'attenzione automatica, cioè quella guidata ed attivata dalla sa di uno stimolo periferico, verso lo stimolo presentato nel campo visivo controlesionale. Al contrario la risposta a stimoli presentati nel campo visivo controlesionale risultano più accurate e veloci, quando il compito richiede l'attivazione di un meccanismo di orientamento attenzionale volontario. Questi risultati hanno dimostrato chiaramente come il neglect sia dovuto ad un'incapacità di distribuire l'attenzione nello spazio a causa di un iperattenzione selettiva per gli stimoli ipsilaterali alla lesione.


IMPLICAZIONI PER UN MODELLO SULL'ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO - I risultati di recenti ricerche sul neglect hanno evidenziato un aspetto molto importante relativo all'organizzazione dello spazio e attualmente questo è forse l'aspetto più interessante da un punto di vista speculativo perché ha permesso di operare una distinzione importante tra interpretazione centrale o modulare del deficit di attenzione spaziale e più specificatamente se vi sia una rappresentazione unica dello spazio cui dirigere l'attenzione, oppure se lo spazio sia organizzato in maniera modulare, cioè se vi sia uno spazio tattile, visivo ed uditivo e se, all'interno di ciascuno di essi, vi siano rappresentazioni multiple, ad esempio, uno spazio corporeo ed uno extracorporeo. La scoperta di diverse rappresentazioni spaziali, di per se molto interessante, ha tuttavia posto il problema di come sia possibile avere una percezione unitaria dello spazio. I risultati sperimentali, indicano chiaramente la presenza di una sinergia tra una rappresentazione spaziale tattile e una rappresentazione visiva spaziale perimano ed escludono invece la presenza di tale sinergia con uno spazio extracorporeo. La maggior parte dei pazienti con eminegligenza spaziale presenta una grave emiparesi sinistra che in genere coinvolge sia l'arto inferiore sia quello superiore. Ciò implica che nelle attività quotidiane essi utilizzino esclusivamente gli arti di destra, sbilanciando in questo modo enormemente l'attivazione delle rappresentazioni spaziali relative ai distretti corporei a favore di quelle destre.


DISSOCIAZIONE TRA RICONOSCIMENTO IMPLICITO ED ESPLICITO DEGLI STIMOLI NEGLETTI - Un problema attualmente molto dibattuto che emerge dagli studi sull'emiinattenzione spaziale riguarda il "destino" degli stimoli presentati nello spazio negletto, vale a dire degli stimoli di cui il paziente nega l'esistenza. Questo problema è riconducibile a due diverse ipotesi sulla selezione del segnale (ipotesi della selezione precoce e ipotesi della selezione tardiva), le quali entrambe prevedono che uno stimolo, affinché raggiunga il livello di coscienza, deve essere prima stato selezionato grazie al meccanismo dell'attenzione selettiva. L'ipotesi della selezione precoce afferma che solo singole caratteristiche fisiche dello stimolo (ad esempio orientamento e colore) possano essere processate senza l'intervento dell'attenzione selettiva, e quindi preattentivamente. L'ipotesi invece della selezione tardiva prevede che tutte le caratteristiche dello stimolo siano processate preattentivamente, e quindi possano essere riconosciute ed identificate senza l'intervento dell'attenzione selettiva, la quale invece agirebbe tardivamente nel processo, cioè al momento della selezione della risposta. In un recente studio si è dimostrato che lo stimolo negletto viene completamente processato fino al livello dell'attribuzione del significato, confermando quindi l'ipotesi della selezione tardiva. La distinzione tra processi consapevoli e non consapevoli, da un lato, e quella tra compiti che richiedono risorse attentive diverse, dall'altro, è molto importante per la comprensione dei processi cognitivi.


ATTENZIONE DIVISA - Con questo termine ci si riferisce alla capacità di prestare attenzione a più compiti contemporaneamente, come nel caso di ascoltare un messaggio, scrivere e rispondere alle domande. Questa difficoltà nel dividere l'attenzione potrebbe spiegare anche il facile affaticamento dei pazienti quando vengono loro presentate contemporaneamente più informazioni rilevanti che richiedono operazioni mentali diverse, come ad esempio prendere appunti mentre si ascolta un discorso. Questa situazione, che è molto semplice per un soggetto normale, risulta molto difficile per questi pazienti, perché devono distribuire la loro attenzione su tre operazioni mentali diverse: ascoltare, riformulare verbalmente ciò che hanno ascoltato e scrivere. Se una lesione cerebrale ha l'effetto di diminuire la quantità globale di risorse disponibili, non è sorprendente che si osservi un deterioramento di tutte quelle prestazioni che, non essendo automatiche, richiedono risorse.


ATTENZIONE SOSTENUTA E LIVELLI DI ATTIVAZIONE ("AROUSAL") - Per attenzione sostenuta s'intende un'attenzione protratta nel tempo, mentre per livelli di attivazione (o arousal) s'intende la prontezza fisiologica a rispondere a stimoli esterni ed interni. Và tenuto presente, infatti, che il livello di attivazione dell'organismo e la vigilanza sono indipendenti, anche se rimane pur sempre vero che in genere ad un buon livello di attivazione si accomna una buona vigilanza e viceversa. Per quanto riguarda gli studi su una possibile specializzazione emisferica per l'attenzione sostenuta, essi hanno dimostrato come l'emisfero destro sia più abile del sinistro a mantenere l'attenzione per un periodo prolungato. L'emisfero destro, oltre che essere specializzato per l'attenzione sostenuta, sembra esercitare un ruolo importante nel mediare il livello d'attivazione (arousal) inteso come prontezza fisiologica a rispondere a stimoli ambientali o interni. Per quanto riguarda il secondo aspetto del problema, cioè se esistano lesioni corticali focali o diffuse che possano alterare questo tipo di attenzione, le poche ricerche disponibili sembrano concordi nel dimostrare un interessamento dei lobi frontali nella prontezza fisiologica a rispondere a stimoli interni ed esterni. Una lesione frontale dà spesso origine a deficit attentivi che possono essere ricondotti ad una abulia ed inerzia generalizzata.


LE EMOZIONI - L'emozione può essere considerata il prodotto di diversi processi organizzati gerarchicamente e operanti indipendentemente. Alcuni di questi processi, soprattutto quelli che occupano nella gerarchia un ordine più basso, sono preprogrammati ed operanti già alla nascita. Quelli invece che nella gerarchia occupano un ordine più elevato, soprattutto quelli che svolgono un ruolo di controllo e di modulazione della risposta emotiva, seguono lo sviluppo socio-culturale dell'individuo, anche se non sono completamente indipendenti dallo sviluppo funzionale del sistema nervoso.


LA VALUTAZIONE DEL SIGNIFICATO EMOTIVO DI UNO STIMOLO - I due aspetti del problema, valutazione del significato emotivo di un evento e di un'espressione, verranno considerati separatamente, dal momento che implicano processi e strutture cerebrali diversificati.


LA VALUTAZIONE DEL SIGNIFICATO EMOTIVO DI UN EVENTO - L'amigdala riceve due categorie di connessioni: da un lato proiezioni provenienti dalle aree sensoriali primarie e dalle aree associative secondarie (via corticale) e dall'altro riceve informazioni sensoriali provenienti da vari nuclei talamici (via sottocorticale o talamica). L'informazione visiva può arrivare alle aree sensoriali primarie e alle aree associative secondarie attraverso la via retino-genicolo-striata ed essere successivamente inviata alle strutture sottocorticali (via corticale) o ai nuclei talamici posteriori, che inviano a loro volta l'informazione all'ipotalamo e all'amigdala (via sottocorticale). Le due vie oltre che essere anatomicamente diverse, svolgono funzioni diverse nel processo d'analisi dell'informazione emotiva.Va qui ricordato che l'amigdala può dare origine a risposte emotive anche grazie al fatto che invia informazioni efferenti al sistema autonomico e neuroendocrino, al sistema piramidale ed extrapiramidale, risultando quindi in grado di controllare le risposte autonomiche e neuroendocrine, cosi come le espressioni emotive facciali intenzionali e automatiche. Se l'amigdala può processare il significato emotivo di uno stimolo pervenuto attraverso la via talamica indipendentemente dalla via corticale, allora è possibile spiegare il fenomeno del processamento della valenza emotigena dello stimolo in assenza del riconoscimento degli attributi percettivi e semantici. E' capitato a tutti di avere un repentino cambiamento del tono dell'umore e di non saperne trovare una spiegazione plausibile. E' possibile ipotizzare che il nostro cervello abbia visto uno stimolo per un periodo di tempo cosi breve da non permetterne la descrizione strutturale e neppure il rilevamento. Nonostante ciò alcune caratteristiche dello stimolo, ad esempio quelle emotive, sono state analizzate ed hanno prodotto una risposta emotiva. In questo modo si è dimostrato che l'elaborazione emotigena può avere luogo indipendentemente dall'elaborazione percettiva e semantica. Possiamo quindi affermare che il nostro comportamento emotivo può essere guidato sia dalle strutture corticali che sottocorticali. Le strutture sottocorticali sono dotate di programmi neuromotori innati che possono generare, in risposta a stimoli appropriati, un set specifico di risposte espressive ed autonomiche, soprattutto per alcune delle emozioni di base. Questo processo ha la caratteristica appunto d'essere automatico ed il prodotto può non essere rappresentato nella coscienza, cioè può essere del tutto inconsapevole. La via corticale, invece, invia l'informazione all'amigdala solo dopo che l'informazione è stata codificata ed analizzata da strutture corticali che ne hanno permesso l'identificazione consapevole. E' solo grazie a questo tipo di informazioni che possiamo organizzare una risposta complessa ed adeguata alla situazione. In conclusione, possiamo sostenere che i risultati forniti dalla neuropsicologia suggeriscono che la valutazione del significato emozionale non può essere considerato un processo unico, ma il prodotto d'elaborazioni diverse ed indipendenti tra loro, confermando quindi il concetto di modularità del sistema emotivo. Inoltre alcune di queste elaborazioni, cioè quelle corrispondenti alle emozioni di base, generano uno specifico set di risposte emotive in risposta a stimoli specifici, sono automatiche, preprogrammate ed operanti già alla nascita. Al contrario, quelle che svolgono un ruolo di controllo e di modulazione della risposta emotiva, seguono lo sviluppo socio-culturale dell'individuo, anche se dipendenti dallo sviluppo funzionale del sistema nervoso.   


LA VALUTAZIONE DEL SIGNIFICATO EMOTIVO DI UNA ESPRESSIONE - Con il termine comprensione del significato emotivo di un'espressione facciale o intonazionale s'intende anche un insieme di abilità che consentono ad un individuo appartenente ad una specie di cogliere alcuni segni comportamentali che lo informano dello stato emotivo dei suoi simili. Le espressioni facciali ed il tono della voce sono segni non verbali denotativi di uno stato emotivo, la cui discriminazione risulta fondamentale per la comunicazione dell'esperienza emotiva. Più specificatamente è stata verificata:


1-l'indipendenza delle espressioni dal vissuto emotivo;


2-l'esistenza di processori (o moduli) specifici adibiti all'elaborazione dell'informazione emotiva espressa dal volto e dal tono della voce e indipendenti dai processori responsabili dell'elaborazione dei volti e della prosodia di tipo linguistico. 


Inoltre, è stato dimostrato che stimolazioni in regione parieto-occipitale producono disturbi nel riconoscimento dei volti e non d'espressioni facciali emotive, mentre stimolazioni del giro temporale medio producono un deficit selettivo nel riconoscimento d'espressioni facciali. La neuropsicologia ha portato anche un contributo specifico per quanto riguarda gli aspetti linguistici ed emotivi della prosodia e, per questi ultimi, una dissociazione tra gli aspetti della comprensione e della produzione.




ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI - Tra i vari modi di esprimere non verbalmente le emozioni, le espressioni facciali sono state le più studiate, e per esse è quasi sempre emersa una specializzazione dell'emisfero destro. La discordanza dei risultati ottenuti nei soggetti normali e patologici, può ricondursi alle diverse espressioni facciali studiate: infatti mentre nei soggetti normali venivano studiate prevalentemente espressioni facciali volontarie, nei pazienti venivano studiate le espressioni facciali spontanee. La distinzione tra espressioni volontarie e spontanee è anche sostenuta dalla ricerca neurologica che ha evidenziato l'esistenza di circuiti neurali distinti. Pazienti con lesioni della corteccia motoria o delle sue proiezioni presentano, accanto ad una paralisi facciale controlaterale, un'incapacità nella produzione di espressioni facciali intenzionali, mentre le espressioni spontanee sono normali e non evidenziano alcuna asimmetria facciale.


ESPERIENZA SOGGETTIVA DELLE EMOZIONI - Le lesioni all'emisfero sinistro, provocano un insieme di sintomi depressivi di solito definito come "reazione-depressivo-catastrofica", mentre le lesioni all'emisfero destro sono accomnate da un tono dell'umore neutro (reazione d'indifferenza) o addirittura nettamente positivo (reazione euforica). Pertanto si può concludere che quando l'emisfero destro è intatto, come nel caso di una lesione unilaterale sinistra, il comportamento emotivo del paziente è normale; al contrario, quando l'emisfero destro è danneggiato, la lesione produce disturbi emotivi, caratterizzati da indifferenza, abulia, mancanza di iniziativa ed apatia. L'analisi fin qui condotta, ha evidenziato quindi una specializzazione emisferica destra nell'esperienza soggettiva delle emozioni. In conclusione, sembra che la causa dell'indifferenza affettiva dei cerebrolesi destri possa risiedere nel basso livello d'attivazione emozionale e nell'assenza o diminuzione della risposta vegetativa agli stimoli emotigeni.


LINGUAGGIO ORALE - L'espressione linguaggio orale designa l'espressione di pensieri con mezzi udibili ad altri e la comprensione delle idee altrui per mezzo del linguaggio parlato. Un'alterazione della funzione linguistica indotta da danno cerebrale, in un individuo (adulto o bambino) che aveva già acquistato tale capacità, viene definita afasia. Il deficit coinvolge generalmente sia l'espressione che la comprensione del linguaggio, sebbene con diversi gradi di compromissione. Una dicotomia utile per un primo inquadramento clinico del paziente afasico riguarda la produzione spontanea che può essere fluente o non fluente. Sulla base delle caratteristiche e della quantità della produzione verbale è possibile differenziare due principali categorie di afasie che rivestono una loro validità in ambito clinico.


AFASIE NON FLUENTI - L'afasia di Broca, detta anche motoria, è caratterizzata da un eloquio lento e faticoso, consistente in frasi brevi e semplici. L'eloquio è spesso agrammatico, contraddistinto cioè dall'assenza di funtori grammaticali. La ripetizione è anch'essa non fluente e spesso agrammatica. La comprensione orale, pur consentendo molto spesso una semplice conversazione, risulta ad un'indagine attenta alterata per quanto concerne la decodificazione degli elementi sintattici. L'afasia transcorticale motoria, da alcuni definita anche afasia dinamica, è contraddistinta da una mancanza d'iniziativa verbale nel contesto di una produzione verbale simile a quella tipica dell'afasia di Broca. L'afasia globale rappresenta una gravissima forma d'afasia in cui l'eloquio è limitato a semplici frammenti sillabici o a poche parole emesse in modo stereotipato. Anche la comprensione è gravemente compromessa.


AFASIE FLUENTI - L'afasia di Wernicke, detta anche sensoriale, si caratterizza per un eloquio spesso abbondante emesso con normale prosodia, ma sovente difficilmente comprensibile a causa della presenza d'anomie (incapacità di evocare la parola voluta), parafasie verbali (sostituzioni di parole con altre), parafasie fonetiche (sostituzioni all'interno di una parola di un fonema con un altro), neologismi (parole non esistenti nella lingua d'appartenenza). La comprensione del linguaggio orale, sempre compromessa, può esserlo in modo variabile. L'afasia di conduzione è caratterizzata da un eloquio con frequenti errori fonemici rispetto a parafasie verbali o neologismi. La comprensione del linguaggio orale, pur compromessa, risulta relativamente conservata. L'afasia anomica, detta anche amnesica, ha come caratteristica essenziale una diminuita abilità del paziente nel reperire le parole. L'afasia transcorticale sensoriale è caratterizzata da produzione orale con parafasie verbali e anomie e cattiva comprensione che la fanno assomigliare all'afasia di Wernicke. Tuttavia vi è una buona capacità di ripetizione che la differenzia dalla Wernicke.


NEUROPSICOLOGIA COGNITIVA DEL LINGUAGGIO - L'introduzione in neuropsicologia di schemi interpretativi della psicolinguistica ha spostato l'attenzione dal problema della localizzazione e interpretazione dei sintomi, all'approfondimento del linguaggio patologico sulla scorta di modelli propri del linguaggio normale. I modelli psicolinguistici sono soliti isolare tre livelli linguistici fondamentali:


1-fonologico;


2-semantico-lessicale;


3-sintattico-grammaticale.


Il livello fonologico riguarda i suoni che il parlante deve comprendere e utilizzare per dare forma alle parole e alle frasi. Il livello semantico-lessicale, fa riferimento alla conoscenza del significato delle parole o alle informazioni che vengono espresse nelle frasi. Infine, il livello sintattico-grammaticale, riguarda l'insieme di regole che si mettono in atto per combinare le parole in frasi (sintassi) nonché alle regole tipiche delle varie lingue (grammatica). L'ipotesi di fondo dell'approccio cognitivo alla neuropsicologia del linguaggio è che le componenti, semantica, sintattica, fonologica e prosodica, possano essere disorganizzate in modo relativamente indipendente l'una dall'altra. Tuttavia è bene far notare che queste componenti non vanno considerate come distinte in modo rigido, ma piuttosto come dei sistemi strettamente correlati e interagenti fra loro durante il funzionamento.


PRODUZIONE DEL LINGUAGGIO - Questo modello prevede l'esistenza di un sistema semantico che concettualizza il "pensiero" che il parlante vuole esprimere. Questa conoscenza è elaborata successivamente da tre sistemi che agiscono in parallelo e che attuano il passaggio da una struttura di tipo concettuale ad una di tipo linguistico. ½ è un sistema sintattico che costruisce una struttura superficiale assegnando ruoli grammaticali ai vari costituenti delle frasi da produrre. Questo sistema lavora in parallelo con un sistema lessicale che mette a disposizione le parole per la costruzione della frase. L'insieme di queste due conoscenze costituisce l'intero patrimonio lessicale del soggetto. Simultaneamente a questi due processi, un sistema prosodico sceglie l'intonazione adeguata al contesto. Il risultato di queste tre elaborazioni alimenta un sistema d'assemblaggio fonologico, che costruisce la struttura fonologica delle frasi. Il passo successivo è eseguito dal sistema fonetico che realizza il processo articolatorio, mediante la traduzione della struttura fonologica in caratteristiche fonetiche. Ognuno dei sottosistemi è soggetto a funzioni di controllo che consistono nel fornire:


1-le istruzioni ad ogni modulo per iniziare a funzionare;


2-l'input proveniente dagli altri moduli che guida o determina le operazioni del modulo;


3-un feedback che controlla se l'operazione eseguita dal modulo è appropriata;


4-delle istruzioni al modulo per porre fine alle operazioni.


Il processo d'assemblaggio fonologico ha il vantaggio di prevedere due meccanismi che intervengono in questo processo, uno è il lessico fonologico d'uscita che contiene la rappresentazione della forma fonologica di tutte le voci lessicali emesse dal soggetto, il secondo è il buffer fonologico di risposta che attraverso dei meccanismi di controllo recupera delle corrispondenze fonemiche dal lessico fonologico e le colloca al giusto posto entro le strutture lessicali da produrre. Il buffer fonologico ha anche il compito di conservare in maniera attiva le rappresentazioni fonologiche delle parole per il tempo necessario a consentire la loro trasformazione in segnali di comando motorio per la produzione del linguaggio parlato. L'ultimo stadio consiste in quella che viene definita elaborazione fonetica. Oltre che dalla selezione dei fonemi adeguati, la produzione del linguaggio dipende, infatti, dalla generazione dei suoni del linguaggio. Questi si realizzano attraverso la codificazione di un insieme di comandi motori per la pronuncia che specificano i movimenti di labbra, lingua, mandibola, corde vocali, e di tutte le altre componenti che entrano in gioco nell'emissione di una frase. Riassumendo, l'atto del parlare inizia con lo sviluppo di un pensiero da esprimere. Poiché il pensiero fa parte di un sistema non linguistico, perché lo si possa attuare deve essere tradotto in termini linguistici. La traduzione inizia con la creazione di una struttura sintattica che procede in parallelo con la selezione delle unità lessicali, tali da "riempire" la struttura sintattica e la determinazione della forma morfologicamente idonea delle parole. A queste due fasi si affianca l'elaborazione prosodica che sceglie la corretta intonazione e accentuazione dell'enunciato linguistico. Viene quindi predisposta una rappresentazione fonologica della frase che viene codificata in un insieme di processi motori che, quando messi in atto, danno origine al linguaggio parlato. Queste diverse fasi di processamento possono essere selettivamente intaccate da una lesione cerebrale.


COMPRENSIONE DEL LINGUAGGIO - Le componenti linguistiche coinvolte nel processo di comprensione del linguaggio sono le stesse che entrano in gioco nella produzione, e cioè rispettivamente le informazioni fonologiche, sintattiche, semantiche e prosodiche. In questo caso il primo passo è costituito dalla traduzione del segnale acustico in una sequenza percepita di fonemi. Questa sequenza fonetica viene sottoposta a due tipi di osservazioni: una di ricerca lessicale in cui si attua l'identificazione del significato delle parole e una di analisi sintattica che analizza le relazioni esistenti tra gli elementi della frase. Un sistema prosodico si occupa infine di cogliere aspetti riguardanti l'inizio e la fine delle frasi e i connotati emotivi. La comprensione del linguaggio inizia quindi con la trasformazione del segnale acustico in una combinazione di fonemi che funge da rappresentazione fonologica della frase udita. In analogia con il processo di produzione possiamo considerare questa operazione come includente sia un'analisi di tipo fonetico che fonemico. L'analisi fonetica consente di decodificare le componenti acustiche dei suoni della lingua, mentre l'analisi fonemica permette di combinare le caratteristiche fonetiche per giungere al significato fonologico del parlato. Una volta raggiunta una rappresentazione fonologica della frase è necessario elaborare il significato delle parole, i rapporti sintattici tra le parole e l'intonazione prosodica data alla frase. L'analisi lessicale consente di accoppiare la rappresentazione fonologica delle parole con il loro significato attingendo alle conoscenze semantiche sottese al linguaggio. L'analisi sintattica fa sì che vengano assegnati dei ruoli grammaticali alle parole. Una degradazione del significato delle parole, oppure una difficoltà a pervenire a queste conoscenze, può causare un'incapacità a integrare i vari elementi lessicali di una frase per costruire una adeguata rappresentazione semantica.


LINGUAGGIO SCRITTO - Lo studio dei processi di lettura e scrittura rappresenta uno dei casi più esemplificativi di come l'applicazione dei principi della neuropsicologia cognitiva si sia rivelata una via feconda per la comprensione di fenomeni cognitivi complessi. La possibilità di trattare insieme lettura e scrittura trova una sua giustificazione nel fatto che queste due funzioni sembrano condividere più di un meccanismo in comune. Il modello prevede che una parola possa essere letta a voce alta secondo tre diverse vie:


l-attivando il significato nel magazzino semantico e successivamente la rappresentazione fonologica;


2-ricavando la rappresentazione fonologica dei grafemi applicando le regole di conversione grafema-fonema;


3-attivando la rappresentazione fonologica della parola intera senza passare nel magazzino semantico.


Il primo stadio definito d'analisi visiva sottopone lo stimolo ad analisi delle caratteristiche distintive dello stimolo e lo codifica in modo tale che possa alimentare lo stadio di riconoscimento delle lettere. Lo stadio di identificazione delle lettere identifica le lettere in modo "astratto", di modo che ne venga identificato il "nome". Il sistema di riconoscimento delle parole corrisponde ad un sistema che accumula evidenza sullo stimolo presentato visivamente. Esso è composto da tanti riconoscitori quante sono le parole della lingua e il suo meccanismo di funzionamento è "tutto o niente". Esso deve considerarsi come un sistema passivo di categorizzazione che fornisce una risposta (il riconoscimento di una certa parola) solo se una determinata soglia è stata raggiunta. Per raggiungere la soglia d'attivazione il sistema di riconoscimento delle parole deve acquisire dell'evidenza percettiva. La via di lettura che inizia da questo stadio può essere per brevità denominata via visiva o via lessicale per distinguerla dalla via fonologica. La via lessicale a sua volta si divide in due, una semantica e una non-semantica. Entrambe attivano il meccanismo di produzione delle parole, che acquisisce evidenza semantica e attiva la forma fonologica per poter dar luogo all'articolazione della parola. La forma fonologica attivata è quella che ha raggiunto una determinata soglia in seguito all'attivazione degli stadi precedenti. La via visiva semantica attiva il significato della parola nel sistema semantico. La via visiva non semantica connette invece direttamente il sistema di riconoscimento con il sistema di produzione delle parole senza passare per il significato. Questa via permette di spiegare l'esistenza di una lettura di parole accurata in assenza di comprensione e la sua scoperta si può considerare uno dei più importanti contributi ad una teoria della lettura da parte delle ricerche neuropsicologiche. Una seconda importante procedura presente nel modello standard è la via fonologica. Essa è stata anche denominata "fonologia assemblata" per distinguerla dalla "fonologia attivata" risultato del sistema di produzione delle parole che si trova nella via lessicale. Il termine "assemblata" denota la caratteristica peculiare di questa via; essa costruisce la forma fonologica delle parole e delle non parole date le lettere che sono state identificate negli stadi precedenti. Un modo particolare di costruire la forma fonologica date le lettere è come abbiamo visto l'applicazione di regole di conversione grafema-fonema. L'ultimo stadio, quello dell'articolazione, produce la parola o non parola che è stata elaborata dai meccanismi precedenti e rappresenta quindi la fase finale del processo di lettura. Si assume che questo livello non sia specifico alla lettura ma comune ad altri compiti linguistici quali ad esempio la ripetizione ad alta voce e la produzione spontanea. Il modello standard può essere ampliato in modo da essere in grado di spiegare il riconoscimento delle parole presentate acusticamente, la ripetizione delle non parole e i processi di scrittura sotto dettatura. Ciò permette di avere un quadro teorico che serve da guida nell'analisi della sintomatologia dei pazienti dislessici e disgrafici nel quadro d'eventuali disturbi afasici. Analogamente al riconoscimento visivo delle parole, quello uditivo si articola in tre distinte procedure; una via uditivo-fonemica che è usata nella ripetizione delle non parole, una via uditivo-semantica essenziale alla comprensione e una via uditiva diretta.


Calcolo - Sono numerose le attività quotidiane in cui è richiesto di ascoltare, leggere e scrivere dei numeri, nonché di eseguire operazioni aritmetiche di base. Dopo alcune ricerche si notò che, pur essendo molto spesso i disturbi del calcolo associati a deficit di linguaggio e di lettura, si poteva in alcuni pazienti parlare di una vera e propria difficoltà selettiva nell'eseguire calcoli aritmetici. Una prima distinzione fondamentale da farsi è tra un sistema di elaborazione dei numeri ed un sistema del calcolo. Il sistema dei numeri comprende le componenti necessarie per far entrare ed uscire i dati numerici dal sistema del calcolo, mentre quest'ultimo comprende le componenti di elaborazione specificatamente utilizzate nell'esecuzione di operazioni aritmetiche. Il modello assume inoltre che sia nella comprensione sia nella produzione dei numeri entrino in gioco dei meccanismi, che, in analogia con l'elaborazione del linguaggio, vengono definiti "lessicali" e "sintattici". I primi sono responsabili dell'elaborazione delle singole cifre contenute in un numero, mentre i secondi sono responsabili dei rapporti intercorrenti fra le cifre all'interno del numero. I sistemi di comprensione e di produzione dei numeri hanno lo scopo di connettere le informazioni in entrata e uscita al sistema del calcolo. Quest'ultimo rappresenta un deposito di conoscenze su tutto quello che attiene al calcolo.


MEMORIA - Con i termine memoria ci si riferisce in generale alla capacità dell'uomo di ricordare informazioni acquisite in precedenza attraverso l'esperienza e di apprendere nuove informazioni integrandole con quelle già acquisite. Nei processi mnestici entrano in gioco momenti di codifica, di consolidamento ed organizzazione, di accesso e recupero dell'informazione. La neuropsicologia odierna può giustificare l'esistenza di una memoria umana costituita da componenti anatomo-funzionali fra loro strettamente connesse ma nello stesso tempo relativamente indipendenti. Queste componenti risultano riconducibili alla lesione di zone cerebrali specifiche, sebbene sulla precisione della localizzazione di alcuni sistemi permangano ancora dei dubbi. Sul piano temporo-funzionale è possibile distinguere una memoria a breve termine che consente la ritenzione di quantità limitate di informazioni per intervalli di pochi secondi, e una memoria a lungo termine che permette il ricordo di una gran quantità di informazione per periodo di tempo dell'ordine di mesi e anni. A sua volta la memoria a breve termine può essere frazionata in almeno due componenti funzionali per materiale verbale e materiale visuo-spaziale. Analogamente, la memoria a lungo termine può essere scomposta in varie componenti, tra le quali quelle meglio individuate sono la memoria semantica, la memoria episodica e la memoria procedurale. Con l'espressione memoria semantica si intende la conoscenza organizzata che ogni individuo possiede su oggetti, parole concetti e regole. Di contro per memoria episodica si intende la memoria che si ha per episodi e avvenimenti datati temporalmente e per le relazioni tra questi eventi. Il concetto di memoria procedurale è relativamente recente e fa riferimento a ricordi specifici che vengono abitualmente appresi e recuperati senza piena coscienza, come per esempio le procedure per andare in bicicletta, suonare uno strumento, giocare a tennis. Lo studio di pazienti con disturbi della memoria o amnesie ha consentito di evidenziare l'indipendenza funzionale, e in parte anatomica di questi tipi di memoria.


MEMORIA A BREVE TERMINE - La memoria a breve termine è un sistema che consente la ritenzione temporanea di una quantità limitata di informazioni per un intervallo di tempo tale da permettere l'espletamento di un compito specifico. Secondo una concezione attuale essa è vista come una struttura multicomponenziale che consente di elaborare informazioni provenienti da fonti diverse e indipendenti, e che è di volta in volta reclutata per l'esecuzione di compiti che richiedono modalità differenti di codifica e di elaborazione.


SISTEMI DI MEMORIA A LUNGO TERMINE - Una distinzione generale a livello dei sistemi di memoria a lungo termine può essere fatta tra memoria dichiarativa e memoria procedurale. La memoria dichiarativa si distingue a sua volta in memoria episodica e semantica. Questa memoria comprende un repertorio di ricordi che costituiscono il passato personale dell'individuo (memoria autobiografica).


SISTEMA DI CONTROLLO E SINDROME FRONTALE - Il lobo frontale è la sede degli atti intelligenti, particolarmente sviluppato negli uomini. Ma questo lobo non si sviluppa solo filogeneticamente più tardi ma anche antologicamente. Infatti è un'area che e nel suo sviluppo completo verso i nove anni. Innanzitutto, bisogna stabilire che cosa noi intendiamo per atto intelligente e possiamo capirlo solo attraverso lo studio dei disturbi dei pazienti con lesioni frontali:


1-incapacità di valutare, pianificare e programmare strategie per l'esecuzione di un compito;


2-incapacità di passare da un concetto all'altro e da uno specifico comportamento ad un altro;


3-incapacità di inibire risposte comportamentali automatiche non congrue con la situazione   stimolo;


4-incapacità di inibire reazioni emotive inadeguate;


5-disturbi nei processi attentivi volontari.



















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