psicologia |
Struttura esame: scritto con 30 domande a risposta multipla (4 possibili scelte). Tempo: 20 minuti. Sono richiesti gli appunti delle lezioni per la metà delle domande.
Tempo valido per l'iscrizione: al massimo 7 giorni prima della data d'appello.
Libri: Fondamenti di psicologia del lavoro, Novara-Sarchielli, Il Mulino (seconda parte, da . 137), Mary Joehatch, Teoria dell'organizzazione, Il Mulino
L'organizzazione è una rigida divisione dei compiti (chi fa? che cosa?); l'obiettivo di questa rigidità è ottimizzare la struttura organizzata in livelli gerarchici, dove ogni capo ha un numero limitato di collaboratori.
La prima realtà in cui si impara l'organizzazione è la famiglia.
Entrando in un'organizzazione occorre capirne la cultura.
Esempio di organizzazione: i Mc Donald.
La cultura comprende: capire la gerarchia fatta attraverso l'abbigliamento (come la divisa); la filosofia iniziale (che quando nacque la catena Mc Donald era: ottenere un pasto caldo e veloce, a basso costo per qualunque persona, la quale deve trovare da sé un posto libero in quanto non esiste il servizio tavoli, ed andare via in fretta dopo il consumo per far sì che venga raggiunto l'obiettivo dei tanti pasti veloci); addestramento del personale (nei Mc Donald ci si attiene strettamente alla filosofia).
Il fatto che i Mc Donald si definiscano fast food significa: velocità nel servire, nell'essere seduti, nel mangiare, nel gustare.
La 'forza' di Mc Donald è mantenere lo stesso prodotto in tutto il mondo, senza far variare il gusto.
Slow food significa lentezza nel preparare, poiché i cibi non sono precotti come nel Mc Donald.
Se per esempio si costringe una pizzeria ad accelerare i tempi di servizio e di cottura, oppure se Mc Donald è costretto ad ampliare gli spazi ristorativi, si crea confusione a livello organizzativo.
La filosofia organizzativa cambia nel tempo, incidendo nei clienti che la utilizzeranno. Per esempio le banche hanno abbattuto le barriere costituite dagli sportelli di vetro.
Al neoassunto è richiesto il comportamento organizzativo, cioè il rispetto delle regole esplicite (pratica di procedure e norme inserite all'interno di un piano aziendale, ad esempio la puntualità) ed implicite (regole di buon senso e comportamento da utilizzare in azienda non direttamente esplicite, come ad esempio indossare giacca e cravatta, norme di leadership non riconosciute dall'organigramma, che indica le rispettive funzioni e ruoli ma non chi è in grado di soddisfare un compito).
A volte le regole implicite causano problemi di relazione dovuti alla mancanza di chiarezza ed elasticità, e quindi di leadership.
Tra le organizzazioni ci sono: AASSLL, l'arma, i sindacati, quelle politiche, religiose, profit e non-profit.
La gerarchia tende, oggi, ad essere formata da pochi gestori del potere (quindi di tipo piatto); questa struttura sostituisce quella di tipo lungo. Ciò permette di ridurre i conflitti, avvicina il capo al cliente, diminuisce i costi aziendali, facilita la gestione organizzativa, consente una rapidità di esecuzione del messaggio da parte dei collaboratori garantendo una maggiore linearità del messaggio stesso.
Tra i difetti della struttura piatta vi sono: un minore controllo perché l'organigramma è più ampio ed è gestito da una sola persona; le risorse interne vengono incentivate di meno; i molti che sono responsabili vengono in realtà deresponsabilizzati; i costi sono bassi a livello di stipendio ma sono elevati per ciò che riguarda la fornitura degli strumenti al personale; viene richiesto di selezionare l'informazione da far pervenire al capo, ma questo rischia di non poter stabilire le priorità dei tipi
di informazione.
L'organizzazione di tipo piatto non è producente nei casi di culture aziendali non evolute.
La struttura lunga, piramidale, ha un titolare nella posizione di comando il quale ha un rapporto gerarchico sia diretto che indiretto; perciò lo scambio è sia orizzontale che verticale. In questa situazione ci si può rivolgere solo al livello immediatamente superiore.
E' fondamentale, in questo caso, non scavalcare i livelli di comando. Per esempio, in un esercito il caporale non può parlare con il generale. Chi fa parte dei livelli intermedi si ritrova con la propria posizione annullata.
Spesso i capi applicano manipolazioni di ricatto tramite i rapporti gerarchici indiretti, sgretolando le varie leadership e creando così diffidenza e difficoltà di gestione.
Una struttura lunga (come l'esercito) non permette di contestare.
Il meccanismo si altera quando non c'è rispetto o fiducia a livello intermedio (o tra il capo ed il suo collaboratore).
La struttura piramidale: distorce la comunicazione, aumenta i costi, rende difficile la replica (che è di tipo top-down), genera forti conflittualità per poter accedere ad una posizione di comando superiore (manca un team ma abbonda la burocrazia).
La funzione di controllo è tuttavia elevata, ognuno viene allenato nel proprio ruolo perché le risorse - con scarse conoscenze - vengono formate in modo specifico, la suddivisione economica è abbastanza equa rispettando i gradi di anzianità (da quanto tempo si è all'interno della struttura), si può gestire un numero elevato di risorse (esempi: l'esercito di Alessandro Magno, l'esercito romano del primo secolo, l'esercito britannico e le multinazionali).
La cultura organizzativa si ripercuote nel tempo; per esempio una metodica ancora attuale è quella usata dai romani (divide et impera).
Il briefing stabilisce in modo semplice ed informale le regole, necessarie da dichiarare a livello dei rapporti organizzativi. Tali regole stabiliscono gli obiettivi e determinano la chiarezza che dovrebbe esistere nell'organizzazione.
Il briefing permette di acquisire alcune abitudini richieste dal contesto, ma non dovrebbe modificare l'identità della persona che vi opera all'interno.
Se le regole non sono dichiarate possono essere manipolate in qualunque momento da chi aveva il dovere di stabilirle, così che chi aveva il diritto di riceverle alla fine non le conosce.
I ruoli di leader e manager sono diversi. In un'organizzazione può esistere soltanto un leader, parola che in Italia viene a volte sostituita con 'duce', sostituzione non molto accettata per riferimenti al periodo storico fascista.
Il leader ha, a differenza del manager, un sogno da realizzare che nell'ottica aziendale si trasforma nella mission. Senza leader sorgono problemi nell'azienda. Egli è tale se gioca da solo il suo ruolo, se riesce a creare nuove mode e nuovi canali e se smuove le persone intorno a sé, se ha un gruppo che lo segue e collabora con lui. Normalmente i leader hanno (nello sport) la fascia di capitano o (a livello di organizzazione) sono al vertice della piramide. Nella Francia del Re Sole le sorti erano gestite
da Richelieu (il leader), mentre Luigi XIV portava avanti il paese. Sarebbe buono che il leader fosse una sola persona che abbia tutte le caratteristiche; è il caso di Giulio Cesare, Napoleone, oppure in tempi più recenti Ghandi, il papa, Bill Gates, Enzo Ferrari, Giovanni Agnelli o Cristian Vieri.
Esempi di manager sono: Moggi, Colaninno, de Benedetti. I managers sono necessari al leader per poter strutturare le realtà circostanti, in qualità di mercenari che offrono le loro competenze e prestazioni realizzando il sogno del leader, il quale non è necessariamente il migliore all'interno dell'organizzazione.
Il manager vuole vivere con lo status quo, cercando di non modificare nulla nella struttura, occupandosi di gestire ciò che gli viene concesso. Il leader invece prova a cambiare la realtà in cui entra.
Al manager interessano i particolari ed i dati su cui operare, affrontando e risolvendo dei quadrati con una visione focalizzata sui dettagli; la visione del leader dev'essere invece ampia, il che significa pensare e prevedere ciò che servirà nel futuro.
Le domande che si pone il manager sono come e quando, mentre per il leader esse sono cosa e perché.
Il manager amministra e mantiene, il leader ha una spinta innovativa e di sviluppo.
Il manager fa affidamento sul controllo, mentre il leader instaura relazioni autentiche basate sulla fiducia nei collaboratori; è questo il caso di Giovanni Agnelli, che scelse i collaboratori adatti ed idonei nei vari momenti storici della FIAT.
Il manager sceglie di compiere il ruolo che svolge e si offre nelle varie situazioni; il leader può anche autoproclamarsi tale.
Il manager fa bene le cose, mentre il leader fa le cose giuste. La diversità di questi due termini sta nel fatto che anche se l'azione del manager è ben svolta, può risultare tuttavia sbagliata. Il leader segue invece principi morali sulla base di convinzioni personali. Questo gli permette di trascinare i collaboratori in qualsiasi decisione venga presa.
Il leader non può tradire i suoi ideali, anche se sbagliati; il manager può non condividere i sogni del leader.
Il manager stabilisce il passo dando il ritmo all'azienda; il leader gestisce la direzione e lo stile.
Se il manager si sostituisce al leader nasce il caos aziendale; questo succede perché l'idea di ottimizzare e migliorare i processi non consente al leader di gestire le attività, alle quali rinuncia perché non è più in grado di riconoscere la struttura snaturata dell'azienda.
Il manager prende atto degli eventi; il leader affronta la 'raplexity' (cioè l'unione tra rapidità e complessità).
Il manager si focalizza su sistemi e strutture, sfruttando al meglio le risorse e facendo attenzione alle ure ed alla realtà; il leader ha invece una grande capacità di motivazione grazie alla sua passione.
Il manager costruisce e segue procedure, il leader crea cultura.
Il manager fa la voce grossa, il leader ha l'orecchio fino. Significa che il leader è un attento ascoltatore, mentre il manager deve far seguire un determinato percorso tramite gli strumenti di incentivo e punizione (che corrispondono al vecchio metodo del bastone e della carota).
Per diventare 'buon capo' vi sono otto tappe da percorrere:
1. stima di sé: nessuno che non abbia stima di sé può essere leader. Questo è diverso dal concetto di narcisismo, situazione in cui una persona è diversa da ciò che potrebbe apparire quando viene posta di fronte alla realtà. La stima di sé parte dall'accettare se stessi, con l'obiettivo di migliorare e non di cambiarsi. Chi non ha stima di sé viene spesso accettato dal mondo, nel quale si vende e da cui viene acquistato; succede per esempio negli ambienti di spettacolo. Con la stima di sé non si rinuncia ai principi ed ai valori in cui si crede, si ha il coraggio di agire; ciò non vuol dire che avendo stima di sé si possa essere necessariamente socievoli o cordiali.
Per avere stima di sé occorre equilibrio: consiste nella capacità di ascoltare e capire ciò che fa bene veramente. Per questo occorre avere quanti più dati possibile. In alcuni casi bisogna fare ciò che richiede la maggioranza delle persone, che non ha necessariamente la verità anche se ha ragione. Chi cerca la verità è poi disposto a cambiare idea; non è invece il caso di chi cerca sempre di aver ragione, in quanto questa categoria di soggetti è motivata soltanto dall'orgoglio.
2. saper ascoltare: questo aspetto è collegato alla stima di se stessi, ed include per esempio stare a contatto con gli altri partecipando, ad esempio, ad un incontro o provare qualcosa di nuovo (come un cibo nuovo oppure, nel caso dell'azienda, attuando una nuova strategia).
3. prendere rischi: implica mettersi in gioco, muovendosi e dandosi da fare anche sbagliando. Chi non fa niente non sbaglia mai ma sente il dovere ed il diritto di puntare il dito, facendo sentire gli altri in colpa ('deus ex machina' che parla 'ex cathedra').
4. sapere dire no: significa 'restare fuori dal branco' avendo dentro di sé la stima. Chi non ha stima si fa appiattire nel mucchio facendosi accettare attraverso l'accondiscendenza. Ciò implica anche avere il coraggio di perdere, senza superare il limite. In caso contrario è difficile poter recuperare la propria dignità, che indica a che livello è posizionata l'immagine della stima di se stessi. Saper dire no implica conoscere cosa si vuole, il prezzo di ciò che si desidera e la disponibilità a arlo. Esempio: volere la laurea è ciò che si vuole, studiare è il prezzo che si a. Il 'amento' avviene, in questo caso specifico, studiando anhe la domenica oppure durante le vacanze estive, di Natale o di Pasqua. Se manca la disponibilità a are occorre cancellare l'obiettivo, altrimenti si verifica una frustrazione che elimina la stima di sé ed azzera le proprie energie. Nell'esempio si intende: è meglio accontentarsi di un diploma di scuola superiore che non tentare invano di ottenere una laurea.
5. critica costruttiva: parte dalla discussione, confronto necessario che non è presente, ad esempio, nelle situazioni di integralismo. Nel passato i filosofi utilizzavano la discussione per dimostrare l'invalidità di teorie appena generate. Talvolta la discussione viene rifiutata per evitare di essere fermati, cioè corretti e poter così cambiare idea. Ciò che è da rifiutare è la critica distruttiva, che prevede il giudizio.
6. rispondere alle critiche: non significa dire a chi critica che ha sempre ragione, evitando così di perdere e di ricevere il giudizio degli altri. Al contrario, viene data la possibilità di discutere e al termine del confronto si sarà quindi in grado di dare una risposta a quanto è emerso.
7. ricerca del feedback positivo: significa riuscire a far sentire agli altri ciò che si è sperimentato, trasmettendo le emozioni vissute.
8. chiarezza di obiettivi: permette di avere chiara anche la direzione verso cui ci si sta indirizzando; questo include assumersi la responsabilità (che nel caso delle aziende è economica) dei collaboratori.
Un esempio di aziende costruite secondo il principio della responsabilità è il Villaggio Crespi di Trezzo. Per ogni operaio erano disponibili palazzi, chiese, ospedali; veniva utilizzato il modello tayloristico ed il tessuto sociale era assai presente, garantendo così la continuità del libero mercato.
Nell'ottica aziendale contemporanea, di contro, c'è la tendenza a considerare l'azienda priva dei muri e soltanto attraverso le operazioni eseguibili per mezzo della new economy.
Il management gestisce processi di organizzazione ed utilizza le persone per realizzare il proprio piano (ad esempio strategico e programmatico). Occorre pretendere un budget e la pianificazione, dal leader o dall'azienda. Il piano si realizza attraverso i processi di controllo e soluzione dei problemi (questi ultimi vengono creati dal leader). La creatività, l'inventiva e la libera iniziativa del manager servono per realizzare gli obiettivi.
Il controllo del manager è obbligatorio e permette di ottimizzare la direzione delle energie per raggiungere l'obiettivo. Il leader esprime la sua motivazione andando a toccare i bisogni fondamentali. Tra questi vi sono il senso di utilità ed appartenenza che permette di realizzare un processo personale di esistenza (non realizzabile tramite i sogni artificiali come l'uso di droghe ed alcool, diffusosi in quanto non esistono quasi più possibilità di sognare).
Il sogno costituisce una spinta interiore, che costruisce la propria storia e la propria vita, anche essendo disposti a rischiarla per realizzarlo. La fattibilità del sogno è definita attraverso alcuni limiti posti; succede in famiglia, dove i sogni dei li sono limitati dall'opinione dei genitori; oppure in azienda il responsabile amministrativo limita il sogno dell'imprenditore per farlo stare 'con i piedi per terra' a causa di insufficienza di denaro. Per poter sognare occorre dialogare con chi può sognare nello stesso modo. La funzione del sogno è l'automotivazione. Questa spinta garantisce il risultato se si riesce a trovarla nel proprio io.
Un gruppo non può essere formato da due persone; occorre che il minimo utile sia di almeno tre, per poter così gestire un punto di maggioranza e prendere una decisione, evitando di restare ancorati nella propria posizione ed immobilizzare il gruppo. Questo è 'l'inizio della fine' perché, nel caso delle coppie, ognuno resta del proprio parere; anche nell'ambito professionale ciò costituisce un forte limite.
Il massimo dei componenti del gruppo di lavoro è otto persone; questo numero permette di entrare in un'ottica di relazione tra persone che dovrebbero condividere obiettivi, compiti e benefici.
L'obiettivo deve essere globale e per questo motivo è necessaria la presenza di un leader nel gruppo. In alcuni casi, invece, tutti i membri del gruppo sono portati nella medesima direzione anche se manca un capo; ma questo non funziona sempre in mancanza di un capo.
Anche se potrebbe sembrare paradossale, il lavoro di gruppo fa avere benefici. Tra questi: confronto delle idee (e quindi vari punti di vista), suddivisione dei compiti (quindi presenza di più competenze), forza (permette di penetrare in un obiettivo con più facilità rispetto ad un singolo), possibilità di riconoscimento degli errori (difficilmente rilevabili singolarmente), permette di avere un problema (cosa impossibile singolarmente, perché in un gruppo si può sopperire ad una carenza), crescita (cioè capacità di riconoscere la diversità dei membri e percepire la propria crescita attraverso il confronto con gli altri).
Ciò che in un gruppo è negativo riguarda il tempo, che costituisce un costo apparentemente elevato per poter ordinare il gruppo, stabilire le regole e le competenze. Questo è un dispendio energetico iniziale richiesto in fase di programmazione ed avvio, ma in seguito questo tempo viene risparmiato.
L'incapacità di lavorare in team nasce da una forte e spiccata spinta individualistica, processo che degrada la capacità di relazionare con gli altri. La difficoltà al confronto e al lavoro di gruppo rendono faticoso accettare la diversità altrui sulla base del principio di tolleranza.
In un gruppo lo spirito di corpo permette di farne parte, di essere solidali condividendone il sogno, di 'essere cellule dello stesso sangue' (Victor Hugo). Questo significa riconoscersi come elemento unificante, consentendo il coordinamento generale. Ciò che è fondamentale è la disponibilità di sacrificare qualcosa di proprio per il gruppo; se questa variabile manca lo spirito di corpo non può essere esplicitato. Il capo dovrebbe chiedere ai collaboratori che cosa sono disposti a dare ancora prima che il
gruppo sia costruito.
Il limite classico che fa fallire il concetto di gruppo è la azione, che genera poi forti disuguaglianze a livello professionale e fa demotivare il gruppo. Per esempio succede che si opera un confronto tra le ore di lavoro, gli stipendi percepiti ed i compiti svolti; perciò un lavoratore potrebbe pensare di lavorare meno rispetto ad un suo collega che guadagna quanto lui e lavora per lo stesso numero di ore.
Tutto questo non tiene conto delle proprie potenzialità, mentre lo spirito di corpo consente, in base al principio meritocratico, l'immissione nel gruppo di tutte le competenze e la divisione delle capacità di ognuno. Nel passato si teneva conto dei talenti di origine e quindi i vantaggi si avevano in base a principi di nobiltà e non per la capacità di fare le cose apportando benefici.
Il risparmio di risorse nel gruppo permette l'uso di un solo strumento per tutti anziché di uno per ciascuno (ad esempio si può prendere parte ad una gita usando una sola vettura per più persone); l'arricchimento avviene quando nel gruppo si portano le proprie conoscenze; si impara inoltre ad essere guidati e si è così tutelati intervenendo nelle mancanze altrui, mentre chi è da solo trova più difficoltà (ad esempio, nel caso di uno studente, succede di legarsi a parti marginali di un testo); si stabiliscono relazioni per il proprio futuro, mentre l'individualismo porta a sciogliere le relazioni; infine nel gruppo aumenta la creatività attraverso l'espressione corale. Singolarmente è più difficile esprimersi creativamente, essendo limitati all'esercizio di determinate funzioni.
Il team si basa su una serie di steps:
- creare interazione: significa percepire la presenza degli altri ammettendo che essi esistano.
- creare coesione: si può parlare di coesione solo percependo l'uguaglianza degli altri rispettando i pari diritti e cominciando a stabilire le regole, consentendo di operare per il processo della coesione.
- creare interdipendenza: dopo aver identificato le uguaglianze bisogna cercare le necessità degli altri, evidenziando le proprie necessità e come si può essere utili nel gruppo. In questo modo nel rapporto ognuno diventa necessario ed è libero perché scambia con gli altri le proprie esigenze; nel caso contrario si parla invece di dipendenza, che oltre a rendere schiavi prevede solo un'identità e lo sfruttamento di chi dipende o di chi comanda.
Per esempio in una famiglia i li dipendono dai genitori, i quali spesso vengono sfruttati.
- creare negoziazione: significa condividere alternative possibili anche diverse dalla propria. Se manca il principio di tolleranza manca anche lo spirito di corpo e non si può negoziare. Il compromesso invece si verifica in una situazione di insoddisfazione generale; la negoziazione porta a riconoscere i bisogni delle varie identità per soddisfare tutti. Ad ogni livello è difficile stabilire se costruire compromesso o negoziazione. Per esempio, gli stati capaci di negoziare vivono con maggiore equilibrio
rispetto a chi ha fatto soltanto compromesso.
La differenza sostanziale tra compromesso e negoziazione sussiste sullo spirito con cui ci si approccia all'evento.
Questi due meccanismi sono individuali; se non sono stati stabiliti i termini per definire se si tratta di negoziazione o di compromesso è difficile trovare un punto di contatto.
la base della negoziazione è condividere per riproporre, cioè muoversi nella direzione dell'interlocutore provando ad accettare la sua offerta e tentando di riproporre la propria idea.
Può succedere, per esempio, in famiglia quando tra genitori e li bisogna stabilire l'ora di rientro a casa.
Chi cerca la negoziazione va in cerca della verità ed è disposto a cambiare idea, mentre chi cerca il compromesso vuole sempre aver ragione e non è disposto a cambiare idea.
Dal processo di compromesso deriva lo sconto che si può avere.
Nel caso di Bush e Bin Laden ci sono due schemi mentali diversi: ognuno prevede l'annullamento e la ssa fisica dell'altro; quindi non c'è possibilità di negoziazione. Inoltre per poter negoziare occorre la fiducia nell'interlocutore, legata al rispetto delle regole.
- generare un processo di integrazione: questo valorizza le differenze (strumenti che permettono di confrontarsi e di capire le potenzialità di ognuno) e le uguaglianze (i punti di partenza e di contatto che permettono di andare verso lo stesso obiettivo). Senza questa valorizzazione, e senza accettare la diversità, non c'è processo di crescita. Parlare di razzismo non riguarda solo la diversità di colore della pelle o di religione, ma anche le subdole diversità ad esempio nei nuclei familiari, nel caso di
discriminazione tra fratelli e sorelle; oppure quando in un corso universitario si dice ad un collega di non potergli prestare gli appunti solo perché bisogna studiarli urgentemente.
Si tratta di una cultura insinuata in forme molto ampie. Nel caso professionale, poi, si isola la persona dalle sue caratteristiche più importanti privandola delle scelte individuali.
Gandhi disse che integrazione non significa perdita dell'identità, anche se in alcune realtà aziendali come le grandi multinazionali si opera per annullare l'identità e l'individualità, a causa dell'uniformità dei contratti che non tiene conto delle risorse che entrano in pista per ottenere i risultati. Perciò il concetto tayloristico viene nuovamente presentato perché la risorsa rinuncia ad avere la sua identità.
In generale, la prima risorsa che dovrebbe essere riconosciuta nel team è l'individuo anziché i bilanci, i macchinari, i clienti, i fornitori o i prodotti che si riesce a creare. Bisogna considerare poi la situazione, cioè il contesto o l'opportunità ed evento che permette di svolgere il lavoro. E' inoltre necessaria l'organizzazione, intesa come metodo, struttura e processi analizzati in precedenza.
L'individuo deve porsi nell'ottica di farsi conoscere, tenendo conto di quanto segue: la competenza o skill, le motivazioni (perché è nel gruppo?), la cultura che ha dietro le spalle e soprattutto l'importanza dei suoi valori, cioè le credenze. La diversità di cultura e di valori può diventare perciò una discriminante.
Conoscere la situazione significa definire i compiti, le risorse impiegate per eseguirli ed il tempo per realizzare l'obiettivo o superare il problema; ci sono poi i vincoli o le regole da rispettare per risolvere la situazione. Se queste regole non vengono dette è diritto chiederle (non pretenderle perché ogni pretesa diventa violenza).
Riguardo all'organizzazione bisogna sapere la sua struttura (piatta, piramidale, il suo organigramma), la cultura che esiste al suo interno (di tipo meritocratico, del nonnismo, rispetto dell'individualità, stessa divisa per tutti, mentalità statale, parastatale, sanitaria, la cultura del giorno dopo che rimanda alcune operazioni), i mezzi (cioè le potenzialità messe a disposizione), la strategia (cioè la strada da prendere per raggiungere l'obiettivo). La strategia differisce dalla tattica, che invece indica i modi di attuazione del piano operativo (ad esempio la vendita dei prodotti tre per due, che aveva come finalità smaltire il magazzino, mentre oggi è diventata una strategia, che ha modificato nel tempo i principi della struttura dei supermercati).
La condivisione dei valori nella struttura è essenziale per l'esistenza del gruppo, altrimenti se i punti non sono condivisi il gruppo entra in conflitto (come l'ubriaca menzionata da Victor Hugo, la quale non sa dove andare muovendosi in modo scoordinato). Naturalmente per spazi, valori, obiettivi, tempi e metodi occorre la negoziazione; in caso contrario vi sarebbero dei semplici cloni.
I valori o credenze riguardano: coerenza dei comportamenti, professionalità, senso di appartenenza, disponibilità, motivazione, riservatezza, condivisione degli obiettivi, trasparenza della comunicazione, flessibilità e lealtà.
Tutti questi valori non sono assoluti, ma sono fondamentali per l'esistenza del gruppo. Per esempio la lealtà è collegata al senso di appartenenza, alla riservatezza o alla coerenza dei comportamenti.
Lo spazio, che viene studiato dalla prossemica, è importante per il team come base per l'identità di ognuno; il suo valore è poi fondamentale per la relazione. Ognuno di noi ha uno spazio fisico che occupa ed in cui stabilisce la propria intimità; questo spazio è inversamente proporzionale al legame affettivo che abbiamo con una persona. Maggiore è il legame, minore è lo spazio che ci serve.
Fino agli anni '70 lo spazio riservato alle risorse non veniva considerato ma la loro identità era spersonalizzata. Si pensava che più risorse c'erano in un certo spazio e più si risparmiava economicamente.
Spazi che hanno assunto importanza col tempo sono stati, ad esempio, il luogo in cui prendere il caffè oppure lo spazio riservato ai fumatori.
Bisogna considerare poi il setting originale che consenta al gruppo di identificarsi in uno spazio personalizzato.
Riconoscere l'identità porta al team un valore aggiunto e permette all'individuo di creare una sua immagine e non solo di essere un automa o esecutore.
Il conflitto viene visto, in maniera limitata, come assenza di pace. In particolar modo in Italia si presta poco attenzione alla parola conflitto perché lo si immagina sempre come momenti di violenza.
In realtà il conflitto nasce dal fatto che i nostri bisogni non possono essere soddisfatti immediatamente ed entrano in dissonanza con quelli di altri.
Il primo conflitto che si vive è di tipo intrapsichico, cioè interiore a se stessi.
Si definisce conflitto come disaccordo tra due o più parti che percepiscono di avere interessi incompatibili. Pondy parla di conflitto elencando cinque fasi; non è necessario che ci siano presupposti o dati reali, ma basta percepire una situazione di tensione, e quindi il vissuto deve essere tale perché ci sia veramente il conflitto.
Il conflitto può essere:
- intrapersonale: entrano in conflitto i bisogni ed i valori personali. Per una donna, ad esempio, può verificarsi il conflitto tra carriera e famiglia. Lo scontro avviene tra valori importanti posti sullo stesso piano, che fanno parte della realizzazione personale. Lo stato di conflitto interno è tanto più forte quanto più sono importanti i valori interessati.
- intragruppi: è un tipo di conflitto molto diffuso nelle organizzazioni, che i manager spesso fingono di non vedere tramite il meccanismo della rimozione di conflitto, metodo che non permette di risolvere il problema e crea l'effetto della pentola a pressione. In questo caso vengono coinvolti due o più componenti di gruppi e può essere verticale, tra capo e risorse in gestione, oppure orizzontale, cioè tra appartenenti allo stesso livello gerarchico.
Tra i conflitti c'è anche il mobbing.
Le soluzioni al conflitto sono:
- mantenimento: non si affronta il conflitto, si fa finta di niente e si tende a gestire il conflitto.
- presentazioni parziali: viene raccontata solo una parte della realtà, mentre l'altra viene nascosta. Durante un'elaborazione di dati si potrebbe presentare al capo solo parte di essi per fare bella ura, mentre nascondendone altri si può mettere qualcuno in cattiva luce.
- ingresso di una parte terza o mediatore: si riferisce ad un esterno super partes che decide chi ha torto e chi ha ragione; è il caso dell'arbitro, persona di prestigio ed affidabilità nominata per gestire cause di enorme portata.
- periodi di prova: significa applicare una soluzione per un periodo di tempo determinato; al termine ne viene applicata un'altra.
- contrattazione: riguarda i contratti, ad esempio quelli di lavoro in cui sono coinvolti i sindacati. Lo strumento usato dai sindacati per il conflitto è lo sciopero. In questo caso le parti rinunciano a parte del proprio diritto, risultando sia perdenti che vincenti. Non c'è accondiscendenza, il che significa dare sempre ragione ad un altro.
- autonomia: si lascia fare e si dà la possibilità di provare e cimentarsi.
Il modello di Pondy relativo al conflitto contiene cinque variabili:
- antecedenti del conflitto o conflitto latente: fa riferimento allo stadio dell'opposizione e quindi a problemi di comunicazione (ad esempio non passare le informazioni per il lavoro o inondare con tante informazioni di vario tipo, facendo perdere l'altra persona). I problemi di comunicazione riguardano anche il modo di comunicare e ciò che viene detto, e da ciò si intuisce quando si sta percependo di essere esclusi o non voluti.
Altri problemi riguardano la struttura intesa sia come struttura fisica che come organigramma (fatto dall'ufficio organizzazione e personale), in riferimento a ciò che non va; per questo a le conseguenze il dirigente dell'organizzazione. Per struttura si può intendere anche la struttura fisica dell'azienda (ad esempio la posizione del laboratorio analisi rispetto a quello dove viene fatta la visita all'interno di un pronto soccorso).
Il conflitto latente può nascere da fattori personali: carattere, sesso, razza, religione, lingua, cultura.
- conflitto percepito: si riferisce a qualcosa proveniente dai sensi o basandosi su dati. La percezione psichica riguarda la raccolta dei dati e quindi il sentire, il feeling, cioè il sesto senso, viene prima della percezione e quindi le fasi del percepire e del sentire sono a volte invertite.
- conflitto sentito: si avverte la tensione e la sensazione di conflitto.
- conflitto manifesto: è il conflitto aperto, vero e proprio. A livello di comunicazione si ricorre spesso, in azienda, al silenzio: non c'è comunicazione, si parla alle spalle, non si scambiano le informazioni e tutto ciò porta al mobbing. Tra le forme di conflitto rientrano anche le molestie sessuali e la guerra, ma gli antecedenti alla guerra sono in genere gli ultimatum.
In un'organizzazione il manager capace deve riuscire a gestire i conflitti, i quali sono sempre presenti. La gestione riguarda conflitti di:
- competizione: indica il vantarsi, primeggiare, prelevare su qualcuno, vincere e far perdere qualcun altro, non lavorare per obiettivi comuni. Questo metodo può essere usato per questioni da gestire in tempi rapidi, che risolve solo un problema ma che in seguito pone condizioni latenti per ulteriori conflitti legati a questioni di principio e di alto valore. Perciò è bene usare la competizione per rapporti non duraturi.
- collaborazione: si lavora per lo stesso obiettivo ed in unità. Occorrono però tempo e disponibilità, permettendo di risolvere per sempre il conflitto visto che tutte le parti vincono e la relazione può essere serena anche nel futuro.
- negoziazione: si soddisfano i propri bisogni e le proprie aspettative in maniera integrale, con il presupposto della disponibilità che comporta un notevole dispendio di energia e tempo per questioni di grande importanza.
- accomodamento: significa darla vinta e lasciare la situazione in mano all'altro. Questo metodo va bene per questioni non di principio, che lascia sempre la frustrazione e la sensazione di essere sopraffatti a livello psichico. Dopo qualche tempo si pone in essere un antecedente per un nuovo conflitto.
- evitamento: non si prende in considerazione il conflitto. Questo metodo funziona solo quando il conflitto si risolverà automaticamente; ad esempio, è inutile litigare con un collaboratore che sta per andare in pensione o con un collega che sta per ottenere il trasferimento.
- compromesso: si rinuncia a parte del proprio diritto. Tutti vincono o perdono ma rimane il malessere perché alla fine nessuno vince in toto. Il compromesso, come la collaborazione, elimina il conflitto latente.
- postumi del conflitto: indicano come la performance sia migliorata o peggiorata, in base al fatto che il conflitto sia stato funzionale o disfunzionale.
Il livello di conflitto e di performance si rappresentano su un grafico sectiunesiano. La loro analisi indica i termini di efficacia ed efficienza in un'azienda o in un gruppo.
L'eccessiva omologazione riduce il problem solving, non favorisce la competizione ed il miglioramento del risultato perché mancano stimoli e, insomma, si tira a campare.
Il metodo dell'avvocato del diavolo (detto anche baia dei porci) viene usato per risolvere i conflitti, ma è utilizzato dalla chiesa cattolica per beatificare i santi. In questo caso un vescovo cerca per qualche anno le prove che vadano contro la beatificazione. Nelle aziende è un esempio di risoluzione della stagnazione e dell'omogeneità facendo aumentare il livello di conflittualità.
Identificarsi eccessivamente col proprio ruolo rischia di creare problemi nel gruppo e di perdere le caratteristiche reali. Il cambiamento del capo può far variare il livello di conflitto interno; perciò il nuovo capogruppo deve essere avvertito della tenuta di conflitto del gruppo stesso.
La valenza del conflitto è il confronto con gli altri, il sentire se stessi ed accrescersi.
Per poter risolvere i conflitti bisogna concentrarsi sul problema e non su ciò che esso può rappresentare a livello emotivo; si tratta di razionalizzazione, che fa parte delle tecniche di confronto e della negoziazione.
I principi di negoziazione morbidi tengono conto della parte emozionale del problema, mentre quelli duri tengono conto della parte razionale.
Senza l'obiettivo comune il conflitto non può essere risolto perché mancano contrattazione, negoziazione ed interesse.
I ruoli vengono creati, in azienda, ad esempio indossando giacca e cravatta oppure in base al setting (ambiente) dove si tengono le riunioni. Perciò i manuali americani forniscono informazioni di livello pratico che permettono così di vedere l'altro non come controparte o avversario ma come essere umano ed individuo che svolge un lavoro.
La soluzione per collaborare o negoziare non deve essere preconfezionata, altrimenti in fase di trattative si resta arroccati sulle proprie posizioni e non si giunge all'obiettivo finale. Questo permette di inventare soluzioni per vincere il conflitto, trovando insieme l'idea ed insistendo su criteri oggettivi, cioè dire chiaramente che cosa si vuole e perché.
Il conflitto tra settori in azienda può essere tra produzione ed innovazione, oppure tra produzione e personale. Si perde tempo rispetto alla produttività e all'efficacia ma si riesce a dare una conoscenza tecnica al personale, anche se l'azienda che investe perde soldi.
In un ospedale il settore amministrativo ha per obiettivo contenere i costi ed ottimizzare procedure e rendiconti; i medici intendono curare i pazienti a qualsiasi costo. Il settore amministrativo potrebbe non tener conto delle situazioni oggettive.
Quando gli antecedenti del conflitto ricadono nei valori personali non è il caso di mettersi in conflitto.
La contrattazione è distributiva quando le risorse disponibili sono fisse e già prestabilite, sia in forma materiale che sotto forma di tempo e di personale da impiegare. Per la contrattazione integrativa si dispone di risorse variabili; a questa appartiene la contrattazione sindacale.
La contrattazione distributiva si approccia tramite la competizione, quella integrativa con la negoziazione.
Nella distributiva gli interessi primari sono opposti e non è possibile vincere contemporaneamente; nell'integrativa si riesce a trovare punti in comune.
Il punto di vista sulla relazione è a breve termine in caso di contrattazione distributiva; per l'integrativa invece la relazione è costruttiva e può durare nel tempo, con una rilevanza data anche all'altra parte che, in contrattazione distributiva, viene invece schiacciata.
Esistono varie teorie relative al conflitto, che sono:
1. teoria tradizionale, che risale ai tempi di Ford: secondo questa teoria il conflitto deve essere eliminato perché è sempre disfunzionale e non costituisce ricchezza per un'azienda. Dovevano essere utilizzati tutti i sistemi possibili per evitarlo. I problemi erano dovuti alla comunicazione, alla struttura ed ai fattori personali.
2. human relation: teoria del 1924-l934. Fino ad allora non si teneva conto della variabile umana nell'organizzazione, non presente nel modello fordista. Siccome l'uomo è imprevedibile e non si sa come reagisce ai cambiamenti, non si può adottare un modello matematico per risolvere il problema dei conflitti. Mayo scoprì che in un team di lavoro è normale che ci sia conflitto, variabile che non si può eliminare ma che può far migliorare la performance.
3. teoria interazionista: è auspicabile che ci sia conflitto perché le persone in tensione aumentano la produttività; se però il grado conflittuale è troppo elevato la performance diminuisce.
4. teoria marxista: il conflitto di classe è fondamentale per l'avanzamento ed il progresso della società; è l'elemento naturale del rapporto tra proletariato e datori di lavoro: lavorare di meno e guadagnare di più contro l'aumento del profitto e la diminuzione dei costi. Marx disse che la società non sarebbe andata avanti in assenza di conflitti e non si sarebbe verificato il passaggio al capitalismo.
Se le conseguenze del conflitto sono funzionali significa che la performance è aumentata; la mentalità al problem solving è stata diretta, cioè si sono applicati vari metodi per risolvere i problemi. Si è cercato di soddisfare reciprocamente ed in modo integrale i propri bisogni tramite due modalità: compromesso o collaborazione. Il gruppo diventa più coeso e viene pensato come entità separata e distinta dalla somma dei singoli elementi ('sindrome' di gruppo). Il processo che permette di formare il gruppo
è l'interazione: pensarsi a livello di gruppo avendo la necessità di raggiungere lo stesso obiettivo usando un gergo proprio che non è collegato col linguaggio quotidiano (ad esempio termini usati in ambito tecnico oppure in gruppi di amici); ma la 'sindrome' o coesione può essere creata per mezzo del modo di vestire, per dichiarare a priori la conflittualità con altri gruppi come succede per gli eserciti in guerra.
Per questo motivo il conflitto è legato soltanto ai fatti, viaggia su un canale razionale e non su questioni emotive o di principio.
Se il conflitto è disfunzionale l'avversario (giuridicamente chiamato controparte) è visto come nemico col quale c'è rottura, manca un legame ed una relazione. La mentalità è fortemente competitiva (I win you loose) ed è centrata sulla personalità di ogni singolo contendente, il quale ritiene possibile soltanto la propria soluzione; non si vedono le ragioni ma vi è un accentramento delle posizioni: le positive appartengono all'Io e quelle negative al Tu. Si parla perciò di 'sindrome dell'io e del tu'.
Tra uomini e donne non può esistere perfetta omologazione, il che significherebbe togliere ricchezza all'universo. La diversità tra uomo e donna sta già nel codice genetico. Ma esiste dell'altro che, oltre alle differenze strutturali e fisiche, rende diversi uomini e donne e crea così differenze di genere.
Rispetto al passato, sulla carta la donna ha più diritti; fino al 1961 le donne rischiavano un anno e mezzo di carcere per aver commesso adulterio, reato previsto dal codice penale Rocco del ventennio fascista.
Il progresso sociale ed il passaggio da un'economia agricola e cultura paternalistica ad un tipo di economia industriale e cultura non così eccessivamente maschilista. Prima di questo cambiamento le donne si dedicavano solo all'educazione dei li, ma la grande svolta del '68, dovuta soprattutto alle lotte femministe, ha portato alla concezione di parità ed uguaglianza tra uomini e donne. In Italia furono approvate alcune leggi come quella sull'aborto (in cui il partner non è menzionato e non può essere sentito o interpellato, poiché si tratta di una decisione della donna), quella sul divorzio (che prevede la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, per cui dopo tre anni dall'udienza presidenziale davanti alla presidenza del tribunale si può ottenere lo scioglimento, che presuppone un matrimonio civile; la cessazione degli effetti civili si ha con la separazione concordata. Fino al '75 il marito aveva lo 'ius corrigendi' sulla moglie e la legge sul divorzio fu modificata concedendo tre anni anziché cinque dopo la separazione legale).
Si è sempre pensato, poi, che le donne lavorassero peggio degli uomini; ma alcuni anni fa il governo Blair decise di approvare una legge per il reintegro dello stipendio delle donne se queste si accorgevano che il vicino di scrivania di pari livello e pari anzianità percepiva uno stipendio più elevato del loro.
Le donne al Parlamento sono il 9%; perciò le donne non votano altre donne, e questo spiega perché esse non si interessano del potere. Considerando il livello professionale di Iveco si ha una percentuale di donne pari al 20%, e questo è dovuto al fatto che il tempo delle aziende non risponde al tempo delle donne, che scelgono di non far carriera. E' però anche difficile per le donne poter far carriera e riuscire ad avere potere.
Secondo la rivista Fortune la donna che ha più potere economico nel mondo è Carol Fiorina, che si è occupata di dirigere la fusione tra Hp e Compaq.
Il potere è la capacità di condizionare gli altri con le proprie decisioni; le forme di potere sono diverse:
- informazione: si indirizza qualcuno verso una direzione senza far passare le informazioni necessarie o presentando le informazioni in una sequenza diversa, cambiando così le strategie aziendali; si fa uso del mobbing.
- potere di riferimento: significa essere un caposaldo per altri, poiché si possiedono certe capacità che ad altri mancano e che non permettono loro di finire un lavoro;
- potere legittimo: è riconosciuto ai vertici dell'organizzazione ed appartiene al leader formale dell'azienda, il responsabile di un team;
- potere della competenza: chi ne sa di più o chi ha fatto prima un'attività rispetto a chi non l'ha mai fatta riesce ad indirizzare altri in un determinato verso;
- potere coercitivo: esercitato all'interno dell'esercito ma anche in modi diversi nelle famiglie; più questo potere è velato e più è difficile difendersi da esso.
La leadership al femminile si basa sul ricatto morale, legato alla potenza psichica e allo sviluppo mentale; il modello materno, legato alla sicurezza e alla protezione, non fa correre rischi al bambino e - nell'ambito aziendale - non permette licenziamenti ma piuttosto fa sì che l'azienda vada in perdita. In Fiat, per esempio, l'arrivo di Romiti diede l'inizio a vari licenziamenti.
In una famiglia le attenzioni materne si concentrano generalmente sui li più deboli; anche a livello organizzativo, come ad esempio nelle scuole, si dovrebbe partire dall'abc per evitare che chi non sa niente perda elementi fondamentali.
Inoltre occorre forte motivazione interna per poter continuare a provare gioia nel proprio lavoro e non arrivare così all'appiattimento.
Il codice paterno è improntato alla forza fisica, all'incertezza, alla sfida e al cambiamento.
Le donne vedono i conflitti come qualcosa di personale e a livello distruttivo, non è un confronto. Un'altra caratteristica è avere la memoria, ricordare cose successe in tempi passati. Lo scontro diventa così definitivo.
Gli uomini sono concreti ma hanno scarse capacità di fare progetti; il codice genetico porta uomo e donna ad avere obiettivi differenti. Un uomo ha interesse a diffondere il suo patrimonio cromosomico nel futuro e perciò potrebbe fecondare quante più donne gli è possibile; una donna, invece, cerca un solo comno che abbia potere economico.
Infine, il codice paterno garantisce l'incremento delle capacità e privilegia il migliore, chi eccelle ed arriva per primo.
In Italia non vengono premiati i superdotati, ma i raccomandati; si verifica perciò una 'fuga dei cervelli', specie verso l'America, dove si premiano i migliori.
Esempio di codice paterno è la classifica di calcio.
Questi codici, materno e paterno, si contemperano nella realtà e quindi è difficile trovare il modello puro.
Secondo Jung, teoricamente, in ogni uomo ed in ogni donna esiste una parte maschile ed una femminile; queste parti si integrano affinché la persona diventi adulta e completa.
Attualmente si sta mascolinizzando il modello femminile, perché la donna esalta l'animus e cerca la relazione con gli altri ed il progresso; il modello maschile si sta invece femminilizzando.
Questo è dovuto ai conflitti causati negli anni '70.
L'animus ha al suo interno l'indipendenza, che parte da quella economica e poi si passa a quella psichica.
L'autoaffermazione passa attraverso il lavoro e la vita personale, affermando se stessi, l'immagine che si ha di sé, i sogni e gli obiettivi. L'autorealizzazione veniva trovata, fino a poco tempo fa, nelle famiglie e non nel lavoro (questa era una prerogativa maschile).
All'animus è legata la sana competizione non distruttiva dello scontro-confronto.
Competitività significa, socialmente, essere riconosciuti dagli altri.
L'aggressività fa parte dell'animus. Quella fisica è facilmente individuabile, ma quella psichica non si scopre facilmente ed è velenosa, specie se attuata col silenzio; essa può causare problemi di identità attraverso la corrosione.
Con l'impazienza si pretendono risultati immediati e si coglie il quadro generale, non valgono i singoli dettagli.
L'anima, che appartiene al codice materno, è invece legata alla dipendenza come nel caso tra madre e bambino; la madre ha bisogno del suo comno che lavori e la mantenga. All'anima sono legate la protezione e l'assicurazione, intesa come rassicurazione.
La seduttività indica la capacità di riuscire a piacere a tutti; ad esempio in alcuni casi si riesce a non far pesare il licenziamento su un operaio.
Altre caratteristiche da considerare sono il focolare, la delicatezza e la cura (queste ultime non più visibili nella moda femminile attuale; ma per i controlli della BSE i laboratori analisi sono composti solo da donne).
La pazienza è legato al mito di Penelope, la quale aspettò 10 anni a casa sua intessendo una tela; durante quel tempo Ulisse scoprì il mondo conosciuto arrivando fino alle colonne d'Ercole.
In passato le donne avevano il compito di mediare, contro un mondo maschile assai irruente.
Col tempo però esse hanno acquistato più grinta avendo così la possibilità di prendere decisioni; questo comporta: combattere l'insicurezza, farsi dei nemici, dichiarare ciò che non va, capacità di assumersi responsabilità, prendersi un ruolo, aumento ed esplosione di un'aggressività latente soffocata.
Spesso viene commesso l'errore di ricercare un'uguaglianza nel mondo maschile anziché una parità. Questa ricerca di uguaglianza va a modificare una serie di aspetti che sono propri delle diverse identità, maschile e femminile.
Nel rapporto di coppia per il mondo femminile è importante la relazione; quando questa finisce il maschio risente di meno questa situazione perché il danno è causato su un oggetto e non su una relazione, mentre per una ragazza il fallimento è dovuto allo scioglimento della relazione e perciò il suo attacco è di tipo economico.
A livello professionale, per il maschio l'azienda è un oggetto che deve funzionare; per la femmina l'azienda è costituita da relazioni cui è molto legata.
In caso di contenzioso un maschio guarda al danno materiale, mentre da parte femminile viene contestato l'errore a livello di relazione.
I termini di danno materiale e danno di relazione non sono né compatibili né confrontabili.
Questa diversità è genetica e spiega perché si crea caos ricercando l'uguaglianza nel momento in cui nel maschio spicca molto la parte femminile e nella femmina spicca molto la parte maschile.
Per esempio, assumere un atteggiamento protettivo provoca, a livello familiare, semplice trasmissione di affetto ma aggressività nei li, i quali si sentono insicuri.
Un tipo di meccanismo femminile è l''impastoiamento'. Un esempio succede quando una madre non fa mancare nulla ai li ma non permette loro di discutere e lottare, facendo provare però sensi di colpevolezza e sofferenze. Attualmente capita che è la madre a dire sempre no, assumendo così ciò che un tempo era un 'no' detto dal padre, il quale permetteva ai li di poter discutere e di farsi le esperienze. Il 'no' materno invece blocca ogni possibilità di nuove esperienze.
In un'azienda le risorse guidate da una donna ottengono più velocemente autonomia e hanno maggiori spazi ma non potranno mai andare oltre il loro ruolo, mentre a livello maschile si potrà progredire col tempo.
Tra gelosia ed insicurezza c'è una proporzionalità diretta (che diventa inversa se si considerano gelosia e sicurezza). Nel film 'Don Juan de Marco', la cui colonna sonora è 'Have you ever really loved a woman' di Brian Adams, si esprime chiaramente il concetto di libertà del rapporto di coppia. Questo rispecchia la teoria che afferma che i li sono frecce le quali devono essere lanciate lontano dall'arco. L'insicurezza legata alla gelosia indica che se c'è lontananza nel rapporto si verifica una perdita
di energia.
L'insicurezza determina, oltre a profonda aggressività, una mancanza di umiltà ed un'insufficienza sia di conoscenze che di competenze, nonostante la gran voglia di fare.
Lo statuto definisce le regole su come si deve svolgere il lavoro insieme, e che permette di prevenire i conflitti; lo statuto sta a monte del mansionario perché riguarda le strategie o filosofia che esiste nell'azienda, mentre il mansionario definisce le varie competenze.
Per gestire lo statuto occorre avere una visione e quindi un'ottica futura, non limitarsi cioè a problemi in essere a cui si deve porre rimedio ma proteggendo l'identità delle risorse, prevedendo eventuali situazioni che potrebbero insorgere a danno dell'organizzazione.
Gli obiettivi devono essere chiari, realizzabili e coerenti con la struttura dell'organizzazione.
Un obiettivo deve essere:
- condiviso dall'intero gruppo;
- definito e quindi più facilmente raggiungibile;
- scritto;
- perseguibile;
- basato su dati, fatti e risorse, per consentire l'effettivo miglioramento. Questo richiede che il leader conosca i dati necessari.
- finalizzato;
- gestito attraverso una divisione di compiti, cioè definire i vari compiti suddividendo ciò che si intende ottenere in base agli aspetti caratteriali delle risorse.
- feedback: chiedere la valutazione finale sull'obiettivo, che misura le competenze sull'obiettivo.
Affrontare la realtà e passare attraverso i problemi permette di essere efficaci ed efficienti; rinviare e quindi rimandare sempre le cose crea ansia e malessere e non risolve le problematiche.
Per poter fare qualcosa occorre impostarlo da subito e non rinviare nel tempo. Il metodo deve essere coerente con la natura dell'obiettivo. Per esempio, Machiavelli parlando del Principe diceva che il fine giustifica i mezzi; il principe doveva per questo motivo dominare il popolo a lui sottomesso. Ma ciò non era coerente con la realtà e la natura dell'obiettivo, in quanto questo metodo non era condiviso.
In un gruppo la minoranza influenza il comportamento se c'è coerenza tra i suoi componenti, se c'è stabilità di principi nel tempo e se c'è flessibilità.
Flessibilità implica elasticità e quindi trovare la dinamica di relazionarsi in una determinata ottica; non significa mutare la propria identità oppure adattarsi. Per esempio, se vado in Inghilterra per imparare la lingua inglese, non cambio le mie abitudini alimentari. Infatti adattabilità significa rinunciare all'identità.
La creatività, importante in un gruppo, viene spesso demolita quando non si prende sul serio un'idea oppure non la si considera minimamente.
Per far sì che ci sia espressione creativa è necessario che ci sia capacità di ascolto, che permette di cogliere ciò che di interessante sta nell'idea lanciata. Le idee devono poi essere scritte in maniera tale che l'interlocutore che si è pronunciato sia considerato, lasciando così una traccia di ciò che è stato discusso. In genere le prime soluzioni sono le più classiche ed ovvie e non frutto dell'aspetto creativo. La raccolta di varie idee permette di far diventare attivi gli interlocutori. Quando viene proposta un'idea occorre trovare alternative tra le quali scegliere. Le domande in forma aperta permettono di allargare i concetti e generare creatività.
Un nemico delle idee è costituito dalla critica, dai pregiudizi e dalla permalosità; succede ad esempio quando ai nuovi arrivati si dice che non possono proporre soluzioni oppure se un interlocutore viene ritenuto inadatto perché non ha mai proposto giuste soluzioni.
La negoziazione permette di allargare il ragionamento, spostando l'ottica da aut aut ad et et.
La metodica del problem solving è utilizzata per ricercare insieme la definizione del problema lasciando uscire il più possibile gli aspetti creativi dell'idea, al fine di avere soluzioni alternative che siano condivisibili dal gruppo. Spesso però il capo non è disponibile ad ascoltare e percepire le idee delle risorse.
La votazione trasforma i problemi in domande alternative, cioè ipotesi che allarghino maggiormente le alternative del gruppo. Ciò non succede nei gruppi a matrice integralista, ma questo elemento viene visto come disturbo.
La documentazione sulle problematiche e la ricerca dei dati evita lo scontro personalistico, anche se l'abuso di dati raccolti può a volte fortificare tale scontro. Tra i politici i dati non vengono usati per cercare soluzioni comuni ma esclusivamente a fini personali.
In situazioni di stallo, quando si arriva cioè ad un punto morto, può essere necessario chiedere l'intervento di una persona che non sia coinvolta nel gruppo e che abbia la fiducia dei suoi membri.
I ruoli di gruppo devono essere necessariamente chiari, funzionali alle sue finalità, rispondenti alle aspettative dei membri. Il ruolo viene per certi versi definito da un mansionario, oppure viene interpretato dalla tipologia di risorsa che lo affronta, lasciando spazio all'inventiva personale. Ma in questo caso non c'è né chiarezza né funzionalità.
Nei gruppi in cui il leader esiste ma non è chiaro significa che essi vengono manipolati.
In altri casi la leadership viene assunta in modo informale (leader non manifesto) oppure il leader può cambiare in funzione delle necessità di gruppo.
Il leader è autoritario quando si assume il compito di prendere le decisioni per tutti; il leader è invece inesistente quando non prende alcuna decisione ma lascia agire; il leader democratico o autorevole cerca di farsi seguire dai suoi collaboratori.
Questi tre stili di leadership sono differenziati in base a quanto è elevato il coinvolgimento: più esso è forte più il leader è democratico, più il leader si esclude e più si rende inesistente e non fa perciò alcuna scelta.
La leadership non è soltanto istituzionale e non solo premia con uno stipendio oppure richiede certe competenze; essa deve essere coerente con gli obiettivi del gruppo stesso. Significa che il leader non può essere selezionato se ciò che fa non è coerente con gli obiettivi e con i vincoli del team, come sta succedendo attualmente in varie organizzazioni. Ma il leader gestisce l'evento senza avere la capacità di conoscere gli obiettivi ed i vincoli, oppure potrebbe averne di diversi.
Nella costituzione della leadership i ruoli vanno definiti e ben chiariti, poiché il cambiamento del leader comporta spesso il mutamento del ruolo anche a causa della mancanza delle cornici di definizione del ruolo stesso.
Le capacità delle risorse vengono spesso sfruttate e non coordinate, con la tendenza a prendere solo una parte delle competenze e non come si dovrebbe fare secondo un'impostazione di tipo maieutico: coordinare al meglio le risorse basandosi sulla loro conoscenza e sui dati e sui fatti reali. In genere si rischia di valutare la situazione in funzione degli stati emozionali e non in maniera oggettiva. Questo implica la capacità di entrare in empatia con una persona, anche senza prestare eccessiva attenzione al formalismo. In mancanza di questa capacità di definire realmente i dati di fatto si rischia di dare una valutazione elevata ad una risorsa che rispetta le buone maniere ma che forse partecipa poco alla vita aziendale, mentre si potrebbe dare una bassa valutazione a chi partecipa molto alle attività.
La valutazione delle risorse dipende spesso dal feeling del capo, dalla sua maniera di pensare riguardo a qualcuno e da un rapporto di empatia.
Un capo che è fortemente tecnico è assai motivato all'analisi dei dati ma ha scarse capacità relazionali. Ciò può causare situazioni di mobbing ed anche elevati danni all'azienda per cui si lavora, poiché le risorse sono demotivate e si sentono incomprese, quindi lavorano e rendono meno.
Un leader designato dovrebbe esserlo:
a) per competenze;
b) per coformità ai valori ideali ed alla struttura di una data realtà organizzata;
c) per sensibilità alle questioni umane.
La mancanza di discussioni è causa di appiattimento decisionale e di assenza.
L'entusiasmo di gruppo svanisce velocemente, e perciò occorrono vari incentivi che permettano di spingere le risorse a collaborare.
Un altro problema è lo scontro aperto e quindi conflitto dichiarato, che genera non sopportazione.
Un altro segnale molto forte di ciò che non va nel gruppo è dato dalle proposte scontate e prevedibili, ovvero mancanza di creatività del gruppo generata da una leadership sicuramente non ottimale oppure da un gruppo che, dall'altra parte, sia lio o vittima di una leadership che lo abbai 'castrato' nelle sue capacità creative.
Esistono poi le discussioni inconcludenti, che non generano valore e sono superflue.
Si possono poi prendere decisioni irrealistiche, cioè soluzioni inapplicabili alla realtà e con una conseguente infantilità delle risorse le quali sono inconcludenti e superficiali. Per questo motivo il capo deve modificare la scelta di gestione della leadership per far progredire le risorse ad un livello adulto di capacità mentale (e ovviamente non anagrafico).
Se non ci sono discussioni nel gruppo vuol dire che il team teme il conflitto; per poter accettare il disaccordo si può scrivere in maniera chiara nello statuto aziendale che esprimere il disaccordo con il leader non comporta punizione. Quando questo viene considerato ovvio, e quindi non si apportano modifiche allo statuto, si viene manipolati.
Nella scuola, per esempio, scrivendo i temi di italiano si fanno affermazioni che non esprimono convinzione, si interviene in modo superficiale perché si rispettano le idee sociali o politiche del docente.
In azienda succede di non essere considerati nel momento della valutazione, nel caso dei benefici economici, può essere decurtato lo stipendio, si viene emarginati dalle decisioni importanti e dal core delle attività, si modificano le autonomie gestionali interne alla struttura.
Tutto questo fa svanire l'entusiasmo perché non chiarisce i benefici derivanti dall'obiettivo e penalizza chi si è sforzato per incamminarsi verso l'obiettivo stesso. Quindi l'entusiasmo è direttamente proporzionale al beneficio che se ne trae.
Gli scontri aperti sono legati a risorse che si sentono emarginate dal team e perciò generano lo scontro. In una famiglia può succedere quando un lio che dà problemi o che va male a scuola, cerca l'attenzione dei genitori. Professionalmente un capo rischia di perdere molto tempo con risorse che non funzionano e di dare poca considerazione a quelle più efficienti.
Le proposte scontate e prevedibili fanno parte del vecchio concetto di leadership, che considerava grande ed intelligente soluzione solo ciò che il capo diceva; questo soffocava la condizione creativa delle risorse, le quali si rifiutavano di ragionare con il proprio cervello, in aggiunta alla mancanza delle opportune condizioni.
La discussione su tematiche prive di sfondo può essere dovuta al fatto che non viene decisa la priorità o su come debbano essere prese le decisioni stesse. Se il leader non riesce a stare fermo su un punto d'azione può farsi portare fuori rotta dalle risorse.
Questo consente di definire il concetto di autorevolezza: assumersi la responsabilità di richiamare alla priorità le risorse, avendo chiara la visione lungimirante rispetto alle situazioni contingenti ed avere la forte capacità di tenere i piedi per terra.
La creazione di sottogruppi o di fazioni comporta disunità perché non viene definito l'obiettivo. Questo significa anche avere la capacità di dare in azienda soluzioni dai costi non elevati.
Per poter comunicare occorre sapere bene di ciò che si sta parlando; spesso capita che molte persone parlano di ciò che non conoscono ma pretendono ugualmente di dare consigli; si tratta degli opinionisti ai quali viene sempre chiesto un consiglio. I veri opinionisti sono coloro che hanno sperimentato uno stesso problema, preferendo non pronunciarsi e non mettendosi in un ruolo da maestri o ex cathedra.
Il leader deve essere in grado di coinvolgere le risorse che non comunicano, le quali non sono necessariamente d'accordo se restano in silenzio.
Inoltre bisogna avere la capacità di cambiare idea e favorire la collaborazione e l'ascolto, lasciando parlare prima di controbattere. Comprendere le opinioni non significa giustificare ciò che viene detto e dare così ragione, ma indica soltanto capire le parole ed i conflitti inutili come quello di personalità come succede spesso tra gli adolescenti.
La capacità di ascolto dà una forte presenza nella realtà e si viene regolarmente cercati; chi invece parla troppo si sente solo e viene generalmente allontanato.
Lo stress può essere dovuto a: tensione, pericolo, insoddisfazione, mancanza di tempo. Queste situazioni si verificano in caso di sentimento di inadeguatezza, problema che si tenta di risolvere diventando iperattivi (ad esempio passando parecchio tempo a studiare per prepararsi a superare un esame, quando ormai è troppo tardi). Questo causa stanchezza e, in caso di stress, percezione di stanchezza continua anche durante il giorno e non solo quando ci si addormenta.
Lo step successivo è quello della somatizzazione. Di fronte a tutto questo si tende a fuggire.
Una soluzione a questo pu essere il cambiamento dell'immagine mentale che ci si è costruiti nella mente in base a certi modelli di riferimento; questo implica anche accettazione di sé e quindi elevare l'autostima. La valutazione dell'autostima tende ad essere fatta in base ai risultati. Questa capacità non viene favorita nel mondo lavorativo perché può 'castrare' chi non ottiene risultati oppure creare forte autostima che però può comunque venire abbattuta da un successivo fallimento.
I problemi di stima emergono spesso in persone che hanno fattori a loro vantaggio, anche se di queste si può pensare che abbiano forte stima ma senza tener conto della struttura e dell'immagine interna.
La stima viene migliorata quando gli obiettivi sono chiari nella mente; nel mondo professionale l'ottica del voler bene non viene accettata, ma ci si concentra su ciò che si riesce a produrre.
Tutto questo costituisce una terapia per poter prevenire lo stress.
Trasmettere autostima implica dare fiducia e riconoscere i punti di forza; il leader deve conoscere anche le aree di miglioramento o punti di debolezza delle risorse, tramite un'analisi oggettiva dei dati.
Il lavoro fatto dal capo per l'autostima può paragonarsi a ciò che un trainer può svolgere in ambito sporivo lavorando sui punti di debolezza.
Per far crescere la stima c'è bisogno di un piano strategico che deve essere seguito e i cui risultati devono essere misurati tramite il confronto e la valutazione equa ed oggettiva, evitando la manipolazione. Gli obiettivi devono essere rapportabili, misurabili, confrontabili con la realtà e proporzionati alle potenzialità.
Un grave errore che si tende a commettere è entrare in competizione con ciò che non appartiene; ciò avviene attraverso la cultura dell'immagine che stabilisce le misure di accettazione o di rifiuto in base a canoni estetici e stereotipi di modalità di comportamento che sono proprie di certi personaggi (ad esempio nel caso di programmi televisivi come 'Saranno famosi').
La persistenza e la capacità di non mollare permettono di maturare nella propria autostima; per questo occorre allenamento, cioè la capacità costante di riproporsi obiettivi e perseguirli. Ma l'allenamento che a è quello fatto con entusiasmo ed allegria, non per dimostrare semplicemente di essere all'altezza o di reagire a qualcosa.
Questo ha un effetto limitato nel tempo; il soggetto può essere in grado di rispondere se ha un nemico che lo contrasta, ma quando non saprà da che parte andare verrà a mancare delle modalità di risposta e si creerà un senso di vuoto. Al contrario della persistenza, questo toglie energia ed autostima e porta al rifiuto.
La leadership indica la capacità di condurre un gruppo nel raggiungere un obiettivo.
Occorre perciò: un gruppo, un'azione da svolgere ed un obiettivo; se manca uno di questi elementi la leadership non può essere attuata.
L'esercizio della leadership implica la capacità di conduzione e quindi di riuscire a lavorare in gruppo; questo significa che le risorse interne al gruppo vengono condotte verso l'obiettivo e non, come sovente capita, utilizzare le risorse già pronte cioè già disponibili in base alle competenze ed agli skills. Il capo in questa situazione non si preoccupa di insegnare qualcosa, perché il suo concetto classico espresso è che le risorse a cui deve insegnare non sono utili e produttive e fanno soltanto perdere tempo.
Il collaboratore deve essere però capace a farsi uno spazio ed approcciare con stima di se stesso i punti di suo interesse; senza determinazione o persistenza nel voler fare è impossibile ottenere qualcosa gratuitamente dall'azienda.
Inoltre se il capo non sa dove andare la situazione non funzona; le risorse devono chiedergli qual è l'obiettivo aziendale per il quale stanno lavorando. Infatti succede spesso che le risorse lavorano per il capo, che otterrà benefici futuri o comunque avanzerà a livello di carriera, facendo probabilmente crescere anche i suoi collaboratori. Questo è basato su principi legati alla lobby oppure alla mafia, secondo i quali si tende a sperare nella magnanimità e nel bene di un altro.
Sapere qual'è la direzione data dal leader permette di gestire lo stato d'ansia.
Di fronte ad una relazione c'è il suo alter ego, o punto cardinale che poi genera un tipo di comunicazione o manifestazione: chi è tendenzialmente dominante non può relazionarsi con soggetti di carattere amichevole perché questo genera conflitti; chi invece può ben relazionarsi è una ura dal comportamento sottomesso.
In questo caso si può utilizzare la cosiddetta 'modalità della nonna', che consiste nel condividere ciò che il dominante dice e poi riproporre continuamente ed in maniera quasi pedissequa un'alternativa, usando un comportamento di tipo assertivo. Questo prevede il ricorso a strumenti che consentono di relazionarsi con persone dominanti, ostili, amichevoli o sottomesse.
La valutazione di fine anno diventa spesso insindacabile e consente di definire il profilo delle risorse.
Ciò che è importante è documentare il lavoro svolto, tenendo aggiornato il capo al di là di quello che viene chiesto. Ma in genere, nelle aziende si tende ad utilizzare la relazione amichevole che, però, permette ai 'furbi' di tutelarsi tramite lo scritto (che al limite può essere modificato solo sul piano verbale, ma agli atti possono rimanere ad esempio errori delle risorse).
Questi modi di relazioni scritte dovrebbero diventare per i collaboratori modalità di comportamento professionale, in modo da avere dei riepiloghi.
Ciò che non bisogna mai rispondere al proprio capo è che non ci si fida di lui e, per questa ragione, si scrivono le relazioni. Inoltre nel fare cose che esulano dai regolamenti aziendali, esclusivamente chi ha agito è responsabile della sua azione.
Il collaboratore è fortemente insoddisfatto dl capo quando ha tante attese e vari bisogni mentre il capo non è disponibile; al contrario succede che il capo è insoddisfatto dei collaboratori.
Può capitare poi che ci siano alte motivazioni ed elevati interessi di crescita sia da parte del capo che dei collaboratori, oppure basse motivazioni ed interessi minimi. Questo determina il grado di crescita dell'intero team.
I capi di azienda hanno spesso difficoltà di costruirsi un vice permamente. Quello temporaneo è una sostituzione, appunto, ad tempore che è molto limitata e relativa. Invece deve trattarsi di una sostituzione reale che sostituisca il capo quando questi farà carriera.
Se è scarsa la capacità del collaboratore ed è scarsa la capacità di leadership si ha un rapporto effimero e quindi senza struttura o consistenza; se è alta la capacità del collaboratore e non c'è leadership, non c'è riconoscimento del capo che non viene reputato all'altezza dell'incarico che ha perché non ha competenze ed abilità; se il capo ha forte leadership e le capacità del collaboratore sono scarse, non esistono rapporti perché il leader perde energia nel favorire la voglia di fare ma deve dedicarsi all'intero lavoro; l'ideale sarebbe, per ottenere una crescita di capo e collaboratori, una forte leadership ed alte capacità collaborative.
Oggi, nelle grandi aziende, entra sempre più la voglia che i collaboratori vadano a testare le capacità del loro capo; tali test dovrebbero garantire l'anonimato della risorsa che valuta il suo capo. In realtà però succede che si viene spesso riconosciuti (ad esempio perché si è usato un particolare tipo di penna) e poi la valutazione è del tutto diversa dalle proprie aspettative. Quando il collaboratore valuta il suo capo in modo diverso da come potrebbe esprimersi a parole, vuol dire che manca di autostima; oppure il capo può mettere un veto in relazione alle valutazioni che gli possono essere fatte. L'anonimato a volte viene usato per castrare il valutato con giudizi pessimi.
La funzione dell'anonimato è la tutela dell'aspetto non emotivo della relazione; i maggiori giudizi andrebbero espressi non immediatamente ma dopo un certo tempo, per usare un po' di oggettività rispetto al tema considerato.
Il ruolo del leader è fondamentalmente guidare e canalizzare le energie dei propri collaboratori, riuscendo ad ottenere le parti migliori esistenti all'interno delle risorse. Dopo questo viene la capacità di pianificare le attività, anche se in molti casi - come succede poi tra gli studenti - si tende ad affermare che manca il tempo, oppure si può dire che da sempre si è agito secondo un certo metodo e che poi mancano le risorse necessarie per una data attività.
Il capo ha il compito di fornire informazioni ed esperienza tecnica, addestra i collaboratori affinché questi siano capaci di collaborare, crea un profilo positivo dal lato dei rapporti umani e dell'interrelazione, cercando di gestire nel migliore dei modi il clima e migliorando così la produzione aziendale. Questo è legato con l'ispirare atteggiamenti positivi nei collaboratori, avendo la capacità di smuoverli. Con la pianificazione si legano le attività di programmazione e di controllo delle attività; il controllo è quindi impossibile senza pianificazione e programmazione. Se questo viene fatto si tratta di azione di polizia e di ispezione, e perciò non ha valore come può averlo un controllo pianificato.
Il capo, con funzioni di manager, deve interpretare ed applicare la missione aziendale per evitare di basarsi soltanto sulla sua idea personale; le abilità e le competenze devono essere coordinate e quindi il capo deva capire le loro migliori azioni affinché esse siano ottimizzate al meglio.
Al pari delle risorse, anche il capo 'lavora', cioè svolge mansioni che potrebbe tranquillamente delegare ma che non lo fa. Questo non fa crescere il team né il capo, e non permette di raggiungere gli obiettivi importanti.
Il capo può pronunciare una di queste frasi, 'suicidando' la sua leadership. Esempi:
- che idiozia!
- diamo un'arma alla concorrenza;
- è impossibile;
- cosa c'è di originale?
- la direzione non è d'accordo;
- abbiamo sempre fatto così;
- e se facessimo una commissione?
Chiedendo la commissione il capo dice alle risorse che non lo influenzano abbastanza e perciò fa agire un team perché non si fida. Dare un'arma alla concorrenza significa che ciò che il collaboratore dice non verrà preso in considerazione.
L'autostima indica valutare il proprio valore e la propria importanza (cioè avere un'autoanalisi riconoscendo le proprie capacità tramite il senso della misura di sé, evitando così la presupponenza avendo un'autostima a livello personale), assumersi i propri impegni (essendo così affidabili e portando tali impegni a compimento) ed agire in modo responsabile nei confronti degli altri.
Lo stile di leadership quantitativo è autoritario e il capo ricorre alla motivazione impostata sulla paura di perdere; egli può licenziare la risorsa, dire di sostituirla oppure incitarla a fare qualcosa incutendo il timore della sconfitta. Questa leadership si muove sulla competizione tra risorse, adottando le modalità delle tabelle (oppure i voti esposti nei tabelloni al liceo dopo la fine dell'anno scolastico). L'uso sbagliato della competizione spreme le risorse; lo stress, o modalità dell'adrenalina, costringe il gruppo ad essere sotto pressione. I capi che seguono la leadership quantitativa tendono molto a generare il conflitto, anche in pubblico; giocano il ruolo del 'divide et impera', prendendo da parte le risorse e dicendo loro un giudizio, che viene negato in pubblico; si gioca il principio della rivalità tra le risorse, che vengono eccessivamente spremute e bruciate in una gara legata alla competizione. Questo permette al capo di sentirsi sempre in condizione di migliorare, non in conformità con gli obiettivi ma confrontandosi con i collaboratori.
La leadership qualitativa ha come aspetto fondamentale la partecipazione delle risorse al raggiungimento dell'obiettivo; ciò dà responsabilità alle risorse. Anche in questo caso si ricorre alla competizione, ricercata all'esterno del team e non all'interno, con una proiezione tesa al mercato. Da questo sono nati i benchmark sia nel mercato che nei leader. Altro punto importante è la coesione che non esclude nessuno dalla squadra; il modo di fare le cose non è legato allo stress o a folli corse durante il lavoro, ma ad una maniera dinamica. Lo stile legato allo stress è perciò connesso al correre, mentre quello di tipo dinamico è legato al vivere ed al gustare le cose.
Perciò il leader quantitativo non riesce a gustare gli obiettivi realizzati, proiettandosi già al nuovo obiettivo.
Muovendosi con la dinamica si aumenta il livello di creatività e si ha sempre voglia di proseguire e di continuare, portando avanti nella storia le risorse e non secondo la logica dell'usa e getta.
Lo stile qualitativo fa sentire importanti le risorse, motivate dall'utilità del fare e non timorose di perdere; questo dà profonda gratificazione. Sul piano economico costa meno lo stile qualitativo rispetto a quello quantitativo; la competizione poi ha come unica motivazione il denaro (cash) ed i budget aziendali. Questo stile è molto usato nell'area commerciale, dove contano molto i numeri (ad esempio i prodotti venduti) e non la qualità espressa.
La metafora ha come obiettivo trasferire per similitudine dei concetti da una realtà in cui essi sono nati; le metafore possono essere applicate alle aziende.
In una struttura vengono spesso utilizzate metafore che permettono di capire qual'è la filosofia che muove l'azienda e lo stile di gestione usato dal capo.
Tramite la metafora si trasferiscono i concetti in un ambiente diverso, allargandoli attraverso la forza dell'immagine e creando così la previsione mentale che permette, dalla vision, di passare all'azione dopo averne cominciato a prevedere le conseguenze.
L'uso di una metafora sbagliata comporta un distorcimento della realtà (ad esempio Matrix); non si tratta di una precisa fotografia della realtà ma di uno stato di fatto schematizzato in punti di vista non veri in assoluto, ma che sono solo uno dei possibili modi.
Le organizzazioni sono complesse e comprendono molte variabili, tra cui quella umana che rende l'organizzazione imprevedibile. Ogni situazione è il risultato di forze e dimensioni diverse; l'interazione tra forze non determina sempre uno stesso risultato opure un risultato previsto. Succede perché non esistono regole ferree da rispettare e che siano sempre valide.
Viene illuminata una parte limitata dell'organizzazione, e questo permette di capire che la metafora non può risolvere tutti i tipi di problematiche. La forza della metafora è applicativa e, come detto, è legata all'immagine e dà consigli applicativi ai manager.
Negli anni '70 le aziende rinforzavano i legami organizzativi facendo perno sulla famiglia, ad esempio provvedendo regali ai li dei dipendenti o, nel 'family day' per ciò che riguardava ad esempio FIAT, venivano aperti i cancelli delle fabbriche.
Gli aspetti negativi della metafora derivano dall'estremizzarne i pregi; un imprenditore molto legato ad una metafora denota lo stile che userà con i collaboratori. Chi contesta le modalità di comportamento non ha strada nell'organizzazione e avrà penalizzazioni nella valutazione di fine anno.
L'organizzazione vista come macchina è una metafora nata con Ford; il modello cui si ispira è quello burocratico, legato a procedure e ruoli ed è altamente specifico. In questo caso i settori sono interpretati dai manager come pezzi collegati tra di loro. Se sorge un problema aziendale, un manager applicherà una funzione matematica e aggiusterà i pezzi che non vanno, sistemando così le parti interessate dell'organizzazione.
Ogni pezzo è funzionale al buon funzionamento della maccchina, poiché le funzioni sono specifiche e determinate per ogni settore.
Questo modo di intendere l'organizzazione viene usato in aziende dove i capi sono ingegneri, ad esempio nelle aziende meccaniche o di precisione; in questi ambienti, così come in quelli statali e parastatali, si nota una certa disumanità.
Perché venga usata la metafora l'azienda deve occuparsi di obiettivi precisi in un ambiente stabile e in cui vi sia raramente il cambiamento. Se l'ambiente è stabile a sufficienza nonostante la concorrenza, possono essere fabbricati - ad esempio - gli stessi rubinetti per molti anni. Un esempio è la SKF, che intende migliorare i costi della produzione e non parte dall'obiettivo ricerca e sviluppo. Gli strumenti che vengono fatti sono precisi, e le risorse lavorano in una situazione complessa perché l'idea della dirigenza è avere meno risorse possibili da trasformare in macchine che garantiscano maggiore produttività. Un ambiente stabile implica un prodotto fedele a se stesso, che ci sia precisione in azienda. Ma la precisione è difficile da ottenere e anche uno stesso modo in cui le persone agiscono.
Spesso si genera forte conflittualità tra management e risorse quando a fronte di un lancio di iniziativa le risorse non seguono il manager; questo dipende dalla cultura mentale, dalla conoscenza e dalla precisione.
Il consiglio di amministrazione può pretendere determinati risultati che però non sono dati dalle risorse, cioè dalla base. Perciò spesso si cambia il manager e non l'intera base, così come il presidente di una squadra di cacio sceglie di cambiare l'allenatore e non i calciatori i quali hanno un costo maggiore. Le risorse vengono così agevolate e si sentono più cariche dal lato emozionale; questo è successo nell'Inter con l'arrivo di Zaccheroni.
Se non si seguono gli ordini o si contesta l'autorità riconosciuta si creano gli antecedenti dei conflitti, rischiando di avere incienti sul luogo di lavoro e facendo impazzire le formule matematiche degli ingegneri.
In un ambiente mutevole e ricco sia di cambiamenti che di stimoli, l'organizzazione sarebbe così stabile che opporrebbe resistenza alle innovazioni. Succede quando un manager non si accorge che la sua metafora non funziona. Alcuni imprenditori italiani sono andati in fallimento quando hanno cercato di gestire una squadra di calcio con schemi che andavano bene per le aziende, ma che non risultavano vincenti nella nuova situazione.
In altri casi si ha l'effetto della burocrazia che prevede solo un tipo di procedure senza permettere l'apertura verso altre strade.
Ciò demotiva le risorse, che vengono solo incentivate dal lato economico, comporta errori nel management.
Se una risorsa va via il datore di lavoro può attuare il turn over, sostituendo le risorse anche attraverso i turni, con manodopera avente competenze limitate e non di mentalità aperta. Questo è un serio problema nella selezione delle risorse intese come macchine.
Un'altra metafora prevede l'organizzazione intesa come organnismo vivente, basandosi sui bisogni organizzativi dei singoli individui che fanno l'organizzazione e dei bisogni esterni di raporto con l'ambiente. Perciò si catalogano le organizzazioni in specie, come avviene con gli organismi viventi. Ogni specie si adatta ad un ambiente diverso, come accade in natura per gli animali.
Per sopravvivere occorre che l'organizzazione trovi le sostanze nell'ambiente esterno che permettanoo di stimolarla. Questo è influenzato dalla concorrenza e dalle richieste dl mercato in base al genere di prodotto.
La relazione organizzazione-ambiente è perciò un'osmosi. Si introdiuce il ciclo vitale, così come quello dei prodotti.
Per ciclo vitale si intende un cambiamento ed un riadattamento continuo alle esigenze dell'esterno, che se non attuato fa diventare obsoleti, vecchi e alla fine inutili; questo sottolinea i vari aspetti rilevanti per il benessere e lo sviluppo dell'organizzazione, che per un essere vivente può essere paragonato alla scelta degli alimenti: quelli buoni e quelli che non lo sono.
L'ambiente può permettere all'organizzazione di espandersi e sopravvivere.
I bisogni fisiologici vengono tradotti in azienda come: salari, stipendi, assistenza sociale.
Un altro elemento fondamentale è l'introduzione della musica negli ambienti lavorativi, il cui uso era combattuto negli anni '70 mentre oggi si sente la radio in molte aree produttive, così come in altri ambienti sono stati creati i micronidi per poter aumentare la qualità di vita delle risorse (consentendo alle madri di vedere i li nelle pause di lavoro).
Il secondo gradino della piramide è la sicurezza, relativa al posto ed alla carriera. Questo è legato ad un ambiente esterno rapidamente mutevole; questo significa che la gente cerca sempre più il posto fisso, ormai inesistente. Se la stima delle risorse fosse abbastanza elevata, esse tenderebbero ad esprimere al meglio le potenzialità e avrebbero più responsabilità, per esempio lavorando in un'azienda piccola dove ci si può muovere meglio che in un'azienda grande, in cui si svolgono pochi compiti (che forse sono meno gratificanti).
Ma attualmente il mercato del lavoro si sta indirizzando verso il superamento della sicurezza del posto fisso, incentrandosi sulla capacità dinamica delle risorse.
Il terzo gradino riguarda i bisogni sociali, che sono le riunioni tra risorse. Questo è uno dei motivi di insuccesso del telelavoro, dove mancano i ritmi dati dalla cultura organizzativa (recarsi al lavoro insieme alla stessa ora, trovarsi nel traffico, sentirsi parte di un'organizzazione). Nei paesi scandinavi, soprattutto per motivi di necessità, il telelavoro funziona bene perché il bisogno di socializzare è meno sentito.
Lavori di questo tipo non sono gestibili sul risultato; gli imprenditori non scelgono il telelavoro perché non possono esercitare il controllo, mentre le risorse non lo accettano perché non si sentono parte di un'azienda.
Il confronto permette la crescita professionale; sempre tramite l'interazione si può essere avvantaggiati in situazioni di carriera o di scelta di diverso posto di lavoro.
Tra i bisogni sociali ci sono incentivi legati alla squadra di calcio dell'azienda, la possibilità di organizzare gite o il possesso di una tessera di agevolazione. Molte aziende conteggiano questi servizi sulla logica dello stipendio, dando risposta a bisogni di tipo sociale.
Vi sono poi i bisogni legati all'ego: mansioni caratterizzate da autonomia e controllo personale. Ciò avviene delegando alcuni compiti, cosa impossibile nell'organizzazione vista come macchina: è il caso della catena di montaggio. I risultati ottenuti vengono riconosciuti tramite premi, avanzamenti di carriera o benefit.
Il quinto gradino è l'autorealizzazione, che può essere soddisfatta con un premio sul'impegno dell'azienda (stock options, cioè azioni che l'azienda dà ai dipendenti per fidelizzarli tramite un incentivo economico, piché la crescita dell'azienda invita le risorse a produrre e quindi fa aumentare il valore delle azioni, avendo una funzione stimolante nei confronti di chi lavora). Le stock options danno anche diritto di parola come azionisti in sede di assemblea aziendale, come succede ad esempio nelle banche. Il lavoro diventa così la funzione totalmente realizzatrice della risorsa.
'L'azienda ha fatto bingo, l'imprenditore ha fatto bingo, la famiglia ha fatto flocco'.
La piramide di Maslow permette di capire qual è il livello che può generare sofferenza, cioè il punto che non si realizza.
I reticoli organizzativi sono stati ispirati in base alla metafora dell'organizzazione a matrice, dove c'è un'azienda centrale di riferimento e tante aziende ad essa collegate. Si presta attenzione all'ecologia, cioè rimuovendo i rapporti che non fanno crescere l'organizzazione ed inserendo l'azienda nell'ambiente seguendo politiche di smaltimento di rifiuti o che tutelino comunque l'ambiente circostante. Sbagliare inserimento nel tessuto sociale determina danni sociali per l'azienda.
Spesso si rischia di creare prodotti innovativi non legati cl contesto reale; un'azienda che decise di produrre delle orecchiette da applicare su caschi sembrò avere inizialmente un'idea balzana, ma poi si rivelò una buona strategia di marketing nonostante si trattasse, in apparenza, di qualcosa a se stante e non di una vera unità funzionale.
L'organizzazione come cervello riguarda la capacità di analisi e collegamento di informazioni per ricavarne delle altre. Questo comporta nelle organizzazioni la capacità di apprendimento e di crescita, fornendo il principio di creare 'learning organisation' in cui il know-how progredisce velocemente.
Le reti interconnesse consentono una crescita a livello di conoscenza, concetto alla base dell'ergonomia che ad esempio adatta la macchina alle esigenze dell'uomo. Tale concetto è stato sviluppato, ad esempio, rendendo identificabili le funzioni attraverso le icone sul desktop. L'obiettivo finale è, teoricamente, permettere a qualsiasi persona di usare una macchina anche se non l'ha mai fatto prima.
Questo processo non è stato automatico; sono state necessarie conoscenze in rapida evoluzione.
In Microsoft, per esempio, le risorse vengono quotate nel bilancio e perciò sono molto rilevanti a livello di individualità, concetto importante che nell'organizzazione intesa come macchina non viene considerato.
La mente umana non può essere studiata in situazioni normali; tutte le scoperte sono state fatte su menti affette da patologia e perciò non c'è una rappresentazione accettabile da tutti. Per questa ragione occorre far ricorso ad altre metafore, ma la strutturazione sarebbe troppo macchinosa e complessa. Il limite di questo è trascurare fenomeni che avvengono nei rapporti tra gruppi: conflitti, giochi di potere e controllo, che sono fenomeni naturali funzionali alla vita organizzativa. Questo permette di capire che l'organizzazione è fatta di esseri umani e non di macchine.
Le aziende che si sono incentrate molto sull'intelligenza delle persone non sono state in grado di sostenere il mercato, perché le risorse che fino ad un momento prima erano creative e lanciavno idee sono sparite, sgretolandosi e non riuscendo a far fronte alla realtà. Un'azienda impostata sul metodo tayloristico riesce invece a riciclarsi e a rigenerarsi. Queste risorse si occupano di lavori di semplice inserimento dati e sono fortemente demotivate.
Ogni cellula della rete è uguale ad un'altra ma nessuna è più importante; nella realtà però ciò non accade perché un'unità predomina sempre, magari perché la sede per qualche motivo è più importante a livello strategico. Questo cozza poi sull'egocentrismo dell'individuo, che non fa accettare che ci sia un pari grado di intelligenza.
Perciò le aziende creano tante strutture separate per consentire un'interfaccia tra i dipendenti, non in maniera fisica ma con i mezzi di comunicazione; si evita così lo scontro personale.
Le organizzazioni intese come sistemi culturali sono legate ad immagini che sono sul piano integralista, muovendosi su medesimi valori, idee, credenze, norme o rituali; si uniformano le modalità di comportamento delle risorse, essendo l'organizzazione il frutto della realtà sociale in cui è inserita.
Le Brigate Rosse italiane, ad esempio, nacquero all'interno dei sindacati e quindi della cultura degli anni '70. Le aziende si appoggiano ai significati simbolici, forzando la condivisione sia dei significati che del sistema culturale.
I dirigenti tendono ad essere importanti in quanto opinion leaders, e creano un inprinting sui collaboratori perché riescono a trasmettere loro un modo di vivere ed essere, dei credo e degli aspetti sia esteriori che di fede.
Il cambiamento efficace riesce a cambiare gli aspetti alla base dell'organizzazione, facendola evolvere.
Ogni gruppo di persone che tende ad organizzarsi rispecchia certi strumenti e certe realtà, usando delle metafore per esprimere gli aspetti nella maniera più consona ai fini dell'organizzazione.
Spesso si crede che i dirigenti di queste organizzazioni pensino che sia ovvio che ciò che è buono per l'organizzazione lo sia anche per i dipendenti; le decisioni non passano in modo chiaro dal capo ai collaboratori. Legandosi alla cultura, poi, si fa in modo che tutti si rileghino al momento storico. La capacità di portare in contraddizione i capi di aziende su aspetti banali produce autodistruzione all'interno dell'azienda.
L'organizzazione come sistema politico identifica i conflitti della politica ed i giochi di potere, che poi determinano le attività dell'organizzazione, la quale avrà gli aspetti ed i limiti più discutibili legati alla politica. Esse sono concepite come sistemi di governo e di comando nei confronti delle risorse attraverso i giochi della politica.
Questo aiuta ad accettare il processo politico come una caratteristica inevitabile della vita organizzativa: esistono sempre conflitti e giochi di potere e perciò la metafora politica è perfettamente trasferibile. Per alcuni gli obiettivi sono razionali e per altri non lo sono; perciò la razionalità è quasi sempre politica, trovandosi coinvolta in una determinata corrente organizzativa. Le funzioni disintegratrici, come succedeva nel caso del Papato tra il 1200 ed il 1600, riportano la variabile di conflitto e di potere nel comportamento dell'uomo, ratificando il fatto che l'uomo ambisca al potere.
L'atteggiamento di una persona aggressiva è quello di una persona franca ma con uno scarso interesse verso gli altri, che vive ripiegata su se stessa. Queste persone sono egocentriche, perché per loro il mondo fatto dalle altre persone non esiste. Persone di questo tipo fanno ricorso alla fuga, che può essere reale oppure semplicemente fingendo di non vivere con gli altri.
L'atteggiamento franco può essere accomnato da un vivo interesse per gli altri, il che significa vivere nell'assertività; ciò permette di comunicare con le persone in modo non violnto e senza creare danni, perseguendo l'obiettivo della verità che non fa male, che costruisce e che non distrugge.
L'atteggiamento manipolativo non solo modifica i comportamenti del prossimo, ma è finalizzato ad ottenere i propri interessi e a nascondere parte della verità.
Nel caso della dissimulazione si tende invece a nascondere la realtà.
Quanto descritto può verificarsi nella vita privata o nei rapporti tra capo e collaboratori.
Negli acquisti i clienti scelgono, per abitudine o per occasione, i piccoli negozi. Soggetti di questo tipo si identificano con l'espressione 'non mi fido'.
Le persone che hanno una forte propensione alla delega, cioè alla diversificazione e alle opportunità di conoscere più prodotti, scelgono negozi come Standa o Upim. Questo dimostra grande incertezza, dovuta alla convenienza e al rapporto tra qualità e prezzo. In questo caso c'è alta emotività.
Infine, clienti con forte propensione alla delega e scarsa emotività (cioè la paura all'acquisto) si recano in negozi come Gucci. L'espressione che identifica questi clienti è 'faccia lei'; essi acquistano per novità.
Clienti che decidono di scegliere da soli e con una scarsa propensione alla delega, che sanno già quale prodotto comprare, si recano in negozi come Bulgari; essi si identificano come 'faccio io'.
Di fronte a clienti 'non mi fido', i quali hanno paura di acquistare, occorre usare un atteggiamento prescrittivo (tipico del medico) e quindi uno stile direttivo.
Con clienti del tipo 'farò bene o farò male' bisogna motivarli trovando il perché alla scelta che il cliente sta per fare.
Per i clienti 'faccia lei' è necessario tanto sostegno ma poca direttività; la comunicazione è coinvolgente.
Lo stile distintivo è usato verso clienti 'faccio io', con scarsa direttività e scarso sostegno. In questa situazione si utilizzano le tecniche dell'adozione (il venditore si fa adottare, o comprare in base alle competenze del cliente) e del tecnicismo (bravura del venditore).
Nel rapporto con clienti 'faccia lei' il venditore cerca le parti creative.
Per clienti che cercano la convenienza si costruiscono dei paragoni, con un tipo di vendita chiamato ativa.
Per il cliente 'non mi fido' si usa lo stile direttivo.
Questi stili descritti si riferiscono alla comunicazione nella vendita.
Diversi venditori si muovono con uno stesso stile nelle varie situazioni, così come molte persone quando comunicano non riescono a percepire la differenza nell'interlocutore. Esse comunicano o sempre in modo direttivo o sempre in maniera creativa; succede poi che altri facciano sempre paragoni oppure si facciano adottare durante la comunicazione.
Tutto questo riguarda la relazione con gli altri ed è connesso con il processo della flessibilità; la flessibilità dovrebbe permettere un cambiamento nei vari rapporti con gli altri.
Il rapporto tra capo e collaboratori può essere: insoddisfazione dei collaboratori da parte del capo o viceversa, oppure rifiuto dei collaboratori nel riconoscere il capo perché ritenuto incompetente o ancora rapporto inesistente, quando gli individui non sono ben valutati. Solo nel caso di capacità elevate per il capo e per i collaboratori c'è vera crescita di qualità, unita alle motivazioni. E' successo, per esempio, sabato 29 novembre quando la Juventus è stata sconfitta per 3 a 1 da un'Inter molto motivata.
Nello sport la capacità del coach è valorizzare le capacità dell'atleta, facendo in modo che la leadership non venga messa in discussione, riuscendo ad entrare nelle abilità dell'atleta.
Se il leader è autoritario le decisioni vengono accentrate e i collaboratori si sentono demotivati e hanno la sensazione di sfiducia e di accomodamento; non c'è soddisfazione, si arriva alla logica del compromesso e nelle strutture c'è solo abitudine. Ciò significa che nulla cambierà, i collaboratori avranno sempre meno stima di sé e si troveranno sempre legati al concetto delle abitudini. E' il caso della schiavitù.
Nel caso del dovere il capo incute paura verso le risorse: paura di essere licenziati, di perdere o di fare danni.
Dove invece esiste una partecipazione democratica, il capo può esercitare controllo in una struttura di tipo meritocratico e con dei collaboratori che vogliono realizzare certi obiettivi sulla base dei propri desideri.
Nella leadership autoritaria c'è una forte fuga: si evitano gli impegni, l'assunzione di responsabilità, ci si nasconde e si è sempre impegnati. Il capo fa sbranare i collaboratori, crea forte competitività e quindi rivalità e delazione, una forte corsa alla critica (far apparire meno capaci e meno bravi i colleghi del team). E' successo per esempio nella Roma durante il campionato 2002-2003, a causa di una crisi di leadership.
Gli atteggiamenti positivi di questa leadership sono l'empatia, la maturità e l'accettazione, cioè accettare e ricercare la leadership, riconoscendo l'esigenza di avere un capo nella struttura.
Il ciclo di Deming (personaggio che ha studiato negli anni '80 la qualità ed i relativi principi) ha dato il via ai meccanismi che hanno portato i concetti di qualità nelle organizzazioni. Secondo questo metodo la partenza è determinata dalla pianificazione, che determina l'esecuzione, permette di fare un controllo ed infine un'azione correttiva.
Soggetti che usano tanto le gambe e poco la testa non si domandano mai quanto spendono per ciò che fanno ma sono sempre in azione: pianificano ed eseguono l'azione, senza fare controlli (-do).
L'alter ego di questo tipo di persona è colui che pianifica e controlla (-check) senza eseguire l'azione.
In alcuni casi, però, si può partire direttamente dal controllo, eseguire l'azione correttiva e poi ripartire dalla pianificazione.
Tale ciclo può perciò essere ripercorso nei suoi 4 elementi per migliorare le procedure organizzative.
La pianificazione comprende non solo la definizione del problema ma anche la raccolta dei dati; solo dopo che i dati sono disponibili si può fare l'analisi del problema. L'abilità sta nel ridurre il problema ad un esame razionale. Occorre poi identificare le cause che hanno generato il problema e, infine, pianificare le contromisure che sulla base dei dati permettono di risolvere il problema attraverso una decisione guidata.
Questo approccio è di tipo scientifico.
Blanchard, parlando della leadership situazionale, disse che i collaboratori in una squadra non sono tutti uguali ma hanno diversi livelli di formazione. Per questo motivo la leadership cambia in funzione dei collaboratori; essa può riguardare il sostegno (il piano emozionale oppure il dare alcune opportunità come i permessi).
La maturità del collaboratore indica la capacità che questi ha nell'assolvere un impegno; in caso di bassa maturità il capo deve essere prescrittivo, utilizzando molta direttività anche se la risorsa era già esperta di quel determinato lavoro in un altro luogo perché arrivare in una nuova azienda mette il lavoratore nel ruolo di ricominciare. Spesso però il capo, volendo fare bella ura, dà tanto sostegno ma non si accorge che i collaboratori sono molto viziati e perciò fortemente motivati anche se lavorano poco. Nella fase iniziale, con l'impatto sulla difficoltà del lavoro, sull'ottenimento di certi risultati e sulla routine, c'è un entusiasmo iniziale.
Quando però le competenze crescono occorre sempre essere direttivo da parte del capo, ma fornire sostegno perché sta calando l'entusiasmo.
L'aumento dell'importanza del collaboratore abbassa ulteriormente l'entusiasmo; perciò si deve ricorrere al coinvolgimento per evitare la perdita delle risorse. Questo è il momento più difficile per il capo e per le risorse: entrambi devono impegnarsi affinché il lavoratore rimanga nell'azienda.
Nell'ultima fase è importante per il capo avere chiaro in mente il principio di delega al collaboratore; il capo lo deve soltanto controllare ed evitare che questi vada in confusione.
Questo percorso è obbligatorio per tutte le risorse, che in base alla loro maturità e al controllo fatto dal capo vengono inserite in uno dei 4 livelli sopra descritti.
Questi livelli sono confrontabili con i tipi di cliente che acquistano nei negozi, di cui si è parlato sopra.
TECNICHE DI PRESENTAZIONE
Tre sono i punti fondamentali:
come assumere il controllo del materiale
come assumere il controllo di se stessi
come assumere il controllo del pubblico
COME ASSUMERE IL CONTROLLO DEL MATERIALE
Occorre innanzitutto stabilire cosa si vuole ottenere alla fine dell'esposizione, poi tirare fuori tutte le idee e scartarne con criterio alcune (ad es. quelle che non hanno nulla a che fare) quindi individuare le parti chiave e quelle che si vuole che restino impresse.
Imparare i concetti chiave che stanno oltre le parole.
Concentrarsi sull'inizio del discorso in modo da far sapere al pubblico di cosa parlerete - occorre dire in anticipo di cosa si tratta e spiegare i particolari in seguito.
E' quindi importante conoscere il proprio obiettivo (brainstorm) ed individuato l'obiettivo conoscere il momento iniziale.
COME ASSUMERE IL CONTROLLO DI SE STESSI
Ognuno di noi ha un proprio demone che lo tormenta, occorre quindi collocarlo fuori di noi e parlargli.
Trovare il modo per trasformare il nervosismo in stimolo.
Fermarsi . Respirare . Pensare cosa si sta provando e controllare i nervi.
Applicare le tecniche per controllare l'ansia.
Conoscere il linguaggio del corpo, è quindi necessario assumere un portamento eretto, guardarsi intorno, piedi saldi per terra, contatto visivo continuo con il pubblico ed utilizzare il corpo per dare risalto ai punti principali del discorso.
Provare davanti ad un pubblico.
Cercare e sviluppare la sicurezza in se stessi.
COME ASSUMERE IL CONTROLLO DEL PUBBLICO
E' fondamentale sapere a che tipo di pubblico si andrà a parlare, scoprire cosa ha bisogno di sapere, cosa sa già e come si esprime.
Quando arrivano le persone andarsi a presentare.
Interessare, coinvolgere, rendere semplice e breve, adattare il linguaggio a quello del pubblico, non usare gergo, usare i supporti visivi in modo corretto ossia in armonia con il discorso e quindi grande, chiaro e vivace.
Parlare variando il volume poiché l'attenzione non è costante e perciò va mantenuta viva e quindi ogni tanto fare delle pause.
La voce deve essere chiara e varia, occorre essere enfatici.
Raccontare aneddoti serve a catturare l'attenzione. Dire al pubblico quando porre le domande, che dovrebbe essere alla fine di ogni parte del discorso e prima del riassunto.
Rispondere alla singola domanda rivolgendosi a tutti. Nel caso di domande difficili non assumersi tutta la responsabilità, farsi aiutare a rispondere quindi da chi ha posto la domanda.
Provare, provare, provare . . .
ASSERTIVITA'
Essere fermi, dignitosi e rispettosi di se stessi.
Non bisogna essere passivi (ti maltrattano) né aggressivi (genera sfida)
Essere onesti con se sessi e con gli altri
Dire cosa si pensa
Avere fiducia in se stessi, essere positivi
Comportarsi in modo adulto
Essere capaci di negoziare
Riuscire a far fronte alle situazioni difficili e sentirsi soddisfatti del risultato
Dire la cosa giusta al momento giusto e sentirci bene con noi stessi e con gli altri ed ottenere più spesso i risultati voluti.
BENEFICI: soddisfatti del proprio comportamento, sentirsi bene
Porta benefici alla nostra organizzazione, crea forza lavoro sicura di sé.
COME AGIRE
Per comunicare notizie sgradite occorre effettuare un dialogo interiore positivo e fare ricorso ad espressioni quali:
Capisco la tua situazione . ..tuttavia . ..
Mostrare che si ascolta e si capisce
Dire cosa si pensa
Dire cosa si vuole che accada
Proporre un compromesso realizzabile, bisogna offrire qualcosa
TECNICHE
Del disco incantato: ripetere più volte il messaggio
Dell'annebbiamento: consiste nell'affermare di essere d'accordo su una parte della cosa senza essere dalla sua parte, placa l'aggressività.
Affermazione sentimenti negativi: dire cosa non piace e cosa si vorrebbe accadesse.
Affermazione di disaccordo: accentua la possibilità di trovare un compromesso
Per essere assertivi ci vuole tempo e pratica.
Questo atteggiamento si articola in 3 FASI
mostrare di ascoltare e capire
dire cosa si pensa e si prova
dire cosa si vuole che accada e cercare un compromesso
Il condividere per riproporre è l'inizio dell'assertività
cercare un canale per trovare un compromesso
funziona quando non ci sono scelte
è legata all'autostima
il nemico più serio dell'uomo è l'abitudine
FORMAZIONE
Intesa come modo di insegnare che ha come obiettivo cambiare forma, mentalità e schema mentale.
Sinonimi:
Istruzione = adeguamento ad uno schema prestabilito
Addestramento = procedure
Educazione = portare fuori ciò che c'è già
Formazione = per adulti
Formazione deriva da training,traere (guidare) e tradere (tradire). Il tradimento avviene, per chi viene formato, verso le vecchie idee
Formazione deriva anche da forma che trova la sua origine nel termine greco morphè, legato al mito di Morfeo secondo cui per formarsi occorre sognare.
Morfeo è il dio dei sogni lio del sonno. Nel suo nome è implicito il significato di plasmare, foggiare riferito ai sogni che si formano durante il sonno.
Inoltre formare:
Ha l'ottica orientata al futuro
Ulteriori significati sono:
Dare una forma, accumulare, genesi, sviluppo, stratificazione negli anni, educazione, sviluppo culturale o spirituale, preparazione o addestramento, modo di disporre più persone (esercito)
ITER
Analisi del fabbisogno formativo:
analisi organizzativa
analisi dei compiti e dei ruoli
analisi delle persone
Definizione degli obiettivi da discutere
Sviluppo di criteri e misure per la valutazione
Individuazione dei contenuti e dei tipi di apprendimento
Scelta dei metodi, strumenti e materiali
Definizione ed attuazione del programma didattico e dei momenti di valutazione in itinere
Valutazione dei risultati finali
APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO
Quello che porta a cambiare qualcosa dentro di noi
Tutti gli esseri umani hanno una capacità naturale ad apprendere
L'apprendimento significativo si verifica quando la materia di studio è sentita dallo studente rilevante ai propri fini
Gran parte è acquisito tramite l'agire
E' facilitato quando lo studente partecipa responsabilmente al processo educativo
L'apprendimento autonomo, che coinvolge l'intera personalità del discente, sentimenti ed intelletto, è il più penetrante e stabile
Tough ha scoperto che tutti gli adulti normali (ovvero i non affetti da patologie mentali) sono motivati ad apprendere, a continuare a crescere e ad evolversi.
Essere adulto per alcuni è il momento dell'ingresso nel lavoro
Ai fini statistici si è adulti oltre i 36 anni, fino ai 36 anni si è tardi adolescenti
Ciò è legato alla revisione dei parametri di consumo, che sono assai mutati in particolare a causa dei recenti cambiamenti economici.
MOTIVAZIONE AD APPRENDERE
Gli adulti rispondono ad alcuni movimenti esterni: un lavoro migliore, promozioni, retribuzione maggiore, ecc.
Quelle maggiori sono le pressioni interne: il desiderio di una maggiore soddisfazione nel lavoro, l'autostima, la qualità della vita e simili.
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