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Breve storia della Cosmologia
La cosmologia è la scienza che studia l'origine e l'evoluzione dell'Universo. Nella storia del pensiero scientifico occidentale, essa ha avuto un ruolo molto importante ed in qualche modo legato alla filosofia ed alla religione. Fino a pochi secoli fa, l'universo conosciuto era descritto dal Sistema Tolemaico, secondo il quale il cosmo era perfetto ed immutabile ed aveva il suo centro nella Terra. Con Copernico, Galileo e Keplero terminò la concezione geocentrica dell'universo e si passò ad una concezione eliocentrica. Non si trattò solo di un semplice cambiamento di prospettiva, ma dell'avvio di una vera e propria rivoluzione nella scienza, perché da allora in avanti il dogma lasciò il posto alla sperimentazione. Oggi sappiamo che la Terra non è al centro dell'Universo, ma fa parte di un sistema planetario; questo a sua volta è parte della Via Lattea, la quale non è altro che una delle moltissime galassie presenti nell'Universo. Tuttavia, fino all'inizio di questo secolo, era opinione comune che la nostra Galassia costituisse l'intero cosmo e che tutte le stelle e le nebulose visibili ne facessero parte. Soltanto nel 1924, l'astronomo Edwin Hubble scoprì che alcune di quelle stelle e nebulose sono esterne alla Via Lattea e che molte delle 'nebulose' sono in realtà galassie molto distanti da noi.
L'espansione dell'Universo
Nello spettro della luce visibile, il colore è funzione della lunghezza d'onda: intorno ai 4.000 Angstrom (1 A = 10-l0 m) la luce ha un colore violetto che, al crescere della lunghezza d'onda passa al verde, al giallo e poi al rosso, intorno ai 7.000 Angstrom. Quando una sorgente si avvicina o si allontana da un osservatore, la luce che essa emette si comporta come le onde acustiche.
Infatti è noto che, quando un treno si avvicina, il suo fischio
diventa più acuto, perché le onde arrivano ad intervalli sempre
più brevi man mano che la sorgente si avvicina; viceversa il tono
diventa più grave quando il treno si allontana. Ciò è
dovuto al cosiddetto effetto Doppler.
Allo stesso modo, quando una sorgente di luce si avvicina, è come se il
numero di oscillazioni per unità di tempo dell'onda elettromagnetica aumentasse,
così la lunghezza d'onda decresce e si dice che la luce si sposta verso
il blu (blueshift). Se invece la sorgente si allontana dall'osservatore, la
lunghezza d'onda sembra aumentare e si ha lo spostamento della luce verso il
rosso (in inglese redshift).
Lo spostamento è direttamente proporzionale alla velocità della
sorgente luminosa.
Questo fenomeno, scoperto da Slipher del Lowell Observatory fra il 1910 e il 1920, permise nel 1929 ad Hubble di capire che quasi tutte le galassie sembrano allontanarsi da noi, in quanto la radiazione che esse emettono è spostata verso il lato rosso dello spettro, cioè presentano redshift. Invece le poche che sembrano avvicinarsi a noi, perché dotate di blueshift, lo sono per moti locali superiori al tasso di recessione cosmologico locale. Esso si calcola per mezzo delle righe spettrali identificabili, misurando la differenza tra la loro lunghezza d'onda e quella avrebbero se venissero emesse da una sorgente in quiete, divisa per lunghezza d'onda emessa dalla sorgente in quiete:
Z = (v - v0) / v0
A prima vista questo sembrerebbe facilmente realizzabile, ma si tenga presente che ai tempi di Hubble era ritenuto impossibile che, anche le righe maggiormente identificabili come quelle della serie di Balmer dell'idrogeno, fossero spostate di migliaia di km/s, a causa di un moto di espansione universale. Inoltre, mancando tutte le tecnologie moderne per il confronto automatico degli spettri, ogni riga doveva essere confrontata e cercata visualmente in tutto lo spettro della sorgente sconosciuta ed i calcoli effettuati con carta e penna. Nel 1929 Hubble stimò la distanza di 18 galassie sulla base della luminosità apparente delle loro stelle cefelidi e confrontò queste distanze con le velocità rispettive delle galassie, determinate spettroscopicamente sulla base dei loro spostamenti Doppler. La velocità di queste 18 galassie relazionata alla loro distanza, permise ad Hubble di stabilire che esse si allontanano da noi ad una velocità tanto maggiore quanto più grande è la loro distanza, secondo quella che è ora conosciuta come legge di Hubble:
V=Ho*d
dove V è la velocità di allontanamento della galassia, d la sua distanza e Ho è la 'costante' di Hubble.
L'Universo è soggetto a un moto di espansione generale
Questo fatto da' l'impressione che la Terra sia il centro di un moto generale di recessione, mentre in realtà esso non ha un centro. Pensiamo ai punti disegnati su un palloncino che viene gonfiato; essi si allontanano l'uno dall'altro con velocità proporzionale alla loro distanza: ogni punto può' essere considerato come il centro dell'espansione.
Allo stesso modo, noi non siamo al centro dell'espansione dell'Universo, ma in un suo punto qualsiasi: un altro osservatore, posto in un punto qualsiasi su un'altra galassia, vedrebbe esattamente le stesse cose che vediamo noi. Un altro duro colpo per l'orgoglio dell'uomo
Questa situazione si verificò alla fine degli anni venti del nostro secolo; ma già dalla prima metà dell'Ottocento si sarebbe potuti giungere ad una conclusione analoga, interpretando correttamente la soluzione ad un problema per niente banale: perché la notte è buia ?
Per riassumere, questo paradosso implica che l'universo non è 'costantemente illuminato' a giorno dalla luce delle stelle, dato che esso si espande. Conseguentemente la luce delle stelle che dovrebbero contribuire all'illuminazione 'a giorno' della notte non ci è ancora giunta. L'universo è in perenne espansione.
La constatazione che l'Universo si espande ha posto un problema nuovo: quello della sua nascita. Il fatto che le galassie si stiano allontanando l'una dall'altra implica che, se ritornassero indietro con la stessa velocità, dopo qualche miliardo di anni si rincontrerebbero, e tutta la materia che compone l'Universo formerebbe un agglomerato densissimo e molto caldo. Questa considerazione ha condotto alla teoria evolutiva del Big Bang, cioè di un'enorme 'esplosione' iniziale che diede origine all'Universo e che ne causò l'espansione che ancora oggi osserviamo. Ricordiamo nuovamente che questa espansione è generale ed interessa l'intero spaziotempo, quindi non è associabile ad un unico punto: ogni punto dell'intero spaziotempo è esso stesso centro d'espansione. E' un difficile da capire, soprattutto perché noi siamo immersi indissolubilmente nel nostro spaziotempo quadridimensionale quindi, facendone parte dal di dentro, non possiamo visualizzarci l'effetto dal 'di fuori'. Ma matematicamente ciò è stato chiaramente dimostrato.
Secondo questa teoria, l'Universo primordiale sarebbe stato composto di
materia densissima e caldissima, concentrata in uno spazio infinitesimo, una
singolarità primordiale. Il suo stato fisico era così estremo che
è difficile perfino da immaginare; solo la fisica teorica è in
grado di descriverlo.
Esso sarebbe poi esploso e si sarebbe espanso, diventando sempre meno caldo e
meno denso, fino ad assumere gradatamente l'aspetto con il quale oggi lo
conosciamo. Dalla legge di Hubble si deduce che l'Universo è nato 12-20
miliardi di anni fa; in realtà, la determinazione della sua età
è molto più complessa e rappresenta uno dei problemi principali
che la cosmologia moderna si trova ad affrontare. Il valore maggiormente accettato
è prossimo ai 15 miliardi d'anni, compatibile con l'età delle
galassie più lontane osservate e dei quasar, con l'età degli
ammassi globulari più vecchi e altri dati osservativi e teorici. Il
valore della costante di Hubble attualmente accettato è compreso tra i
50 e i 100 Km/secondo*Megaparsec, con un valore maggiormente trovato di 65
Km/s*Mp. Le galassie si muovono quindi con velocità che crescono di
50-l00 Km/sec per ogni Megaparsec di distanza da noi. Tra i lavori sviluppati,
emerge il fondamentale contributo del geniale matematico russo Alexander
Friedmann (1888-l925), che negli anni 1922-l924, abbandonando la concezione che
l'universo fosse statico e ritenendolo invece omogeneo e isotropo (e quindi in
accordo con il principio cosmologico), pervenne con il solo puro calcolo matematico
a un'intera classe di soluzioni delle equazioni di Einstein, private
dell'ipotetico e ambiguo termine cosmologico. Queste soluzioni implicano che
l'universo si espande secondo una legge che è sostanzialmente quella di
Hubble.
Se la densità media della materia dell'universo è minore o uguale rispetto al valore di densità critica (proporzionale al quadrato della costante di Hubble e corrispondente al valore di 5*10-30 g/cm3 se Ho vale 50 Km/s*Mpc, che equivale a dire 3 atomi d'idrogeno ogni metro cubo si spazio) allora l'universo dev'essere spazialmente infinito. In questo caso la presente espansione dell'universo durerà per sempre. Se invece la densità dell'universo è maggiore di tale valore critico, allora il campo gravitazionale prodotto dalla materia incurva l'universo su se stesso; l'universo è finito benché illimitato (come la superficie di una sfera). In questo caso i campi gravitazionali sono abbastanza intensi per mettere fine col tempo all'espansione dell'universo; a questo punto si avrà il fenomeno inverso della contrazione (implosione), fino a raggiungere una densità indefinitamente grande (Big Crunch).
Dopo varie ipotesi che integravano o cercavano di modificare sostanzialmente le teorie di cui si è parlato precedentemente, un salto significativo nelle conoscenze teoriche della cosmologia si fece alla metà degli anni '40. Nel 1946 George Gamow, allievo di Friedman a Leningrado, previde l'esistenza di una radiazione di fondo di tipo termico deducendola essenzialmente dall'aspetto teorico del modello del Big Bang. Egli calcolò per la temperatura attuale della radiazione il valore di 5° Kelvin e diede una spiegazione sul perché avrebbe dovuto provenire da ogni parte del cielo. Per il fatto che noi facciamo parte dell'universo e quindi del suo spaziotempo, non ha significato chiedersi che cosa sia stato prova del Big Bang: darebbe come domandarsi cosa c'è a Nord del Polo Nord .
Analogamente non ha senso chiedersi dove abbia avuto luogo il Big Bang. L'universo puntiforme non era un oggetto isolato nello spazio, ma era l'universo intero e perciò la sola risposta possibile a questa domanda è che il Big Bang è accaduto ovunque. Quindi noi riceviamo il segnale della radiazione cosmica di fondo da ogni direzione (per cui si dice che è isotropa).
Gamow ipotizzò anche che i nuclei atomici più leggeri (H, He, De, Li) si siano formati nei primi istanti di vita del cosmo. Successivamente è stato verificato che le quantità di tali elementi presenti nell'universo corrispondono con quelle previste dalla teoria, confermandone la validità.
Un'altra valida conferma è giunta nel 1965 con la casuale scoperta, da parte di Arno A. Penzias e Robert W. Wilson di una debole radiazione che permea tutto l'universo, proveniente da tutte le direzioni. La scoperta fu veramente casuale, in quanto essi cercavano una causa terrestre al rumore residuo che continuavano a ricevere con la loro antenna dei Bell Laboratories. Capirono cosa avevano scoperto solamente dopo che un loro collega li informò delle conclusioni di un convegno cui aveva partecipato alcuni mesi prima. Gli allievi di Gamow, sviluppando le idee del maestro, avevano elaborato una teoria ed avevano fatto alcune previsioni. Penzias e Wilson si trovarono così già pronta la soluzione alla causa del loro problema; questo valse loro il Premio Nobel per la Fisica, mentre a Gamow ed agli altri ricercatori non fu mai assegnato.
Penzias e Wilson avevano scoperto la Radiazione di Fondo Cosmica, la quale ha un massimo d'intensità alla lunghezza d'onda di 2,7 cm e viene detta anche Radiazione di Fondo a Microonde. Questa radiazione è il residuo di quella intensissima che rimase dopo il disaccoppiamento tra la materia e l'energia, avvenuto circa 300.000 anni dopo il Big Bang. Da allora si è raffreddata, passando da una temperatura di qualche migliaio di gradi ai circa 2,7° K attuali. In realtà essa non è l'unica radiazione di fondo, in quanto si ipotizza l'esistenza di una Radiazione di Fondo ai Neutrini, residuo di un'era precedente al disaccoppiamento.
Dal Big Bang alla formazione delle galassie.
L'Universo, secondo la fisica attuale, non può essere spiegato all'istante zero, bensì da un istante successivo, detto Tempo di ck, posizionato 10-43 secondi dopo il Big Bang. Prima di questo istante, la fisica come noi la conosciamo è inapplicabile, in quanto tutta la materia e l'energia che componevano l'universo erano così concentrate da costituire una singolarità cosmologica: uno stato estremo, con densità ed energia infinite, nel quale lo spaziotempo della Relatività non ha nemmeno senso, e che non fa parte della fisica che conosciamo, anche se negli ultimi anni si sono fatti dei progressi nella conoscenza di questi stati-limite.
Al tempo di ck, l'Universo era caldissimo (T=1032 K) ed
aveva una dimensione di 10-33 cm. Successivamente si formarono le
prime particelle, i quark, i quali produssero poi neutroni e protoni, con le
relative antiparticelle. Materia e antimateria infatti sono sempre state
presenti contemporaneamente (e negli stessi quantitativi) nell'Universo. Dopo
10-23 secondi, l'Universo era ancora piccolissimo, delle dimensioni
di un protone. Da questo momento e fino a 10-6 secondi dopo il Big
Bang, protoni e antiprotoni si annichilirono, cioè collisero trasformando
le rispettive masse (m) in energia (E), secondo l'equazione di Einstein E=mc2.
In seguito vero elettroni ed antielettroni (positroni), che si
annichilirono anch'essi. Le continue annichilazioni mantenevano enormi
quantità di energia, sotto forma di radiazione elettromagnetica.
L'Universo era dominato dalla radiazione e perciò questo periodo prende
il nome di era radiativa.
Ad 1 minuto di età si formarono i primi nuclei atomici (deuterio, elio e
litio): la temperatura dell'Universo era scesa sotto i 10 miliardi di gradi,
così i protoni ed i neutroni rimasti cominciarono ad urtarsi con
violenza minore e a dar luogo alle prime reazioni di fusione nucleare.
Dopo qualche migliaio di anni, l'Universo non era più dominato dalla radiazione, ma dalla materia; questa era però ancora immersa in una radiazione molto intensa ed energetica. La temperatura era ancora molto alta e, quindi, materia ed energia erano accoppiate, cioè si trasformavano continuamente l'una nell'altra. Si dovette attendere fino a 300 mila anni dopo il Big Bang perché la temperatura scendesse ancora ed esse si disaccoppiassero: da quel momento l'Universo diventò trasparente alla radiazione. Nel frattempo, gli elettroni si unirono ai nuclei per formare gli atomi, iniziando a creare la materia ordinaria, cioè quella che compone noi, gli esseri viventi, la Terra, le stelle. Dopo qualche centinaio di milioni di anni, la temperatura era scesa sotto i 4.000 gradi; gli elettroni si combinarono con i nuclei: la materia divenne in gran parte elettricamente neutra e la sua interazione con la radiazione diventò molto meno frequente. La materia poté quindi cominciare ad aggregarsi ed in seguito si formarono le prime protogalassie: gigantesche nubi di gas freddissimo
(-220 C) che dettero origine alle galassie, per collasso gravitazionale, nel miliardo di anni successivo.
Dopo il Big Bang, l'Universo ha continuato ad espandersi e a raffreddarsi, la radiazione a diventare molto meno energetica e a spostarsi verso lunghezze d'onda maggiori: il Cosmo ha cominciato ad assumere l'aspetto con il quale lo conosciamo oggi.
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