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CALVINISMO
Il calvinismo appartiene al grande ceppo del cristianesimo riformato per i due fondamentali princìpi della giustificazione per la sola fede e della Sacra Scrittura come unica fonte della verità religiosa. Si distingue tuttavia da altre confessioni protestanti, e specialmente dal luteranesimo, per il suo radicalismo teologico e per l'assai maggiore varietà di forme ecclesiastiche cui ha dato luogo. Da un punto di vista teologico il calvinismo s'impernia sulla dottrina della doppia predestinazione, che fu sistematicamente sviluppata da Calvino e che vuole alcuni eletti predestinati alla salvezza per libera e imperscrutabile decisione di Dio e tutti i reprobi predestinati alla dannazione. Il calvinismo inoltre riconosce due soli sacramenti, il battesimo e la cena eucaristica, ma pur ammettendo, contro le tesi più estreme manifestatesi nell'ambito della Riforma (Zwingli), la presenza di Cristo nell'eucaristia, l'intende soltanto in senso spirituale e dinamico, e non materiale come Lutero: di fatto fu questo il punto su cui principalmente si spezzò l'unità del movimento "evangelico". Da un punto di vista ecclesiastico il calvinismo seppe interpretare, alle sue origini, le più vive esigenze delle borghesie cittadine e mercantili europee, animate solitamente da un forte spirito autonomistico e pervase da aspirazioni democratiche. A quello spirito e a queste aspirazioni il calvinismo rispose proponendo una larga e diretta partecipazione dei laici alla vita ecclesiastica e introducendo in essa il principio elettivo (secondo il modello del concistoro calvinista di Ginevra); e mediante la costituzione di comunità politico-religiose, fortemente omogenee al loro interno grazie alla stretta dipendenza del potere politico dall'autorità religiosa (anche qui valse l'esempio della "città-chiesa" ginevrina), ma collegate tra loro da assai larghi vincoli federali, e rivendicanti un'ampia autonomia, specie in presenza di un forte potere statale, di tendenze centralizzatrici. Ciò spiega come il calvinismo diventasse in moltissimi casi la dottrina religiosa di gruppi sociali in lotta contro l'assolutismo dei sovrani (soprattutto se accomnato dalla pretesa d'imporre nei loro Stati un'assoluta uniformità confessionale), o di gruppi etnici e nazionali tendenti all'indipendenza: valgano come esempi dell'uno e dell'altro caso le sette non conformiste inglesi, i nuclei calvinisti costretti a fuggire la persecuzione nelle terre nordamericane, gli ugonotti francesi, o i puritani di Scozia in lotta contro l'Inghilterra e i calvinisti olandesi in lotta contro la Sna.
Ciò spiega altresì perché il calvinismo, contrariamente al luteranesimo, non giunse a produrre entità ecclesiastiche compatte, giuridicamente stabilite, di dimensioni nazionali, con ben definite professioni di fede: ma proprio per questo poté dimostrare una maggiore capacità di adattarsi alle necessità della lotta religiosa, contribuendo alla diffusione di princìpi democratici e di autogoverno, solitamente a sfondo repubblicano, e all'affermazione dello spirito di tolleranza, implicito nella varietà stessa delle sue forme organizzative (sebbene il suo spirito originario, tutt'altro che favorevole alla tolleranza, come aveva dimostrato la condanna al rogo dell'eretico Serveto a Ginevra, tendesse a riemergere laddove il calvinismo riuscì a trionfare sino a informare di sé le stesse strutture politiche e civili, come nel caso del gomarismo olandese o delle comunità puritane d'America).
Anche dal punto di vista della dottrina morale il calvinismo corrispose al fondamentale rigorismo e all'attivismo delle nascenti classi borghesi: proprio la dottrina della predestinazione gli permise di esaltare il successo nelle attività terrene (commerciali, professionali, artistiche) come segno di elezione; per altro verso, lo stesso Calvino aveva esaltato il lavoro come forma di santificazione, aveva considerato l'attività professionale alla stregua di una vocazione in ultima analisi religiosa, aveva permesso infine, contro le dottrine etiche d'origine medievale, il prestito a interesse (a condizione che non superasse il 5%), fondamento dell'organizzazione economica e finanziaria del mondo moderno: appunto la considerazione di tali elementi ha indotto alcuni studiosi, e segnatamente il sociologo tedesco Max Weber, a sostenere uno strettissimo nesso tra lo spirito calvinista e le origini del capitalismo.
In realtà, in una prospettiva più strettamente religiosa il calvinismo compì una rivoluzione non solo liturgica e devozionale, informando il culto a un'assoluta semplicità e indirizzandolo esclusivamente a Dio, ma più largamente spirituale, esigendo dai fedeli una pietà attiva, chiamata a esercitarsi nel campo sociale, scientifico, artistico, e favorendo un atteggiamento razionalistico nei riguardi dei problemi teologici e nell'interpretazione scritturale.
Il calvinismo si irradiò da Ginevra con eccezionale rapidità, ancora vivente lo stesso Calvino. In Svizzera si verificò ben presto un avvicinamento tra le tesi del calvinismo e quelle zwingliane, grazie alle concessioni fatte dal Bullinger, erede spirituale di Zwingli (Consensus Tigurinus, 1549): comunque, roccheforti del calvinismo in Svizzera rimasero quasi unicamente Ginevra e Losanna. In Francia la riforma calvinista, penetrata nel 1541, s'affermò a partire dal 1557, nonostante o forse proprio in virtù delle persecuzioni (editto di Compiègne, comminante la pena di morte agli eretici, 24 luglio 1557). Dopo essersi diffuso specialmente tra gli artigiani o i piccoli mercanti, il calvinismo ottenne la conversione di alcuni grandi ufficiali del regno e soprattutto di alcuni grandi signori (Antonio di Borbone, 1550; François d'Andelot, 1556 circa; l'ammiraglio di Coligny, 1557). Avendo così trovato capi che potevano difenderli dalle persecuzioni e favorire la loro azione missionaria, i discepoli del riformatore si organizzarono in una Chiesa, sul modello di quella ginevrina, e tennero un primo sinodo nazionale (26 maggio 1559), in cui furono accolte la Confessio Gallicana (confessione di fede di La Rochelle, redatta da Calvino stesso) e la Disciplina ecclesiastica, che ancor oggi costituiscono lo statuto del calvinismo francese. Organizzato in tal modo, il calvinismo fece in Francia rapidi progressi: 72 chiese nel 1559, 2.250 nel 1566, particolarmente numerose nel Nord-Ovest, Sud-Est, Sud-Ovest e nel Massiccio Centrale. L'irrigidirsi della resistenza cattolica e le guerre di religione (1559-l598) contribuirono poi a contenere in queste zone l'espansione territoriale del calvinismo, finché l'editto di Nantes non gli riconobbe l'esistenza legale (1598). Da notare che i calvinisti francesi vennero soprannominati in Francia ugonotti, sebbene in questa denominazione fossero compresi anche i luterani e altri gruppi minori di protestanti.
A partire dal 1540 il calvinismo era penetrato anche nei Paesi Bassi, soprattutto ad Anversa, la "Ginevra del Nord", favorito da una pausa nella repressione che aveva eliminato altre confessioni protestanti (luterani, anabattisti); esso s'affermò nelle province settentrionali, guadagnando in particolare la borghesia, in quanto, contrariamente al luteranesimo, il calvinismo riusciva a organizzarsi senza ricorrere alla protezione dei principi. Il rifiuto di Filippo II di riconoscere la confessione di fede delle Chiese riformate valloni e fiamminghe del 1561 fu in gran parte all'origine della rivolta delle Sette province del Nord, che si costituirono in Province Unite (Unione di Utrecht, 1579). In esse per altro gli adepti del calvinismo non tardarono a scindersi in arminiani e gomaristi, i quali ultimi prevalsero al sinodo di Dordrecht (1618-l619).
In Germania il calvinismo penetrò dalla Svizzera e soprattutto dai Paesi Bassi, guadagnando la valle del Reno, ma fissandosi stabilmente solo nel Palatinato, grazie all'elettore Federico III (Catechismo di Heidelberg, 1563). Nell'Est europeo la reazione controriformistica, capeggiata dal cardinale Osio, riuscì a eliminare il calvinismo dalla Polonia, dove era penetrato dal 1548. In Ungheria, invece, il calvinismo fu accolto durevolmente e molto favorevolmente, ma, nonostante la Confessio Czengerina o Hungarica (1570), fissò la sua ortodossia solo nel XVII sec., conservando alcuni elementi particolari, che vanno fatti risalire alla struttura ancora feudale del paese e alla precedente penetrazione delle idee di Lutero e di Zwingli (fu conservata la funzione episcopale, ecc.).
In Italia, a parte alcuni cenacoli in cui attecchirono all'inizio idee calviniste, ma che furono spazzati via dalla Controriforma, aderirono alle formulazioni dogmatiche del calvinismo i gruppi valdesi, che passarono in tal modo alla Riforma. Ma la maggior diffusione di sette e raggruppamenti calvinisti e il più compiuto tentativo di realizzare un ordinamento statale nazionale d'ispirazione calvinista si verificarono nel mondo anglosassone. Il calvinismo era penetrato ben presto in Inghilterra, dove uno dei suoi apostoli, John Knox, aveva trovato un terreno relativamente favorevole per le disposizioni riformiste di Edoardo VI. Ma l'avvento di Elisabetta provocò un consolidamento dell'anglicanesimo e respinse i calvinisti all'opposizione. Il calvinismo si sviluppò di conseguenza soprattutto nella Scozia per opera della Chiesa presbiteriana, anch'essa fondata dal Knox, il quale fu invitato una prima volta a insegnare all'università di Edimburgo da alcuni gentiluomini scozzesi (1547), e vi ritornò poi nel 1555 su richiesta di Giacomo Stuart, lio naturale di Giacomo V. Nel 1560 egli fece approvare dal parlamento la Confessione scozzese (Confessio Scotiana prior), da lui redatta, che concorse a fare del paese uno dei centri più importanti di diffusione del calvinismo nel mondo. In verità l'avvento di Giacomo VI di Scozia al trono d'Inghilterra (1603), come Giacomo I, coincise con una più stretta alleanza di anglicanesimo e assolutismo, in funzione non solo anticattolica ma soprattutto antipuritana, cioè anticalvinista. (Puritani fu infatti la denominazione generica dei calvinisti inglesi e scozzesi.) L'opposizione parlamentare non mancò infatti di tingersi di una colorazione religiosa; e la comune fede calvinista permise, durante la guerra civile scoppiata sotto Carlo I (1642), un accordo per l'organizzazione presbiteriana della Chiesa d'Inghilterra tra il parlamento e gli Scozzesi, entrambi avversi alla politica assolutistica degli Stuart. Ma nel corso della guerra civile si vide l'affermazione delle tendenze calvinistiche più estreme, rappresentate dalle sette cosiddette nonconformiste, attecchite in prevalenza tra la piccola borghesia delle città; il trionfo di Oliver Cromwell e la proclamazione del Commonwealth (1649) segnarono la vittoria delle loro idealità repubblicane e delle loro istanze religiose e politiche. Dopo la restaurazione degli Stuart e il correlativo ristabilimento della Chiesa anglicana, le sette calviniste vennero nuovamente sottoposte a persecuzioni, fino all'Atto di tolleranza, emanato da Guglielmo III nel 1689, che riconosceva libertà religiosa ai protestanti non anglicani. Le vicende delle guerre civili d'Inghilterra ebbero una conseguenza d'enorme rilievo nella storia del calvinismo: la fuga nelle terre del Nord America, a partire dal 1620 (Pilgrim Fathers), di folti gruppi di puritani e quaccheri, che costituirono in breve il nerbo del nuovo popolo americano, profondamente segnato dalle tradizioni religiose e civili del calvinismo e fedele agli originari ideali di autogoverno, di autonomia civile, di puritanesimo morale. Un'altra emigrazione di gruppi protestanti ricca di conseguenze storiche fu quella degli ugonotti francesi, provocata dalla revoca dell'editto di Nantes (1685) e attuata da Luigi XIV di Francia come atto conclusivo della politica assolutistica perseguita dalla monarchia francese, già da tempo avversa alla difformità religiosa e alla tendenza dei calvinisti francesi a costituire uno Stato entro lo Stato (conquista della roccaforte ugonotta di La Rochelle da parte di Richelieu, 1628). La fuga degli ugonotti francesi, in maggioranza appartenenti alle classi tecnicamente più preparate e attive, andò a tutto vantaggio dei Paesi Bassi e ancor più della Prussia di Federico Guglielmo, dove si rifugiarono folti nuclei di profughi calvinisti che diedero al paese un eccezionale impulso economico.
Va infine ricordata come episodio della diaspora calvinista la formazione delle comunità boere del Sud Africa in seguito all'insediamento degli Olandesi e di altri profughi per motivi religiosi.
Oggi il calvinismo è diventato una religione mondiale e conta circa 40 milioni di adepti.
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