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COSTITUZIONE ITALIANA
NASCE LA COSTITUZIONE
Nella lotta contro i nazisti ed i fascisti, si era creata una profonda solidarietà tra le varie forze che avevano partecipato alla Resistenza. Tutti avevano sentito l'esigenza di costruire uno Stato nuovo, con strutture profondamente rinnovate, che non avesse nessun legame costituzionale con il regime passato. Il 2 giugno 1946 furono indette libere elezioni , in cui 23 milioni di elettori, uomini e donne per la prima volta ammesse al voto votarono per eleggere i loro rappresentanti all'Assemblea Costituente. Contemporaneamente un referendum istituzionale proponeva agli italiani la scelta tra monarchia e repubblica : e il popolo, conscio della grave responsabilità della monarchia che, tollerando e assecondando il fascismo e la sua politica di guerra aveva portato il paese in un mare di miserie, di rovine e di lutti, scelse la Repubblica. L'Assemblea Costituente Nazionale si mise subito al lavoro per tracciare le linee della nuova Costituzione. L'elaborazione degli articoli fu affidata ad una Commissione di 75 deputati che presento il progetto il 31 gennaio 1947: dopo quasi un anno di discussione , la Costituzione fu promulgata ed entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Questa nostra Costituzione differisce dall'antico statuto sotto due aspetti fondamentali: Lo Statuto fu concesso dal Re ed elaborato dai suoi consiglieri; la Costituzione fu invece voluta dal popolo e deliberata dai suoi rappresentanti. Nata dall'incontro di forze politiche diverse e spesso contrastanti rappresentate nell'Assemblea, porta in molti suoi punti il segno del compromesso; rappresenta però la concorde volontà antifascista maturatasi nel paese durante gli anni della Resistenza e contiene una decisa promessa di rinnovamento nazionale. Leggendo gli articoli della nostra Costituzione, risentiamo la voce dei grandi uomini del nostro Risorgimento, da Mazzini a Cattaneo, a Beccaria; Ma altrettanto forte si fa sentire la voce anonima delle grandi masse popolari che, nelle lotte del lavoro e della resistenza, hanno acquistato coscienza dei propri diritti e vogliono realizzarli.I principi e le norme della Costituzione La Costituzione è composta di 139 articoli, divisi in quattro sezioni: princìpi fondamentali (artt. 1-l2); parte prima, dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini (13-54); parte seconda, concernente l'ordinamento della Repubblica (55-l39); 18 disposizioni transitorie e finali, riguardanti situazioni relative al trapasso dal vecchio al nuovo regime e destinate a non ripresentarsi. I princìpi fondamentali e la prima parte della Costituzione contengono, innanzitutto, un ampio riconoscimento dei diritti civili e politici fondamentali, che vengono garantiti nella loro immodificabilità: l' uguaglianza davanti alla legge e l'inviolabilità dei diritti dell'uomo (libertà personale, diritto alla difesa, presunzione di innocenza, inviolabilità del domicilio, segreto epistolare, libertà di circolazione e soggiorno, di espatrio, di riunione, di associazione, di religione, di opinione e stampa). Espressamente tutelate sono le minoranze linguistiche. Sono poi riconosciuti esplicitamente i diritti della famiglia, dei minori, il diritto alla salute, la libertà delle arti e delle scienze, il diritto all'istruzione. Accanto ai diritti civili e politici la Costituzione stabilisce dei diritti sociali che hanno valore di programma politico-sociale per guidare la società italiana verso obiettivi di uguaglianza sostanziale. Questo aspetto,
che contraddistingue la Costituzione italiana, trova espressione diretta nell'articolo 3, comma secondo: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della libertà umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese". In questo senso vanno interpretati il riconoscimento del diritto al lavoro e la subordinazione della proprietà e dell'iniziativa privata agli interessi collettivi. I diritti del cittadino sono inoltre riconosciuti e tutelati non solo con riferimento a ciascun individuo isolatamente ma anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità (famiglia, comunità locale, partiti, sindacati, associazioni ecc.) Un richiamo preciso sottolinea i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Un'altra peculiarità della Costituzione italiana consiste nell'elencazione, oltre che dei diritti, dei doveri dei cittadini. Accanto al diritto-dovere del lavoro, consistente nello svolgere un'attività utile per la società, vi sono la fedeltà alla repubblica, il amento delle imposte, il dovere dei genitori di curarsi dei li, il dovere di votare e di difendere la patria.
L'ordinamento dello stato
La seconda parte della Costituzione definisce le strutture dell'ordinamento statale: il Parlamento, nucleo centrale del sistema politico, con il suo bicameralismo perfetto; il presidente della Repubblica, con un ruolo di garante dell'unità nazionale e di coordinatore, mediatore e regolatore dei rapporti tra i poteri dello stato; il presidente del Consiglio dei ministri e il governo, detentori del potere esecutivo e di indirizzo politico; la magistratura, di cui è solennemente riconosciuta l'autonomia. Tale riconoscimento è duplice in quanto, da un lato, la magistratura è dichiarata "ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere" e dall'altro il giudice è detto "soggetto soltanto alla legge", il che significa che non ha alcun superiore gerarchico. Assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati spettano al Consiglio superiore della magistratura, presieduto dal presidente della Repubblica, e non al ministro di Grazia e Giustizia. Sempre nella seconda parte della Costituzione sono elencate e descritte nelle loro funzioni e organi le Regioni, le Province e i Comuni.
Il controllo di legittimità costituzionale delle leggi dello stato e delle regioni è affidato alla Corte costituzionale. Una norma giudicata dalla Corte in contrasto con la Costituzione cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
Modificazioni della Costituzione
La Costituzione italiana è "rigida", cioè non può essere modificata con leggi ordinarie. Ciò allo scopo di sottrarre la legge fondamentale dello stato alle trasformazioni che appaiano più convenienti a maggioranze parlamentari contingenti. Ciò non significa che sia immodificabile. Al contrario essa stessa prevede, all'art. 138, le procedure da seguire per adottare leggi di revisione della Costituzione e leggi costituzionali ossia le leggi che, rispettivamente, modificano e integrano la Costituzione. Tale procedura prevede prudentemente due deliberazioni a maggioranza assoluta da parte di ciascuna Camera a distanza di tre mesi l'una dall'altra, al fine di impedire che si giunga a modificare la Costituzione sull'onda di un'emozione passeggera. Diverse modifiche costituzionali di carattere articolare sono già state effettuate nel corso degli anni senza che fosse necessario ricorrere al referendum.
PARTITI POLITICI
Il Partito politico è una associazione legata da un vincolo ideologico e da una prospettiva comune, un libero raggruppamento, un'organizzazione di uomini e donne, che hanno lo stesso programma politico e che uniscono i loro sforzi per realizzarli. I primi Partiti sorsero in Inghilterra, poi, con l'avanzare dei nuovi strati sociali, vennero sempre più ampliandosi, sorsero i partiti di massa con milioni di iscritti. Nati da una profonda esigenza della società contemporanea, i partiti rappresentano la base e la garanzia della vita politica democratica. Vedendo in essi il più grave pericolo per le sue aspirazioni alla dittatura, il Fascismo li accusò di svolgere attività contrarie "all'ordine nazionale dello Stato" e diede ai Prefetti facoltà di scioglierli. Vennero quindi sciolti tutti, spesso con violenza, e si ebbe così il partito unico del regime. Ridotti alla clandestinità, i partiti continuarono però ad esistere e da essi nacque il Comitato di Liberazione Nazionale. La Costituente volle sancirne il valore legale dicendo che " tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale".Movimento sociale italiano (MSI), partito fondato nel 1946 da un gruppo di reduci della Repubblica sociale italiana tra cui Giorgio Almirante (che ne fu segretario dal 1947 al 1950 e dal 1969 al 1987) e Pino Romualdi. A essi si unirono esponenti del fascismo prerepubblicano e della destra tradizionale. Schierato all'opposizione, il MSI contribuì con la propria crescita elettorale all'erosione della base elettorale democristiana, spingendo la Democrazia cristiana a tentare la riforma della legge elettorale in senso maggioritario (la cosiddetta Legge truffa del 1953) e poi a cercare nuove alleanze; nel 1960 l'appoggio missino al governo monocolore democristiano presieduto da Franceso Tambroni determinò una vasta protesta antifascista repressa brutalmente. Nel 1972 il MSI assorbì il Partito di unità monarchica mutando il nome in MSI-Destra nazionale. Sostanzialmente ai margini della vita politica ufficiale italiana per non avere mai rinnegato la sua discendenza dal fascismo, nel 1994 il MSI è rientrato nel gioco politico con l'ingresso nella coalizione del Polo delle libertà guidata da Forza Italia. Presentatosi agli elettori con un nome 'Alleanza Nazionale' e un'identità nuovi, l'MSI ha potuto trarre vantaggio dallo sfaldamento della Democrazia cristiana e si è aggiudicato, specialmente nel Centro-Sud, una parte consistente dei voti moderati tradizionalmente riservati alla DC. Il suo processo di legittimazione è stato completato con l'entrata nel 1994 di suoi rappresentanti nel governo presieduto da Silvio Berlusconi. Nel 1995 il primo congresso di Alleanza nazionale ha sancito formalmente la nascita del nuovo partito; la minoranza che non ha seguito il segretario Gianfranco Fini ha dato vita un nuovo raggruppamento, il Movimento sociale-fiamma tricolore, che ha conservato come proprio emblema la fiamma tricolore del vecchio MSI. Partito comunista italiano (PCI), partito politico italiano fondato nel 1921, con il nome di Partito comunista d'Italia, in seguito a una scissione di alcune correnti della sinistra del Partito socialista italiano (PSI); tra i suoi fondatori si ricordano Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga, l'uno legato all'esperienza torinese dei consigli di fabbrica (1919), l'altro fondatore della rivista 'Il Soviet''. Primo segretario del partito dal 1921 al 1926 fu Amedeo Bordiga che, al Terzo congresso del PCI tenuto a Lione nel 1926, venne accusato di settarismo e messo in minoranza, mentre la linea del Partito comunista venne fissata da Gramsci e Palmiro Togliatti nelle Tesi di Lione, dove si ponevano le premesse per la costruzione di un partito di massa e veniva data un'analisi del fascismo che ne coglieva le tendenze all'imperialismo e alla guerra. Decapitato dei suoi dirigenti dal regime fascista (Gramsci fra tutti, arrestato nel 1926, morì in carcere nel 1937) e dichiarato illegale, il Partito comunista si organizzò nella clandestinità e, nonostante la repressione fascista e le epurazioni interne di matrice staliniana, riuscì a sopravvivere. Preponderante fu il contributo dei suoi militanti tra il 1943 e il 1945 nella guerra partigiana. Con il rientro in Italia nel 1944 di Togliatti da Mosca, il PCI passò a svolgere una funzione primaria nel processo politico italiano; Togliatti annunciò infatti la disponibilità del Partito comunista italiano, PCI (il nuovo nome fu adottato dopo lo scioglimento del Comintern), a far parte del governo guidato da Pietro Badoglio, accantonando la 'pregiudiziale repubblicana'' (svolta di Salerno). Nel 1947 il PCI fu tuttavia estromesso dal governo e, nel clima della Guerra Fredda, venne confinato in un'opposizione sterile e senza sbocchi. L'unica occasione di governare fu offerta al PCI nelle città delle regioni dell'Italia centrale rette da amministrazioni di sinistra (Bologna, ad esempio). Enrico Berlinguer, segretario del partito dal 1972 al 1984, cercò di aumentare le distanze tra il PCI e Mosca facendosi portavoce e sostenitore dell'eurocomunismo, essenzialmente una critica delle violazioni dei diritti umani nell'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS) e nell'esplicita accettazione delle regole del confronto democratico. Berlinguer formulò anche la strategia del 'compromesso storico' tra PCI e Democrazia cristiana, fra comunisti e cattolici. Sul piano elettorale il PCI registrò una crescita continua con un massimo del 34,5 dei voti nel 1976, ma la pregiudiziale anticomunista degli altri partiti e i vincoli internazionali dell'Italia all'interno dell'Organizzazione del trattato dell'Atlantico del Nord (NATO) impedirono che quei voti fossero utilizzati. Invece dell'alternanza governo-opposizione si sviluppò allora la pratica del consociativismo, ossia del tentativo di corresponsabilizzazione, su decisioni importanti per gli interessi della nazione, anche delle forze dell'opposizione; tale pratica, degenerata talvolta in accordi d'interesse puramente partitico, è all'origine dell'uso con valore negativo del termine 'consociativismo' che viene fatto oggi in politica. Un'ulteriore svolta è stata impressa al PCI fra il 1990 e il 1991 da Achille Occhetto, il quale decise, prendendo atto del crollo dei sistemi socialisti in URSS e nell'Europa dell'Est, di accelerare la trasformazione del PCI. Il Partito comunista italiano si è sciolto ed è confluito in una nuova
formazione, il Partito democratico della sinistra, mentre l'ala sinistra ha creato un nuovo partito, che si considera l'erede della tradizione rivoluzionaria del PCI, il Partito della rifondazione comunista. Partito liberale italiano (PLI), partito politico italiano costituito nel 1942, in clandestinità, per raccogliere l'eredità del liberalismo postrisorgimentale. Fece parte del Comitato di liberazione nazionale (CLN), durante la Resistenza, e poi dei governi di unità nazionale. Ebbe come ispiratore, fino alla sua morte (1952), Benedetto Croce e tra i suoi esponenti Luigi Einaudi; partecipò ai governi centristi. Nel 1956, con l'avvento alla segreteria di Giovanni Malagodi (1904-l991), appoggiato dalla Confindustria, subì la scissione che diede vita al Partito radicale. Si oppose al centro-sinistra e ad alcune delle sue riforme come la nazionalizzazione dell'energia elettrica, l'attuazione delle Regioni, l'istituzione della scuola media unica. Dal 1972 partecipò a quasi tutti i governi pentapartito, perdendo però progressivamente consensi elettorali fino al 1992, quando diversi suoi esponenti di primo piano furono travolti da numerose inchieste giudiziarie. Partito popolare italiano (PPI), partito politico italiano costituito nel 1994 dalla componente maggioritaria della Democrazia cristiana guidata da Mino Martinazzoli. L'esigenza di dar vita a una nuova forza politica cattolica nasceva dalla grave crisi in cui versava la Democrazia cristiana dopo che diversi suoi esponenti di primo piano erano stati coinvolti in inchieste giudiziarie e dopo gli insuccessi elettorali registrati nel 1992 e nel 1993. Il nome richiama la tradizione democratica e antifascista del Partito popolare di don Luigi Sturzo. Dal canto suo, l'ala destra democristiana che aveva deciso di non confluire nel PPI dava vita al Centro cristiano democratico.
Nel 1995 la decisione del nuovo segretario Rocco Buttiglione di allearsi con il Polo delle libertà guidato da Silvio Berlusconi non è stata seguita dalla maggioranza del partito e Buttiglione ha costituito allora una nuova formazione, i Cristiani democratici uniti. Il PPI fa parte della coalizione dell'Ulivo che ha vinto le elezioni del 1996 ed è entrato nel governo presieduto da Romano Prodi. Partito repubblicano italiano (PRI), partito politico italiano fondato a Milano nel 1895. Di ispirazione democratica, laica e risorgimentale, raccolse l'eredità del pensiero di Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo e sostenne un programma di riforme politiche e sociali che poneva l'accento sui poteri locali e la cooperazione. Nella prima guerra mondiale fu interventista; sciolto dal fascismo, continuò la sua attività all'estero e dopo la liberazione, ricostruito da Ferruccio Parri e Ugo La Malfa, che ne fu a lungo segretario, fece parte dei governi centristi e favorì le scelte europeiste e atlantiche in campo internazionale. Fautore del centro-sinistra, si fece interprete dell'esigenza di riforme modernizzatrici dell'economia italiana. L'esponente repubblicano Giovanni Spadolini è stato il primo presidente del Consiglio dei ministri non democristiano del dopoguerra. Uscito dal governo pentapartito nel 1991, sotto la guida di Giorgio La Malfa, per passare all'opposizione, il PRI è stato indebolito sia dagli insuccessi elettorali sia dalla crisi che ha travolto l'intero sistema dei partiti italiani agli inizi degli anni Novanta. Partito socialista democratico italiano (PSDI), partito politico italiano sorto nel 1951 dalla fusione di due formazioni politiche uscite dal Partito socialista italiano (PSI) perché contrarie al patto di unità d'azione con il Partito comunista italiano: il Partito socialista dei lavoratori italiani di Giuseppe Saragat e il Partito socialista unitario (PSU) di Giuseppe Romita. In nome del suo coerente anticomunismo, il PSDI, sotto la guida di Saragat, si alleò con la Democrazia cristiana e partecipò ai governi centristi con la DC, il Partito repubblicano italiano e il Partito liberale italiano. Nel 1966 si fuse con il PSI, dando vita al Partito socialista unificato, che però raccolse risultati elettorali deludenti; nel 1969 riacquistò la propria autonomia. Negli anni Ottanta l'immagine del partito è stata offuscata da vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni suoi dirigenti e da una forte perdita di consenso elettorale.
Partito socialista italiano (PSI), partito politico italiano fondato a Genova nel 1892 con il nome di Partito dei lavoratori italiani, mutato nel 1893 in Partito socialista; raccolse componenti eterogenee sia dal punto di vista ideologico (marxismo, anarchismo, mazzinianesimo) sia organizzativo (leghe, circoli operai, società di mutuo soccorso). Sotto la guida del riformista Filippo Turati, il partito, benché sciolto nel 1894 dal governo presiduto da Franceso Crispi e poi di nuovo colpito dalla repressione antisocialista nel 1898-99, ebbe una rapida espansione, grazie anche allo sviluppo di una fitta rete di Camere del lavoro e cooperative. Subì inoltre delle lacerazioni interne nel 1912 quando furono espulsi alcuni esponenti della corrente riformista che si erano schierati a favore della guerra di Libia, mentre allo scoppio della prima guerra mondiale, a differenza di altri partiti socialisti europei divenuti improvvisamente favorevoli alla guerra, scelse la linea: 'Né aderire né sabotare'. Ulteriori lacerazioni interne avvennero al Congresso di Livorno nel 1921 quando si ebbe la scissione dalla quale nacque il Partito comunista d'Italia (in seguito Partito comunista italiano, PCI); nel 1922, infine, a causa della vittoria della corrente massimalista, Turati e i riformisti abbandonarono il partito per fondare il Partito socialista unitario (PSU). Messo fuori legge dal fascismo, il partito si ricostituì nella clandestinità e nel 1934 strinse un patto di unità d'azione con il Partito comunista. Nel 1943, in seguito alla confluenza del Movimento di unità proletaria di Lelio Basso, modificò il proprio nome in Partito socialista di unità proletaria (PSUP). Primo partito della sinistra alle elezioni del 1946 sotto la guida di Pietri Nenni, l'anno dopo subì la scissione della corrente socialdemocratica, contraria all'unità d'azione con i comunisti e confluita nel 1951 nel Partito socialista democratico italiano, e nel 1948 condivise con il PCI la sconfitta del Fronte popolare. Dal 1963 il PSI prese parte con la Democrazia cristiana (DC), il Partito repubblicano italiano, il Partito socialista democratico italiano e il Partito liberale italiano ai governi di centro-sinistra, senza tuttavia rinunciare all'unità sindacale con il PCI nella Confederazione generale dei lavoratori (CGIL). Nel 1964 subì un'ulteriore scissione che diede vita al Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), mentre fra il 1966 e il 1969, fusosi con il PSDI nel Partito socialista unitario (PSU), ottenne risultati elettorali deludenti. Con l'avvento nel 1976 di Bettino Craxi alla segreteria del partito, il PSI rafforzò la propria autonomia nei confronti del PCI e sfruttò
spregiudicatamente il suo ruolo di arbitro del sistema politico. Pur non ottenendo mai grandi successi elettorali, la presenza della sua quota percentuale divenne infatti decisiva per formare sia maggioranze di pentapartito a livello di governo centrale sia coalizioni di maggioranza di varia composizione nelle amministrazioni degli enti locali e acquisendo così incarichi in misura superiore al suo reale peso elettorale. Con Craxi presidente del Consiglio dei ministri dal 1983 al 1987, il partito pose l'accento sulla governabilità e sul decisionismo e manifestò aspirazioni a una repubblica presidenziale. Quando, tuttavia, le inchieste giudiziarie legate allo scandalo di 'Tangentopoli' cominciarono a fare luce sulla diffusione della corruzione politica e amministrativa a partire da Milano, roccaforte craxiana, il PSI e il suo segretario finirono per diventare i principali bersagli della rivolta morale del paese; Craxi, costretto a dimettersi da segretario, riparò così all'estero mentre il PSI ne uscì pressoché distrutto.
Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), partito politico italiano costituito nel 1964 da una parte della sinistra del Partito socialista italiano (PSI), guidata da Dario Valori, Vittorio Foa e Lelio Basso, contraria alla collaborazione con la Democrazia cristiana (DC) nei governi di centro-sinistra. Il nome adottato era stato assunto dallo stesso PSI tra il 1943 e il 1947. Nel 1972 il PSIUP, dopo un grave insuccesso elettorale, si sciolse e i suoi membri confluirono in gran parte nel Partito comunista italiano. Una minoranza costituì una nuova formazione, il Partito di unità proletaria (PDUP), sciolto nel 1985.
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