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IL DECADENTISMO
Il termine che designa il periodo della storia e della cultura francese che va dal 1890 al 1945 è Decadentismo, dal nome di un giornale francese Le Decadent, pubblicato intorno al 1880.Successivamente, nel 1886, appare un'altra rivista dello stesso nome, quella dei simbolisti, un'elaborazione poetica all'interno del gruppo dei decadenti. Inizialmente la definizione di Decadentismo viene data da coloro che si oppongono al clima 'decadente' della Francia di questi anni, solcata dalla cosiddetta crisi del secondo Impero, e che ha il suo culmine con la sconfitta di Sedan da parte dell'esercito prussiano e nella breve esperienza della comune parigina. E' una crisi politica e una crisi di valori e gli intellettuali erano accusati di essere troppo raffinati, di essere chiusi nella bellezza dell'arte e di coltivare un gusto letterario definito decadente. In seguito essi stessi si appropriarono del termine e lo considerarono come la migliore definizione della loro situazione di disadattamento nella società borghese, di cui non condividono più i valori. Questa caratteristica avvicina il Decadentismo al movimento letterario della Scapigliatura, che però si afferma in un clima più arretrato ed è ancora profondamente legato al clima ottocentesco. Il clima decadente si estende dalla Francia alle principali nazioni europee, segnando il passaggio dal Naturalismo alla cultura novecentesca. Nell'arco di tempo molto lungo individuato con il termine Decadentismo, l'esperienza delle due guerre mondiali e dei governi autoritari determinano orientamenti diversi all'interno di questo clima culturale.
-Critica al Positivismo
Uno dei tratti che caratterizza soprattutto l'inizio del periodo è la critica alla filosofia del positivismo, e la constatazione del fallimenti del mito della scienza. Questa affermazione può sorprendere quando si pensa alle numerose conquiste scientifiche dei primi anni del '900, l'evoluzione scientifica infatti non si arresta ma viene meno la fiducia incrollabile nelle possibilità illimitate della scienziati positivisti ritengono che con la scienza si possa elevare il tenore di vita del ceto borghese e di tutte le altre classi, che si possono risolvere i conflitti sociali e liberare l'uomo da tutte le sue angosce, dal dolore e da ogni forma di ingiustizia sociale. Anche le crisi delineatesi nello sviluppo industriale potevano essere superate, perché si trattava solo di problemi di crescita. Queste previsioni vengono smentite dalla radicalizzazione dei conflitti sociali e dal proletariato, che diventa un soggetto politico, organizzato in partiti, che chiede una legislazione sociale carente in molti paesi. La borghesia, in fase di espansione, aveva individuato nel positivismo l'espressione che meglio la rappresentava, ora risponde invece con soluzioni più autoritarie ai conflitti sociali. Si rimprovera al Positivismo di aver creduto di poter fare a meno della metafisica e di aver ritenuto che la sperimentazione sui fatti potesse costituire un criterio di interpretazione complessiva della realtà.Si sostiene che vi siano invece molte zone 'scure' dell'animo umano che la scienza non può spiegare e quindi al razionalismo si oppone lo spiritualismo. Da un principio di oggettività , da una concezione secondo la quale la realtà può essere rappresentata oggettivamente, si passa al soggettivismo. Si ritiene che non esista una oggettiva ma tante realtà/verità quante sono gli individui. Nella letteratura il cento di interesse si sposta dall'analisi dei meccanismi sociali all'introspezione, all'analisi dell'Io. Sono temi già presenti nella letteratura romantica, quello dell'altrove, che sta oltre la realtà sensibile e la dimensione quotidiana della realtà, del sogno, del mito, del viaggio come esperienza che l'uomo compie dentro di se.Questi temi romantici ritornano con forza nel primo '900 e hanno molta importanza nelle nuove scienze, come la psicoanalisi (vedi Freud) e l'antropologia sociale. Alcuni critici limitano il movimento del decadentismo ai primi del '900, altri lo estendono fino al 1945. Ciò che comunque accomuna tutta la cultura di questo periodo, da Svevo e Pirandello ai movimenti dei Futuristi e dei Crepuscolari, è la matrice antipositivista. I simbolisti hanno una concezione della poesia come attività autonoma. Il poeta è in contrasto con la società borghese mercificata, che considera superflua la cultura. L'arte reagisce affermando la propria autonomia, non ponendosi più al servizio della realtà o partecipe di un progetto socio-politico ma riconoscendo la propria solitudine. Questa è una tematica esistenziale, che non a caso emerge in un periodo di crisi della società da cui il poeta prende le distanze, non più solidale con i valori borghesi.
-Ragione e intuizione
Nella letteratura naturalistica lo strumento privilegiato con cui lo scrittore si accosta alla materia è la ragione, che fornisce un'interpretazione logica ed oggettiva dei fatti, permettendo di stabilire nessi di causa-effetto. Nella letteratura decadente invece lo strumento privilegiato per studiare la realtà sfuggente, misteriosa e sconosciuta è l'intuizione, che differisce dalla ragione soprattutto per la forte componente soggettiva. Si suole ritenere che la ragione possa essere insegnata, perché è uno strumento di indagine universale, mentre si può solo affinare la propria sensibilità ed acquisire un approccio verso la realtà che prepari all'intuizione. La ragione è associata al metodo e tende a stabilire rapporti causa-effetto governati dal principio della razionalità.L'intuizione stabilisce invece rapporti tra cose distanti fra loro, senza seguire una concatenazione logica, attraverso l'illuminazione, saltando i passaggi, cogliendo con rapidità e verità. Queste differenze fra l'intuizione e la ragione implicano una serie di conseguenze nella letteratura: quella ottocentesca, sia essa romantica o naturalistica, ha una tradizione riconducibile alla letteratura didattica, o rivendica alla letteratura una funzione conoscitiva. Nascono nell'800 generi come il romanzo storico, i cui il lettore può imparare dalla storia.Anche se con Verga il canone è quello dell'impersonalità rimane la convinzione che la letteratura possa essere uno strumento di conoscenza della realtà benché non sia direttamente didattica. Quella decadente invece è la rappresentazione di una esperienza individuale, rappresenta un percorso di ricerca interiore che può essere comunicabile solo a chi ha vissuto simili esperienze. Più tardi si arriva a negare alla poesia la possibilità di poter offrire una chiave di interpretazione della realtà.Alla concezione di Poeta-Vate (sapiente), che in Italia si afferma con Foscolo, Carducci e che è legata alla poesia patriottica e alla ura del poeta-guida del popolo, si contrappone il rifiuto della funzione di guida del poeta e la ura del poeta-veggente, teorizzato dal simbolista francese Rimbaud nel so saggio.Questa ura conosce i rapporti segreti fra le cose, si addentra nella realtà e coglie le 'illuminazioni', squarci di realtà.
In Italia il Decadentismo ha come principali interpreti Pascoli e D'Annunzio.
IL SIMBOLISMO FRANCESE
Decadentismo:
Estetismo (influenza D'Annunzio, si afferma il principio dell'arte per l'arte o art for art's sake di Wildiano).
Simbolismo (influenza Pascoli).
Il poeta francese Baudelaire è definito come il padre spirituale del simbolismo francese.Nella sua poetica si ritrovano infatti alcuni caratteri del simbolismo, ma la sua opera principale, I FIORI DEL MALE, risale al 1857, nel pieno del clima romantico. Il manifesto dei simbolisti apparirà appena nel 1886. Gli scrittori simbolisti più importanti sono Verlaine, Rimbaud e Mallarmè.
Correspondances di Baudelaire:
Questa poesia di Baudelaire è considerata il manifesto del simbolismo francese, la natura viene infatti definita come una foresta di simboli, un luogo sconosciuto e misterioso in cui il poeta invita il lettore a perdersi. Siamo lontani dalla concezione naturalistica dello studio razionale della natura, qui il lettore deve cercare di decifrare, di interpretare i simboli, stimolando la proprie facoltà intuitive.Molto importante è il riferimento alla diversità dei profumi, ed il cosiddetto 'canto dei sensi': la poesia attinge a tutte le sensazioni, visive. olfattive e uditive (la musica gode di una notevole importanza anche nella poesia di Verlaine, autore di un saggio in cui pone al centro l'elemento musicale). In questo periodo acquista importanza la ura retorica della sinestesia (accostamento di termini richiamanti sensi diversi fra loro, ad esempio 'giallo vento' vista+tatto). La poesia non è un veicolo di idee bensì mira a comunicare determinate sensazioni ed impressioni. La fonte di queste è la capacità percettiva, che deve essere particolarmente raffinata per coglierle con tutta la loro intensità.
Un'altra poesia molto significativa di Baudelaire è L'albatro. Questo uccello è impacciato mentre cammina sulla nave ma acquista notevole maestosità nel volo. Così è anche il poeta, che tra gli uomini non occupa un posto di rilievo ma che trova il proprio spazio privilegiato nell'arte.
L'ESTETISMO
Significativo esponente è Oscar Wilde. L'estetismo auspica la poetica dell'autonomia dell'arte, che non ha funzione didattica ma ha valore solo di per se, in quanto tale. Esso implica un rifiuto della società con le istituzioni, sentite come un togliere della libertà mentre l'individuo per realizzarsi deve essere libero. L'esteta è indifferente ai valori morali ma pratica il culto del bello, segno distintivo della propria individualità e superiorità. Inoltre vi è la contrapposizione individuo-massa, tra colui che ha un'ipersensibilità per la raffinatezza e coloro che ne sono esclusi. Da ciò deriverà anche una separazione di carattere politico: l'estetismo è anticipatore del superomismo.
LE RIVISTE FIORENTINE
Il periodo è il primo 900, circa dal 1903 al 1916. Le riviste esprimono la volontà degli intellettuali di organizzarsi e darsi un'identità culturale e far sentire la loro voce nella società, di determinare un orientamento nell'opinione pubblica. Si occupano di letteratura, filosofia, argomenti di carattere sociale e politico. Alcune riviste hanno un orientamento politico e un ruolo importante nella questione della guerra in Libia e dell'intervento nella 1 guerra mondiale. Molte hanno un rapporto con ideologie nazionaliste, come "Il Regno" di Corradini, e sono di matrice anti-positivistica. Le riviste sono molto importanti perché fanno conoscere aspetti della letteratura e filosofia europea in Italia, perché permettono ad essa di uscire dal provincialismo e conoscere il teatro di Ibsen, il simbolismo . etc. Inoltre divulgano filosofie di materia antipositivistica come il pragmatismo (massimo teorico William James), l'intuizionismo (Bergson, che influenzerà Pirandello), il neoidealismo (Croce, Gentile). Oltre a "Il Regno" ricordiamo il "Leonardo" di Papini, il "Lacerba" che fece conoscerela poesia futurista e fu fondata da Papini e Prezzolini, anche Marinetti vi scrive la sua opera, la "Battaglia di Adrianopoli". Spicca l'interesse generale per le avanguardie e il movimento futurista (esaltò l'impresa libica).
La "VOCE"
Fu fondata da Prezzolini nel 1908 e da lui diretta fino al 1914, quando gli subentrò De Robertis che la trasformò da pragmatica (militare, che prende posizione) e civile in foglio letterario. Nella prima fase la "Voce" si presenta come luogo di dibattito di intellettuali di diverse posizioni ideologiche. Essa raccoglie voci di liberali (Croce, Einaudi), di cattolici (Murri, che era un tecnico del modernismo: essi propugnavano un interesse per i problemi dell'età moderna, come il rapporto fede-scienza. ½ aderì anche Fogazzaro) o di socialisti (Salvemini, che nel 1911, in quanto contrario all'impresa libica, si stacca dalla "Voce" e fonda la rivista l'"Unità"). Trai suoi collaboratori il triestino Scipio Slataper: poi Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Emilio Cecchi (critico letterario); inoltre Camillo Sbarbaro, un poeta ligure che anticipò lo stile di Montale), Clemente Rebora (uno scrittore cattolico poi diventato sacerdote), Aldo Palazzeschi (che aderì sia ai Crepuscolari che al Futurismo, e scrisse "Le signore Materassi" ove lo scrittore è eclettico) e Dino Campana (scrittore visionario: la sua poesia evoca fantasie e sogni, il linguaggio è allucinatorio, onirico). Campana scrisse i "Canti orfici" e sentì molto meno l'influenza dei simbolisti come Rimbaud (irrazionalista).
La rivista affronta problemi socio-culturali come la questione meridionale, il ruolo dell'intellettuale, il problema della scuola. In politica si incentrò la polemica anti-Giolittiana: Giolitti fu accusato di fare una politica di compromessi e trasformismo. La sua politica estera non era aggressiva infatti gli viene rimproverata la tendenza al moderatismo e alla scarsa presenza in campo europeo. Inoltre fu criticata la sua opposizione agli interventisti. In letteratura si rifiutò il positivismo, che aveva elaborato una cultura regionalistica (esiste un verismo toscano, uno siciliano . ), mentre nel primo 900 si sentiva l'esigenza di uscire dal provincialismo. Col decadentismo si sentì l'esigenza di stabilire un rapporto tra la cultura italiana e quella europea. La "Voce" diventa un'esperienza fondamentale per confrontare culture diverse; essa nella prima fase è aperta ad un confronto di idee fra posizioni diverse. Allo stesso tempo si voleva evitare la linea dannunziana dell'estetismo, snobismo e gusto oratorio: la totale letterarietà di D'Annunzio infastidì sempre i vociani, accomunati da istanze antiretoriche e un solido moralismo, tanto che si parla di "moralisti della Voce", romanzieri che furono detti così per il loro impegno morale. Tra essi vi sono Slataper ("Il mio Carso" 1912) e uno scrittore goriziano, Michelstaedter ("La persuasione e la retorica" ove recupera in maniera personale il pensiero di Nietzsche). Firenze diventa poi per Trieste punto di riferimento della cultura italiana.
Dal 1914 al 1916 con De Robertis alla direzione, la "Voce" ha carattere esclusivamente letterario, esprime un nuovo stile e un nuovo genere di letteratura: quella del "frammento", rifiutando il genere del romanzo. La crisi del romanzo naturalista si collega alla sfiducia nel reale e nelle capacità cognitive e sistematiche della scienza, fenomeni sviluppatisi col tramonto del positivismo e l'avanzata delle dottrine irrazionalistiche, sociali, filosofiche e decadentistiche. Poiché l'arte non può essere rappresentazione oggettiva della realtà, essa appare frammentaria, un insieme di sensazioni individuali e soggettive. I poeti rinunciano a rappresentare la totalità, ma propongono solo frammenti e impressioni, aderenti alla destrutturazione del reale e in grado di cogliere la mobilità, il dinamismo. Questo comporta una maggiore attenzione alla poesia. Anche i romanzi (Slataper) hanno una forte componente lirica, sono espressioni di sensazioni individuali: la prosa è vicina alla poesia. Fuori dall'ambiente vociano nasce il romanzo della crisi, volto a un rinnovamento interno della gente, e operato da Svevo, Pirandello e Tozzi. Svevo aveva studiato Flaubert, Balzac e i romanzi russi. Descrivere a realtà per loro era inadeguato. Sono antidrammatici e rifiutano la retorica.. Gli autori più interessanti quali Boine, Rebora, Slataper, Campana portano prosa e poesia in direzioni stilistiche così estreme da produrre un espressionismo, riconoscibile da queste innovazioni: mescolanza di prosa e poesia, deliberato disordine strutturale del testo grazie a salti temporali, alogicità. Sequenze scombinate, contaminazione linguistica dovuta all'uso talvolta di dialetto, termino colti, etc .
Circa negli stessi anni si sviluppò in Germania il movimento di avanguardia dell'Espresionismo sia in campo pittorico (Schiele, Kokoshka, Nolde) sia letterario (Benn, Trakl, Stramm). Era un movimento oltranzista nelle tematiche (pessimismo cupo con toni grotteschi, ribellione sociale e civile, sarcasmo antiborghese, sprezzo anticonformista, volontà distruttiva) e nelle forme(scardinamento della tradizione). Sia questo che la letteratura vociana espressero lo stesso disagio storico-culturale. Destino dei vociani è quello di una generazione estintasi precocemente e tragicamente, in guerra (Slataper, Serra), o dalla malattia (Boine, di tisi), o dalla follia (Campana).
I CREPUSCOLARI
I poeti crepuscolari furono accomunati per affinità di modelli culturali, scelte letterarie, atteggiamenti esistenziali. A dargli questo nome fu un critico, Antonio Borghese, che nel 1910 li definì poeti al crepuscolo, al tramonto della grande stagione poetica dell'800. Essi rappresentano un altro sbocco, oltre al Decadentismo, della crisi del Positivismo. A differenza del Decadentismo, in essi manca un atteggiamento di protesta, ribellione, lo spirito anti-borghese. Gli autori sono anti-dannunziani, polemizzano con lui e aderiscono ad una realtà completamente diversa dalla sua, ma sono molto diversi anche dai futuristi. I crepuscolari non riescono ad aderire né alle istanze del tardo romanticismo né alla società attuale. Essi si rinchiudono nella loro realtà piccolo-borghese ed esprimono la loro mancanza di armonia con la società, da cui si sentono esclusi. La loro poesia è intimistica, l'individuo si ripiega su se stesso, descrive sensazioni, stati d'animo esili. Colo loro tono umile e dimesso, vicino al linguaggio quotidiano, colloquiale, esprimono l'impossibilità di continuare la tradizione. Di fronte ad una società di massa assumono atteggiamenti di ripiego verso il passato, cui guardano con nostalgia, talvolta velata di ironia. Essi ritengono di non poter assumere una missione di poeta-vate; la poesia risulta così svalutata, è tutt'al più un rifugio per loro ma non ha valore di verità per gli altri. Sono molto diversi dalle avanguardie, che sono movimenti sperimentali, innovativi che si presentano con un atteggiamento di rottura molto più provocatorio, che nei crepuscolari non c'è. Anche nei crepuscolari è evidente un superamento della tradizione ottocentesca. Essi da un lato non riescono ad accettare la modernità, da un lato comprendono che il loro ritorno al passato è velleitario. La loro poesia è tuttavia moderna, antiretorica, che recupera aspetti del linguaggio parlato. Per certi aspetti si sente l'influenza di Pascoli o di alcuni simbolisti (Verlaine) che avevano proposto temi di carattere più intimo, psicologico. Tra i temi delle loro poesie vi è la società ottocentesca vista con ironia o con nostalgia come un mondo perduto ove ci si può rifugiare con la memoria. Essi descrivono la vita provinciale tranquilla e monotona, giardini abbandonati, conventi, stazioni di periferia, ospedali, ure femminili scialbe, oggetti poetici umili (le <<buone cose di pessimo gusto>> di Gozzano). C'è anche una componente autobiografica. Spicca il senso dell'abbandono, i toni sono dimessi, umili, tristi, grigi, volutamente opposti al vitalismo e dinamismo dannunziano. Il poeta si presenta in modo dimesso e ironico/patetico come un <<piccolo fanciullo che piange>> (Corazzini) dallo stile <<d'uno scolaro corretto un po' da una serva>> (Gozzano). Il lessico è comune, quotidiano; la sintassi è lineare, senza inversioni, spesso paratattica e prosastica. L'accostamento del lessico e sintassi aulica e di quello umile provoca un raffinato effetto ironico, in particolare con Gozzano. I versi sono spesso ipometrici, gli accenti non sempre regolari, le rime talvolta imperfette e facili, le espressioni non convenzionali. Massimi esponenti sono Guido Gozzano, Marino Moretti, Fausto Maria Martini, Sergio Corazzini (scrisse "La desolazione del poeta sentimentale"), per alcuni aspetti Aldo Palazzeschi, che però aderì anche al futurismo.
LE AVANGUARDIE STORICHE
Con questo termine si indicano quei gruppi di intellettuali operanti in Europa nei primi decenni del secolo in varie discipline (letteratura, poesia, scultura, musica), in atteggiamento di drastica rottura rispetto alla tradizione. L'avanguardia è dominata da una forte carica di ribellione antitradizionale e antiborghese: l'attacco alla borghesia può avere esiti di sinistra rivoluzionaria (come tra i futuristi russi e i surrealisti francesi) o di anarchismo o di tendenze esplicitamente di destra (l'adesione al fascismo di Marinetti). Le avanguardie sono definite storiche perché nel corso dell900 ci sono vari movimenti di avanguardia, e queste sono le prime, sviluppatesi negli anni 1910-20. Come già visto l'elemento unificante non è la posizione ideologica ma la protesta contro la cultura dominante. Essi hanno intuito l'importanza del codice espressivo e formale della lingua. Cercano di distruggere le forme borghesi, col loro linguaggio e di scardinare le strutture linguistiche. Il linguaggio è legato infatti alla concezione della realtà (nel positivismo esso era strutturalmente basato su rapporti gerarchici tra proposizioni principali e subordinate). Le avanguardie guardano la realtà in modo diverso, non più descrittivo, ma vanno oltre la realtà (surrealisti) o a un livello più profondo della realtà (espressionisti). Questo linguaggio nuovo si esprima anche attraverso la pittura: la pittura urativa, positiva, oggettiva della realtà non è più adeguata per gli avanguardisti secondo cui è l'artista a plasmare la realtà e a dar vita a un mondo interiore. Il loro modo di procedere si connette con quello dei movimenti irrazionalistici, antipositivi e nichilisti. In ambito letterario, gli avanguardisti scardinano il linguaggio e le forme di comunicazione tradizionali a favore di uno sperimentalismo, soprattutto quello formale. Nella programmatica distruzione dei valori costituiti (tradizioni, linguaggio, coerenza psicologica) si intenta anche una drastica lotta contro la mercificazione e il consumo industriale dell'arte. I borghesi furono ritenuti colpevoli di aver trasformato tutto in merce, anche la cultura. Gli avanguardisti si propongono in maniera provocatoria di fronte alla mercificazione denunciando l'arte come prodotto. Essi sono l'espressione di una società di massa in quanto nascono in essa ma come relazione ai meccanismi di questa società. Essi cercano di sfuggire ad essa per avere un'arte meno facilmente consumabile. Le avanguardie storiche si sviluppano in vari centri europei (Parigi, Zurigo, Monaco, Berlino, Mosca, Milano) e stabiliscono tra loro fitte relazioni di corrispondenza, scambio e confronto. In Italia l'avanguardia è il futurismo, il cui altro grande centro è la Russia.
-Il Futurismo
I Futuristi esprimono i loro principi teorici in manifesti. Fu il manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, pubblicato nel 1909 sul giornale parigino "Le aro", a segnare ufficialmente l'inizio di questo movimento di avanguardia. LA sua ostilità al sentimentalismo tardoromantico, alla dimensione soggettiva e psicologica, il suo slancio vitalistico di ispirazione nietzschiana e bergsoniana lo fanno identificare subito come un movimento di rottura verso il passato. E' un movimento aggressivo che esalta la guerra, il militarismo, il patriottismo, che propone la distruzione di musei, biblioteche e accademie. Il loro nome è dovuto alla loro ispirazione verso il futuro, cioè la modernità, l'industrializzazione, la macchina. Quest'ultima fa pensare al dinamismo e alla velocità, dando l'idea di energia vitale. Quest'esplosione vitalistica trova la sua espressione nella civiltà industrializzata e nella guerra, considerata come distruzione di ciò che non è moderno, come purificazione, dinamismo, antagonismo e definita "sola igiene del mondo".
I futuristi si contrappongono alla cultura passata esaltando la macchina (anche D'Annunzio, che però ha ancora rapporti stretti con la tradizione che fornisce il repertorio di temi e linguaggi che egli manipola) e l'irreversibilità del processo di industrializzazione in corso, che essi tendono a incoraggiare e accelerare anche nei suoi aspetti distruttivi. La loro avversione va contro la cultura "passatista" e i suoi aspetti tradizionali (anche nelle tematiche: il culto della bellezza, il sentimento amoroso, il fascino femminile, la psicologia individuale). L'arte è intesa come "schiaffo e pugno", dimostrando il loro atteggiamento antagonista e violento da un punto di vista politico: i futuristi partecipano alla guerra libica come interventisti, poi aderiscono al fascismo. Nonostante la tipica brevità della avanguardie, il futurismo continuerà ad esistere anche quando il fascismo diventerà regime (anni '30). In Italia i centri principali sono Milano e Firenze. Comune è la tecnica vivace e immaginistica, di stampo quasi pubblicitario, uno stile a effetto, ricco di valenze grafiche e simboliche rivolte a un pubblico di massa. Ruolo primario nella diffusione spetta alla rivista "Poesia". Fondata da Marinetti a Milano nel 1905 e già organo ufficiale del Simbolismo italiano. Dal 1913 interviene nel dibattito la rivista fiorentina "Lacerba", che sotto la direzione di Papini e Saffici dedica al futurismo un'attenzione particolare. In letteratura, Filippo Marinetti è il principale esponente. Come lui, vicino alle avanguardie simboliste, Buzzi, Govoni, Saffici, Lucini. In pittura e scultura spicca il nome di Boccioni, inoltre Balla, Severini, Carrà. Vicini al futurismo sono Palazzeschi, Ungaretti, la rivista "Lacerba" diretta da Papini.
- Stile:
Elaborando una scrittura-movimento-velocità priva di sintassi, tese a dare il massimo rilievo alle associazioni libere e simultanee (paroliberismo) e alla poesia visiva. I futuristi non riconoscono nessun modello, anzi respingono la cultura in blocco. Il paroliberismo si propone di distruggere la sintassi: il verbo sarà all'infinito, gli accostamenti analogici dovranno essere liberi e ampi. Particolare attenzione va all'aspetto grafico della ina. Manca l'aspetto introspettivo, psicologico, soggettivo.
FUTURISMO RUSSO
Il futurismo russo ebbe notevole sviluppo intorno al 1910 anche in Russia con gli ego-futuristi e i cubo-futuristi, che nel 1914 si staccarono da Marinetti per le diverse scelte politiche (l'interventismo e nazionalismo di Marinetti contro il leninismo dei russi). Massimo esponente è Vladimir Mayakovsky (1893-l930), che rappreentò anche la più netta saldatura con la rivoluzione bolscevica
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