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Indice
Titolo Pag.
- Metodi di quadratura dall'antichità al Seicento 3
- Teoria delle grandezze e metodo di esaustione 4
- Geometria analitica e il problema delle tangenti 6
- Newton e Leibniz: la nascita del calcolo 6
- La diffusione del calcolo 7
- Il calcolo in Italia 8
- I fondamenti del calcolo 9
- Weierstrass e la trattatistica dell'analisi in Italia 11
- La teoria dei numeri reali 12
- L'integrazione e la misura 13
Metodi di quadratura dall'antichità al Seicento
Il problema del calcolo di aree e volumi ed il dilemma della determinazione delle tangenti costituiscono le due questioni tipiche dibattute e risolte con la nascita del calcolo.
Archimede
Pitagorico
Fin dai tempi più
remoti tuttavia il primo quesito è affrontato con il raggiungimento di
alcuni notevoli risultati utilizzando il cosiddetto 'metodo di
esaustione'. Tale metodo, tradizionalmente attribuito ad Eudosso e
utilizzato da Euclide, viene portato alla massima raffinatezza da Archimede
(287-212 a.C.) di cui rimangono trattati sulla parabola, sul cerchio, sulla
sfera, cono e cilindro negli scritti Quadratura della parabola, Misura
del cerchio, Sulla sfera e sul cilindro.
Johannes
Kepler
Il
procedimento per esaustione consente di dimostrare con rigore i risultati,
ma non fornisce indicazioni sulla strada da seguire per scoprirli. Nel
Rinascimento si diffuse pertanto la convinzione che Archimede possedesse un
metodo segreto da usare preliminarmente, convinzione in parte confermata dal
ritrovamento avvenuto solo nel 1906 di un palinsesto contenente il cosiddetto Metodo
sotto forma di lettera ad Eratostene.
Simon
Stevin
Dalla metà del
Cinquecento il problema di 'divinare' il presunto metodo e di trovare
una scorciatoia alle complicazioni che l'esaustione presenta al crescere della
generalità dei risultati segue la riscoperta e la restituzione dei
classici. L'opera geometrica e meccanica di Archimede, ripresa e studiata dai
matematici, costituisce più di ogni altra il termine di paragone e di
ispirazione fino alla nascita del calcolo. Il nome di Archimede, a cui si fa
appello con Euclide come garanzia di rigore, finisce per raccogliere una
varietà di argomenti e metodi che, più o meno direttamente
ispirati alle sue opere, contengono nuovi risultati.
È il caso del calcolo del baricentro delle ure di cui scrive Simon Stevin (1548-l620), o dei contributi pubblicati nel De centro gravitatis solidorum libri tres (1604) e nella Quadratura parabolae per simplex falsum (1606) di Luca Valerio (1552-l628), definito da Galileo 'il nuovo Archimede dell'età nostra'.
In una direzione di ricerca più a sé stante si spinge Johannes Kepler (1571-l630) con la Nova stereometria doliorum (1615): in riferimento con il problema pratico della costruzione delle botti, egli si serve di analisi infinitesimali per dimostrare risultati classici e risultati originali.
Evangelista
Torricelli
Un
tentativo di esposizione organica e coerente di una nuova teoria è
l'opera di Bonaventura Cavalieri (1598-l647) Geometria indivisibilibus
continuorum nova quadam ratione promota, stampata nel 1635. Qui si trova il
noto 'principio di Cavalieri', fonte di numerose successive applicazioni.
La versatilità del metodo degli indivisibili, oggetto di feroci attacchi di numerosi contemporanei dal punto di vista del rigore, fu sostenuta ed utilizzata da Evangelista Torricelli (1608-l647). A confronto con le tecniche classiche egli usa la tecnica di Cavalieri anche per lo studio di nuove curve, come la cicloide, e con modificazioni come gli indivisibili 'curvi' egli calcola ad esempio il volume dell'iperboloide di rotazione (Sulla misura della parabola e del solido iperbolico con Appendice sulla misura della cicloide).
Argomenti analoghi erano negli stessi anni fronteggiati in Francia da Pierre de Fermat, che trova ad esempio la quadratura delle parabole di ordine superiore, e Gilles Personne de Roberval, che scrive un trattato intitolato De indivisibilibus.
Un uso piuttosto spregiudicato di quantità infinitesime è fatto nella Arithmetica infinitorum dall'inglese John Wallis (1616-l703) che conobbe la geometria degli indivisibili attraverso Torricelli.
La possibilità di misurare le grandezze, cioè di unire a ognuna di esse un numero che ne esprima il rapporto con una grandezza campione (l'unità di misura) è una delle prime motivazioni per lo sviluppo della matematica, di cui si trovano segni in tutta la produzione preellenica. L'impossibilità della scelta di un'unità di misura universale rispetto alla quale tutte le grandezze omogenee siano esprimibili mediante numeri interi e dunque la necessità di sottomultipli, porta all'introduzione immediata delle frazioni nel sistema numerico, anche se le operazioni con queste non sempre sono completamente comprese ed esplorate. La matematica greca perfeziona questo sistema numerico, ma la invenzione di grandezze incommensurabili, come il lato di un quadrato e la sua diagonale, fa crollare la costruzione sviluppata dai pitagorici che poneva la scienza del numero alla base di tutto.
Se i numeri sono inadeguati a rappresentare le cose e in particolare i loro rapporti si confina allora in posizione marginale la teoria dei numeri e si va sviluppando una teoria che permetta di operare direttamente sui rapporti. Questa trova una compiuta sistemazione nella teoria delle proporzioni delle grandezze messa in mostra da Euclide. Da questo punto in poi tutti i risultati sulle grandezze, sostanzialmente fino al Seicento, verranno allora espressi sempre in termini di rapporto o proporzione.
Una classe di grandezze (che si diranno omogenee) è ben delimitata se si sa come operare il confronto tra due grandezze della classe (cioè come stabilire quale è maggiore e quale minore) e come eseguirne la
somma. Nel caso delle aree delle ure piane o del volume dei solidi la somma è essenzialmente l'unione e il confronto viene eseguito combinando un criterio di inclusione con uno di uguaglianza per equiscomposizione. Per provare che una ura A è uguale a una ura B nel caso in cui non siano equiscomponibili si dovrà verificare che non può essere né A<B né A>B. Per fare ciò si procede per assurdo; supponendo ad esempio che A<B l'assurdo si raggiunge mediante la costruzione di una ura intermedia tra A e B che dovrebbe risultare contemporaneamente maggiore e minore di A.
Il metodo di esaustione, attribuito ad Eudosso ed utilizzato nel XII libro degli Elementi di Euclide, rientra nella teoria classica delle grandezze. Il termine esaustione non è usato dai greci ma viene introdotto nel XVI secolo. Si riferisce al procedimento di costruzione della ura intermedia descritto sopra alla cui base sta l'assioma seguente: se da una qualsiasi grandezza si sottrae una parte non inferiore alla sua metà e se dal resto si sottrae ancora non meno della sua metà e se questo processo di sottrazione viene continuato alla fine rimarrà una grandezza inferiore a qualsiasi grandezza dello stesso genere precedentemente assegnata.
Questo sviluppo, che può essere preferibilmente lungo e laborioso e richiede di conoscere in precedenza il risultato che si vuole raggiungere, permette di provare con rigore che determinate ure stanno tra loro in un certo rapporto o che due ure restano tra loro come altre due, tanto che nel Rinascimento si diffuse la convinzione dell'esistenza di un metodo segreto da usare preliminarmente. Dalla metà del Cinquecento il problema di 'divinare' il presunto metodo e di trovare una via più breve alle complicazioni che l'esaustione presenta al crescere della generalità dei risultati che accomna la riscoperta e la resa dei classici, costituisce il punto di partenza per l'elaborazione di nuove tecniche.
Parallelamente ai progressi nelle quadrature, nel 1637 viene pubblicato in Francia il Discours de la méthode pour bien conduire sa raison, et chercher la vérité dans les sciences di René Dessectiunes (1596-l650), latinizzato in sectiunesio, accomnato da tre saggi.
Renè
Dessectiunes
Uno di questi
è la Géométrie, unica opera matematica stampata da Dessectiunes,
ricordata spesso come il primo testo scritto con un linguaggio e formalismo
familiare a un lettore moderno. L'opera si diffonde fra i matematici
soprattutto grazie alle due edizioni latine successive curate e commentate da
Franz van Schooten, la prima del 1649 e la seconda, in due volumi, del
1659-l661.
Il metodo esposto da Dessectiunes avvicina algebra e geometria traducendo l'una nell'altra vicendevolmente. Si tratta di un momento di rinnovamento profondo in cui si può distinguere la venuta al mondo della geometria analitica.
Geometria analitica e il problema delle tangenti
Pierre
de Fermat
In una direzione simile,
utilizzando un'algebra di tipo vieteo, si muove anche Pierre de Fermat
(1601-l665), che giunge indipendentemente alla identificazione di equazioni e
luoghi geometrici. Dopo la pubblicazione della Géométrie, Fermat in una
lettera a Mersenne, corrispondente di Dessectiunes e di molti scienziati
dell'epoca, espone un suo metodo per trovare i massimi e i minimi. Considerando
che la differenza tra una curva e la sua tangente ha nel punto di tangenza un
minimo (o un massimo), di tale metodo egli si serve per la definizione delle
tangenti ad una curva. I suoi risultati diffusi inizialmente solo grazie ai
sectiuneggi epistolari. Il metodo trova la prima pubblicazione nel quinto volume
del Supplementum Cursus Mathematici (1642) scritto da Herigone e viene
stampato come Methodus ad disquirendam maximam et minima solo nel 1679.
I metodi di Dessectiunes e di Fermat si applicano ovviamente solo a equazioni polinomiali o ad esse riconducibili, come del resto sono sempre le equazioni delle curve considerate, e divengono praticamente inservibili al crescere della complessità dell'equazione. Un criterio diverso, in cui la tangente viene determinata con considerazioni cinematiche sulla curva, viene usato da Gilles Personnes de Roberval (1602-l675) e reso noto nel 1644 da Mersenne. Nello stesso anno Torricelli pubblica i suoi Opera geometrica che contengono norme molto simili. Con il metodo cinematico vengono individuate le tangenti a parabole di ordine superiore, alla spirale, alla cicloide. Nei decenni successivi il metodo analitico dà origine a una serie di regole per il calcolo delle tangenti come nelle opere di Hudde, Sluse, Gregory, Barrow, Wallis.
III. Newton e Leibniz: la nascita del calcolo
Gottfried
Leibniz
Nell'ottobre del 1684 Leibniz pubblica sugliActa
eruditorum la sua Nova methodus pro maximis et minimis, itemque
tangentibus, quae nec fractas nec irrationales quantitates moratur, et
singulare pro illis calculi genus. Questo viene tradizionalmente
considerato l'atto di nascita del calcolo infinitesimale. Il titolo può
essere tradotto come 'nuovo metodo per i massimi e i minimi ed anche per
le tangenti che non si ferma davanti alle quantità fratte o irrazionali,
e un singolare genere di calcolo per i suddetti', dove è evidente
il richiamo all'opera di Fermat. Nella breve memoria Leibniz introduce senza
mezzi termini le regole di differenziazione e, potendo così di fatto
scindere le difficoltà derivanti dalla complessità dell'equazione
fino ad allora considerata nella sua globalità, riesce a superare il
limite dei metodi precedenti.
Isaac
Newton
Quasi venti anni
prima della pubblicazione della Nova Methodus di Leibniz, nel 1665-l666,
Newton aveva già elaborato un suo calcolo. Gli elementi
fondamentali, con l'uso sistematico degli sviluppi in serie, trovano una prima
redazione nel De analysi per aequationes numero terminorum infinitas
scritto nel 1669 ma pubblicato solo nel 1711.
La tipica formulazione del problema in termini di trovare la relazione tra le 'flussioni' (cioè le velocità di variazione) di date quantità 'fluenti' (cioè variabili) e nelle successive due opere: la Methodus fluxionum et serierum infinitarum e il De quadratura curvarum, scritte rispettivamente nel 1671 e nel 1676 ma anch'esse pubblicate solo più tardi. La prima pubblicazione di risultati che Newton aveva ottenuto avviene solo nel 1687, quindi poco dopo l'apparizione della Nova Methodus di Leibniz, con i Philosophiae naturalis Principia mathematica. In apertura del primo libro alcuni lemmi illustrano i fondamenti del metodo sotto la forma di 'prime ed ultime ragioni di quantità evanescenti' e nel secondo libro troviamo gli algoritmi di differenziazione. In uno scolio Newton riconosce in questi la base tanto del suo quanto del metodo di Leibniz, metodo che i due scienziati si erano reciprocamente comunicati nella corrispondenza epistolare intercorsa dieci anni prima. Nella terza edizione dei Principia il riferimento se. È il segno della ben nota polemica sulla priorità dell'invenzione del calcolo che scoppiò tra i due a fine secolo coinvolgendo e dividendo i matematici dell'epoca.
La diffusione del calcolo
Brook
Taylor
I metodi di Newton e
di Leibniz seguono percorsi di sviluppo e diffusione distinti. Tra i principali
seguaci e sostenitori di Newton, con la combinazione degli sviluppi in serie e
del metodo delle flussioni, troviamo James Stirling, con la Methodus
differentialis (1707), e Brook Taylor con la Methodus
incrementorum directa et inversa (1715), ispirata apertamente alle
concezioni di Newton del De quadratura, opera in cui e lo sviluppo
in serie che porta ancora oggi il suo nome.
Jacob e Johann
Nel
contempo la validità del metodo delle flussioni viene fatta oggetto di
dura critica. Debolezze, misteri e incongruenze sono evidenziate nell'opuscolo
intitolato The Analist o 'discorso rivolto a un matematico infedele',
pubblicato da George Berkeley nel 1734. In difesa del metodo di Newton,
nel 1742 Colin MacLaurin (1698-l746) pubblica allora il Treatise of
fluxions, dove tenta un'esposizione sistematica in termini rigorosamente
geometrici della teoria delle flussioni eludendo infiniti e infinitesimi primi
e ultimi rapporti e basandosi sulla velocità istantanea.
Bernoulli
La diffusione e l'influenza dell'opera di Leibniz fu molto più vasta di quella newtoniana, in parte forse per la scelta di una terminologia e di formalismi più felici, in parte senz'altro grazie alle capacità dei suoi seguaci, primi fra tutti i fratelli Jacob e Johann Bernoulli che si succedono alla cattedra di Matematica a Basilea. Essi sono i primi esponenti di una famiglia che darà contributi significativi nel campo della matematica e della fisica nei decenni successivi. Il calcolo leibniziano viene usato con grande duttilità nello studio di problemi legati a curve ed equazioni differenziali come le proprietà della lemniscata, la determinazione dell'evoluta della spirale logaritmica, dell'equazione della brachistocrona e della tautocrona, della catenaria.
Guillaume
de l'Hospital
Nel
1691 Johann soggiorna a Parigi dove incontra tra gli altri il marchese Guillaume
Françoise de l'Hospital (1661-l704) al quale dà lezioni sul nuovo
calcolo. Dagli appunti manoscritti relativi ha origine il trattato Analyse
des infiniments petits che l'Hospital pubblica a Parigi nel 1696. Questa
prima esposizione complessiva del calcolo differenziale - che sarà
compiuta cinquanta anni dopo con le Lectiones mathematicae de methodo
integralium per la parte relativa al calcolo detto da Leibniz 'summatorius'
e 'integralis' da Jacob in poi - ottiene un grande successo e diviene
il testo su cui si formano generazioni di matematici.
Leonhard
Euler
Intimamente
legato alla famiglia Bernoulli, in quanto studente a Basilea di Jacob e poi collaboratore
e amico dei suoi li Nicolaus e Daniel, fu il fecondissimo matematico Leonhard
Euler (1707-l783), italianizzato in Eulero. Nel 1748 egli pubblica il
trattato in due volumi Introductio in analysin infinitorum, seguito nel
1755 dalle Instituitiones calculi differentialis e nel 1768-l880 dalle Institutiones
calculi integralis. L'Introductio si apre con la definizione di
'functio', termine già usato da Leibniz e dai Bernoulli, che
Eulero indentifica con un'espressione analitica. La definizione di funzione
sarà oggetto di una vivace e lunga discussione legata anche allo studio
di fenomeni fisico-matematici, come la corda vibrante, che coinvolge fra gli
altri D'Alembert e giunge fino a Lagrange e Fourier.
Il calcolo in Italia
In Italia, vicino a una tradizione più squisitamente classica rappresentata ad esempio dai fratelli Giovanni e Tommaso Ceva, va sempre più diffondendosi un interesse per i recenti risultati che qui arrivano tramite libri, riviste, scambi epistolari e viaggi compiuti dagli studiosi. Leibniz stesso compie una breve visita in Italia nel 1689. Nel 1707 Jacob Hermann, che si era formato a Basilea dove Jacob e poi Joahnn Bernoulli insegnarono, viene chiamato a ricoprire la cattedra di Matematica all'università di Padova. Qui rimane fino al 1713 intrecciando una rete di fitti contatti e divenendo punto di riferimento per i matematici italiani che volevano confrontarsi con i nuovi metodi analitici. A lui succede Nicolaus I Bernoulli (1687-l759), mentre altri membri della famiglia Bernoulli, Nicolaus II e Daniel (1700-l782), soggiornano a lungo a Venezia.
Prime tracce dell'uso del calcolo infinitesimale si trovano nelle opere di Guido Grandi, Gabriele Manfredi, Eustachio Manfredi, Vittorio Francesco Stancari, Giuseppe Verzaglia.
Nel 1710 inizia a Venezia la pubblicazione del 'Giornale de' letterati d'Italia' che, sul modello di riviste europee come il 'Journal de Savants' di Parigi, gli 'Acta eruditorum' di Lipsia o le 'Philosophical Transactions' di Londra, diviene sede di numerosi contributi e discussioni.
Una di queste polemiche vede impegnati Hermann e Nicolaus Bernoulli con Iacopo Riccati (1676-l754) sul problema inverso delle forze centrali. Qui Riccati ha modo di illustrare il suo metodo di separazione delle variabili per la soluzione di equazioni differenziali. I suoi risultati vengono poi raccolti in un trattato composto attorno al 1723, successivamente rielaborato e inserito con il titolo Della separazione delle indeterminate nelle equazioni differenziali e d'altri gradi ulteriori nelle opere pubblicate postume nel 1761-l765.
Sul 'Giornale de' letterati' pubblica numerosi articoli anche Giulio Carlo de' Toschi Fagnano (1682-l766) che servendosi del calcolo fornisce contributi alla rettificazione delle parabole di ordine superiore e alla lemniscata di Bernoulli. I suoi scritti vengono raccolti nelle Produzioni matematiche stampate nel 1750 e presentate all'Accademia di Berlino. Un'edizione più completa delle sue opere fu curata nel 1911.
Domenico Corradi d'Austria è uno dei primi a pubblicare in Italia un'opera separata interamente dedicata al calcolo differenziale: De' calcoli differenziale e integrale memorie analitiche, stampata nel 1743-l744.
Pochi anni dopo, nel 1748, Maria Gaetana Agnesi pubblica le Istituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana. Nel primo dei due volumi si introducono elementi sulle equazioni algebriche e sulla geometria differenziale e nel secondo volume si dà una completa esposizione del calcolo differenziale, con applicazioni analitiche e geometriche, regole d'integrazione ed equazioni differenziali. Il trattato ebbe grande diffusione fra gli studenti di varie generazioni; il secondo volume fu anche tradotto in francese e in inglese.
I fondamenti del calcolo
Il secolo che segue la scoperta del calcolo è caratterizzato in gran parte dalla indagine di manifestazioni fisico-matematici tramite i nuovi strumenti differenziali. Riflessioni sui fondamenti appaiono solo occasionalmente come in Eulero, che afferma che per essere rigorosi bisogna dire che gli infinitesimi non sono altro che zeri veri e propri, o in d'Alembert che nell'Encyclopedie sostiene che la 'vera metafisica' del calcolo risiede nei limiti.
Joseph
Luis Lagrange
Alla fine del secolo, nello
stesso anno in cui vedono la luce le Réflexions sur la métaphysique du
calcul infinitésimal di Lazare Carnot, viene pubblicato da Joseph
Luis Lagrange (1736-l813) un volume che raccoglie le lezioni da lui tenute
all'École Polytechnique, intitolato Théorie des fonctions analytiques
(1797). Il programma, a cui Lagrange aveva già dedicato riflessioni e
memorie nei decenni precedenti, è quello di costruire una teoria delle
funzioni e fondare in maniera inequivocabile il calcolo infinitesimale
liberandosi, secondo quanto indicato nel sottotitolo, da ogni considerazione di
infinitesimi, di quantità evanescenti, di limiti e flussioni, e di
ricondursi all'analisi algebrica di quantità finite. Questo viene fatto
ponendo a fondamento della teoria lo sviluppo in serie di potenze e costruendo
a partire da queste le funzioni 'derivate', termine che viene qui
introdotto.
Sylvestre
F. Lacroix
Per quanto grande fosse
l'autorità di Lagrange la sua impostazione non si impone presso i
contemporanei. Nello stesso anno in cui vede la luce la Théorie viene
pubblicato anche il primo dei tre volumi del Traité du calcul différentiel
et du calcul intégral di Sylvestre Françoise Lacroix (1765-l843). Il
trattato di Lacroix, vòlto meno ai fondamenti e più alle varie
tecniche, si presenta come una vera e propria summa in cui alla visione
lagrangiana si affianca sia il metodo leibniziano dei differenziali, sia quello
dei limiti. Il successo dell'opera fu notevole, come del resto quella degli
altri fortunatissimi manuali, sui quali si formarono generazioni di matematici,
pensati da Lacroix per gli studenti di ogni livello dell'École Polytechnique e
dell'École Normale. Alla prima edizione, completata nel 1800, si succedettero
numerose riedizioni fino al 1881, nonché numerose traduzioni di cui una in
italiano nel 1829.
Augustin
L. Cauchy
Il problema di definire
più rigorosamente i fondamenti dell'analisi diviene invece d'interesse
primario nei manuali scritti da Augustin Louis Cauchy (1789-l857). Il Cours
d'analyse de l'École Polytechnique, il primo dei tre, viene pubblicato nel
1821 ed è spesso indicato come l'inizio dell'analisi moderna. Cauchy
rovescia qui il punto di vista di Lagrange, eliminando argomenti 'tratti
dalla generalità dell'algebra'. Secondo quella che era stata anche
la visione di d'Alembert, il concetto di limite viene posto a base di tutte le
costruzioni dell'analisi: per mezzo di esso Cauchy definisce la controversa
nozione di infinitesimo e quella di infinito, la continuità di funzione
e, nel successivo Résumé des leçons sur le calcul infinitesimal (1823),
la 'derivata', conservando la terminologia lagrangiana, come limite
del rapporto incrementale.
Bernhard
Bolzano
In
una direzione simile a quella di Cauchy si muove allo stesso tempo Bernhard
Bolzano (1781-l848). Nel 1817 esce il suo opuscolo, Rein analytischer
Beweis des Lehrsatzes in cui, per dare una dimostrazione del teorema degli
zeri, si introducono in maniera rigorosa alcuni concetti come quello di
continuità delle funzioni, di convergenza delle serie, di estremo
superiore. I contributi di Bolzano rimasero però poco conosciuti e furono
riscoperti solo più tardi.
Weierstrass e la trattatistica dell'analisi in Italia
Karl
Weierstrass
A metà
Ottocento, fra le scuole costituitesi in Europa, l'università di Berlino
diviene una delle sedi più importanti per lo studio del calcolo e il
centro privilegiato di ricerca nella direzione di una definizione più
rigorosa dei suoi fondamenti. La tendenza a liberare l'analisi da nozioni geometriche,
di moto o intuitive trova un contributo fondamentale in Karl Weierstrass
(1815-l897). Sua è ad esempio la formulazione del concetto di
continuità di funzione in termini di disuguaglianze di tipo 'epsilon-delta',
già avvicinata da Riemann e ispirata alle lezioni di Dirichlet.
Weierstrass incomincia a tenere le sue lezioni nel 1659 ma solo molto più tardi il materiale relativo viene raccolto e, a partire dal 1894, se ne inizia la pubblicazione. È sostanzialmente attraverso i suoi corsi, a cui assistevano allievi giunti da tutta la Germania e anche dall'estero, che si va sviluppando e diffondendo quel processo, teso a una nuova formulazione dell'analisi secondo un rigore di tipo aritmetico, che Klein chiamò 'aritmetizzazione'.
Ulisse
Dini
Una testimonianza del
diffondersi delle concezioni di Weierstrass in Europa è costituita dai Fondamenti
per la teorica delle funzioni delle variabili reali pubblicata da Ulisse
Dini (1845-l918) nel 1878. Nella prefazione Dini ringrazia Schwarz per le
notizie intorno ai nuovi metodi seguiti dai matematici tedeschi nell'intento di
conferire agli enunciati e alle dimostrazioni dell'analisi quel rigore che
è proprio della matematica. Su questa nuova base Dini imposta i suoi
Fondamenti a cui nel 1880 segue il volume Serie di Fourier ed altre
rappresentazioni analitiche. Le sue lezioni all'università di Pisa
vengono rielaborate più tardi anche nel trattato Lezioni di analisi
infinitesimale, diffuso in varie edizioni litografate e infine stampate nel
1907-l915. I Fondamenti furono letti da Cantor che insieme a Dedekind
progettò una traduzione tedesca che venne però compiuta solo nel
1892.
Giuseppe
Peano
Nel
1884 viene pubblicato anche il trattato di Calcolo differenziale e principii
di calcolo integrale in cui Giuseppe Peano (1858-l932) raccoglie le
lezioni da lui seguite a Torino e tenute da Angelo Genocchi, amico e
corrispondente dei maggiori matematici dell'epoca: da Hermite a Schwarz a
Kronecker e Weierstrass. Peano vi inserisce importanti 'aggiunte' di
teoremi sull'esistenza e la differenziabilità delle funzioni implicite,
sulla continuità uniforme di funzioni in più variabili, sul
calcolo integrale con precisazioni e controesempi.
La teoria dei numeri reali
La sistemazione dell'analisi operata da Cauchy lasciava aperti una serie di problemi legati al concetto di continuità dei reali che si affacciavano ad esempio nello studio della convergenza delle serie di Fourier, della discontinuità e derivabilità, nella definizione stessa di funzione, nell'uso del principio di Dirichlet. Weierstrass nelle sue lezioni ed in alcune comunicazioni presentate all'Accademia di Berlino aveva già sollevato il problema di una rigorosa definizione dei numeri reali che egli considerava come passo indispensabile per la sua teoria delle funzioni analitiche.
Nel 1872 Edward Heine (1821-l881) dà una prima presentazione sistematica delle idee di Weierstrass pubblicando sul 'Journal für die reine und angewandte Mathematik' fondato da Crelle, l'articolo Die Elemente der Functionenlehre. Una redazione molto diffusa e studiata in Italia sull'argomento è il Saggio di una introduzione alla teorica delle funzioni analitiche secondo i principi del prof. Weierstrass, che si apre con l'esposizione dei principi fondamentali dell'aritmetica, la teoria dei numeri interi e razionali e la teoria dei numeri reali. Il Saggio fu pubblicato nel 1880 sul 'Giornale di Matematiche' da Salvatore Pincherle (1853-l936), allievo di Betti e Dini a Pisa, che si era recato a Berlino a seguire direttamente le lezioni di Weierstrass.
Nello stesso anno della pubblicazione dell'articolo di Heine e sui 'Mathematische Annalen' l'articolo di un ex studente di Weierstrass, Georg Ferdinand Cantor (1845-l918), Ueber die Ausdehnung eines Satzes aus der Theorie der trigonometrischen Reihen, ossia 'sull'estensione di un teorema della teoria delle serie trigonometriche'. Qui, dovendo considerare insiemi infiniti di punti in relazione al problema della convergenza delle serie, per poter operare rigorosamente egli premette una teoria aritmetica dei numeri reali. Questi vengono definiti utilizzando successioni di numeri razionali sottoposti alla condizione oggi nota come 'di Cauchy'. Per tali numeri egli definisce il concetto di uguaglianza e le usuali operazioni aritmetiche e distingue poi gli insiemi di punti in varie specie a seconda degli insiemi derivati ennesimi.
Un'impostazione simile si trova nel Nouveau précis d'analyse infinitésimale, pubblicato ancora nel 1872 da Charles Meray (1835-l911) e anticipato nel 1869 da una sua memoria uscita sulla 'Revue des Sociétés Savantes'.
Di natura un po' diversa è invece l'altro fondamentale contributo, dovuto a Richard Dedekind, che appare sempre nel 1872, Stetigkeit und irrationale Zahlen, ossia 'continuità e numeri irrazionali'. Dedekind era stato allievo di Gauss a Gottinga dove aveva seguito anche le conferenze qui tenute da Dirichlet e, insegnando a Zurigo elementi del calcolo, andava maturando le sue considerazioni su un fondamento rigoroso dell'idea del continuo. Partendo dallo studio delle proprietà dei numeri razionali, Dedekind afferma che l''essenza della continuità' risiede in quello che è rimasto noto come 'assioma di Dedekind'. I numeri reali vengono allora creati, abbandonando l'intuizione geometrica per affidarsi all'aritmetica dei numeri razionali, attraverso le sezioni e dimostrandone poi le proprietà di ordinamento, definendo le usuali operazioni aritmetiche e il concetto di limite.
L'integrazione e la misura
Nel Résumé des leçons données à l'École Royale Polytechnique del 1823 Cauchy dà quella che viene indicata come la prima definizione moderna di integrale. Egli considera il caso di funzioni continue su un intervallo, estendendosi poi al caso di funzioni con una o con un numero finito di discontinuità.
In un articolo del 1829 sul 'Journal für die reine und angewandte Mathematik', trattando il problema della rappresentazione delle funzioni in serie di Fourier, Dirichlet solleva il problema del caso di funzioni con un numero infinito di discontinuità, portando anche l'esempio della funzione che porta il suo nome.
Nel 1854 Bernhard Riemann (1826-l866) scrive la tesi di abilitazione per ottenere la libera docenza intitolata Über die Darstellbarkeit einer Funktion durch eine trigonometrische Reihe, ossia 'sulla rappresentabilità di una funzione mediante una serie trigonometrica', che resta sconosciuta fino al 1867 quando è pubblicata a cura di Dedekind. Qui viene introdotto l'integrale che porta il suo nome corredato da esempi di funzioni che pur avendo un numero infinito di discontinuità risultano integrabili. Sulla nuova definizione si innestano numerose ricerche riguardanti le proprietà dei sottoinsiemi della retta, prime tra tutte quelle di Cantor, e si aggiungono via via contributi sulla caratterizzazione dell'integrabilità in relazione all'insieme dei punti di discontinuità come quelli di Hermann Henkel, Paul Du Bois - Reymond, Henry Smith, Axel Harnack, Vito Volterra.
Nello studio dell'insieme delle singolarità si fa strada l'idea di misura come 'Inhalt', cioè 'contenuto', in Du Bois - Reymond, Otto Stolz, Harnack e Cantor. Un concetto di contenuto più articolato, distinguendo un contenuto interno ed uno esterno, e che risulta finitamente additiva, viene introdotto da Peano nelle Applicazioni geometriche del calcolo integrale del 1887. Nella seconda edizione del Cours d'analyse (1893) Jordan espone una trattazione più generale, nello spazio n-dimensionale, con l'utilizzo di plurintervalli.
Nel 1898 Emile Borel (1871-l956) pubblica le Leçons sur la théorie des fonctions. Qui viene data una sistemazione assiomatica a una teoria del contenuto, ora detta 'misura', che risulta avere la proprietà dell'additività numerabile, e viene costruita la classe di insiemi misurabili detti poi 'boreliani'.
Le idee di Borel congiuntamente a quelle di Peano e di Jordan vengono rielaborate da Henri Lebesgue (1875-l941), allievo di Borel, nella tesi Intégrale, longueur, aire pubblicata nel 1902 sugli 'Annali di Matematica' e poste in forma definitiva nelle Leçons sur l'intégration et la recherche des fonctions primitives apparso nel 1904 nella ' Colletion Borel ', una collana sulla teoria degli insiemi e delle funzioni. La teoria della misura in Lebesgue sta alla base della nuova trattazione dell'integrale sulla cui differenza rispetto all'integrale di Riemann egli stesso si sofferma nell'articolo divulgativo Sur le development de la notion d'intégrale del 1926. La misura non è più usata per caratterizzare le discontinuità delle funzioni integrabili secondo Riemann, ma per ampliare la classe delle funzioni suscettibili di integrazione e definire un integrale che, grazie alla numerabile additività, risulta godere di proprietà più efficienti come quelle di passaggio al limite sotto il segno di integrale.
Una teoria della misura analoga a quella di Lebesgue era stata elaborata indipendentemente da Giuseppe Vitali (1875-l932) che nel 1905 fornì in un brevissimo opuscolo anche il primo esempio di una funzione non misurabile secondo Lebesgue.
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