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Ciascuno degli elementi del patrimonio ereditario è chiamato
gene. Ogni gene viene trasmesso da una generazione all'altra in maniera
indipendente da tutti gli altri. Se nella trasmissione di padre in lio i
geni non si 'sbagliassero' mai, cioè se non esistessero forme
'difettose', i ricercatori non si sarebbero mai accorti della loro
esistenza. L'esistenza e l'importanza di gran parte dei geni è stata
scoperta proprio grazie ai difetti o alle malattie che il loro 'non
funzionamento' o malfunzionamento causano. Il concetto di gene però
non deve essere associato a un difetto o a una malattia. Il patrimonio genetico
è una lunga serie di 'istruzioni per l'uso' necessarie per far
funzionare un organismo vivente, sia esso un uomo, una gallina, un
lombrico o un pioppo. Queste 'istruzioni' sono scritte in linguaggio
cifrato su un particolare supporto, il DNA (acido desossiribonucleico). Il DNA
è una macromolecola, ovvero una molecola molto lunga, contenuta nei cromosomi
di ogni cellula del nostro organismo, di cui rappresenta il costituente
più importante e significativo.
Il patrimonio genetico umano nel suo complesso consiste di una sequenza di tre
miliardi di nucleotidi (o basi
azotate: adenina, guanina, timina, citosina), capaci di contenere
un'informazione equivalente a circa mille megabyte. Il patrimonio genetico di
un moscerino contiene duecento milioni di nucleotidi, quello del lievito di
birra venti milioni, quello di un batterio quattro milioni. Attraverso lo
studio delle malattie genetiche e dell'eredità dei caratteri fisici
normali si è compreso che questo lungo messaggio biologico è in
realtà scomponibile in una serie di istruzioni specifiche o messaggi
parziali, dotati di senso compiuto. Ciascuno di questi messaggi parziali
è un gene. Possiamo affermare che il patrimonio genetico (o genoma)
è il complesso di tutti i geni di un determinato organismo. Si è
calcolato che la specie umana presenti tra i 60.000 e i 70.000 geni, anche se
il numero esatto è difficile da stimare.
L'ingegneria genetica
L'ingegneria genetica è una scienza nata circa venti anni fa dalla confluenza di metodologie della genetica e della biologia molecolare. In questi venti anni si è specializzata in una serie di metodologie sperimentali rivolte all'isolamento, alla caratterizzazione e alla manipolazione dei geni. I geni possono appartenere agli organismi viventi più svariati senza che questo incida sulle varie procedure. Come ogni altra disciplina sperimentale, l'ingegneria genetica ha prodotto moltissime conoscenze sulla natura dei fenomeni studiati e forse più di altre discipline ha mostrato o ha fatto intravedere risvolti applicativi di grande portata. Agli inizi degli anni settanta le tecniche biochimiche e biofisiche iniziarono a mostrare dei limiti: erano state utilissime per chiarire gli elementi della biologia della cellula batterica ma la biologia molecolare non era più sufficiente ad affrontare lo studio degli organismi superiori. I geni di questi organismi erano troppo numerosi e la loro interazione troppo complessa; era necessario poter studiare i vari geni uno per uno, separati dal resto del genoma e possibilmente fuori dal contesto della cellula e dell'organismo. Per rispondere a queste esigenze si mise a punto il clonaggio molecolare. Con questo termine si intende un procedimento che permette di disporre di una certa quantità di DNA di un solo determinato gene, scelto fra le migliaia che costituiscono il genoma di una data specie. Una volta isolato in una forma purificata, cioè non contaminato da altro DNA, il gene può essere misurato, pesato e scomposto in vari pezzi fino a determinarne la natura più intima, cioè la sequenza primaria dei nucleotidi che lo compongono. Questa tecnica ha cambiato completamente il panorama della ricerca biologica. Il clonaggio si basa sulla possibilità di inserire in maniera stabile un singolo frammento di DNA in una singola cellula batterica. Questa cellula si replica con enorme velocità e con lei si replica nello stesso tempo il frammento di DNA introdotto artificialmente. Le migliaia di miliardi di cellule batteriche che si originano in poche ore da quella singola cellula batterica contengono migliaia di miliardi di copie identiche di quel frammento di DNA. Queste copie possono essere estratte dai batteri e purificate. Il passaggio per la cellula batterica è servito quindi ad amplificare a dismisura il frammento prescelto. Questa metodologia può anche servire a identificare e isolare un gene mai isolato prima. E' sufficiente suddividere il genoma della specie che ci interessa in sequenze di una certa lunghezza, diciamo 3000 nucleotidi. Questa frammentazione si può ottenere in modo rigoroso e ripetibile utilizzando particolari enzimi, detti enzimi di restrizione, in grado di tagliare il DNA sempre e soltanto in corrispondenza di determinati motivi nucleotidici. Dopo che un gene è stato isolato, l'ingegneria genetica permette di studiarne la struttura, la funzione e la regolazione e di intervenire sulla sua natura. Le prospettive aperte dall'ingegneria genetica nel campo del miglioramento della salute, e più in generale nel campo del miglioramento della qualità della vita, sono enormi.
Vale la pena di considerare che l'ingegneria genetica costituisce certamente uno degli strumenti più potenti che l'uomo abbia mai avuto a disposizione e, come tutti gli strumenti di una certa potenza, anche l'ingegneria genetica ha ingenerato una certa dose di apprensione per le possibilità di un uso sconsiderato.
La terapia genica
La risorsa ultima contro le malattie ereditarie sarà secondo alcuni la cosiddetta terapia genica. Con questo termine si intende, idealmente, la sostituzione del gene malato con una sua copia sana, direttamente nel nucleo della cella malata.
Si tratta di un obiettivo che solo un decennio fa poteva apparire semplicemente
fantascientifico.
Sull'uomo è concepibile solo un intervento di terapia genica sulle
cellule somatiche: si parla quindi di terapia genica somatica. Si tratta
di curare il difetto direttamente nella cellula malata o in un'altra ad essa
correlata. Nei casi migliori il soggetto guarirà ma passerà alla
prole il gene malato, perché questo rimarrà intatto nelle cellule della
sua linea germinale, quelle che danno luogo ai suoi gameti. Occorrerebbe una terapia
germinale per estirpare il gene malato anche dalla progenie, ma ragioni
etiche impediscono di prendere seriamente in considerazione questa eventualità
per l'uomo.
L'obiettivo di una terapia genica sull'uomo è sì l'attenuazione o l'eliminazione degli effetti del danno genetico, ma anche uno stato complessivo di salute fisica e mentale accettabile e compatibile con una vita normale. Occorre quindi saper prevedere l'efficienza del trattamento, la sua durata e tutti i suoi effetti collaterali. Bisogna quindi comprendere appieno tutti gli eventi biologici che stanno a monte e a valle dell'azione di quel determinato gene. Anche a questo scopo è utile la produzione di animali transgenici: in questo caso l'oggetto dello studio non è l'animale transgenico ma il transgene stesso o per meglio dire le sue regioni di controllo.
Un animale transgenico è un animale che porta, inserito nel DNA di tutte le sue cellule, un gene estraneo detto transgene. Il transgene può essere un frammento di DNA proveniente anche da un'altra specie e può essere presente in aggiunta a tutti i geni presenti nell'animale o in sostituzione di uno di essi. L'obiettivo di inserire un transgene in un animale, ad esempio un topo, è quello di far fare all'organismo del topo qualcosa che prima non faceva. Tutto questo può essere indirizzato alla produzione di una sostanza specifica da parte del topo transgenico, oppure allo studio degli effetti del transgene sul topo, oppure ancora allo studio degli effetti del topo sul transgene.
Il primo obiettivo è essenzialmente agricolo o zootecnico. Si possono ottenere mammiferi che producono una determinata sostanza nel latte, galline che producono una certa sostanza nelle uova o piante che producono una sostanza che spontaneamente non produrrebbero.
E' anche possibile però studiare gli effetti del nuovo gene sulle dimensioni dell'animale adulto, sulla produzione di carne, di lana, di latte o di uova nel caso degli animali, di farina, olio o mangimi se si tratta di piante. Si può anche indurre una patologia simile ad una malattia umana per studiarla e tentarne la cura. Si può studiare l'effetto della sovrapproduzione di una determinata sostanza o la possibilità di compensare un difetto con la produzione di una specifica proteina.
Terapia genica in atto
I primi tentativi risalgono al 1989-91, quando diversi comitati tecnico-scientifici istituiti a questo scopo negli Stati Uniti dettero la loro autorizzazione a procedere dopo un processo istruttorio lungo e minuzioso. I primi esperimenti hanno riguardato due malattie: una forma di tumore maligno avanzato ed una immunodeficienza congenita combinata grave, dovuta al deficit di un enzima (adenosin-deaminasi, ADA).
Questi primi tentativi hanno aperto la via ad un'era terapeutica nuova che permetterà il trattamento di malattie finora incurabili: non solo malattie ereditare gravi ma anche malattie acquisite, come le malattie cardiovascolari, i tumori e l'AIDS.
Il DNA viene in pratica usato come medicamento, fornendo a certe cellule un costrutto genico che permetta la produzione locale, regionale o sistemica di fattori proteici o nucleici aventi un interesse terapeutico.
Nell'ambito della terapia più avanzata del cancro, ad esempio, si sta mettendo a punto una strategia particolare. Si tratta di modificare dall'interno la cellula cancerosa in modo da renderla più riconoscibile come estranea da parte delle difese immunitarie dell'organismo e quindi più attaccabile. Questa strategia prevede l'inserzione in alcune cellule cancerose prelevate da u n tumore e coltivate in vitro, di uno o più geni codificanti proteine capaci di fare particolarmente irritare le cellule dell'apparato immunitario dell'ospite. La risposta dovrebbe così rivolgersi non solo contro le cellule cancerose modificate ma anche contro tutte le altre cellule cancerose che, pur non essendo state trattate, recano sulla loro superficie molecole simili.
Un'altra strategia tra le più interessanti è quella del gene suicida. Consiste nell'eliminare specificamente la cellula indesiderata attraverso l'azione intracellulare di una tossina proteica. Si tratta di introdurre in queste cellule il gene che codifica una di queste tossine e di farlo esprimere solo nelle cellule che si vogliono colpire. E' una sorta di bomba a scoppio ritardato che viene azionata dall'evento patologico, come un'infezione virale o l'insorgenza di un tumore.
Un'applicazione promettente di questa tecnica è stata realizzata recentemente in una serie di esperimenti condotti a buon fine presso l'Ospedale San Raffaele di Milano. Il trapianto di cellule di midollo osseo o direttamente di linfociti è ormai un trattamento ordinario per certe leucemie e certi linfomi. In alcuni casi però i linfociti trasfusi attaccano i tessuti dell'individuo ricevente distruggendone organi vitali come il fegato e i reni. Si è pensato allora di introdurre preliminarmente nelle cellule trasfuse un gene suicida che potesse agire a comando. Se il trapianto non crea problemi non si interviene. Nel caso in cui si presentassero problemi di intolleranza viene somministrato un farmaco che uccide selettivamente le cellule che contengono il gene suicida, cioè quelle trapiantate.
La mappatura del genoma umano
Parte integrante del lavoro del genetista è la cosiddetta mappatura dei geni, cioè la localizzazione di ogni singolo gene in punti specifici di cromosomi specifici. Questa localizzazione può avvenire in diversi modi e l'evolversi delle metodologie illustrerebbe bene la storia della genetica.
Oggi si costruiscono mappe fisiche dei vari cromosomi, ovvero mappe in cui i vari geni sono riportati sui cromosomi ai quali appartengono, nell'ordine con cui si susseguono e ad una distanza corrispondente ala lunghezza del tratto di DNA che li separa effettivamente. Grazie all'ingegneria genetica si isolano regioni di DNA cromosomico di 50000 o di 100000 nucleotidi e si determina la posizione dei vari geni che si trovano all'interno di queste regioni. In tal modo si può accertare il loro ordine esatto e le loro distanze con un'approssimazione di qualche centinaio di nucleotidi. Se si vuole poi una precisione ancora maggiore si deve passare alla determinazione della sequenza nucleotidica di certi tratti di questo frammento di DNA o anche dell'intero frammento. Una mappa più dettagliata di questa non può e non potrà mai esistere.
Per completare la mappa fisica di un organismo è però necessario molto tempo: per il 2005 dovremmo disporre dell'intera sequenza degli oltre tre miliardi di nucleotidi che compongono il genoma umano. L'iniziativa internazionale promossa a questo scopo è stata chiamata Progetto Genoma Umano.
Quando questo obiettivo sarà raggiunto avremo a disposizione uno
strumento impareggiabile. Si potrà conoscere, anche se in forma ancora
criptica e codificata, l'informazione biologica che fa di noi uomini quello che
siamo.
Biotecnologie: informazioni di base
Cosa sono
Le biotecnologie, intese nel significato più ampio del termine, possono
essere definite come 'ogni tecnologia che utilizza organismi viventi
(quali batteri, lieviti, cellule vegetali, cellule animali di organismi
semplici o complessi) o loro componenti sub-cellulari purificati (organelli ed
enzimi) al fine di ottenere quantità commerciali di prodotti utili,
oppure per migliorare le caratteristiche di piante e animali o , ancora, per
sviluppare microrganismi utili per specifici usi'.
Caratteristiche
Multidipliscinarietà
Le biotecnologie si caratterizzano per essere un settore della scienza
altamente multidisciplinare in quanto coinvolgono i contributi delle bioscienze
nel loro complesso, ovvero:
- l'agricoltura
- l'anatomia animale e vegetale
- la biochimica
- la biologia cellulare e molecolare
- la chimica
- l'elettronica
- la fisiologia animale e vegetale
- la genetica molecolare
- l'ingegneria chimica e di processo
- la microbiologia
- l'immunologia
Applicazioni
Le biotecnologie si caratterizzano per il fatto di avere grandi
potenzialità di sviluppo e un gran numero di applicazioni che hanno
consentito fin dall'antichità - e consentono tutt'oggi - di migliorare
processi produttivi e prodotti.
Le maggiori applicazioni in atto sono le seguenti:
- Farmacologia e medicina: produzione di farmaci e vaccini;
realizzazione di strumenti diagnostici
- Agricoltura, Veterinaria e Zootecnia: produzione di animali e vegetali
transgenici, più produttivi e resistenti
- Bioindustria: produzione industriale di vitamine, aminoacidi, enzimi,
prodotti alimentari, bevande
- Ambiente: smaltimento dei rifiuti, depurazione delle acque e dei
rifiuti, biorisanamento di habitat contaminati.
Biotecnologie tradizionali e biotecnologie moderne
Con l'espressione 'biotecnologie tradizionali' si intendono le
tecnologie produttive utilizzate da millenni quali l'ibridazione delle piante,
la zootecnia, lo sfruttamento delle attività fermentative dei
microrganismi per la produzione di cibi e bevande.
Le biotecnologie innovative o avanzate sono invece le moderne biotecnologie,
come l'uso industriale, agrario o zootecnico della tecnica del DNA
ricombinante, la fusione cellulare e le nuove tecniche di biotrasformazione.
La scienza avanzata della moderna biotecnologia si basa su una serie di
progressi della genetica molecolare effettuati tra il 1950 e il 1975. Una parte
importante delle biotecnologie innovative consiste infatti nell'individuare,
trasferire e modificare i geni, costituiti appunto da DNA, che contiene le istruzioni
per produrre specifiche proteine funzionali o strutturali.
Le biotecnologie avanzate che promettono gli sviluppi più interessanti e
rilevanti per il futuro sono:
- l'ingegneria genetica (tecniche del DNA ricombinante) utilizzata per la
produzione di farmaci, vaccini e terapia genica
- la tecnica degli ibridomi per produrre anticorpi monoclonali (finalità
diagnostiche e terapeutiche)
- la produzione di vegetali e animali transgenici (per ottenere nuove
varietà)
- la chimica delle proteine (enzimi, ormoni peptidici)
- la produzione di energia
- l'impiego di microrganismi e biomolecole nella produzione industriale
- il biorisanamento ambientale (rifiuti, inquinanti industriali, petrolio)
La biotecnologia più promettente: la tecnica del DNA ricombinante
I successi e le promesse delle biotecnologie avanzate sono resi possibili
grazie ai progressi dell'ingegneria genetica, una tecnologia che permette di
trasferire i geni di un organismo in un altro che, in condizioni naturali, non
avrebbe mai avuto l'occasione di possedere. In natura infatti esistono delle
barriere che non permettono alle specie di mescolarsi tra loro e di creare un
mondo biologico continuo. Tuttavia il corredo genetico delle singole specie
può essere alterato artificialmente attraverso l'inserimento di un gene
estraneo. L'inserimento per avere successo deve avvenire correttamente, senza
cioè alterare i segnali genetici che precedono e seguono il gene.
E' la tecnica del DNA ricombinante che permette questi trasferimenti.
Tappe operative
Finalità
La tecnica del DNA ricombinante consente di:
- produrre proteine di elevato valore farmacologico, medico, commerciale (farmaci salvavita, vaccini e altri composti)
- produrre microrganismi per applicazioni alla bioindustria (farmaceutica, agroalimentare,
chimica) e all'ambiente (biorisanamento)
- produrre piante e animali transgenici più produttivi e
resistenti alle malattie e agli stress ambientali
- produrre animali transgenici a
supporto della medicina e della chirurgia (produttori di farmaci salvavita, donatori
di organi per xenotrapianti)
Strumenti di lavoro dell'ingegneria genetica
- Gli acidi nucleici
La conoscenza della loro struttura e funzione è stata indispensabile per poter individuare il gene da trasferire
- Gli enzimi di restrizione
Consentono di tagliare il DNA in punti prestabiliti e separare il frammento desiderato; altri enzimi (DNA ligasi) consentono poi di legarlo al vettore prescelto
- I vettori molecolari
Consentono il trasporto del gene nella cellula ospite in modo che possa
integrarsi nel suo genoma
- Gli organismi ospiti
I più comuni sono batteri, lieviti, cellule vegetali e animali.
Origine
Se intendiamo la 'biotecnologia' nel senso più lato del
termine e cioè l'utilizzazione di organismi viventi o parti di essi per
produrre sostanze utili all'uomo, usiamo una parola nuova per descrivere una
disciplina antica, risalente ai tempi preistorici con la preparazione di
bevande e cibi fermentati.
In effetti già migliaia di anni fa l'uomo ha iniziato a produrre birra, vino e pane e a trasformare il latte in yogurt e formaggio.
I nostri antenati non conoscevano però i meccanismi alla base della trasformazione di prodotti naturali in cibi e bevande (lievitazione, fermentazione, ecc.) e cioè che vi fossero specifici microrganismi viventi: solo con la costruzione del primo microscopio nel diciassettesimo secolo fu possibile osservare il mondo microbico e ipotizzare che i microrganismi sono alla base di molti di questi processi. E' però Louis Pasteur che verso la metà del secolo scorso comprende e descrive eventi usuali, ma misteriosi, quali la preparazione della birra o la fermentazione del latte, individuando i microrganismi responsabili delle trasformazioni.
Con gli studi di Pasteur che, a ragione, può essere considerato il padre della biotecnologia, vengono così poste le premesse per i processi fermentativi sfruttati dall'attuale bioindustria, che fa uso di colture pure di microrganismi per la produzione di alimenti, bevande e altri prodotti utili.
Le ulteriori fasi di sviluppo delle biotecnologie che consentono il passaggio da quelle tradizionali (scarsa o nessuna conoscenza dei meccanismi biologici alla base dei processi osservati) a quelle innovative, sono legate sì alla selezione e caratterizzazione dei ceppi di microrganismi utilizzati (colture pure che catalizzano specifiche reazioni chimiche) sia alla messa a punto di tecnologie per la loro coltivazione e l'ottimizzazione dei processi produttivi.
La discriminante, che consente però di parlare a pieno titolo di biotecnologie innovative, è rappresentata dalla tecnologia del DNA ricombinante (ingegneria genetica). Più precisamente, verso la fine degli anni Settanta si verificano alcune aperture culturali e metodologiche di grande rilievo per cui diventa possibile ai ricercatori operare a livello del DNA e quindi modificare miratamente il genoma di cellule microbiche, in modo da mutare le caratteristiche produttive e/o funzionali.
Dall'addomesticamento di piante e animali selvatici all'ingegneria genetica
L'intervento dell'uomo sulla selezione genetica, ovviamente attraverso formule naturali, non è un fatto nuovo: per molte migliaia di anni gli esseri umani hanno cercato, infatti, di controllare il loro ambiente influenzando le caratteristiche genetiche delle altre specie.
I metodi a disposizione sono rimasti però empirici e confinati all'osservazione macroscopica delle caratteristiche fisiche (fenotipo) fino a un'epoca che si può definire 'moderna'.
La struttura e le funzioni delle cellule sono rimaste praticamente un mistero fino all'inizio del XIX secolo e parlare di 'genetica' all'epoca di Mendel (1865) sarebbe stato impossibile, malgrado le sue scoperte geniali e ante litteram sulla trasmissione dei caratteri ereditari. All'inizio del nostro secolo la riscoperta dei lavori di Mendel e la disponibilità di mezzi tecnici più potenti hanno permesso di unire le informazioni disponibili circa la biologia e l'ereditarietà e di colmare le lacune e i vuoti esistenti, avviando un processo a cascata che ha permesso alla biologia e alla genetica di progredire fino a raggiungere gli attuali livelli di conoscenza. Oggi infatti le informazioni e gli strumenti a disposizione hanno chiarito notevolmente (ma non completamente) la struttura e le funzioni della cellula, fino a dissezionarla a livello molecolare (si parla infatti di biologia molecolare): questa analisi fine ha permesso di analizzare anche i meccanismi di trasmissione dei caratteri ereditari e di associarli al nucleo della cellula e al suo contenuto, poi ai cromosomi, giungendo infine a identificarli fisicamente con tratti di DNA.
Tra gli esperimenti che hanno effettivamente posto le basi dell'ingegneria genetica si possono ricordare i seguenti. Nel 1928, Griffith dimostra che alcune specie batteriche possono acquisire del DNA esogeno attraverso un processo noto come 'trasformazione batterica' che induce cambiamenti ereditari nel ceppo ricevente, come ad esempio la sa della capsula batterica in ceppi che naturalmente ne sono privi. Si è poi osservato che la maggior parte dei ceppi trasformabili non sono in grado di discriminare tra l'acquisizione di nuovo DNA proveniente da una specie batterica simile e l'acquisizione di DNA da organismi completamente differenti.
Nel 1953 Watson e Crick scoprono il processo di duplicazione del DNA.
Nel 1973 Doy introduce il termine 'transgenosi' per descrivere il trasferimento artificiale di informazioni genetiche (DNA) da cellule batteriche a cellule eucariote, mediante fagi trasducenti; in pratica con questa tecnica i ricercatori sono riusciti a trasferire in cellule umane, carenti dell'enzima b-galattosidasi, il gene batterico capace di sintetizzarlo. In questo modo è stato possibile guarire, in vitro, il difetto genetico inserendo il gene mancante, ove il donatore del gene era addirittura un batterio.
L'affinamento di questa tecnica e l'ampliamento delle conoscenze a livello molecolare hanno consentito l'applicazione dell'ingegneria genetica in campo medico-farmacologico e nella produzione di vegetali e animali transgenici al fine di ottenere nuove varietà e ceppi più produttivi e resistenti alle avversità climatico-nutrizionali e alle malattie infettive.
Produzione di farmaci
Prima dello sviluppo della tecnologia del DNA ricombinante, la maggior parte dei farmaci umani, di natura proteica, era disponibile in quantità molto limitate, sia per gli elevati costi di produzione sia perché il loro meccanismo d'azione non era ben caratterizzato.
Inoltre per i prodotti ottenuti per estrazione dal sangue o da tessuti e organi dell'uomo o degli animali non poteva venire garantita la sicurezza d'uso, a motivo del potenziale rischio di trasmissione di malattie infettive da parte di microrganismi patogeni eventualmente presenti nei tessuti o organi dei donatori.
Sfruttando invece la tecnologia del DNA ricombinante, già illustrata nei moduli precedenti, è stato possibile produrre un'ampia serie di farmaci in quantità sufficiente, molto efficaci e, soprattutto, sicuri nell'uso.
Attualmente oltre 300 differenti proteine, con potenziale o già validata attività terapeutica per l'uomo, vengono prodotte da microrganismi nei qualità è stato clonato lo specifico gene codificante.
L'esempio più eclatante dell'immenso valore dell'ingegneria genetica è rappresentato dalla produzione di insulina umana da parte di batteri geneticamente modificati: il primo farmaco biotecnologico a essere messo sul mercato.
Esistono però varie categorie di farmaci, già disponibili
oppure in fase di registrazione; tra queste:
- ormoni polipeptidici o peptidici (alcuni sono farmaci salvavita; oltre
all'insulina, l'ormone della crescita e l'eritropoietina)
- proteine del sangue (proteine coinvolte nei processi di coagulazione del sangue o proteine che degradano i coaguli)
- immunomodulatori e antitumorali (ad esempio gli interferoni, l'interleuchina-2, il tumor necrosis factor - TNF, il granulocyte -macrophage colony stimulating factor, G-MCSF)
- antibiotici: grazie all'ingegneria genetica l'efficienza di produzione di un antibiotico è stata in alcuni casi aumentata sino a 10.000 volte.
Terapia genica
Sin dai primi sviluppi dell'ingegneria genetica, la ricerca medica si è impegnata nel trovare una cura per le malattie genetiche, mediante il trapianto di geni 'buoni' che possano poi funzionare nelle cellule difettose in modo da correggere il difetto ereditario dell'organismo in toto. Le metodologie attualmente proposte per trasferire frammenti di DNA in cellule animali o umane, queste sono rappresentate da:
- vettori animali, quali retrovirus resi innocui mediante eliminazione degli oncogeni
- liposomi (vescicole lipidiche) riempiti di DNA
- induzione chimica della fagocitosi del DNA
- microinoculazione diretta
Il primo esperimento clinico di terapia genica, basato cioè sul
trasferimento di geni nell'uomo, è stato autorizzato nel 1990 negli
Stati Uniti per il trattamento di una grave malattia ereditaria (l'immunodeficienza
combinata grave o SCID - Severe Combined Immune Deficiency)
Le malattie genetiche che paiono essere i candidati più favoriti per interventi di terapia genica sono quelle provocate dalla presenza di un singolo gene danneggiato che, essendo ormai stato individuato e clonato, può esser sostituito mediante il trapianto di un gene sano.
Tra le malattie che potrebbero venire curate mediante interventi di terapia genica in un prossimo futuro urano l'emofilia, l'enfisema ereditario, la fenilchetonuria, la fibrosi cistica, l'ipercolesterolemia familiare.
Gli sforzi in questo campo sono concentrati principalmente su:
- diagnostica molecolare
- produzione di vaccini innovativi
- applicazioni zootecniche nel settore della riproduzione e dell'alimentazione animale sulla selezione o produzione di linee genetiche resistenti alle malattie, ma nel contempo più produttive.
DNA fingerprinting
Impiegando particolari sonde molecolari, allestite a partire da specifici frammenti del genoma di una specie animale e ibridandole con il DNA di soggetti diversi della stessa specie, è possibile ottenere la cosiddetta impronta digitale del DNA (DNA fingerprinting).
Attraverso questa tecnica è possibile identificare geneticamente un soggetto e fare studi sull'associazione tra un determinato genotipo e i caratteri produttivi o di resistenza alle malattie. Grazie alle tecniche del DNA ricombinante è possibile impostare in campo zootecnico una selezione degli animali in base non solo alla produttività ma anche a criteri immunogenetici.
Biotecnologie applicate all'alimentazione animale
Le modifiche genetiche di batteri e miceti ha permesso di ottenere, mediante processi di fermentazione, miscele di enzimi utilizzabili nei mangimi al fine di incrementare le capacità digestive degli animali, migliorandone quindi le prestazioni produttive.
Animali transgenici
L'intervento consiste nell'inserimento di uno o più geni estranei nel nucleo di oociti fecondati; è così possibile produrre animali con caratteristiche 'nuove', che mai avrebbero potuto acquisire con tecniche naturali. La disponibilità di animali da laboratorio portatori di lesioni genetiche identiche a quelle responsabili di alcune malattie ereditarie dell'uomo consente di comprendere a fondo gli eventi biochimici conseguenti all'alterazione di un specifico gene responsabile della patologia oltre a permettere di effettuare screening preliminari di nuove molecole ad attività terapeutica. Una delle applicazioni più promettenti è lo studio dell'oncogenesi.
Un'ulteriore applicazione degli animali transgenici è volta alla produzione di molecole di interesse farmacologico. Gli animali transgenici ad esempio, possono ad esempio secernere proteine e prodotti farmaceutici nel loro latte. Un altro esempio è l'emoglobina umana ricavata dal plasma di suino transgenico.
Il traguardo più ambito nel campo dell'ingegneria genetica animale è quello di ottenere tessuti e organi animali 'umanizzati' da usare per trapianti. In effetti, il rigetto di un trapianto avviene inizialmente per i danni vascolari causati dagli anticorpi naturali del ricevente verso le proteine delle cellule endoteliali del trapianto stesso. Un organo di origine animale (ad esempio il cuore o il rene di un suino) può essere reso meno reattivo e sostituire quello umano in attesa della disponibilità.
Biotecnologie e ambiente
Il biorisanamento (bioremediation)
La tecnica di biorisanamento o biodegradazione è emersa come una delle principali tecnologie cui rivolgersi per avere un ambiente più pulito: è stata infatti riconosciuta come metodo non costoso e altamente efficiente per rimuovere i composti chimici tossici dai terreni e dalle acque. Fra i composti organici che interessano il biorisanamento vi sono pertanto sia quelli naturali (e quindi biodegradabili) - quali gli idrocarburi - sia quelli di sintesi, che essendo estranei alla biosfera (xenobiotici) sono per lo più non biodegradabili, per lo meno in tempi accettabili, da parte dei microrganismi normalmente presenti in un determinato habitat.
Ceppi batterici specializzati nel demolire tali sostanze possono essere prodotti in laboratorio o naturalmente, cioè selezionando in presenza del contaminante, ceppi mutati capaci di tale attività, oppure ingegnerizzando i batteri in modo da trasferire artificialmente il carattere desiderato.
Una funzione delle biotecnologie in questo settore è quella di affrontare il problema del trattamento dei rifiuti e della decontaminazione dei residui tossici, in maniera ecologia, potenziando i processi naturali.
Il concetto della biodegradazione delle sostanze inquinanti attraverso i
microrganismi è alla base di questa tecnologia che ottimizza la
cooperazione fra microrganismi, favorendo il vantaggio competitivo di quelli
selezionati rispetto agli altri.
I microrganismi presenti nell'ambiente hanno acquisito, nel corso di milioni di anni, la capacità di degradare un ampio spettro di sostanze organiche naturali. Tuttavia questo processo risulta molto lento, mentre lo sviluppo industriale, la moderna zootecnia e l'agricoltura intensiva hanno portato al rilascio nell'ambiente di ebnìormi quantità di sostanze di rifiuto e di sostanze organiche di sintesi.
Le biotecnologie avanzate, partendo da microrganismi già dotati di buone capacità degradative, si sono dimostrate in grado di 'costruire' in laboratorio, attraverso manipolazioni genetiche, ceppi batterici con più ampie o nuove capacità degradative nei confronti di composti sintetici persistenti.
Questo 'potenziamento' si applica sia al trattamento biologico dei reflui che a quello dei rifiuti solidi.
Le normative e le sperimentazioni
LE BIOTECNOLOGIE IN ITALIA E IN EUROPA
La regolamentazione delle attività biotecnologiche si basa oggi su alcuni punti cardine:
la direttiva 90/219/CE sull'uso confinato di organismi geneticamente modificati;
la direttiva 90/220/CE sul rilascio deliberato di organismi geneticamente modificati;
il regolamento 1258/97/CE che regola l'immissione sul mercato dei nuovi alimenti;
la direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.
L'Europa ha affrontato questo tema già nel 1985, istituendo il BRIC (Comitato di interservizio per la regolamentazione in Biotecnologia) con il compito di armonizzare le proposte normative delle Direzioni Generali (Industria, Affari Sociali, Agricoltura, Ricerca Scientifica).
Nel 1986 alcune Direzioni hanno avuto l'incarico di elaborare specifiche direttive:
la DGXI (Ambiente): il rilascio deliberato e l'uso contenuto di organismi geneticamente modificati;
la DGV (Affari Sociali): la protezione dei lavoratori dai rischi relativi agli agenti biologici nei luoghi di lavoro;
la DGIII (Industria): la protezione delle invenzioni biologiche.
L'Italia, quale membro della Comunità europea, ha recepito le prime due direttive nel proprio ordinamento con la legge n. 142 del febbraio 1992 che incarica il Ministero della Sanità del coordinamento in concerto con altre Amministrazioni. Il Ministero della Sanità ha emanato negli anni una serie di decreti attuativi.
In base a tale normativa i prodotti frutto dell'ingegneria genetica sono soggetti a una valutazione, caso per caso, dei rischi connessi al loro impiego (prima dell'emissione nell'ambiente sia a fini sperimentali che commerciali). La valutazione viene effettuata dalla Commissione Interministeriale per le Biotecnologie curata dall'Istituto Superiore della Sanità e integrata da esperti segnalati dal Ministero per le Politiche Agrarie, dal Ministero per l'Ambiente e da altri Ministeri.
L'emissione deliberata può avere due scopi: ricerca e sviluppo o commercializzazione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
Nel caso di richieste per sperimentazione, viene trasmessa all'autorità competente una notifica contenente tutti i dettagli. La sperimentazione potrà iniziare solo dopo aver ricevuto un'autorizzazione scritta e potrà svolgersi solo in conformità ai parametri approvati.
L'autorizzazione al commercio e al consumo viene concessa in presenza delle condizioni stabilite per la tutela della salute e dell'ambiente e solo dopo che sia stato consentito a tutti gli Stati membri della Comunità europea, interessati alla circolazione del prodotto, di formulare le proprie osservazioni. Una volta autorizzato il prodotto, gli stati membri non possono proibire, limitare o impedire l'immissione sul mercato e la vendita sul proprio territorio.
In Italia, prima di arrivare alla libera coltivazione di una coltura di nuova generazione, è inoltre necessaria la registrazione della varietà o dell'ibrido nel Registro Varietale Nazionale, dopo due anni di prove in campo condotte da enti pubblici, al fine di verificare che i caratteri siano distinti, omogenei e stabili. Qualora la coltura richieda l'applicazione di uno specifico prodotto fitosanitario, quest'ultimo deve essere autorizzato per il campo di impiego specifico, fornendo tutta la documentazione prevista dalla normativa sulla registrazione dei prodotti fitosanitari (direttiva 91/414).
PRODOTTI AUTORIZZATI
Nel 1996 è stato autorizzato
il consumo di soia Roundup Ready nell'Unione europea. Nel 1998 sono stati
autorizzati il consumo e la coltivazione di MaisGard, il mais autoprotetto
dalla piralide, nell'Unione europea. Le sementi MaisGard sono registrate nei
registri varietali snoli e francesi; in Italia le prove per l'iscrizione
varietale si completeranno nel 1999.
Il mais Roundup Ready, la barbabietola da zucchero e da foraggio Roundup Ready
e il cotone Bollgard e Roundup Ready sono in fase di registrazione presso
l'Unione europea.
LA SPERIMENTAZIONE IN ITALIA
Alcune colture di nuova generazione
quali la soia Roundup Ready, la barbabietola Roundup Ready, il mais Roundup
Ready e il MaisGard presentano caratteristiche estremamente interessanti dal punto
di vista della competitività dell'agricoltura italiana.
Il rilascio nell'ambiente di queste colture per la sperimentazione è
stato autorizzato nel 1995. Da allora sono state condotte centinaia di prove
sperimentali nelle varie zone agricole italiane al fine di verificare
l'efficacia delle nuove tecnologie, sempre nel massimo rispetto delle
condizioni di rilascio autorizzate.
I dati raccolti confermano sostanzialmente l'esperienza degli altri paesi: alla maggiore redditività della coltura (dovuta all'incremento di produttività e ai costi di protezione più bassi) si associa un minore impatto ambientale (riconducibile alla drastica riduzione di prodotti fitosanitari).
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