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LA GENESI DELL'ARCHITETTURA MODERNA
La nascita dell'architettura moderna, secondo alcuni dipende da diversi motivi:
Il rinnovamento del gusto.
Coloro che si rifanno a questa teoria affermano che l'architettura moderna nasce per spontanea metamorfosi del gusto, un po' com'è accaduto nell'abbigliamento che oggi risulta essere molto diverso da quello utilizzato per esempio agli inizi del novecento.
Una precisa influenza sul rinnovamento del gusto architettonico ebbe la pittura nel passaggio dall'impressionismo al cubismo, il passaggio dall'evanescente charme degli impressionisti alle sagome dure e tangibili dei cubisti.
Confrontando quindi per esempio le opere di questi due movimenti, e facile come anche l'architettura abbia subito un simile cambiamento di forma.
Diversi architetti tra cui Etienne-Louis Boullée e Claude Nicolas Ledoux, infatti, iniziano ad utilizzare tecniche e stili che si mettono in pieno contrasto con quello che fini ad ora era stata l'architettura di quel periodo.
La rivoluzione tecnica.
L'interpretazione meccanicistica della nascita dell'architettura moderna trova nella scienza delle costruzioni i suoi principali argomenti.
In questo periodo l'evoluzione tecnica permette lo sviluppo di nuove forme architettoniche; la nascita dei ponti in ferro, il primo costruito dall'inglese Abraham Darby, ne rappresenta l'inizio, seguito poi per esempio dalla Torre Eiffel che prende il nome dallo stesso ingegnere e dal Crystal Palace (Palazzo di Cristallo) del semplice giardiniere Paxton. Le innovazione oltre che nell'ambito edilizio, si hanno anche nel campo dell'arredamento, infatti, oltre all'utilizzo del ferro, grazie alla scoperta della possibilità di modellare il legno e il ferro stesso, molti architetti tra cui Mies van der Rohe Alvar Aalto realizzano sedie e mobili la maggior parte dei quali utilizzati nei loro stessi edifici.
Gli -ismi astratto - urativi.
In genere la pittura affianca e stimola il rinnovamento dell'architettura.
Trovano concreta rispondenza in architettura sei movimenti astratto - urativi: il cubismo con i suoi derivati, purismo e neoplasticismo; il costruttivismo, cui si collega l'esperienza suprematista; l'espressionismo e il futurismo.
Il cubismo. Durante un lungo tratto di storia, dai murali egizi ai mosaici bizantini, l'uomo ha rappresentato la realtà secondo due dimensioni: altezza e larghezza sul piano. Solo con la scoperta della prospettiva, la visione diviene tridimensionale, e quindi un artista può riprodurre un oggetto anche nella sua profondità.
Trascorsero quattro secoli prima che lo strumento prospettico fosse giudicato insoddisfacente. Infatti, un nucleo di pittori influenzati dalla nuova geometria diversa da quella euclidea, concepiscono lo spazio fisico come relativo ad un punto di vista in moto continuo, e introducono nell'arte la quarta dimensione: il tempo. L'oggetto viene visto dall'artista da più punti di riferimento.
E facile capire come il cubismo confortasse una tendenza architettonica antidecorativa e anticlassica. Se guardate un muro liscio restando fermi, il suo inerte involucro vi potrà sembrare muto e sordo tanto da legittimare un'ornamentazione applicata. Ma se cercate di impadronirvi dei suoi segreti spaziali e plastici camminando, quindi vedendolo dalle diverse angolazioni, nelle diverse ore del giorno, e poi ne pensate il gioco delle forze e delle resistenze, allora anche un semplice muro suscita un interesse talmente acuto che ogni ipotesi di aggiungere una decorazione sembrerà assurda.
Il purismo. Il purismo francese nelle temperie del primo dopoguerra, alla disperazione oppone la profezia di un mondo rigenerato, di una società guidata dalla ragione.
Mentre il pittore Ozenfant, promotore di questo movimento, decanta la bellezza delle forme naturali, Le Corbusier ricerca leggi geometriche elementari. Lui afferma che tutte le composizioni architettoniche si possono ridurre a ure primarie, cilindri prismi cubi piramidi e sfere.
La volontà di racchiudere le funzioni edilizie in prismi elementari rivela un certo connotato classicista. Quando Le Corbusier ne prende coscienza, ha il coraggio di rinnegare il purismo nella svolta eversiva della chapelle de Ronchamp.
Il neoplasticismo. E' un movimento fondato da Theo van Doesburg e dal gruppo De Stijl, il cui tentativo è quello di fornire una sintassi al movimento moderno.
Il pittore Piet Mondrian afferma che ogni composizione può essere ricondotta a delle semplici linee verticali ed orizzontali. Ora bastava soltanto trasportare questa teoria in architettura. A questo proposito Van Doesburg risponde che occorreva anzitutto scomporre il volume in parti bidimensionali, piani o lastre, e poi rimontarli dinamicamente nello spazio, in maniera aperta e quasi casuale. Lo stesso Gropius direttore del Bauhaus anche se inizialmente contrario a questa interpretazione d'architettura è costretto ad assorbirne almeno in parte alcune teorie.
Il costruttivismo. A coniarne il nome fu il pittore russo Malewitch nel 1913. I suoi quadri escludono completamente l'oggetto naturalistico, riducendosi a pochi tratti di simbolica intensità espressiva; al limite, ad un quadrato bianco su bianco.
L'espressionismo. Questo movimento non mira alla creazione di un nuovo vocabolario urale atto a stimolare un ordine, ma esso rappresenta una società disgregata che attende gli esiti catastrofici della prima guerra mondiale e ne soffre gli strazi.
Scaturendo da stati d'animo sconvolti e ribelli, l'espressionismo non ha confini cronologici; se ne decreta il consumo e la morte, poi inaspettatamente risorge. Infatti quando il razionalismo sembra aver vinto la partita, il suo esponente più importante, Le Corbusier, plasma con furore la chapelle de Ronchamp.
Il futurismo. Questo movimento viene proclamato a Parigi da Martinetti e trovò applicazione in architettura, cinque anni dopo, con il Manifesto firmato Antonio Sant'Elia.
L'idea centrale è la rappresentazione del movimento, ma nelle fantasie di Sant'Elia il movimento è tutto esteriore con l'utilizzo di ascensori che sfrecciano lungo mastodontici fabbricati, strade a vari livelli su cui serpeggiano le automobili, treni che slittano nel sottosuolo.
Il movimento va però sempre più affievolendosi per quanto riguarda questa complessità architettonica dello stesso Sant'Elia e per quanto riguarda l'importanza del movimento stesso, fino a limitarsi soltanto ad alcuni allestimenti di mostre.
Alla base del rinnovamento architettonico moderno preme la questione sociale, l'esigenza di programmare un abitata razionale per le masse inurbate, perché senza consapevolezza sociale ed impegno urbanistico è impossibile formulare un linguaggio moderno.
Le vicende sono note. Nel 1801 la Gran Bretagna contava meno di nove milioni di abitanti; nel 1911 aveva superato i trentasei. Nello stesso periodo, dal 1800 al 1910, la Germania vedeva i suoi ventiquattro milioni moltiplicarsi fino a toccare i sessantacinque; in Italia, in settant'anni, dal 1861 al 1931, si passa da venticinque milioni a quarantuno e mezzo. Ma l'incremento demografico è fenomeno secondario rispetto alla distribuzione sul territorio: il trauma dell'Ottocento consiste nell'affluenza di immense folle contadine nei centri industriali, quindi nel dilatarsi delle città e nella rottura dell'equilibrio urbanistico stabilizzatosi da secoli in Europa.
Gli aggregati urbani straripano a macchia d'olio, divorano la camna, inglobano i paesi limitrofi trasformandosi nell'asfittica necropoli moderna.
Le epidemie di colera, l'ascesa della mortalità infantile e della tubercolosi aggettivi inseparabili dell'urbanesimo ottocentesco.
In questo contesto l'architettura riflette una classe dirigente ormai insensibile ai valori ambientali, copia morbosamente gli stili del passato e inventa una decorazione degli interni adatta a raccogliere la polvere.
L'Ottocento preparò lentamente le basi metodologiche del pianificare, cominciando dal nord dell'Europa dove più rapido era stato il processo di industrializzazione e più allarmanti ne apparivano le conseguenze. Non a caso, nel 1797 si fonda in Inghilterra la prima associazione filantropica che si occupa di edilizia, la "Società per il miglioramento delle condizioni dei poveri".
La storia delle utopie fa parte integrante della genesi del pensiero urbanistico moderno. Robert Owen impianta nel 1799 a New Lanark, in Scozia, una fabbrica esemplare intorno alla quale prospera una comunità di tremila abitanti. Nel 1812 Owen elabora un modello di convivenza ideale: un villaggio per una comunità ristretta, che lavori collettivamente in camna e in officina, e sia autosufficiente, possedendo all'interno del villaggio tutti i servizi necessari. Questo progetto Owen lo elabora seguendo quattro punti fondamentali:
Il numero degli abitanti; egli pensa che ogni futuro sviluppo sarà influenzato dalla decisione
su questo punto, che è uno dei più difficili problemi nella scienza dell'economia politica e ritiene che il numero ideale sia compreso fra 300 e 2000.
L'estensione della terra da coltivare; un acro a testa o poco più, quindi 800-l500 acri, da
coltivare con la vanga anziché con l'aratro.
L'organizzazione edilizia e funzionale; secondo Owen, nelle città tradizionali, i cortili,
i viali, le strade creano molti inutili inconvenienti, sono dannosi alla salute e distruggono quasi tutta la naturale comodità della vita umana. L'alimentazione dell'intera popolazione può essere assicurata meglio e più economicamente con una cucina collettiva, e i fanciulli possono essere intrattenuti e istruiti meglio tutti insieme, sotto gli occhi dei loro genitori.
I quattro lati della struttura possono essere adattati a contenere tutti gli alloggi privati. Su una linea che attraversi il centro del parallelogrammo, si potranno erigere le chiese e i luoghi di culto, le scuole, la cucina e il ristorante comune.
L'iniziativa di costruire simili villaggi, essendo economicamente attiva, potrà essere presa
da proprietari terrieri, da capitalisti, da comnie commerciali e da associazioni cooperative.
Il surplus prodotto dal lavoro della comunità, soddisfatti i bisogni alimentari, potrò essere
liberamente scambiato, usando il lavoro impiegato come termine di paragone monetario.
I doveri delle comunità verso le autorità locali continueranno ad essere regolati dalla legge
comune; le comunità heranno regolarmente le tasse in moneta corrente, e gli uomini faranno il servizio militare.
Quasi contemporaneamente a Owen, opera Charles Fourier, un piccolo impiegato francese di Besancon.
La città futura di Fourier sarà costruita secondo uno schema concentrico: in la città commerciale e amministrativa, attorno la città industriale e poi quella agricola. L'altezza delle case sarà regolata secondo l'ampiezza delle strade, mentre le recinzioni dovranno essere abolite e sostituite da siepi.
Questa città, però, viene considerata da Fourier come un passaggio verso un definitivo stato in cui la vita e la proprietà saranno interamente collettivizzate; gli uomini, abbandonando le città si dovranno raccogliere in phalanges di 1620 individui, e alloggeranno in appositi edifici collettivi chiamati phalansteres. A differenza di Owen, Fourier non concede agli abitanti del falansterio alloggi separati; la vita si svolgerà come in un grande albergo, con i vecchi alloggiati al pianterreno, i fanciulli al mezzanino e gli adulti nei piani superiori. Il falansterio sarà arricchito da attrezzature collettive e servito da impianti centralizzati.
Il XIX secolo è caratterizzato principalmente e soprattutto dalle grandi ristrutturazioni urbane, fra le quali troneggia quella di Parigi orchestrata da Georges -Eugène - Haussmann.
Il tessuto medievale della città viene brutalmente squarciato da imperiali rettifili dietro i quali permangono vasti e mutili settori di tuguri. Magniloquenza di chilometriche fughe prospettiche, piazze radiali e inquadramenti monumentali.
Al contrario di Parigi, Londra rifiuta questa megalomania, però nei progetti urbanistici di architetti come John Nash, la soluzione di molti problemi viene rinviata, infatti la città si estende in maniera caotica.
Ma Gorge Dance intuisce, che per risanare la metropoli, bisogna procedere in senso inverso al processo costruttivo, recuperando i nuclei originali e articolandoli in una struttura flessibile.
Vienna mentre respinge gli sventramenti parigini, ma anche l'empirismo londinese. Con Ludwig Forster si riesce ad abbattere l'anello delle vecchie fortificazioni per far posto al celebre Ring, fascia direzionale attrezzata che garantisce un'osmosi tra centro storico e quartieri periferici.
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