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Il nome di Suada Dilberovic probabilmente non dice molto. Si mescola e si perde nella mattanza della guerra che ha investito la Bosnia Erzegovina. Ma è invece un ricordo emblematico . . . . .
All'alba del 5 aprile 1992 i cecchini serbi, appostatisi sulle alture, aprono il fuoco sulla folla, le cui uniche armi erano i sectiunelli "Mi smo za mir ": Noi siamo per la pace. La prima donna ad essere uccisa è una giovane di Dubrovnik, giunta a Sarajevo per testimoniare la voglia di pace. Si chiamava Suada Dilberovic.
Da allora i morti sono diventati circa 300 mila, gli sfollati oltre 600 mila.
La ssa dello Stato jugoslavo della scena storica attraverso una guerra nefasta come quella che ha colpito la Bosnia Erzegovina e la Croazia ha portato poi con sé gli orrori della pulizia etnica, un altissimo numero di rifugiati, gravi conseguenze sociali. Rimuovere dalle menti le atrocità vissute è spesso impossibile .
(DA "SPECCHIO" n° 92)
LA GUERRA E' FINITA MA LA PACE NON DECOLLA
La Bosnia Erzegovina, uscita dagli accordi di Dayton, è ancora un Paese virtuale, diviso dai rancori e dai ricordi.
IL TRIBUNALE INTERNAZIONALE DELL' AIA E' STATO INCARICATO DI GIUDICARE I CRIMINI CONTRO L' UMANITA' NELL' EX JGOSLAVIA.
Negli atti del tribunale si chiarisce che "il panico" era in realta' un attacco a un migliaio di profughi disarmati. Molti tentarono di fuggire nei boschi, furono catturati e giustiziati, altri si suicidarono per non arrendersi vivi.
LA SITUAZIONE ATTUALE NON E' ANCORA CONSOLIDATA.
Succede, in Cambogia: prendi un taxi per Choeung Ek, 15 chilometri da Phnom Penh, emblema delle tante fosse comuni che i khmer rossi hanno disseminato nel Paese, dove un cenotafio pieno di tedeschi e un sectiunello che non menziona responsabili riassumono la tragedia: a destinazione, il taxista, sorriso dolcissimo e imbarazzato, ti confida che preferirebbe non trattenersi troppo: la sua famiglia è finita in quelle fosse. Meglio dimenticare. I corpi arrivano lì da Tuol Sleng, in codice S-21, la scuola francese di Phnom Penh che i torturatori avevano trasformato in campo di stermini grazie a pochi, semplici accorgimenti. Come chiude le balconate con reti. Caso mai qualcuno, sfuggito alla sorveglianza, pensasse al suicidio. Solo qui morirono in 20 mila: restano la loro foto, scattate prima, durante e dopo il trattamento.
E resta una scritta: "Sotto tortura è vietato urlare". A vent'anni dalla fine -ufficiale- del regime di Pol Pot, è ancora difficile stabilire il numero esatto dei cambogiani morti nella Kampuchea Democratica, sulla via di un improbabile socialismo agrario. Bastava conoscere una lingua straniera, o portare gli occhiali, per essere classificati -intellettuali, quindi controrivoluzionari- e finire bastonati a morte, sepolti in una risaia. Con la benedizione , o almeno nel silenzio, della comunità internazionale. Le stime più ottimistiche dicono che ne sono morti un milione, su una popolazione di sette, ma nessun conto comprende le mine inesplose, a volte travestite da giocattoli, disseminate per il Paese da una guerra civile senza fine.
La popolazione cambogiana ha la maggior percentuale mondiale di mutilati. Tra loro sono pochi i bambini, difficilmente sopravvivono alle ferite. La stima dei malati di Aids è meno precisa: il commercio delle giovanissime, rapite o vendute, o entrambe le cose, alimenta un fiorente mercato interno ed estero.
SENZA PROSPETTIVE
L'economia della Cambogia, fertile e ricca di foreste, è stata sconvolta dai conflitti e dalla fallimentare riforma agraria khmer, basata sulla deportazione forzata nelle camne e sull'autarchia. Oggi il Paese ha capacità produttive al di sotto dei livelli raggiunti negli Anni60. Gli ingenti finanziamenti internazionali non bastano: l'incerta situazione politica e la corruzione scoraggiano investimenti a lungo termine.
SENZA FUTURO
La cosiddetta peste del Duemila colpisce la Cambogia forse più delle mine inesplose. La prostituzione è assai diffusa e le cifre ufficiali stimano che il 39 per cento delle cambogiane che ha praticato siano sieropositive ma si ritiene più verosimile che arrivino al 60-70 per cento . Per contro, l'abitudine di usare il preservativo è quasi sconosciuta.
SENZA AMICI
La Cambogia ha il più alto tasso di tubercolotici del mondo, di cui circa il 10 per cento è sieropositivo. Malati e mutilati non godono di molta solidarietà: è convinzione comune che i loro guai siano un'espiazione per colpe commesse durante vite precedenti.
SENZA LACRIME
Quello che più colpisce gli stranieri è l'apparente, quasi serena, impassibilità della gente cambogiana. Una consapevolezza che fa parte della loro forte tradizione buddista, risorta nel Paese dopo che i khmer avevano tentato di estirparla, distruggendo i templi e uccidendo i monaci.
SENZA AIUTO
La Cambogia ha pochi soldi da dedicare a cura e prevenzione. Per questo l'opera di Medici senza frontiere, dall'89 presente nel Paese, è preziosa.
(DA " SPECCHIO")
E' emozionata, la scrittrice Rosetta Loy. Non è abituata a parlare davanti a una platea istituzionale. Così quasi chiede il permesso di leggere un passo del libro di persecuzione degli ebrei durante il fascismo, il testo sulle leggi razziali del 1938 destinato alle scuole.
Il passo racconta che quando le leggi razziali vennero varate dalla Camera di allora, i deputati approvarono per acclamazione fra lazzi e schiamazzi e cantando Giovinezza Giovinezza, tanto per il Presidente dell'assemblea Ciano dovete ricordare ai deputati che era necessario il voto a scrutinio segreto.
Il volume ripercorre gli eventi che portarono il regime fascista a pubblicare il documento sul "Fascismo e i problemi della razza", poi al censimento degli ebrei, poi alle prime norme antiebraiche, fino alle "dichiarazioni della razza" convertite in legge dal Parlamento. Agli ebrei fu vietato sposare ariani, esercitare professioni, seguire la carriera militare, frequentare scuole di ogni ordine e grado, persino di posedere apparecchi radio. E cominciarono persecuzioni, arresti e deportazioni. Continuati anche dopo il '44, durante la Repubblica di Salò, che emanò decreti di espulsione degli ebrei. Conoscere il contesto - l'indifferenza in cui le leggi razziali caddero, la connivenza degli intellettuali, il servilismo dei giornalisti - è importante per capire la responsabilità diffusa che ci fu, il passivo coinvolgimento che potrebbe di nuovo ripetersi.
Il futuro sarà sempre più segnato dalla multietnicità.
Alle quattro del pomeriggio, mentre il sole brucia obliquo il cielo carico di benzene, vengono fuori dal tombino. Il primo sposta la grata. Ha i capelli annodati, occhi di legno, pelle maculata. Le dita sono sottili, le unghie lunghissime. Il viso è scavato e il suo corpo si muove con la lentezza di un vecchio. Ma Alfonso non è vecchio, è il cucciolo di una nuova specie che ha a che fare con l'asfalto, la polvere, il solvente. Alfonso ha 12 anni. E' un chavo, uno dei 20 mila bambini che vivono sotto l'asfalto del Messico, dentro alla polvere delle fogne, senza luce, respirando pvc, il solvente per le vernici che i ragazzini chiamano Activo ,5 pesos per una confezione da 25 centilitri, buona per durare un giorno. L'Activo tiene lontano la fame e la paura. E intanto brucia le narici e gli occhi, il sistema nervoso e il cervello.
Alfonso esce, il primo passo lo fa barcollare. Sbadiglia, mi guarda, dice: "Hai un peso?". Dietro di lui esce Blanca, 13 anni, occhi ammalati. Poi Isabel, cicatrice sul collo e capelli neri. Poi Pedro, Manuel, Jesus. Hanno scarpe sfondate, jeans troppo grandi, magliette strappate. Sono magri, sporchi, striati di fango e grasso, macchiati di cibo. La loro tana sta cinque metri sotto terra. Dal tombino adesso entra un po' di luce, illumina un mucchio di coperte, spazzatura, qualcosa che assomiglia a pantaloni e magliette, una decina di flaconi gialli di Activo, pozzanghere, tre cani addormentati e un qua rto che si gratta. Due tubi tagliano trasversali il cubo d'aria. L'aria sa di solvente, cane fradicio e fogna. Prende alla gola. "Allora ce l'hai un peso o no?". Niente pesos, però cibo in cambio di una storia. "Quale storia?". La tua. "Quanto cibo?". Quello che vuoi. "Quello che voglio. Se mi dai pesos mi compro io quello che voglio". Se ti do soldi ti compri il solvente. "E a te che ti frega?". Mi frega. "Perché pensi che io sia un bambino? Che ridere. Non lo sono più da un sacco di tempo" . . ..
Dormono gran parte del giorno perché è la notte che devono tenere sotto controllo. Ogni adulto per loro è un pericolo, specie se ha una divisa addosso.
Racconta Alfonso, "L'ultima volta mi hanno preso un po' di mesi fa, una notte. Mi hanno legato, picchiato e uno di loro mi ha messo sulla tempia la pistola: ora ti uccidiamo. Invece poi si sono messi a ridere, io stavo per terra, ed ero così gonfio che rotolavo. Mi hanno pisciato addosso, poi se ne sono andati" . ..
(DA "SPECCHIO" n° 108 )
C'E' ANCORA UNA SPERANZA PER I VENTIMILA PICCOLI DISPERATI CHE POPOLANO GLI ANFRATTI DELLA MEGALOPOLI PIU' INQUINATA DEL PIANETA
Vivono nei tombini e "sniffano" solvente. Sono i chavos, i bambini di strada. Una generazione senza speranze né sogni, con un'unica ambizione: riuscire a sopravvivere.
Città del Messico non è più una città. E' una stella che non aspetta più catastrofi perché la catastrofe è già successa.
Nessuno sa quanti abitanti ci siano.
Ogni giorno, da 20 anni, nelle quattro stazioni cardinali dei pullman arrivano campesions e indios in fuga dai deserti, dalle Sierre, dalle migliaia di paesi rurali dove non c'è lavoro né niente.
Li chiamano restavek, il nome che in creolo indica i bambini che dalle camne povere vengono mandati a lavorare come servetti, non ati, nelle città. Il 75% di loro è mal nutrito, viene maltrattato e non sa né leggere né scrivere. Le ragazzine spesso subiscono abusi sessuali.
BRASILE
Il tasso di malnutrizione tra i bambini sotto i cinque anni è del 16.3%, ma delle favelas brasiliane finalmente arriva una buona notizia: la Pastorale per l'infanzia Ong, Organizzazione non governativa fondata dalla Conferenza dei vescovi brasiliani registra i primi progressi nelle comunità in cui svolge la sua attività.
La fine della protezione della defunta Urss, catastrofi naturali siccità e inondazioni e la carestia del '97 hanno messo in ginocchio la fragile economia autarchica del Paese. Un terzo della popolazione è denutrita, soprattutto bambini e donne gravide. L'Unicef ha recentemente ha inviato un carico di 350 tonnellate di latte e 98 tonnellate di biscotti iperproteici. Ma alla fame si aggiunge il problema dell'acqua contaminata, che favorisce la diffusione di malattie. L'Unicef ha chiesto 6 milioni di dollari per fronteggiare l'emergenza in questo Paese.
INDONESIA
Uno dei problemi che più gravemente colpisce i bambini è la carenza di vitamina A, che provoca cecità e danni al sistema immunitario con conseguenze aumento di malattie e mortalità. Il governo si è posto come traguardo l'eliminazione della carenza entro il2000, che intende raggiungere operando attraverso una rete di posyandu centri sanitari . Ma soltanto il 35% delle nascite avviene sotto controllo medico ed i recenti disordini hanno arrestato bruscamente il progetto.
Da un recente rapporto sull'Iraq, risulta che circa un milione di bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione. In Afghanistan, il regime dei Telebani, ha reso prioritario il problema della discriminazione delle bambine, cui è stato impedito di andare a scuola. In Pakistan, il dramma del lavoro minorile palloni da calcio soprattutto è venuto alla ribalta nel '95, con l'assassinio del piccolo Iqubal Masiq, che aveva osato denunciare chi lo sfruttava.
BANGLADESH
In questo Paese, ad alto rischio di disastri, su mille nati 122 non sopravvivono fino ai cinque anni e il 66% di quelli che ce la fanno è comunque malnutrito.
Oltre alla fame, priorità assoluta è la lotta al lavoro minorile, proibito per legge, ma realtà per un quarto dei bambini del Bangladesh. A questo proposito, l'Organizzazione internazionale per il lavoro e l'Unicef hanno recentemente avviato programmi formativi per i bambini lavoratori.
INDIA
La mancanza di acqua potabile è una della piaghe che affligge l'India: qui ogni anno più di due milioni di bambini sotto i cinque anni muoiono per cause legate all'acqua insalubre. Per combattere questo flagello l'Unicef e il Wwf si sono impegnati a lavorare insieme per aiutare le comunità a proteggere l'ambiente e a gestire al meglio le risorse idriche.
La guerra civile che si combatte in Sudan dal 1982 ha determinato una gravissime carestia: le organizzazioni internazionali non hanno potuto intervenire fino a poco tempo fa, per precisa volontà del governo.
In Eritrea, fra i tanti problemi che il governo deve affrontare la guerra in corso non fa che peggiorare la situazione è quello dei "bambini di strada", circa 5 mila ragazzini che vivono e lavorano sulle strade di Massaua e Asmara.
In Somalia cinque milioni di bambini, reduci dalle pesanti conseguenze della guerra civile, hanno dovuto affrontare l'ennesima emergenza, quella delle inondazioni che nel novembre scorso hanno colpito la zona meridionale del Paese.
SIERRA LEONE
Qui la guerra civile dura dal 1989, con conseguenze spaventose sulla popolazione infantile. Circa 700 mila bambini hanno perduto la famiglia d'origine e 2000 di loro sono stati costretti ad arruolarsi nell'una o nell'altra fazione militare: all'occorrenza possono anche essere mandati a rubare o a prostituirsi. I programmi umanitari sono ormai in difficoltà ovunque, anche nelle più tranquille regioni del Nord.
CONGO - RUANDA
Nel febbraio scorso l'Unicef ha lanciato un disperato appello per arginare una terribile epidemia di colera scoppiata in Congo. I bambini sono state le vittime più colpite. Fra le cause di questo flagello, la guerra civile, che ha visto circa 18 mila bambini tra i 9 e i 16 anni arruolati nell'esercito. In Ruanda, è nota la tragedia dei bambini diventati "capofamiglia" dopo aver perduto i genitori nel genocidio del 1994. I 300 mila bambini appartenenti a queste nuove "famiglie" guidate da minori spesso ragazzine sfruttate e che soffrono di forti traumi psicologici sono costretti all'accattonaggio o a vivere della carità dei vicini o del piccolo orto che riescono a coltivare.
(DA "SPECCHIO" n°128)
Due uomini, vestiti di blu, modi gentili e apparente età di 40 - 45 anni. Gli identikit cambiano di volta in volta, ma il racconto che verbalizzano i carabinieri è ormai un clichè. "Si sono presentati come impiegati della Telecom - racconta Piera c., 63 anni, l'ennesima pensionata raggirata in casa -. Dicevano di dover controllare con me alcune bollette perché a loro risultavano dei conteggi errati. Mi avrebbero dovuto restituire dei soldi versati per errore".
Il giochetto questa volta ha reso ai due truffatori un bel bottino: soldi in contanti e gioielli per un valore che sfiora i 300 milioni. In pratica tutto ciò che la signora Piera C. custodiva . .
"Quando ho capito che qualcosa non quadrava, che avevano un comportamento gentile, sì, ma con occhiate d'intesa e cenni sospetti ho cercato di bloccarli, ma loro sono scappati". Sono corsi giù per le scale come fulmini e in un attimo hanno fatto perdere le tracce.
Sono andati a colpo sicuro frugando in pochi istanti nei posti giusti: soldi, oro, gioielli, ricordi di famiglia spersi in cassetti e armadi. Tutto sparito in una manciata di secondi.
In un altro episodio, accaduto nello stesso giorno a Casalborgone, una donna di 71 anni è stata truffata in modo analogo da un giovane che si è presentato alla porta di casa in uniforme da carabiniere. Con la scusa di notificare dei documenti, le ha sottratto 500 mila lire.
"I reati di questo tipo sono in leggero aumento. In linea di massima, comunque, non è bene fidarsi delle visite inattese.
Donne e Islam all'alba del Duemila, un binomio che cambia con le coordinate geografiche. Nello stesso continente, in Tunisia una ragazza mette rossetto e minigonna, in Algeria viene violentata e squartata in nome di Allah; in Pakistan e Turchia l e donne vanno al potere, in Afghanistan sono sepolte vive. Ma non è solo questione di religione . .
Ogni Paese è dunque una realtà a se stante, con una sua storia.
Una volta acquisita l'indipendenza, tutti questi Pesi hanno messo in moto processi di modernizzazione e hanno così legittimato il potere della classe dirigente. I diritti delle donne sono stati spesso strumenti a tale legittimazione.
Ma la legittimazione e l'emergere di movimenti femministi in funzione anti-imperialista non sono bastati a scardinare un sistema particolare e maschilista radicato nei secoli. Il comune denominatore tra i Paesi in cui la maggioranza della popolazione è musulmana resta il fatto che le donne sono considerate, in un modo o nell'altro, cittadini di seconda categoria. Non solo nell'Afghanistan dei Talebani dove non hanno né il diritto di camminare per strada né di lavorare per mantenere se stesse e i propri li. Prendiamo la Tunisia; la sua legislazione è tra te più avanzate. Nel codice civile è prevista la parità tra uomo e donna nel matrimonio, il amento degli alimenti da parte del marito in caso di divorzio, il consenso della madre per le nozze della lia minorenne. Il codice del lavoro prevede la stessa a per le stesse mansioni e proibisce le discriminazioni. La violenza contro le mogli è punita severamente. Ma le leggi non bastano a garantire la parità. La società tunisina, sotto la patina di modernità, con le ragazze vestite all'occidentale, è ancora molto conservatrice. Nella famiglia, per esempio, domina il modello "allargato". La donne deve occuparsi spesso anche dei fratelli e altri parenti del marito.
Niente a che vedere, comunque, con la drammatica situazione delle donna algerine, vittime di un fanatismo che non ha più nulla a che vedere con la religione o la politica. Il contestato codice della famiglia, approvato nel 1984.
Le algerine sono diventate cittadine di serie B, sottoposte al controllo autoritario di padri e mariti.
Molto più dura la condizione delle afghane segregate dai Talebani, che non possono nemmeno andare a scuola. Tant'è che le famiglie benestanti mandano le li a studiare nel vicino Iran, in cui per lo meno le donne possono girare a qualsiasi ora, lavorare e studiare.
E' sufficiente dare uno sguardo al Corano per capire che ciò che Dio aveva rivelato a Maometto rappresentava un passo avanti rispetto a quanto accadeva nell'Arabia nel settimo secolo. Il Corano abolì per esempi l'infanticidio delle bambine. Le nuove norme dettate de Maometto alla comunità mussulmana permisero quindi alle donne di acquisire maggiore libertà personale rispetto alle loro contemporanee europee che vivevano in comunità cristiane. Tanto per incominciare la separazione dei beni. Poi la possibilità di mantenere il proprio cognome per tutta la vita. Nella dura realtà di sottosviluppo e arretratezza, in alcuni Paesi musulmani sono moltissime le donne che fanno i lavori più pesanti per permettere alla famiglia di avere un tenore di vita superiore al semplice livello di sussistenza.
Per quanto riguarda la poligamia, è vero che l'Islam permette all'uomo di contrarre matrimonio con quattro donne contemporaneamente, ma nella legislazione di numerosi Stati questa possibilità è ormai preclusa, in base al principio coranico secondo cui le mogli vanno trattate in modo equo. E anche a Teheran se un uomo vuole contrarre in secondo matrimonio deve andare dal giudice con un paio di testimoni a dimostrare di essere ricco a sufficienza per mantenere entrambe.
(DA "SPECCHIO" n° 111)
Gli ultimi giorni del manicomio . .Chiude dopo aver imprigionato per centoquarantacinque anni la follia, il dolore, la violenza, la crudeltà. Dal 1853, nei suoi lugubri padiglioni sono entrate generazioni di uomini e donne. Quasi tutti ne sono usciti solo da morti, al termine di una vita di patimenti, solitudine, abbandono, in una condizione animalesca. Eh sì, perché sino a tempi non molto lontani, questa gigantesca struttura più che un ospedale è stato una fabbrica di sofferenze, un lager, un immenso canile per umani. Un canile dei peggiori quanto a sporcizia, povertà di pietà e ricchezza di sadismo. Come dimenticare la consuetudine della tortura dell'elettrochoc, l'ordine dei medici agli infermieri "portami su quello che canta", cioè l'infelice da martoriare?
Ancora. Come dimenticare la costrizione di mangiare con le mani, nelle ciotole? Oppure, il mucchio selvaggio di ricoverati in stanzoni luridi? . . . ..
Qui sono rimasti in 250, per lo più anziani perché l'età media è di 65 anni . . . ..Oggi avere 65 anni non significa vecchiezza, però questi sessantacinquenni dimostrano quasi tutti di più, molto di più. Sono decrepiti d'una decrepitezza prodotta dall'istituzionalizzazione, dai guasti che il tempo senza fine, trascorso in manicomio ha sommato a quelli della malattia . . . .
Nel 1980 è stato chiuso il reparto dei bimbi, l'infernale "Villa azzurra" dove erano picchiati, tenuti nudi anche di giorno, legati con le cinghie di contenzione di notte, Poi sono stati smantellati i padiglioni delle Furie (gli agitati), dei Sudici definizione illuminante sulla considerazione in cui erano tenuti i malati) . . ..
(DA "LA STAMPA del 24-l2 -l998)
DOPO 145 ANNI LA CHIUSURA DEL MANICOMIO
Con il 31 dicembre1998 il regno della sofferenza va ad appartenere al ricordo, alla storia . Alla vigilia della chiusura degli ospedali psichiatrici l'ASL 5 lancia un progetto di accoglienza: MALATI DI MENTE IN ADOZIONE.
C'è stato il primo caso di affidamento in Italia. Speriamo che sia stata imboccata la strada giusta!!
VIOLENZA CONTRO SE STESSI
Ha bussato inutilmente a tante porte in cerca di lavoro e poi in preda allo sconforto - e temendo che gli togliessero le due bambine - si è impiccato con una corda. E' accaduto nel pomeriggio di ieri a Tortolì. Il suicida è un uomo di 43 anni, tossicodipendente, che in passato aveva fatto il pescatore. Accanto al corpo nessun biglietto, così come non sono stati trovati messaggi nella casa popolare nel vecchio quartiere di pescatori di Arbatax, dove viveva. Secondo quanto hanno riferito amici e conoscenti, negli ultimi tempi era ossessionato dall'idea che per la sua difficile situazione economica potessero togliergli la patria podestà sulle due liolette.
(DA "LA STAMPA")
VIOLENZA SULLA NATURA
La guerra, questa ina vergognosa della storia europea, pare oggi conclusa, ma nel cuore della Bosnia, le ferite sono evidenti. L'agricoltura, che occupava un terzo della popolazione e garantiva una percentuale del prodotto interno lordo tra le più alte d'Europa, risente ad esempio delle zone ancora minate, il cui costo di bonifica è insostenibile per la debole economia bosniaca.
L'avanzata serba in Bosnia e in Croazia ha mirato sistematicamente ai villaggi, alle chiese, alle moschee, ai cimiteri storici, alle foreste. Una distruzione incomprensibile, che non coinvolge obbiettivi strategici dal profilo militare ma simboli della cultura e della civiltà di un popolo. A Mostar la vecchissima biblioteca dei francescani è stata incendiata sull'onda dell'avanzata serba e oltre o 50 mila volumi storici sono andati carbonizzati. Depositi di munizioni, come quello di 20 mila tonnellate nella foresta di Benedik a Bjelovar, sono stati fatti saltare all'interno dei parchi naturali. Centinaia di viaggi con la caratteristica architettura in pietra sono oggi cittadine fantasma, abbandonate e semi distrutte dai bombardamenti. I profughi hanno lasciato le loro case, i loro boschi, la loro terra.
L'esodo di più di tre milioni di persone, 300 mila civili uccisi, di cui 16 mila bambini. Uno dei più grandi massacri della storia europea. Ma anche decine di migliaia di ettari di territorio distrutti, foreste incendiate, colture danneggiate. La Federazione Pro Natura, associazione ambientale storica del nostro Paese, ha realizzato il primo rapporto internazionale sui danni ambientali causati dalla guerra, dal quale emerge che ben 80 mila chilometri quadrati di ecosistema sono andati perduti o danneggiati. Pro Natura ha organizzato campi e azioni per la ricostruzione. L'ultima iniziativa è un grande volume fotografico sui danni ambientali e sociali del conflitto che raccoglie decine di immagini scattate tra il '92 e il '96. I proventi dell'autore saranno interamente destinati alla Caritas bosniaca per azioni urgenti in favore delle popolazioni colpite. Altre 8 mila lire per ogni volume vendute saranno destinate da Pro Natura alla ricostruzione di un bosco distrutto dalla guerra.
La raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, da quelli urbani a quelli industriali e tossico-nocivi, è una delle emergenze cicliche del nostro Paese. Ma preoccupazione maggiore viene dai rifiuti tossico-nocivi, quasi quattro milioni di tonnellate l'anno. Almeno la metà sfugge ai sistemi di smaltimento legale e rappresenta per mafia, camorra, 'ndrangheta e Sacra corona unita un busines da 2 mila miliardi.
I clan criminali, inoltre, hanno esteso la loro attività dal semplice controllo delle discariche abusive al trasporto e alla commercializzazione, creando così una vera e propria catena di produzione.
(DA "FAMIGLIA CRISTIANA" di Barbara Carazzolo)
AMBIENTE: A CHE PUNTO SIAMO?
Mai come al punto d'oggi l'ecologia, il delicato equilibrio tra uomo e natura viene troppo spesso turbato da agenti esterni. Il risultato è ben poco rassicurante: crescente inquinamento dell'aria e dell'acqua, assottigliamento dello strato di ozono, crescita a dismisura della montagna di rifiuti urbani e industriali, disboscamenti delle zone forestali, specie animali e vegetali in estinzione, piogge acide, effetto serra .
La popolazione mondiale ha cominciato a comprendere la serietà del problema e sta nascendo, una crescente sensibilità ecologica. I primi timidi passi in questo senso sono stati fatti anche nel nostro Paese, gestendo in modo più razionale i rifiuti, grazie alla raccolta differenziata e al riciclaggio dei materiali che si presentano al recupero, quali carta, vetro, alluminio o plastica.
Si cerca di seguire la così detta teoria dello "sviluppo sostenibile", che prevede di salvare progresso e ambiente, con un occhio allo sviluppo tecnologico e economico, ma senza perdere di vista il rischio per l'uomo e il nostro pianeta.
VIOLENZA SUGLI ANIMALI
GLI ANIMALI SOFFRONO
E' una domanda che si sono posti da tempo coloro che studiano il comportamento animale, per cercare di capire meglio quali sono le conseguenze che infliggiamo loro quando li priviamo di libertà.
Forse, per cominciare, sarebbe utile distinguere il dolore dalla sofferenza. Nell'uomo questi due aspetti sono ben evidenti: il dolore è fisico, la sofferenza è psicologica.
DEPRIVAZIONE
Negli animali esiste naturalmente il dolore fisico, ma quanta sofferenza può esistere? Difficile dirlo anche perché c'è un terzo aspetto che viene ad inserirsi tra il dolore e la sofferenza: la deprivazione.
Nell'uomo è assai più rara mentre tra gli animali la si ritrova oggi correntemente nelle gabbie, negli allevamenti meccanizzati, nel commercio più o meno clandestino ecc.
Nell'uomo la grande capacità di adattamento mentale riesce spesso a compensare certe deprivazioni (se si verificano in età adulta): l'uomo può sopportare, entro certi limiti, la prigionia e persino l'isolamento, può adattarsi a condizioni di super affollamento. L'animale molto meno.
Nell'animale la deprivazione delle condizioni naturali per le quali è stato progettato può portare non solo a comportamenti anomali ma a vere patologie.
LA SOFFERENZA
Se inavvertitamente pestiamo una zampa al nostro cane e lo sentiamo guaire di dolore, siamo immediatamente partecipi della sua sofferenza, perché il cane fa parte ormai della famiglia umana.
La sofferenza la si legge anche negli occhi delle scimmie che languiscono per settimane o mesi nelle minuscole squallide gabbie dei negozi di animali.
E' una sofferenza psichica la loro, forse più penosa di quella fisica. Non sanno ovviamente quale sarà il loro destino , ma, con l'estrema sensibilità che le caratterizza, soffrono per la coercizione innaturale in quello spazio angusto e per l'isolamento che le separa dai comni di branco. Il loro sguardo è triste come quello di un bambino infelice.
La cattura è già di per sé un fatto terribilmente traumatizzante. Il modo più semplice per impadronirsi di una scimmietta o di un cucciolo di un qualunque mammifero è quello di uccidere la madre che ancora lo tiene in braccio o aggrappato al dorso. E alla cattura segue il sistema barbaro di trasporto. Gli animali non sono più esseri viventi. Diventano "merce". Vengono accatastati gli uni sugli altri per farne entrare il maggior numero possibile in gabbie, nei carri bestiame, nel bagagliaio dei aerei o nelle stive delle navi. E c'è poi il lungo viaggio dai paesi d'origine a quelli di destinazione con le sue inenarrabili peripezie, le soste estenuanti sulle banchine assolate, negli aeroporti o nelle stazioni ferroviarie senza acqua né cibo, i bruschi sbalzi di temperatura spesso fatali agli organismi più gracili e delicati. Molti muoiono di sete o d'inedia. La conclusione è che ogni animale che arriva più o meno malandato ma vivo a destinazione, altri quattro o cinque muoiono per strada dopo incredibili sofferenze.
CIRCHI E ALLEVAMENTO
Il modulo della sofferenza animale è sempre più ricco e documentato. Soffrono gli animali da circo, tigri, cavalli, elefanti o leoni sottoposti a metodi di ammaestramento non sempre indolori, specie quando li si vuole costringere ad assumere posizioni per loro assolutamente innaturali, soffrono gli animali domestici negli allevamenti intensivi.
Quel beato bovino, ovino o suino che un tempo aveva la gioia di godersi il tepore del sole all'aria aperta, di accoppiarsi, di mettere al mondo i li e allattarli secondo natura, è diventato una sorta di robot, legato a un'inflessibile catena di montaggio. Chiuso in recinti angusti, illuminati artificialmente, subisce la violenza quotidiana dell'uomo che lo costringe a una vita del tutto innaturale. Il piccolo non conosce la propria madre. Poco dopo la nascita viene separato da colei che l'ha messo al mondo. Le mucche da latte, d'altra parte, per effetto della selezione artificiale, sviluppano capezzoli di una forma tale che si adattano perfettamente alla macchina mungitrice, ma non alla tenera bocca del bebè. E cosi il neonato, nelle primissime ore di vita, non riesce a succhiare in quantità sufficiente il colostro (il liquido che precede l'emissione del latte), ricco di quel corredo di anticorpi destinati ad aumentare la sua resistenza alle malattie.
TECNOPATIE
La femmina viene inseminata artificialmente e porta a termine la gravidanza, portando magari nell'utero il lio di un'altra e il suo latte viene spremuto da una macchina. Quale meraviglia se in condizioni cosi innaturali dell'insorgenza sempre più frequente nei bovini di nuove malattie di natura psichica o, come si dice, di "tecnopatie"? I polli "ruspanti" sono ormai una rarità.
La stragrande maggioranza dei polli in commercio proviene dagli allevamenti in batteria, dove gli animali vengono stipati fino all'inverosimile, al punto che non hanno nemmeno spazio per allargare le ali - ciascuno dispone solo di pochi centimetri quadrati. Si tengono i pulcini in ambienti illuminati artificialmente 24 ore su 24 per farli crescere rapidamente nelle prime due settimane di vita e più tardi li si tiene nella semioscurità, per attenuare il cannibalismo provocato dal sovraffollamento. Per ottenere il prelibato "patè de foie gras", si mettono le oche all'ingrasso, ingozzandole a viva forza con una macchina elettrica che scorre da un uccello all'altro conficcandogli l'alimento direttamente nell'esofago. Sopravvivono ancora oggi barbare usanze di feste religiose in cui torturano e sacrificano animali.
A CACCIA
Quanto alla caccia, non è stata né abolita né limitata. Ci si diverte sempre a sparare per sport sugli uccelli migratori che nei loro lunghissimi viaggi giungono stremati nei nostri cieli . E ai fucili si aggiungono le esche avvelenate che provocano negli animali un'agonia straziante, e le trappole che, facendo scattare la tagliola, stringono in una morsa la zampa del procione, del coyote o del coniglio selvatico, ferendoli a sangue. Tutto questo l'uomo lo fa coscientemente. Ma ci sono anche le cause indirette che provocano sofferenze e morte o minacciano addirittura la sopravvivenza stessa della specie.
MAREA NERA
La minaccia più drammatica è quella del petrolio. Il numero delle petroliere che solcano gli oceani è enormemente aumentato negli ultimi decenni. Di conseguenza milioni di tonnellate di greggio si riversano ogni anno nei mari del mondo. A parte gli incidenti, le falle e le perdite, sempre più frequenti, c'è il semplice lavaggio delle petroliere. Riversa in mare quantità enormi di greggio, che si diffonde all'intorno, ricoprendo la superficie di un sottile strato oleoso. E' la marea nera, la lebbra che contagia la vita marina a tutti i livelli. L'effetto è devastante per gli uccelli marini che, tuffandosi fra le onde per catturare i pesci, rimangono invischiati e immobilizzati dalla vernice oleosa che li avvolge come un mortale sudario. Sule, bassane, gabbiani, urie, folaghe, pulcinella di mare, cormorani sono le vittime più frequenti dei drammi. Il petrolio toglie al piumaggio due requisiti fondamentali: l'impermeabilità e il potere isolante. Perduta la naturale protezione termica, gli uccelli si trovano il corpo in acque freddissime.
Un particolare di crudeltà verso gli animali, è quello degli allevatori che selezionano particolari mutazioni che conferiscono all'animale un aspetto insolito e a volte mostruoso. Per il gusto del sorprendente o dell'originale vengono così create razze condannate alla sofferenza.
MOSTRI
Chiunque pratichi l'allevamento sa come ogni tanto compaia il mutare, lo "scherzo di natura". Ebbene, l'uomo soffre a buttar via le novità, preferisce piuttosto riprodurle. Ed è così che nascono razze domestiche "mostruose".
Penso a certi pesci rossi cinesi, a canarini gobbi e infelici, penso ai tanti cani dal muso così accorciato da avere serie difficoltà a respirare, o dalla pelle così sovrabbondante da soffrire spessissimo, nelle pieghe cutanee, di varie fastidiose patologie.
Eppure, una volta che il "mostro", con tutte le sue distorte caratteristiche morfologiche, fisiologiche e comportamenti, può essere riprodotto in modo uniforme, così da poter venire codificato in una razza di cui gli allevatori stilano uno standard, automaticamente smette di essere "mostro".
Violenza nella pubblicità e sui mass-media
La "patologia" di cui stiamo parlando ha galvanizzato le cronache negli ultimi mesi. Si chiama "shock da film" e inquadra bene gli incubi e i disturbi del comportamento che hanno colpito Luca, un bimbo di otto anni di Genova. Improvvisamente introverso e scontroso in casa, ogni notte sogna la morte dei genitori. La causa dei turbamenti? La visione degli inquietanti telefilm di X-Files.
Un altro caso a Savona. Qui due ragazzi, durante la proiezione del film Mary Reilly, rielaborazione del mito del dottor Jekyll e di mister Hyde cominciarono a sentirsi male: volto sbiancato, "fame d'aria", battito cardiaco irregolare. E finiscono al pronto soccorso.
E poi da Parigi l'inquietante notizia di un'esplosione di follia. Una donna uccide il marito, i due li e poi si impicca. Pare - detta degli investigatori - che a far scattare la molla dell'eccidio sia stata la perturbante visione del film Copy cat, incentrato sulle gesta sanguinarie di un manicomio.
La "temperatura emotiva" di un film può ferire la psiche e il corpo?
E' un rilievo confermato da altre ricerche condotte già negli anni settanta: per esempio, un'indagine che aveva per oggetto la visione di scene di violenza (dal film Arancia meccanica) accertò nelle persone esaminate una netta decelerazione della frequenza cardiaca, nonostante un incremento del tasso nel sangue di adrenalina (che tradizionalmente è l'ormone della "paura", per la sua spiccata azione stimolante sul sistema nervoso cardiovascolare).
Il film, con i suoi simboli visivi e acustici che stimolano il reale, induce una modificazione nel nostro organismo. Molto dipende dalla sensibilità individuale, dalla storia di quella persona, dal suo equilibrio psicologico generale, ma anche dall'occasionale condizione psicologica in cui si trova (per recenti esperienze negative) al momento di "entrare" nella realtà virtuale del film.
(DA "CORRIERE SALUTE" di Edoardo Rosati)
I MISFATTI DELLO SCHERMO
Ha commentato un esperto: "In uno spettatore dal profilo psicologico "disturbato" un film carico di emozioni negative può avere lo stesso effetto di una palla da golf scagliata in un negozio di cristalli: è assai facile, insomma, che qualcosa si rompa, che il malessere psichico di quella persona subisca un vero contraccolpo e si traduca in un comportamento patologico. Certo, si tratta di episodi isolati, ma in una società sempre più fondata sull'immagine quale sarà quella che ci attende nel Terzo Millennio, sono destinati ad aumentare".
La televisione è ingannatrice e non conosce frontiere la sua degenerazione. Ma qual è il rapporto effettivo tra ciò che scorre sul teleschermo e la nostra vita? La ricerca sugli effetti dei mass-media riempie ormai intere biblioteche, esistono in proposito numerose e diverse interpretazioni.
In primo luogo, la televisione è un'inesauribile fonte di violenza. Per chi non lo avesse ancora notato, la programmazione televisiva rappresenta un numero molto più alto di atti di violenza, di quanti la società effettivamente registra. La società americana è considerata quella a massimo livello di criminalità, eppure il rapporto quantitativo tra gli omicidi reali e quelli della rappresentazione televisiva ha dell'incredibile: uno contro mille, cioè, a fronte di un crimine realmente perpetrato, in media la TV rappresenta mille omicidi. Contro la ricorrente obiezione degli esperti che si ostinano a volerci far credere alla maturazione del sistema televisivo, è sufficiente citare qualche altro dato. Secondo una ricerca sui programmi di tutto il 1995, si è giunti all'affermazione dell'esistenza di reti TV che programmano addirittura l'85% di trasmissioni violente. Le grandi reti tradizionali via etere sono più attente alla scelta dei programmi, ma in ogni caso la media delle trasmissioni con scene di violenza è intorno al 57%.
Nel 73% dei casi, i personaggi che commettono atti violenti nei telefilm non vengono puniti. Una minima parte dei tele criminali finisce male. Il che ovviamente dà agli spettatori l'idea che l'uso della violenza è generalmente coronato dal successo.
La televisione conferma un'idea astratta di violenza, rappresenta il gesto ma non le conseguenze reali. Nel 58% dei casi delle immagini analizzate, le vittime non provano nemmeno dolore fisico e quasi nella metà dei programmi (47%) le violenze presentate in TV non producono dolore fisico.
Venendo al caso italiano: in media, ogni settimana di televisione ci presentava, alla fine degli anni Ottanta, oltre 10000 casi di violenza. Adesso, purtroppo, il numero è ancora salito. L'altissimo tasso di criminalità delle rappresentazioni televisive non resta poi senza conseguenze concrete. Un dato da brivido viene da una ricerca dell'università di Washington: circa la metà dei crimini vengono commessi per diretta imitazione o per conseguenza della visione di scene televisive; la violenza rappresentata in TV causa, in numero assoluto, 70 mila stupri e 700 mila aggressioni all'anno nei soli Stati Uniti. La violenza televisiva narcotizza la nostra dimensione morale e può essere disastrosamente portatrice di altra violenza, reale.
(DA " MALEDETTA TV" di Paolo Martini)
Che effetto fa la violenza in televisione? Dipende da chi la guarda, naturalmente. Se guardo un film, e vi sono scene di violenza, percosse, risse, persone che barcollano sotto i pugni, smorfie di dolore, provo disagio, e cambio canale. Forse ho l'animo tenero, non so. Ma ad altri piace, è evidente: perché continuano a guardare. E fra coloro che continuano a guardare, affascinati, ci sono anche i bambini . .
. Tutto dipende dal grado di sintonia fra programma televisivo e spettatore. Se non c'è sintonia, l'effetto è nullo.
Se invece gli spettatori sono naturalmente predisposti alla violenza, lo spettacolo violento accentua la loro predisposizione. E' per questo che la televisione violenta è perniciosa di fronte ad un pubblico di bambini. Fra di loro, la predisposizione alla violenza c'è, disgraziatamente . .Il controllo sulla televisione non deve essere un alibi per sfuggire alle proprie responsabilità. La chiave del problema è nella famiglia: i bambini riflettono la natura e la mentalità dei genitori e dei familiari.
La televisione è spesso dannosa, ma ancora più dannosa è l'usanza, sempre più diffusa, di servirsene come di un narcotico per tenere i bambini più tranquilli. I bambini danno fastidio? Li si mette davanti al televisore, non preoccupandosi di quel che e sullo schermo, e ci si occupa d'altro.
Questa è l'origine di tutti i mali: l'abdicazione della famiglia di fronte al diversivo della televisione . ..Chi alleva i li, d'altra parte, deve sorvegliarli anche quando si piazzano davanti al televisore. Se riescono a far capire loro che la violenza è un male esecrabile, i genitori dimostrano di essere educatori (quasi) perfetti.
( DA "LA REPUBBLICA", di Piero Ottone )
UN CARTONE PIENO DI VIOLENZA
Le scene di violenza in televisione e al cinema, che servono per avvincere lo spettatore, sono molto aumentate in questi ultimi anni anche nei programmi rivolti ai bambini, tanto da costituire una preoccupazione.
Vi sono modelli aggressivi anche nei cartoni animati. Quali sono la scene di violenza che possono impressionare i più i bambini? L'età è un fattore critico.
Uno studio sull'imitazione dei modelli aggressivi da parte di bambini di età prescolare dimostrò che i piccoli apprendevano le reazioni aggressive sia dai cartoni che dai film con personaggi veri. Altri studi, invece, con bambini di età scolare hanno mostrato che disegni animati del tipo Tom e Jerry non incitano alla violenza, in quanto il contenuto del messaggio è fortemente mitigato dall'umorismo. La violenza rappresentata può essere infatti di vari tipi: realistica o non realistica, funzionale al racconto o gratuita, convincente o umoristica, condannata nella storia oppure esaltata e così via .
Un altro fattore critico è il messaggio dominante nella storia. Per esempio, il senso delle storie animate su Batman è che la violenza usata per vantaggio personale è punita, mentre è ricompensata quella utilizzata dai "buoni" per il bene comune. Qui la violenza non è presentata in chiave umoristica e i bambini imparano che quella dei buoni è lecita. Analogamente, in alcuni cartoni orientali un messaggio ricorrente è l'olocausto, il sacrificio personale sino alla morte, che può avere il suo impatto su una mente non ancora formata.
Va anche ricordato che alcuni studi dimostrano che i bambini non reagiscono tutti nello stesso modo al programmi televisivi e che alcuni sono più reattivi, specialmente quando hanno già qualche problema. E' opportuno prestare attenzione alla cosiddetta "violenza implicita" non legata alle trame ma ai modi espressivi.
(DA "CORRIERE SALUTE" di Anna Olivero Ferraris" )
PUBBLICITA'
L'arroganza delle merci ci sommerge di segnali che occupano ogni angolo, ogni interstizio della nostra esistenza, segnali che ormai non percepiamo neanche più.
Nella nostra vita mentale non esistono più attimi di silenzio. L'influenza della pubblicità è tale che persino le nostre categorie mentali sono cambiate e ci portano a tentare di convincere anziché a comunicare.
Un grave contagio è già avvenuto e sta diffondendosi rapidamente.
E' una sindrome da immunodeficienza celebrale verso il virus della stupidità.
Una malattia i cui sintomi più evidenti si manifestano nella perdita totale di senso critico da parte del pubblico.
In seguito si verifica la perdita progressiva di ogni forma di curiosità intellettuale.
(DA "LA MORTE DELLA PUBBLICITA'" di Bruno Ballarini)
IL MONDO COMPRATO DAI RAGAZZI
I pubblicitari coltivano un'utopia: un mondo fatto di soli bambini, possibilmente ricchi. Un piccolo grande popolo di giovanissimi sta lì, per ore, davanti al video, pronto a bersi con avidità una marea di accattivanti, bellissimi, confezionatissimi prodotti. Una platea di manti disarmate -anzi golose- senza filtro, incapaci di qualsiasi attività critica, sapientemente alternata ai programmi pomeridiani di cartoni animati.
Tutti i genitori, ogni giorno, devono affrontare delle piccole, implacabili macchine desideranti, che vivono in un universo parallelo.
( DA "LA REPUBBLICA" di Gregorio Botta)
Si tratta di sistemi che per la loro stessa natura offrono l'informazione "confezionata" in modo ben diverso l'uno dall'altro e, soprattutto, presuppongo un tipo di partecipazione diversa da parte di chi riceve l'informazione, lettore o spettatore che sia.
La carta stampata coinvolge più attivamente il destinatario dell'informazione, perché presuppone il suo impiego cosciente nella lettura. La radio, il cinema la televisione soprattutto, lasciano lo spettatore in una condizione più passiva. C'è un altro rischio comune un po' a tutta l'informazione dei mass-media. Ogni informazione è in genere manipolata già sul nascere e non è mai completamente obbiettiva: i giornali, i programmi televisivi o radiofonici sono espressione delle idee di determinati gruppi politici ed economici e sono portavoce dei loro interessi. Ecco perché occorre imparare a "leggere" dentro la notizia, scritta o vista che sia, maturando un certo distacco critico, in modo da non essere coinvolti solo emotivamente, ma anche razionalmente.
Le influenze negative sui minori di certi programmi televisivi ritenuti troppo violenti o moralmente inadatti hanno recentemente aperto un ampio dibattito.
Seria preoccupazione è stata espressa dal Papa e dal Presidente della Repubblica. "La TV è una baby-sitter pericolosa" ha ammonito il Pontefice. "Questa televisione violenta è andata oltre il limite del lecito" ha accusato il Capo dello Stato.
Nel gennaio del 1995, al Congresso degli Stati Uniti, Bill Clinton ha ricevuto un lungo e caloroso applauso quando ha affermato che la violenza dei media è motivo di preoccupazione e ha proposto il V-Chip, un congegno elettronico anti-violenza in grado di oscurare la immagini inadatte ai minori, da inserire in ogni televisione. In Italia sono stati introdotti i "bollini" di avvertimento, ma non risolvono il problema perché si calcola che il 52% degli adolescenti abbia il televisore in camera e che i bambini siano speso soli in casa.
In particolare quando si viene bersagliati dagli spot pubblicitari: se non si cerca di guardare con distacco gli slogan martellanti, si finisce di essere schiavi.
Dice la psicoterapeuta Vera Slepoj: "Da anni gli esperti del settore denunciano i danni gravissimi della cattiva pubblicità sui bambini: obesità, impossibilità di decodifica dei messaggi, mancato sviluppo della creatività. Il bambino è in una condizione di passività, non è in grado di scegliere, di distinguere ciò che è bene da ciò che è male".
LE MIE CONCLUSIONI
In questi ultimi tempi la violenza sembra moltiplicarsi sempre di più. I giornali aumentano le loro ine di cronaca, alla televisione si parla in continuazione di violenza, in tutte le sue sfaccettature.
Secondo me, spesso la violenza è la conseguenza dell'egoismo, si vuole sempre di più e non ci si preoccupa se a farne le spese sono i bambini o i più deboli .
Ho letto recentemente una poesia di Luis Mac Neice che può comunicaci una sensazione particolare ma può anche farci riflettere; si intitola :
PREGHIERA PRIMA DI NASCERE
Non sono ancora nato; oh, ascoltami.
Non sono ancora nato; consolami
Temo che la razza umana mi muri tra alte mura .
Non sono ancora nato; procurami
l'acqua che mi culli, l'erba che cresca per me,
alberi
che mi parlino, cieli che mi cantino, uccelli e una
bianca luce
dietro la mia fronte che mi illumini.
Non ci si preoccupa dei danni che si possono arrecare all'ambiente che ci circonda come dice giustamente Jacques Prévert in:
TANTE FORESTE
Tante foreste strappate alla terra
e massacrate
distrutte
rotativizzate.
Tante foreste sacrificate per la pasta da carta
di miliardi di giornali che attirano annualmente
l'attenzione dei lettori sui
pericoli del diboscamento delle selve e delle foreste.
Forse la violenza è anche una conseguenza del progresso tecnologico che ha creato una nuova ideologia secondo la quale l'uomo pensa di poter raggiungere la perfezione e, in casi estremi, sostituirsi a Dio.
Un tempo, come ora, sono sempre valide le parole di Bertold Brecht:
ASCOLTA GENERALE
Generale, il tuo carro armato
è una macchina potente:
spiana il bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta
e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Ed è proprio la libertà dell'uomo che lo fa scegliere fra il bene e il male. Finchè l'uomo non imparerà ad amare se stesso e gli altri ci sarà sempre violenza.
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