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La 'rivoluzione personalista' di Emmanuel Mournier
Poche settimane prima della sua morte Emmanuel Mournier scriveva ad un suo amico:
Sono un intellettuale. Questa parola richiama alla mente un certo numero di atrofie e di tic. Mi guarderò da credermene esente. Ma spesso ripenso con riconoscenza ai miei quattro nonni contadini, veri contadini tutti e quattro, con le scarpe infangate, la levata alle tre ed una fetta di salame in mano. Quando, malgrado tutto, mi sento così straniero alla mia gens, come gens, quando mi ribello all'ipocrisia, alle espressioni ampollose, alle piroette o, sull'altro versante [universitario, n.d.r.], all'agghiacciante atteggiamento di sussiego, avverto uno dei miei nonni che reagisce in me, il suo sano realismo che mi scorre nelle vene, l'aria dei suoi campi che purifica i miei polmoni, ed io ringrazio.
Scrive poi ancora, all'amico Touchard:
Sono un montanaro, sono come un lago di montagna. Nessuna increspatura alla superficie, una limpidezza disumana; ma il torrente rumoreggia sul fondo.
Mournier, oltre al suo sentitissimo cristianesimo, così afferma l'altro caposaldo del suo pensiero. Morirnier abbandona ogni dogmatismo sociale, gnoseologico o politico, per lui tutte deve essere guardato da un punto di vista semplice e cristallino. Da questo punto di vista allora, dal punto di vista di semplici contadini, il nostro filosofo non può accettare le immense costruzioni filosofiche e ideologiche che tentavano di mutare il mondo in un modo incompresibile sia alle masse povere e incolte sia agli stessi individui intellettuali e critici. In questo modo Mournier arriva alla conclusione personalistica.
La Rivoluzione Personalistica
In un articolo di fondo su 'Esprit' Mournir paragono l'epoca di crisi a lui contemporanea a quella immediatamente precedente al Rinascimento; se il Rinascimento uscì dalla crisi del Medioevo e la risolse, la rivoluzione personalistica e comunitaria potrebbe risolvere la crisi del XX secolo. Il personalismo dovrà essere uno sforzo integrale per comprendere e superare la crisi dell'uomo del XX secolo nella sua totalità e questo potrà essere possibile solo a patto che si metta a centro dell'azione e della discussione teorica la persona. Ma cos'è la persona?
Essa non corrisponde alla coscienza che io ne ho, dato che posso accorgermi solo di incompleti frammenti di individualità, ma non è nemmeno uno dei personaggi che io sono stato in passato e che continuo a tenere in vita per vigliaccheria o pigrizia. La mia persona non corrisponde neanche alle pulsioni, ai desideri, alle volontà e agli amori che individuo se vado ancora più a fondo nell'analisi di me stesso. La mia persona non coincide con la mia personalità. Qui viene chiaramente in luce la nascita cristiana di Mournier; egli dice che la persona è al di là del tempo, che è un'unità data, non costruita, più vasta delle visioni che io ne ho, più intima delle ricostruzioni da me tentate. Essa è una presenza in me. In questo modo si può solo spiegare cosa la persona non è, e questo perché essa è inoggettivabile. Posso solo dire che essa è volume totale dell'uomo che riunisce le tre dimensioni individuali: vocazione, incarnazione e comunione. Vocazione perché l'uomo ha da meditare sul posto che è chiamato ad occupare e sui suoi doveri in società nel momento in cui è ovviamente incarnato in un corpo. Inolte l'uomo non raggiunge mai se stesso se non incarnandosi nel superiore, integrandosi perfettamente come membro dell'ingranaggio sociale, della complessa interrelazione di individui.
Il Personalismo contro il moralismo e l'individualismo
L'esperienza personale originaria è l'esperienza del 'tu'. L'atto di amore è la più forte certezza dell'uomo, l'inconfutabile cogito esistenziale: amo, dunque l'essere è, e la vita merita di essere vissuta.
In questo senso si dovranno affrontare i problemi tecnico pratici e sociali in un modo diverso. Bisogneraà sempre porre la massima attenzione sui fattori sociali, ereditari, economici e personali che influenzano le decisione e le azioni di chi si rapporta con noi. La soluzione biologica ed economica di un problema umano resterà fragile ed incompleta se non tiene conto delle più profonde dimensioni dell'uomo. Anche lo spirituale è un infrastruttura; i disordini psicologici e le insoddisfazioni economiche possono a lungo andare diventare importanti fattori in un indagine economica e, viceversa, la società economica e politica ha sempre degli effetti difficilmente prevedibili sulle vite personali ed intime degli individui. Il Personalismo intende affrontare ogni problema umano su tutta l'ampiezza dell'umanità concreta, a partire dalla più umile condizione materiale fino alla più altra possibilità spirituale. Per questo Mournier mette l'accento sulle diversità del suo pensiero sia dal moralismo sia dallo spiritualismo, che trascurano gli influssi dell'ereditarietà biologica e della scienza economica sull'uomo. Per la ragione opposta sarà anche impotente il materialismo, che trascura le condizioni spirituali degli individui.
Mournier, però, reputa l'individualismo il peggior male della società ed il peggior nemico del suo Personalismo. Egli scrive:
L'individualismo è un sistema di costumi, di sentimenti, di idee e di istituzioni che organizza l'individuo sulla base di un atteggiamento di isolamento e di difesa. Fu l'individualismo a costruire l'ideologia e la struttura dominante della società borghese tra il XVII e il XIX secolo. Un uomo astratto, senza relazioni o legami con la natura, dio sovrano in seno ad una libertà senza direzione e senza misura, che subito manifesta verso gli altri diffidenza, calcolo, rivendicazione; istituzioni ridotte ad assicurazione della convivenza reciproca degli egoismi
Ecco l'antitesi stessa del Personalismo, il suo più diretto avversario.
Nel Personalismo la persona è una presenza volta al mondo e alle altre persone, che non la limitano, anzi, sono di stimolo ad uno sviluppo interiore. Quando la comunicazione e i veri rapporti si allentano l'uomo perde se stesso,
ogni follia è uno scacca del rapporto con gli altri.
L'alter diventa alienus e io a mia volta divento estraneo a me stesso alienato.
Critica e del Capitalismo e del Marxismo
Nel Capitalismo Mournier vede un sovvertimento totale dell'ordine economico, dal momento che esso sistematizza il primato del profitto, che vive di una duplice forma di parassitismo, l'uno contro natura, basato sul denaro, l'altro contro l'uomo, basato sul lavoro. Il capitalismo, infatti, consacrerebbe il primato del denaro sulla persona, dell'avere sull'essere. Nemico del lavoro degno della persona, il capitalismo sarebbe anche nemico della proprietà privata, dal momento che priva il salariato del suo profitto legittimo e defrauda i risparmiatori attatraverso speculazioni imprevedibili. La dottrina della proprietà privata sposata dal nostro filosofo è di tipico stampo cristiano medioevale: gestione personale e uso comune dei beni, che, modernizzata, ispirerebbe una teoria economica di modello pluralistico basato su 'persone collettive', svariate e diverse associazioni di persone responsabili modellate sui diversi bisogni proponibili.
Critico spietato del capitalismo, Mournier non è peraltro caduto tra le braccia del Marxismo, anche se ne ha sentito un forte fascino, il fascino che esso che riempie il cuore dei poveri e degli operai. In ogni caso, pur riconoscendo al Marxismo perspicacia in molte analisi, Mournier lo respinge per più di una ragione. Esso, infatti, è da rifiutare prima di tutto perchè, benchè ribelle, è sempre lio del capitalismo e, come esso, afferma l'assurdo primato della materia; il Marxismo sostituisce al capitalismo un altro capitalismo, quello assolutistico di Stato. In questo senso il Marxismo professa un totale ottimismo collettivo e, quindi, urla al mondo un inaccettabile pessimismo riguardo alle possibilità dei singoli, e porta inevitabilmente a regimi totalitari.
La religiosità del nostro filosofo lo ha sempre portato ad affermare che un cristiano non può dare una completa adesione dottrinale ad una filosofia che neghi o misconosca la trascendenza, che avvilisca l'interiorità e tenda ad unire una critica fondamentale della religione ad una giusta critica dell'evasione idealistica. Mournier poteva forse accettare le pratiche, ma non poteva sopportare il totale asservimento ideologico. Egli non ha mai creduto al monopolio del partito comunista sulle trasformazioni necessarie per la ricostruzione dell'ordine e della giustizia, e non pensava nemmeno che il marxismo potesse interpretare la storia contemporanea da solo e sempre adeguatamente.
La Nuova Società
La società preurata da Mournier è appunto quella personalistica e comunitaria, da cui sono lontane quelle aggregazioni di individui che corrispondono o alla massa, con la sua tirannia dell'anonimo, o alla società fascista, con il suo capo carismatico e la sua febbre mistica, o alla società chiusa di tipo organicistico-biologico, o anche alla società fondata sul diritto del giusnaturalismo illuministico, dove vediamo il 'contratto sociale' non è altro che un compromesso tra egoismi.
La società personalistica si basa sull'amore che si realizza nella comunione, allorchè la persona prende su di sé, assume il destino, la sofferenza, la gioia, il dovcere di tutti gli altri. Questo tipo di società è un'utopica idea limite di tipo teologico che non potrà mai realizzarsi in termini politici ma che funziona come ideali regolativo a cui tendere e come criterio di giudizio per i mutamenti reali e quelli possibili. Difensore, in base ai soliti principi personalistici, dei diritti della donna, avversario di ogni forma di razzismo e di xenofobia, difensore di una scuola e di una educazione che non fosse esclusivo appannaggio dello Stato, assertore delle autonomie locali, Mournier vedeva la nuova società farsi lentamente strada attraverso la crisi della società a lui contemporanea. Vedeva la possibilità del lento cammino verso una società dove lo Stato è per l'uomo e non l'uomo per lo Stato, retto da un potere fondato esclusivamente sulle finalità ultime della persona. Questo stato sarebbe stato pluralistico, dotato di poteri divisi e contrapposti, al fine di garantirsi vicendevolmente dall'abuso.
Il crollo delle certezze scientifiche
L'inevitabile frantumarsi di tutte le certezze che erano diventate le nuove divinità degli uomini, dopo il declino della fede religiosa ortodossa, non risparmia nemmeno il mondo della fisica. La rivoluzione cade addosso ai fisici di tutto il mondo in modo inaspettato, ma innegabilmente catastrofico per il 'modus cogitandi' scientifico precedente e per le care sicurezze centenarie in cui si cullava il mondo accademico.
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