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PENA DI MORTE
QUANDO LA VITA GENERA MORTE (LEGALMENTE)
LA STORIA
La pena di
morte ha radici molto antiche; infatti, si hanno prove della sua applicazione
fin da popoli come Babilonesi, Egizi, Greci e Romani. Essa è poi tuttora
applicata in numerosi Stati avanzati, come ad esempio gli USA.
Ecco una breve storia della pena di morte in relazione ai principali periodi
storici o popoli:
I ROMANI
I Romani erano un popolo originario dell'Italia centrale e che al momento della massima espansione occupò quasi tutta l'Europa, l'Africa settentrionale e l'Asia minore. La civiltà romana ebbe inizio nell'VIII sec. a.C. con la fondazione di Roma, per finire nel V sec. d.C., in seguito alle invasioni barbariche.
In età
romana, almeno nei primi secoli, l'autorità pubblica interveniva solo
per punire i delitti che in qualche modo avessero violato l'ordine generale e
che venivano perciò considerati di pubblico tradimento. E in questi casi
interveniva in modo molto duro, spesso con la pena capitale. Per i delitti
privati si applicava invece la legge del taglione, che spesso portava
all'uccisione del colpevole.
Tuttavia non solo il tradimento della patria, l'intelligenza con il nemico
della patria o la rivolta contro l'autorità erano considerati reati
gravissimi, ma anche lo spostare un cippo che delimitava il confine di un
campo, il rubare il bestiame o il raccolto altrui, l'uccidere, lo stuprare, il
violare una promessa, il dare falsa testimonianza, il rubare di notte,
l'incendiare una casa o le messi, il rubare al padrone, l'ingannare un cliente.
I modi che ricorrevano per le pene, a quanto risulta dalle Leggi delle XII
tavole (V sec. a.C.), erano veramente feroci. I Romani facevano ricorso alla
decapitazione, alla fustigazione a morte, all'impiccagione, al taglio di arti,
all'annegamento, al fuoco; le vestali colpevoli di infedeltà erano
seppellite vive, perché non era permesso versare il loro sangue, il loro
seduttore era bastonato fino alla morte; i nemici pubblici, i servi che
avessero derubato il padrone, i colpevoli di falsa testimonianza venivano
lanciati dalla rupe Tarpeia; agli schiavi, o comunque a coloro che non godevano
della cittadinanza romana, era riservata la crocefissione, supplizio
particolarmente lungo e doloroso.
Non mancano però esempi anche di altri metodi: il re Tullo Ostilio, per
esempio, fece squartare Mettio Fufetio per aver violato i patti stipulati con
Roma, legandolo a due carri poi lanciati in opposte direzioni.
Ma non si deve credere che con il passare del tempo i costumi romani si siano
ammorbiditi; ancora nel 71 a.C. più di 6.000 uomini che avevano seguito
Spartaco nella sua rivolta contro Roma furono crocefissi lungo le strade
consolari e nei primi secoli dell'era volgare i cristiani, ritenuti colpevoli
di sovvertire l'ordine pubblico, erano dati in pasto alle belve negli
anfiteatri.
TIPI DI PENE DI MORTE.
LA SEDIA ELETTRICA
Tempo
di sopravvivenza: 10 minuti
La sedia elettrica fu introdotta negli USA nel 1888, in ragione della sua
pretesa di maggiore umanità rispetto all'impiccagione, utilizzata in
precedenza. La procedura con cui il condannato viene ucciso è la
seguente: dopo che il detenuto è stato legato alla sedia, vengono
fissati elettrodi di rame inumiditi alla testa e ad una gamba (che sono state
rasate per assicurare una buona aderenza). Potenti scariche elettriche,
applicate a brevi intervalli, causano la morte per arresto cardiaco e paralisi
respiratoria: un elettricista, agli ordini del boia, immette la corrente per la
durata di due minuti e diciotto secondi variando il voltaggio da 500 a 2000
volt, altrimenti il condannato brucerebbe. Il procedimento procura effetti
visibili devastanti: il prigioniero a volte balza in avanti trattenuto dai
lacci, orina, defeca o vomita sangue, gli organi interni sono ustionati, si
sente odore di carne bruciata.
Benché lo stato di incoscienza dovrebbe subentrare dopo la prima scarica, in
alcuni casi questo non accade: a volte il condannato è solo reso
incosciente dalla prima scarica, ma gli organi interni continuano a funzionare,
tanto da rendere necessarie ulteriori scariche.Riportiamo ora due particolari
casi di detenuti sottoposti alla sedia elettrica:
Willie
Francis: 17enne nero, condannato nel 1946, sopravvissuto al primo
tentativo di ucciderlo. Un testimone oculare disse: 'Ho visto il boia che
accendeva l'interruttore ed ho visto le labbra del prigioniero gonfiarsi, il
suo corpo teso e stirato. Ho sentito l'incaricato gridare al suo collega di
mandare più succo
[elettricità] quando ha visto che Willie Francis non moriva e il collega
rispondere che stava mandando tutta la corrente elettrica che aveva. Allora
Willie gridò: 'Toglietemela, fatemi respirare!'. Successivamente ha
detto di aver sentito un bruciore nella testa ed alla gamba sinistra, di essere
saltato contro le cinghie e di aver visto puntini blu, rosa e verdi'.
Fu messo a morte un anno più tardi, con successo.
John
Louis Evans: giustiziato nell'aprile 1983, è stato dichiarato
ufficialmente morto - secondo quanto riferito dai testimoni oculari - soltanto
dopo tre distinte scariche di 1900.
LA CAMERA A GAS
Tempo di
sopravvivenza: 8-l0 minuti
Questo metodo di esecuzione fu introdotto negli USA negli anni '20, ispirato
dall'uso di gas venefici durante la prima guerra mondiale e dal largo impiego
del forno come metodo di suicidio.
Il prigioniero viene fissato ad una sedia in una camera stagna. Uno stetoscopio
fissato al suo torace viene collegato a cuffie che si trovano nella stanza
adiacente, dove stanno i testimoni, in maniera tale che un medico possa
controllare il progredire dell'esecuzione; nella camera stagna viene quindi
liberato gas cianuro che uccide il condannato. La morte avviene per asfissia:
il cianuro inibisce l'azione degli enzimi respiratori che trasferiscono
l'ossigeno dal sangue alle cellule del corpo. Lo stato di incoscienza
può subentrare rapidamente, ma l'esecuzione durerà più a
lungo se il prigioniero tenta di prolungare la propria vita trattenendo il fiato
o respirando lentamente. Così come avviene con gli altri metodi di
esecuzione, gli organi vitali possono continuare a funzionare per un breve
periodo, a prescindere dal fatto che il prigioniero sia cosciente o
meno.Riportiamo ora un particolare caso di un detenuto sottoposto alla camera a
gas:
Jimmy
Lee Gray: giustiziato nel Mississippi il 2 settembre 1983. Le sue
convulsioni sarebbero durate otto minuti, nel corso dei quali il prigioniero
avrebbe ripreso fiato undici volte, sbattendo ripetutamente la testa contro un
palo che si trovava dietro di lui. Alcuni testimoni hanno dichiarato che Gray
non aveva l'aria di essere ancora morto, nel momento in cui i funzionari del
carcere li hanno invitati ad uscire
L'INIEZIONE LETALE
Tempo di
sopravvivenza: 6-l5 minuti
Introdotta in Oklahoma e Texas nel 1977; la prima esecuzione fu in Texas nel
dicembre 1982. Comporta un'iniezione endovenosa continuata di una dose letale
di un barbiturico ad azione rapida (pentothal) in combinazione con un agente
chimico paralizzante. La procedura assomiglia a quella utilizzata per
effettuare un'anestesia totale. In Texas viene usata una combinazione di tre
sostanze: un barbiturico che rende il prigioniero incosciente, una sostanza che
rilassa i muscoli e paralizza il diaframma in modo da bloccare il movimento dei
polmoni e un'altra che provoca l'arresto cardiaco.
C'è chi dice che questo sia il metodo di esecuzione più umano,
invece possono esserci anche gravi complicazioni: l'uso prolungato di droghe
per via endovenosa da parte del prigioniero può comportare la
necessità di andare alla ricerca di una vena più profonda per via
chirurgica; se il prigioniero si agita, il veleno può penetrare in
un'arteria o in una parte di tessuto muscolare e provocare dolore; se le
componenti non sono ben dosate o si combinano tra loro in anticipo sul tempo
previsto, la miscela si può inspessire, ostruire le vene e rallentare il
processo; se il barbiturico anestetico non agisce rapidamente il prigioniero
può essere cosciente mentre soffoca o mentre i suoi polmoni si
paralizzano.Riportiamo ora un particolare caso di un detenuto sottoposto
all'iniezione letale:
James
Autry: giustiziato il 14 marzo 1984. La prima esecuzione era prevista
per il novembre 1983: Autry era già stato legato alla barella e stava
subendo la prima fase del procedimento - una soluzione salina veniva introdotta
nelle sue vene - quando l'esecuzione è stata sospesa.
Dopo la 'seconda' esecuzione, un testimone oculare riferì che
il condannato impiegò almeno dieci minuti a morire e per buona parte del
tempo era cosciente, si muoveva e si lamentava del dolore. Un medico della
prigione presente all'esecuzione ha riferito in seguito che l'ago si era
occluso, rallentando così i tempi dell'esecuzione.
LA GARROTA
Tempo di
sopravvivenza: 25 minuti
Consiste in una panchina sulla quale viene fatto sedere il condannato che si
appoggia ad un palo intorno al quale passa un cerchio di ferro che lo stringe
alla gola; una manovella a vite stringe sempre più il cerchio finché
sopravviene la morte per strangolamento, mentre un cuneo di ferro provoca la
rottura delle vertebre cerebrali.
Usata in Sna fino a pochi decenni fa.
L'IMPICCAGIONE
Tempo di
sopravvivenza: 8-l3 minuti
Nell'impiccagione la perdita di coscienza è quasi immediata; la morte
avviene rapidamente per asfissia, ad opera di un cappio posto attorno al collo
e fissato ad un sostegno per l'altro capo. Il peso del corpo, abbandonato nel
vuoto o inclinato in avanti, grava sul cappio, ne determina la chiusura e la
conseguente azione comprimente sulle vie respiratorie.
L'impiccagione lascia vari segni, sia interni che esterni: il condannato
diventa cianotico, la lingua sporge in fuori, i bulbi oculari escono dalle
orbite, vi è un solco alla cute del collo; ci sono inoltre lesioni
vertebrali e fratture interne.
Tempo
di sopravvivenza: incerto
La sentenza viene eseguita da un plotone composto da un numero di fucilieri che
varia da sei a diciotto; non tutte le armi sono cariche. Dopo che il condannato
(o i condannati) ha ricevuto la prima scarica all'ordine dell'ufficiale che
comanda il plotone, quest'ultimo gli si avvicina e gli spara alla tempia o alla
nuca: è il colpo di grazia.
Ecco il parere di padre Joseph Vernet, ex cappellano delle esecuzioni in
Francia: 'La coscienza, nonostante il colpo di grazia, resta ancora a
lungo; questo metodo è tra i più barbari. Infatti l'esecuzione si
compie la mattina all'alba, in un fortino militare, lontano dagli occhi di
tutti'.
LA GHIGLIOTTINA
Tempo di
sopravvivenza: 1-2 minuti
Macchina per decapitazione, così chiamata dal nome del fisico francese
Joseph-Ignace de Guillotin, che ne propose l'adozione nel 1789: siccome la
decapitazione era considerata il metodo di esecuzione meno doloroso e
più umano, Guillotin suggerì la costruzione di una macchina apposita.
Essa consiste di due travi parallele issate verticalmente, incavate al centro e
unite in alto da una traversa, e di una lama obliqua, legata con una fune alla
traversa. Il condannato pone il collo in una struttura tipo gogna dalla quale
passerà la lama obliqua; liberata la fune, la lama scivola lungo le due
travi e cade sul collo del prigioniero, tagliandogli di netto la testa, che
cade nel cesto posto davanti alla ghigliottina.
Essa fu impiegata soprattutto durante la rivoluzione francese.
LA SITUAZIONE OGGI NEL MONDO
La pena di
morte è l'attuazione del principio etico-giuridico in base al quale lo
Stato può decidere legittimamente di togliere la vita ad una persona. Ma
di fronte agli elenchi di alcolizzati, malati di mente, emarginati di ogni tipo
mandati a morte si ha l'impressione di essere davanti ad un potere che
disinfesta, un 'potere giardiniere', che si incarica di estirpare le
erbacce. Ad essere giustiziati non sono soltanto gli omicidi, ma anche i
responsabili di reati economici, talvolta molto lievi.
Spesso i processi non sono equi e regolari. In Iran negli anni scorsi sono
stati celebrati processi della durata di pochi minuti, davanti ad un giudice
non indipendente (un'autorità politico-religiosa), e si sono conclusi
con una sentenza di morte, inappellabile, eseguita quasi immediatamente. Negli
USA, in un sistema giudiziario assai evoluto, un errore commesso da un avvocato
d'ufficio inesperto (come, ad esempio, un leggero ritardo nella presentazione
di elementi a discarico) può comportare la fine di ogni speranza per
l'imputato.
Arabia Saudita |
Italia |
Cina |
Singapore |
Ex URSS |
Unione Europea |
Iran |
USA |
LA SITUAZIONE IN ITALIA
In Italia, tutti gli stati preunitari ad eccezione della Toscana prevedevano la pena di morte, che nel 1889 fu tuttavia abolita dall'ordinamento del Regno d'Italia con il codice Zanardelli. Reintrodotta dal fascismo per i più gravi delitti politici nel 1926, e per quelli comuni nel 1930, fu definitivamente sostituita con un decreto legislativo dell'agosto 1944, dopo la caduta del fascismo, dall'ergastolo. La Costituzione italiana, ribadendone all'articolo 27 il divieto e riaffermando il principio secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso dell'umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, ha lasciato in vigore la pena di morte solo per i casi previsti dalle leggi militari di guerra; anche questi casi sono però definitivamente caduti nel 1994.
LA SITUAZIONE NEGLI USA
Pur essendo uno degli stati più evoluti del mondo e avendo un teoricamente efficiente sistema legislativo, negli USA ci sono molte discriminazioni verso alcuni gruppi di persone.
MALATI DI MENTE
Molte persone affette da ritardi o malattie mentali sono attualmente ospitate
nei bracci della morte. Amnesty International ha documentato i casi di oltre 50
detenuti affetti da gravi problemi mentali giustiziati a partire dal 1982, in
contrasto con la risoluzione 1989/64 del Consiglio Economico e Sociale dell'ONU
nella quale si raccomanda l'eliminazione della pena capitale per coloro che
sono affetti malattie mentali o che hanno capacità mentali estremamente
limitate.
In diversi stati la soglia di capacità mentale fissata al di sotto della
quale non si può giustiziare una persona è estremamente bassa, e
solo nove stati proibiscono l'inflizione di una condanna a morte quando
l'imputato è mentalmente ritardato. La soglia di ritardo mentale
è un QI di 70.
Johnny
Frank Garrett: nel febbraio 1992 fu giustiziato per lo stupro e
l'omicidio di un'anziana suora nel 1981, quando aveva solo 17 anni. Psicotico
cronico, aveva subito danni al cervello e da bambino aveva subito violenze
fisiche e sessuali (la giuria non fu messa al corrente di quest'ultima
circostanza). Molti ordini di suore e il Papa chiesero la grazia, che non fu
concessa.
Nollie
Martin: giustiziato in Florida nel maggio 1992, aveva QI 59. Soffriva
inoltre delle conseguenze di gravi ferite alla testa riportate quand'era
bambino, e anch'egli aveva subito violenze fisiche e sessuali. Fu condannato a
morte nel 1978 per l'omicidio di una donna bianca; Martin trascorse oltre 13
anni nel braccio della morte rotolandosi sul pavimento della cella. Aveva
continuo bisogno di cure mediche a causa delle allucinazioni di cui soffriva;
sbatteva la testa e i pugni contro la parete della cella e tentava di
mutilarsi, a quanto pare a causa del rimorso per il crimine commesso.
NERI
Più del 40% dei condannati a morte negli USA sono neri, sebbene essi
costituiscano soltanto il 12% della popolazione totale. Circa l'80% dei
condannati a morte sono riconosciuti colpevoli di omicidi di bianchi,
nonostante neri e bianchi siano vittime di omicidi in misura simile. Solo nel
1986 la Corte Suprema stabilì che i procuratori non potevano escludere
potenziali giurati solamente in base alla razza (caso Batson vs. Kentucky).
Combinazione razziale
assassino-vittima |
(a) stima n°assassini |
(b)assassini condannati |
(c)=(b)/(a) probabilità di condanna a morte |
Florida |
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Nero uccide bianco |
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Bianco uccide bianco |
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Nero uccide nero |
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Bianco uccide nero |
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Georgia |
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Nero uccide bianco |
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Bianco uccide bianco |
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Nero uccide nero |
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Bianco uccide nero |
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Texas |
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Nero uccide bianco |
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Bianco uccide bianco |
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Nero uccide nero |
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Bianco uccide nero |
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Ohio |
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Nero uccide bianco |
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Bianco uccide bianco |
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Nero uccide nero |
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Bianco uccide nero |
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Inoltre, negli
USA e in pochi altri stati (negli ultimi anni Nigeria, Pakistan, Iran, Iraq,
Rwanda, Bangladesh, Barbados, Arabia Saudita) può essere condannato a
morte e giustiziato anche chi era minorenne al momento del reato. In alcuni
processi, la giovane età non è neppure introdotta nel
dibattimento in quanto circostanza attenuante. Otto condannati minorenni su
nove sono neri o ispanici; la maggioranza proviene da ambienti estremamente
degradati e aveva subito violenze sessuali e fisiche da bambini, aveva un basso
QI, soffriva di malattie mentali o aveva subito danni al cervello.
In Indiana e Vermont il limite d'età per il quale è prevista la
pena di morte è 10 anni.
Charles
Rumbaugh: il primo criminale minorenne giustiziato negli USA dal 1964
(11 settembre 1985). Fu condannato a morte nel 1980 per un omicidio commesso
nel corso di una rapina effettuata all'età di 17 anni.
DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO
La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948 non ammette la pena di morte, sebbene essa non sia esplicitamente menzionata. L'art. 3 dice:
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Da allora la comunità internazionale in diverse occasioni esprimerà l'intenzione di fare dell'abolizione della pena di morte un obiettivo primario nel campo della tutela dei diritti umani.
RISOLUZIONE 1984/50 DELL'ECOSOC
L'ONU sul tema della pena di morte ha adottato questo documento, frutto del suo Consiglio economico e sociale (ECOSOC), che, nella riunione primaverile del 1984, ha elaborato una serie di principi per salvaguardare coloro che rischiano di essere condannati a morte.
Nei paesi che non hanno abolito la pena di morte, essa può essere comminata solo per i crimini più gravi - ad esclusione dei reati non intenzionalmente commessi - che portano conseguenze letali o estremamente gravi.
La pena capitale può essere comminata solo per reati per i quali era prevista tale condanna al momento del fatto; se, dopo aver commesso il reato, nuove disposizioni di legge prevedono pene più leggere, il colpevole deve beneficiare di esse.
Persone minori di 18 anni al momento del reato non possono essere condannate a morte; sono anche esclusi le donne incinte, le puerpere e i malati di mente.
La pena capitale può essere comminata solo quando la colpevolezza di un imputato è basata su prove chiare e convincenti che non lasciano spazio a ricostruzioni diverse dei fatti.
La pena capitale può essere eseguita solo dopo che la sentenza sia passata in giudicato dal tribunale competente nel corso di un procedimento legale, nel quale sia possibile far ricorso alle salvaguardie previste per un equo processo, così come sancito dall'art. 14 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, compreso il diritto ad una adeguata assistenza legale ad ogni grado del dibattimento.
Ogni condannato a morte deve godere del diritto di appello presso il tribunale di più alto grado, e iniziative devono essere intraprese per assicurare che tali appelli siano presentati alle autorità competenti.
Ogni condannato a morte deve godere del diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena; la grazia o la commutazione della pena possono essere concesse in tutti i casi di condanna capitale.
La sentenza non può essere eseguita se sono in corso processi d'appello o richieste di grazia o commutazione della pena.
Nel caso la sentenza venga infine eseguita, debbono essere inflitte al condannato le minori sofferenze possibili.
CONVENZIONI DI GINEVRA
Le Convenzioni
di Ginevra del 1949 riguardano, per il tempo di guerra, il trattamento
dei prigionieri e la difesa dei civili. I seguenti sono articoli sono estratti
dalla III Convenzione.
Art. 100:
I prigionieri di guerra e le rispettive
parti tutelari siano informati, al più presto, dei reati passibili di
pena capitale in base alle leggi della parte al potere.
Successivamente, non divengano passibili di pena capitale altri reati, senza
che ciò sia stato concordato con l'autorità dalla cui
giurisdizione dipendono i prigionieri di guerra.
Non si decreti sentenza capitale a carico di un prigioniero di guerra qualora
il tribunale non abbia considerato attentamente, in conformità all'art.
87, secondo paragrafo, che, non essendo l'imputato cittadino della parte al
potere, non è vincolato da alcun obbligo di fedeltà e si trova
alla sua mercé per circostanze indipendenti dalla propria volontà.
Art. 101:
La sentenza capitale a carico di un prigioniero di guerra non divenga esecutiva prima della scadenza di un periodo di almeno sei mesi, con decorrenza dalla data in cui alla parte tutelare sia pervenuta relativa comunicazione dettagliata, come prevista dall'art. 107. []
Art. 107:
Il verdetto o sentenza, pronunciati a carico del prigioniero di guerra, siano immediatamenti trasmessi alla potenza tutelare, in forma di comunicazione concisa, specificante anche se il prigioniero di guerra ha il diritto di ricorso in appello, al fine di invalidare la sentenza o di ottenere la riapertura del processo. Copia della comunicazione sia partimenti inoltrata alla parte che rappresenta il prigioniero. Sia anche inviata all'imputato, prigioniero di guerra, in una lingua di sua conoscenza, se la sentenza non è stata pronunciata in sua presenza. La parte che detiene il potere provveda a comunicare immediatamente alla potenza tutelare la decisione del prigioniero di guerra di impugnare il proprio diritto di appello o rinunciarvi. Inoltre, se un prigioniero di guerra viene, in sede definitiva, dichiarato colpevole o venga nei suoi confronti emessa, in prima istanza, sentenza capitale, la parte che detiene il potere provveda, al più presto, ad inoltrare alla potenza tutelare una comunicazione dettagliata nei seguenti termini:
tenore preciso della dichiarazione di colpevolezza della sentenza;
verbale succinto dell'istruttoria e del processo con particolare rilievo conferito all'arringa dell'accusa e della difesa;
informazione sul luogo dove verrà eseguita la sentenza.
Queste comunicazioni verranno inoltrate alla potenza tutelare, all'indirizzo fornito alla parte che detiene il potere.
ARTICOLI DI COSTITUZIONI DEI PAESI DELL'UE
CON ESPLICITI RIFERIMENTI ALLA PENA DI MORTE
AUSTRIA
Articolo 85
La pena capitale è abolita.
BELGIO
Articolo 18
La pena di morte contro i civili è abolita e non può essere
reintrodotta.
FINLANDIA
Sezione 6, com. 6
Nessuno dovrà essere condannato a morte, torturato o trattato in maniera
degradante.
ITALIA
Articolo 27, comm. 3 e 4
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di
umanità e devono tendere alla riducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.
GERMANIA
Articolo 102
La pena capitale è abolita.
LUSSEMBURGO
Articolo 18
La pena di morte per motivi politici e per i civili e la marchiatura a ferro
sono abolite.
OLANDA
Articolo 114
La pena capitale non può essere imposta.
PORTOGALLO
Articolo 24
La vita umana è inviolabile.
La pena di morte non è applicabile in alcun caso.
SPAGNA
Articolo 10, com. 2
Le norme relative ai diritti umani e alle libertà che sono riconosciute
dalla Costituzione devono essere interpretate in conformità con la Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo e dei trattati internazionali e degli accordi
su questo argomento ratificati dalla Sna.
SA
modulo 2, articolo 4
Non ci saranno esecuzioni capitali.
PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI CIVILI E POLITICI
Nel Patto
internazionale sui diritti civili e politici, adottato dall'Assemblea
generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23
marzo 1976, si approfondisce il concetto di rispetto del diritto alla vita
affermato nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo*.
Ecco cosa dice l'art. 6:
Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita.
Nei paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata soltanto per i diritti più gravi, in conformità alle leggi vigenti al momento in cui il delitto fu commesso e purché ciò non sia in contrasto né con le disposizioni del previsto Patto né con la Convenzione per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio. Tale pena può essere eseguita soltanto in virtù di una sentenza definitiva, resa da un tribunale competente.
Quando la privazione della vita costituisce delitto di genocidio, resta inteso che nessuna disposizione di questo articolo autorizza uno Stato parte del presente Patto a derogare in alcun modo a qualsiasi obbligo assunto in base alle norme della Convenzione per la prevenzione e la punizione del delitto di genocidio.
Ogni condannato a morte ha il diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena. L'amnistia, la grazia o la commutazione della pena di morte possono essere accordate in tutti i casi.
Una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti comessi da minori di 18 anni e non può essere eseguita nei confronti di donne incinte.
Nessuna disposizione di questo articolo può essere invocata per ritardare o impedire l'abolizione della pena di morte ad opera di uno Stato parte del presente Patto.
Sebbene l'articolo non indichi quali siano i delitti 'più gravi', è chiaro che la norma tende a limitare il campo di attuazione della pena di morte.
*La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948 non ammette la pena di morte, sebbene essa non sia esplicitamente menzionata. L'art. 3 dice:
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Da allora la comunità internazionale in diverse occasioni esprimerà l'intenzione di fare dell'abolizione della pena di morte un obiettivo primario nel campo della tutela dei diritti umani.
CONVENZIONE INTERAMERICANA DEI DIRITTI DELL'UOMO
La Convenzione interamericana dei diritti dell'uomo, sottoscritta nel 1969 ed entrata in vigore nel 1978, ha definito i reati politici non punibili con la pena di morte. Ecco cosa dice l'art. 4:
Ognuno ha diritto al rispetto della vita. Tale diritto sia tutelato per legge e, in linea di principio, dal momento del concepimento. Nessuno sia arbitrariamente privato della vita.
Nei paesi nei quali la pena capitale non è stata abolita, quesa è comminabile solo per i reati più gravi, a seguito dell'emanazione di un verdetto definitivo, da parte di un tribunale competente, in conformità alla legge che regola questa forma di sanzione, promulgata prima della perpetuazione del reato. Il ricorso a questo tipo di punizione non si estende ai reati per i quali attualmente non viene applicata.
La pena capitale non sia ripristinata laddove è stata abolita.
In nessun caso sia irrogata la pena capitale per i reati politici o reati relativi.
La pena capitale non sia comminata ai minori di 18 anni o gli anziani sopra i 70 anni, al momento del reato, né lo sia alle donne incinte.
Il condannato a morte ha diritto a richiedere l'amnistia, la grazia o la commutazione della sentenza, che possono essere accordate in tutti i casi. Non si irroghi la pena capitale, quando si sia in attesa di conoscere la delibera dell'autorità competente in merito alla richiesta del condannato, di cui sopra.
Il comma 6 ricalca la risoluzione 2393/1968 dell'ONU, che così recita:
Una sentenza di morte non sarà eseguita sinché le procedure di appello o, eventualmente, di richiesta di grazia o sospensione siano terminate
CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
La Convenzione europea dei diritti dell'uomo, firmata il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore il 3 settempre 1953, affronta il tema pena di morte all'art.2:
Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nei casi in cui il delitto sia punito dalla legge con tale pena.
Come si vede, la disposizione,
pur affermando il principio di diritto alla vita, approva la pena capitale.
Questo orientamento è stao modificato con la promulgazione nel 1983 e l'entrata
in vigore nel 1985 del VI Protocollo alla Convenzione europea dei
diritti dell'uomo. Esso è il primo documento internazionale che
prevede l'abolizione della pena di morte per i reati in tempo di pace. L'art. 1
sancisce:
La pena di morte sarà abolita. Nessuna persona sarà condannata a tale pena o subirà esecuzione.
LE MOTIVAZIONI A FAVORE
I sostenitori
della pena di morte trovano ragioni diverse a sostegno della loro tesi, ragioni
di ordine etico, sociale, anche economico.
Essi partono dal presupposto che compito fondamentale dello Stato sia difendere
ad ogni costo i singoli individui e la comunità, che chi rispetta la
legge ha diritto ad una tutela maggiore rispetto a chi la disattende, che chi
commette reati deve are, che esistono colpe per cui nessuna pena, tranne la
morte, costituisca la giusta punizione.
Sarebbe quindi un'esigenza di giustizia a sostenere le loro ragioni.
In relazione alla pena di morte le teorie sulla funzione della pena si possono
ricondurre a due filoni fondamentali: quello della retribuzione e quello della
prevenzione. Per il primo la pena è un male che interviene come reazione
morale e giuridica al male che è stato commesso con il reato, alla cui
gravità è proporzionato, in modo da conurarsi come castigo
morale e non come vendetta; per il secondo lo Stato non restituisce male con
male, ma si limita a difendere la società dalla pericolosità
degli autori dei reati, cercando attraverso la pena di impedire che soggetti
socialmente pericolosi commettano altri reati.
I sostenitori della pena di morte infatti assegnano ad essa una funzione
deterrente, in quanto sono convinti che la durezza della pena sia sufficiente
in molti casi ad evitare che il reato venga commesso: soltanto coloro che
agiscono in preda a violenta passione non badano alla pena prevista dalla
legge.
In modo particolare la pena di morte svolgerebbe una funzione preventiva nei
confronti di ondate di criminalità organizzata in grado di sconvolgere
la vita sociale di uno Stato (gangsterismo, mafia, terrorismo ecc.).
La pena di morte inoltre, soddisfacendo il risentimento delle vittime e dei
loro parenti, eliminerebbe la tentazione di vendette private ed il manifestarsi
di disordini sociali.
L'eliminazione definitiva di un delinquente eviterebbe poi il ripetersi di altri
reati da parte dello stesso che, pur condannato, potrebbe ritornare in
libertà per condoni o altri meccanismi previsti dalla legge; certamente
sul piano economico essa rappresenta un sistema di punizione molto meno gravoso
di una lunga detenzione e dell'ergastolo, e quindi vantaggioso per la
comunità.
Il fatto che la pena di morte sia irreparabile e non si possa risarcire chi sia
stato condannato ingiustamente non sarebbe una ragione sufficiente per
sopprimerla: basterebbe applicarla solo nei casi in cui ci sia la matematica
certezza della colpevolezza dell'imputato; tanto più che esiste
un'ulteriore garanzia: il potere di ogni capo di stato di concedere la grazia
in caso di dubbio, commutandola in ergastolo o altra pena detentiva.
LE MOTIVAZIONI CONTRO
Coloro che si oppongono alla pena di morte lo fanno soprattutto per motivi morali. Al di là dell'atrocità insita in questo strumento (atrocità che non si esaurisce nel momento dell'esecuzione, ma consiste in anni di angoscia nell'attesa che essa venga eseguita), essi ritengono che nessun uomo né individualmente né come rappresentante della comunità abbia il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, indipendentemente dalla gravità delle colpe da quest'ultimo commesse.
Secondo gli
oppositori della pena di morte, questa contravviene al principio secondo cui la
pena non deve tendere alla vendetta o alla semplice punizione del colpevole, ma
alla sua rieducazione e al suo recupero sul piano umano e sociale: e quale
recupero sarà mai possibile nei confronti di un morto? In realtà
il timore di trascurare i dettagli ed i mezzi legali a cui il condannato
ricorre dilatano molto i tempi dei processi e ritardano il momento
dell'esecuzione, per cui la persona che viene soppressa a volte è molto
cambiata rispetto a quella che ha commesso il crimine, con il risultato di
mandare a morte individui sostanzialmente diversi da quelli a suo tempo
condannati.
Ma non è solo sul piano dell'etica che gli oppositori della pena di
morte si muovono. Essi ribattono punto per punto le tesi dei sostenitori,
affermando che in realtà essa non svolge alcuna funzione deterrente in
quanto è semplicistico credere che un criminale consulti il codice per
scegliere il crimine da commettere, così come essa non rappresenta uno
strumento efficace contro la criminalità organizzata, che è stata
sì a volte vinta, ma con altri mezzi, in particolare colpendola nei suoi
interessi economici.
Altri fenomeni che i sostenitori della pena di morte considerano evitabili solo
con il suo utilizzo, come le recidive o la tendenza alla vendetta privata,
vanno invece affronati, secondo gli oppositori, in termini di educazione
sociale, cioè aiutando e seguendo gli ex carcerati e facendo in generale
una capillare opera di educazione alla legalità.
A tutte queste considerazioni se ne aggiungono altre due ancora più
significative. Innanzi tutto la possibilità di errori giudiziari,
cioè la possibilità tutt'altro che remota di uccidere un
innocente, giustifica da sola l'abolizione della pena capitale. Infine la pena
di morte si dimostra uno strumento di discriminazione sociale, in quanto
vengono giustiziati criminali che appartengono soprattutto alle classi sociali
più deboli ed ai gruppi più marginali: membri delle minoranze
razziali, individui con un basso livello di scolarizzazione, soggetti con una
vita familiare allo sbando, persone con reddito molto basso, a volte oppositori
politici.
In modo più dettagliato è possibile verificare la sua efficacia
in alcuni casi particolari:
È efficace contro gli omicidi? |
È efficace contro i trafficanti di droga? |
È efficace contro i terroristi? |
È EFFICACE CONTRO GLI OMICIDI?
L'argomento
più spesso usato a sostegno del mantenimento della pena di morte nelle
repubbliche ex-sovietiche è quello della necessità di non
eliminare dall'ordinamento un deterrente particolarmente efficace nei confronti
di omicidi e di altri gravi reati comuni. Eppure nessuno degli ormai numerosi
studi condotti in materia ha potuto dimostrare la maggiore efficacia deterrente
della pena di morte rispetto ad altre pene.
È del tutto errato ritenere che la maggiorparte di coloro che commettono
crimini gravi quali l'omicidio calcolino razionalmente le conseguenze delle
loro azioni. Gli omicidi sono spesso commessi in momenti di passioni, quando
forti emozioni prevalono sulla ragione. Sono a volte commessi sotto l'effetto
di droghe o alcol, o in momenti di panico quando il colpevole è scoperto
nell'atto di rubare. Alcuni soggetti colpevoli di omicidio hanno problemi di
grave instabilità psichiatrica o sono malati mentali. In nessuno di
questi casi è pensabile che il timore di essere condannati a morte possa
operare come deterrente efficace.
Vi è un altro grave limite a cui va incontro l'argomento della
deterrenza. Anche chi progetta un crimine in maniera calcolata può
scegliere di procedere, nonostante la consapevolezza del rischio che corre, nel
convincimento che non sarà scoperto. La maggioranza dei criminologi
sostiene da tempo che il modo migliore per scoraggiare questo tipo di
comportamento criminale non è quello di accrescere la severità della
punizione, ma di aumentare le probabilità di scoprire il delitto e di
condannare il colpevole.
Addirittura è possibile che la pena di morte abbia effetti contrari a
quelli voluti. Chi sa di rischiare la morte per il reato che sta commettendo
può essere, in certi casi, incoraggiato ad uccidere i testimoni del suo
crimine o chiunque altro possa identificarlo e farlo incriminare.
Infine, i dati sulla diffusione dei crimini negli Stati abolizionisti non
dimostrano affatto che l'abolizione della pena di morte ha provocato il loro incremento.
Nel 1988 il Comitato per la Prevenzione del Crimine delle Nazioni Unite ha
condotto uno studio relativo ai dati esistenti in ordine al rapporto fra pena
di morte e tasso degli omicidi, concludendo che:
Lo studio non ha potuto offrire sostegno scientifico alla tesi che le esecuzioni capitali producono effetti maggiori del carcere a vita ed è improbabile che una prova del genere possa essere presto disponibile. L'insieme dei dati, infatti, al momento non corrobora in alcun modo la tesi della deterrenza.
È EFFICACE CONTRO I TRAFFICANTI DI DROGA?
Sono oltre
venti gli stati (molti dei quali asiatici) che prevedono la pena di morte quale
strumento per combattere il traffico di droga; la metà di questi ha
adottato queste misure nel corso degli anni '80. Centinaia di persone
riconosciute colpevoli di reati di droga sono state da allora giustiziate. La
ragione che ha indotto al ricorso alla pena di morte risiede, com'è
ovvio, nella sua presunta efficacia quale deterrente nei confronti dei trafficanti.
Tuttavia, nonostante le numerose esecuzioni, non sono emerse prove di alcun
genere che possano attestare in modo convincente che un declino nel traffico di
droga negli stati interessati possa essere attribuito alla minaccia o
all'applicazione della pena capitale.
In Iran, le esecuzioni per reati aventi attinenza con la droga ebbero inizio
già prima della rivoluzione del 1979. Risulta che, in seguito, siano
state messe a morte oltre mille persone; eppure sembra che l'abuso e il
commercio di droghe continuino a costituire un problema assai grave, tutt'altro
che risolto.
In Malaysia, dove a partire dal 1983 la pena di morte per reati di droga
è obbligatoria, le autorità hanno in più occasioni
riconosciuto pubblicamente l'inefficacia del ricorso alle esecuzioni capitali.
L'ispettore generale di Polizia ha dichiarato nel 1985 che la pena di morte non
sembrava aver avuto effetti di deterrenza nei confronti dei trafficanti; nel
1990, il vice ministro degli Interni ha dichiarato che la pena di morte non era
riuscita a ridurre il traffico o il consumo di droga e che si rendeva pertanto
necessario un diverso approccio al problema. L'elenco dei fallimenti potrebbe
continuare.
Alcuni organismi internazionali hanno discusso la questione. Risulta dagli atti
del Gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulle misure da adottare contro il
traffico di droga per via aerea e per mare che:
In base all'esperienza di diversi esperti, il fatto che come massima pena sia prevista la pena di morte, non comporta necessariamente che questa abbia particolari effetti deterrenti nei confronti del traffico di droga: in realtà in alcuni casi potrebbe complicare l'attività della pubblica accusa visto che i tribunali sono portati a richiedere standard di prova assai più elevati nell'ipotesi che sia prevista la pena di morte (in particolare se obbligatoria). Il deterrente più efficace rimane sicuramente la certezza di essere scoperti e arrestati.
Dal canto suo, la Conferenza internazionale sull'abuso e il traffico illecito di droga, tenutasi a Vienna nel 1987, ha adottato uno Schema multidisciplinare delle attività future per il controllo sull'abuso di droghe che comprende numerose misure di prevenzione e repressione.
È EFFICACE CONTRO I TERRORISTI?
La pena di
morte viene spesso invocata come strumento utile e necessario per arginare il
terrorismo. Attentati dinamitardi, rapimenti, uccisioni di pubblici ufficiali o
di esponenti politici, dirottamenti di aerei ed altre azioni di violenza a
sfondo politico spesso colpiscono non solo gli obiettivi prescelti, ma anche
persone innocenti che si trovano casualmente nel luogo dove avviene l'azione.
L'indignazione suscitata da simili fatti provoca comprensibilmente
nell'opinione pubblica la richiesta di punizioni esemplari e severe, pena di
morte compresa. Tuttavia, come hanno ripetutamente affermato diversi esperti di
lotta al terrorismo, le esecuzioni possono, anziché porre un freno, provocarne
l'inasprimento.
Il professor Ezzat A. Fattah, docente di criminologia all'Univeristà
Simon Fraser in Canada, ha osservato:
Coloro che realmente pensano che la reintroduzione della pena di morte porrà fine, oppure produrrà una diminuzione del numero degli atti terroristici, sono ingenui o illusi. Le punizioni consuete, compresa la pena di morte, non provocano alcun timore nei terroristi o negli autori di crimini politici, i quali sono motivati ideologicamente e votati al sacrificio per amore della loro causa []. Inoltre, le attività terroristiche sono pericolose e il terrorista affronta quotidianamente rischi letali e tende a non essere intimorito dalla prospettiva della morte immediata. Com'è pensabile allora che egli possa essere scoraggiato dal rischio di essere condannato alla pena capitale?
Le autorità britanniche che hanno governato la
Palestina negli anni '40 hanno condannato all'impiccagione numerosi
appartenenti all'organizzazione illegale Zionist Irgun, accusati di attentati
dinamitardi e altre azioni violente. Menachem Begin, ex leader dell'Irgun e
successivamente Primo Ministro d'Israele, disse una volta ad un ex governatore
britannico che le esecuzioni avevano 'galvanizzato' così tanto
il suo gruppo, che in seguito impiccò per ritorsione numerosi soldati
inglesi. Secondo Begin le impiccagioni diedero loro le motivazioni di cui
avevano bisogno e li resero più agguerriti e votati alla causa.
Le esecuzioni portate a termine per crimini di natura politica hanno l'effetto
di pubblicizzare gli atti terroristici, suscitando l'interesse dell'opinione
pubblica e offrendo ai gruppi terroristici l'opportunità di rendere note
le proprie posizioni politiche; si rischia anche di creare dei
'martiri' la cui memoria dev'essere onorata. Inoltre le esecuzioni
vengono usate come giustificazioni di ulteriori atti di violenza compiuti per
ritorsione: i gruppi armati possono sostenere la legittimità delle
proprie azioni dicendo di volersi servire anch'essi della stessa pena di morte
che i governi sostengono di aver diritto di applicare nei loro confronti.
Robert Badinter, ministro della Giustizia francese, disse nel 1985:
Nella storia non è mai successo che la minaccia della sentenza capitale abbia fermato il terrorismo o la violenza politica. Se esistono uomini o donne che non sono per nulla intimoriti dalla minaccia della pena capitale, sono proprio i terroristi, che spesso rischiano la propria vita in azione.
E Albert Pierrepoint, l'ultimo 'boia' inglese, disse, a proposito dell'esecuzione di due membri dell'IRA:
Il mattino dell'esecuzione cantavano tutti e due: 'Evviva i ribelli, evviva', cantavano senza paura andando verso il patibolo. La gente di fuori non si rende conto di queste cose. Io dico che non è un deterrente perché, quando si sono viste queste cose, ci si dice: 'Se non hanno paura di morire, come può essere un deterrente?'. A dire il vero, penso che su tante condanne a morte che ho eseguito non ho fermato neppure un assassino.
SONDAGGI
In Italia la pena di morte è stata abolita per ogni crimine nel 1994. Ma come mai, dal momento che la maggioranza degli Italiani è a favore della pena capitale?
Domanda: 'Lei crede che per crimini di eccezionale gravità ci debba essere la pena di morte?' |
Domanda: 'Lei pensa che per qualcuno di questi delitti andrebbe prevista la pena di morte?' |
Sintesi dell'atteggiamento verso la pena di morte |
Ragioni addotte a giustificazione del proprio atteggiamento |
Distinzione per sesso, età e istruzione |
Tabella 1. Domanda: 'Lei crede che per crimini di eccezionale gravità ci debba essere la pena di morte?'
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Favorevoli |
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Contrari |
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Totale |
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Tabella 2. Domanda: 'Lei pensa che per qualcuno di questi delitti andrebbe prevista la pena di morte?'
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Sì |
No |
Totale |
Responsabili di assassini con
violenza sadica |
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Responsabili di stragi |
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Responsabili di rapimento con
assassinio |
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Terroristi assassini presi con le armi in pugno |
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Traditori in tempo di guerra |
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Tabella 3. Sintesi dell'atteggiamento verso la pena di morte.
Favorevoli in generale e almeno in un caso specifico |
|
Contrari in generale ma favorevoli in almeno un caso specifico |
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Contrari in generale ed in tutti i casi specifici |
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Totale |
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Tabella 4. Ragioni addotte a giustificazione del proprio atteggiamento.
Favorevoli perché: |
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Solo la pena di morte può vendicare l'assassinio di un innocente |
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Solo la paura della morte può scoraggiare i possibili criminali |
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Mantenere dei criminali per tutta la vità è solo un peso per la società |
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Se un criminale viene rimesso in libertà può uccidere di nuovo |
|
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Contrari perché: |
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Non è la pena di morte che può fermare chi è deciso a compiere certi crimini |
|
Non si può rischiare di condannare a morte un innocente |
|
Per difendere la società è sufficiente l'ergastolo |
|
Anche il peggior criminale può pentirsi e cambiare |
|
L'uomo non deve mai, per nessuna ragione, uccidere un suo simile |
|
|
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Totale |
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Tabella 5. Distinzione per sesso, età e istruzione.
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Sì |
Sì |
Area |
No |
No |
Tot. |
Tot. |
Maschi |
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Femmine |
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Fino a 24 anni |
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25-34 anni |
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35-44 anni |
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45-54 anni |
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|
55 anni e oltre |
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Laurea |
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Media superiore |
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Media inferiore |
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Elementare |
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Senza titolo |
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