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PSICOLOGIA - I SETTORI DI APPLICAZIONE DELLA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ, LE COMUNITÀ' PER I TOSSICODIPENDENTI, COMUNITÀ' PER BAMBINI

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P S I C O L O G I A


I SETTORI DI APPLICAZIONE DELLA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ'

L'applicazione della psicologia di comunità dipende da fattori politici culturali e professionali, dalle aree di disagio che emergono in periodi o aree diverse e dalle opportunità legislative ed economiche e dalle competenze degli psicologi e dallo stadio di evoluzione della materia.

Non è facile individuare ambiti definiti ma la psicologia di comunità cerca di prevenire il malessere sociale e migliorare i rapporti individuali e aiutare i membri più deboli trasformando i loro problemi in risorse per la società.


Si distinguono i settori tradizionali da quelli emergenti. I settori tradizionali sono: 1. Educativi - 2. Sanità - 3. Famiglia.



1. Il sistema educativo (occidentale) ha una doppia caratteristica: emancipatoria e di controllo. La società deve diventare fonte di opportunità, crescita e sviluppo. La scuola diventa il luogo dove si riproducono violenze e disuguaglianze della società. La scuola riproduce la società. Questa caratteristica è inevitabile e quindi lo scopo dell'educazione è quello di accostarsi alla psicologia di comunità e progettare piani preventivi.

Prevenzione primaria: formulare programmi per trasformare un ambito scolastico e favorire lo sviluppo di tutti gli allievi o per migliorare i rapporti tra famiglia e scuola oppure programmi in cui sono introdotti temi nuovi (educazione sessuale, educazione alla salute ecc.)

Prevenzione secondaria: identificare precocemente bambini disturbati e prevenire il peggioramento

Prevenzione terziaria: inserire nella scuola normale soggetti handicappati o istituzionalizzarli.

2. Il settore sanitario si occupa di diversi problemi. Da diversi anni i servizi sanitari si stanno evolvendo perché è evidente la spinta alla prevenzione , trattata in comunità, piuttosto che il ricovero. Molte volte la psicologia incontra ostacoli; infatti nonostante le leggi avanzate, lo psicologo di comunità ha un ruolo marginale e non può trasformare il sistema. Però sono stati perseguiti questi obiettivi:

riduzione degli istituti totali

creazione di alternative territoriali alle istituzioni totali (es.: day Hospital, centri diurni ecc.)

creazione di programmi di educazione alla salute e per la formazione degli operatori socio-sanitari

Gli psicologi hanno agito sulle leggi e sui programmi di preparazione e di creazione delle strutture pubbliche territoriali per l'assistenza.

3. La famiglia: Gli obiettivi sono sempre stati centrati su consulenze educative per i genitori (corsi di formazione alla funzione genitoriale). Sono state presentate esperienze in cui i genitori dovevano riflettere. Questi progetti erano più efficaci quanto più bassa era l'età dei li. Le strategie per migliorare erano le discussioni di gruppo. Molti psicologi si sono interessati a famiglie con uno dei membri handicappato dove è necessaria un'assistenza continua. Di fronte all'handicap grave ci sono reazioni costanti:

negazione del problema

disorganizzazione emotiva, senso di colpa

accettazione realistica delle condizioni del lio

Chi reagisce più negativamente?

Quando i li sono stati in istituto per molto tempo o hanno un comportamento difficile da gestire

coniugi molto giovani, livello socio-culturale basso e senza sostegno familiare.

Quindi sono stati costituiti gruppi di autoaiuto in cui gli operatori consentivano di lasciare i li per andare in vacanza.

famiglie di divorziati (un solo genitore o un genitore non naturale). I consultori e i manuali che spiegano come educare i bambini e affrontare i momenti di crisi in condizione di separazione o un nuovo matrimonio.

Famiglie multi-problema, dove ci sono problemi psicologici, legali, sanitari.

Problemi psicologici quando la famiglia appartiene a un gruppo etnico minoritario.

Settori emergenti: aree in cui gli psicologi hanno lavorato dagli anni 80

ambiente , interazioni tra ambiente fisico e timento

lavoro

diversità etnica, emarginazione

Settore ambientale: lo psicologo deve trovare caratteristiche fisiche dell'ambiente che influiscono nel vissuto emotivo dell'individuo soprattutto caratteristiche legate a situazioni di soddisfazione o insoddisfazione. La psicologia si occupa delle reazioni psicologiche durante e dopo le calamità naturali. Nella protezione civile lo psicologo deve diffondere conoscenze minime di soccorso e sopravvivenza e costruire una rete di non specialisti che si attivino nel disastro. La paura colpisce anche le popolazioni circostanti non direttamente coinvolte nel disastro.

Gli psicologi hanno individuato 4 fasi:

prima settimana: sentimenti di orgoglio, energia, resistenza eroica

fino a 6 mesi: fase di latenza, apatia

circa 2 anni dopo: fase della ricostruzione, riadattamento, ritorno dell'energia

Lo psicologo interviene nella terza fase a fornire sostegno ambientale per favorire l'adattamento. Intervengono anche collaborando con professionisti per creare nuovi sitting, per costruire e ristrutturare ambienti, tendendo conto delle esigenze psicologiche (scuole nuove, istituti per malati di mente, complessi residenziali con campi gioco, residenze per anziani soli ecc.)

LAVORO

La psicologia di comunità da poco è stata impiegata per lo studio delle aziende private. E' stata creata una nuova struttura aziendale che tiene conto della produttività e del benessere dei lavoratori.

MINORANZE

Gli psicologi sono intervenuti per i gruppi più deboli, per formulare programmi sui valori del pluralismo culturale. La minoranza etnica è vista come minorazione per la società. Le minoranze sono rappresentate anche dalle donne: questione femminile.

Programmi americani:

alleviare lo stress delle donne che ricevevano l'assegno di sostentamento

aiutare le famiglie in difficoltà dove erano inserite donne anziane che avevano ricevuto un'istruzione e fungevano da nonne

problemi delle donne in pensione: gli psicologi considerano più grave il pensionamento degli uomini, perciò può essere traumatico anche per le donne.

Anche l'anziano è una minoranza, un emarginato. L'invecchiamento è un processo di degenerazione e quindi è un problema. Gli psicologi di comunità tendono a valorizzare gli aspetti diversi una risorsa per la società e l'invecchiamento è visto come trasferimento con cui l'individuo seleziona funzioni fisiche e psicologiche e non un degrado.


LE COMUNITÀ' PER I TOSSICODIPENDENTI


Le prime sono nate alla fine degli anni 50 negli Stati Uniti con la definizione di Comunità terapeutiche residenziali e drugfree, sul modello dei gruppi organizzati per alcolisti.

In Italia le prime sono fondate nei primi anni '70: il modello è quello tradizionale degli alcolisti anonimi, cioè un gruppo che affrontava lo stesso problema. Si cerca di stimolare il soggetto a prendere coscienza del proprio problema.

Gli interventi hanno dovuto tener conto delle leggi:

1041 del '54 (prima legge) che metteva sullo stesso piano consumatore e la marca" class="text">il consumatore e il trafficante, considerati entrambi delinquenti da punire.

685 del '65 che modifica l'immagine del tossico che non è più un delinquente ma bisognoso di cure e assistenza

162 del '90 che prevede sanzioni amministrative per chi è in possesso di piccole sostanze stupefacenti, come sospensione della patente, del passaporto ed iniziare un trattamento in un SERT.


STORIA DELLE COMUNITÀ' IN ITALIA

Nascono nel '70, quando in mancanza di interventi pubblici, volontari e religiosi si occupano del problema della droga. Il tossicodipendente non è un malato di mente, ma è un problema sociale e quindi va curato con strumenti sociali. La legge del '75 ha costretto i servizi pubblici ad interessarsi del problema, ma la maggior parte dei servizi utilizzava il metodo farmacologico con il Metadone per evitare che cambiasse la sua V.Q e non fosse più costretto a cercare sempre la sua dose. Doveva usare il metadone a scalare, ma questo non succedeva e il tossico sostituiva la droga col metadone. Quindi sono nate comunità come ad esempio la COMUNITÀ' INCONTRO di Don Gelmini, il CEIS di Don Picchi e il GRUPPO ABELE


INTERVENTI

1°FASE: all'inizio si voleva contenere e soprattutto punire i tossicodipendenti

2* FASE: strategie mediche con Metadone

3° FASE: il tossico deve diventare protagonista dell'intervento terapeutico, cioè deve lavorare per risolvere il problema

Ci sono varie comunità:

comunità medicalizzate

comunità non medicalizzate

Le prime prevedono la presenza di specialisti e personale medico e psicologi, le seconde non utilizzano medici, ma il personale sono ex tossici e volontari.

comunità implicitamente terapeutiche

comunità esplicitamente terapeutiche

Nelle comunità implicitamente terapeutiche non c'è un programma definitivo dove sono previste fasi, obiettivi intermedi e finali. E' un modello alternativo di vita per sostituirsi alla società ma non vogliono reinserire il tossico in società.

Nel CEIS , che è un programma definito e preciso, con fasi, percorsi, tempi prestabiliti, resi noti all'ospite. Le regole sono molto rigide, il soggetto quando raggiunge determinati scopi sale di grado nella gerarchia fino a diventare collaboratori dei terapeuti. Caratteristiche: 1) ingresso come scelta personale, non imposta. 2) strategia per il cambiamento è il gruppo. 3) struttura aperta, cioè struttura gerarchica dove è possibile salire di grado.

Comunità pubbliche

Comunità private (sono le prime a nascere)

Le comunità pubbliche hanno capito che la strategia di comunità era idonea per la tossicodipendenza. Nascono comunità pubbliche senza impostazione ideologica o modelli di vita alternativi, ma solo strategia de lavoro di gruppo. Il tossico è un soggetto in difficoltà con risorse da scoprire.

Il CEIS (centro Italiano di Solidarietà) nasce da Don Picchi nel '72. Si è sempre proposto si diffondere l'informazione e approfondire le conoscenze sulle droghe. Obiettivo : la sostituzione dell'immagine del tossico (non è un delinquente). Il programma "Progetto Uomo", programma terapeutico educativo, che ha come obiettivo quello di porre l'uomo al centro della sua vita e cioè fare in modo che l'individuo prenda coscienza del problema e di se stesso. La strategia è un autoaiuto, cioè l'individuo deve partecipare attivamente alla terapia e quindi può avvenire solo in comunità in confronto con gli altri.

Il progetto del CEIS prevede: 1. Fase pre-residenziale o accoglienza, dove prende coscienza del problema e sceglie di risolverlo. Al CEIS lavorano specialisti, medici e volontari. C'è coinvolgiment0o delle famiglie che devono seguire un programma che ha la stessa durata del programma del tossico. La famiglia ha avuto un atteggiamento anomalo (iperprotettivo).-per il CEIS la tossicodipendenza è sintomo di un profondo disagio psicologico, un blocco della maturità della personalità. Il tossico non è cresciuto psicologicamente, non è in grado di affrontare responsabilità, difficoltà, disagi e quindi sceglie la droga come via di fuga. Secondo il CEIS la scelta di drogarsi è solo individuale, non imposta da nessuno. Non è perciò una scelta irreversibile e il CEIS vuole modificare lo stile di vita, per usare al meglio le proprie potenzialità, per imparare ad agire dopo una riflessione e non impulsivamente.

La COMUNITÀ' è:

luogo di crescita, l'individuo diventa consapevole dei propri limiti e potenzialità

amore, l'individuo esce dall'isolamento e si lascia andare con gli altri

confronto e comunione di idee, esperienze, comportamenti

controllo, vengono impediti atteggiamenti autodistruttivi

perdono e festa, l'individuo non si deve sentire in colpa

famiglia e luogo di socializzazione.


COMUNITÀ' PER BAMBINI DA CARENZA CURE MATERNE (bambini senza famiglia)


I problemi legati alla carenza di cure materne si aggiungono ai maltrattamenti che possono essere aggressioni fisiche (molestie e violenza sessuale), negligenza o abbandono fisico ed emotivo (deprivazione). Ci sono tre situazioni:

il bambino piccolo vive in istituto dove non trova una persona che sostituisce la madre

il bambino vive con la madre ma non ha cure soddisfacenti

il bambino non è in grado di stabilire una relazione con la madre

Cos'è la carenza? E' un rapporto insoddisfacente tra madre e bambino. Si può realizzare anche in una famiglia normale o in situazioni in cui è necessaria una ospedalizzazione del bambino.

Un abbandono e un rapporto insoddisfacente nei primi mesi di vita lascia un segno indelebile e duraturo per lo sviluppo. Tutti coloro che hanno sofferto questo problema hanno caratteristiche comuni:

non hanno relazioni profonde, contatti superficiali, sono sospettosi, non danno fiducia

tendenza al furto e all'inganno

difficoltà a concentrarsi

Quindi una carenza ha effetti negativi sullo sviluppo affettivo, intellettivo e sociale. Gli eventi dei primi mesi influenzano profondamente la vita dell'individuo. Queste persone non hanno avuto un rapporto stretto con la madre. Il rapporto di attaccamento secondo BOWLBY è fondato biologicamente, fa parte del corredo genetico. L'allattamento è un legame reciproco, sia emotivo che strumentale. E' la prima occasione in cui il bambino dà e riceve sentimenti ed è strumentale perché serve a difendere il bambino da predatori. Anche gli animali hanno l'allattamento, che è essenziale per lo sviluppo.

I problemi più gravi nascono dalla separazione del bambino dalla madre o dall'istituzionalizzazione (?). Nel passato si pensava che fosse più grave la rottura del rapporto, oggi si dà più importanza all'istituzionalizzazione, che è la vita in un istituto, che determina distorsioni, perché in genere in istituto il bambino vive relazioni interpersonali insoddisfacenti, l'ambiente è povero, deprivato, non c'è una ura stabile di riferimento. E' importante anche l'età dell'istituzionalizzazione in cui cessa il legame con la madre. Il momento discriminante sono & mesi perché il bambino si costruisce la prima relazione oggettuale. Se è istituzionalizzato prima dei 6 mesi è meno traumatica la separazione, se avviene dopo , lo è di più. I programmi di intervento hanno cercato di ricreare in istituto un ambiente familiare, ricco di stimoli, che favorisce la riorganizzazione e lo sviluppo delle potenzialità del bambino.


CARATTERISTICHE IN UN ISTITUTO PER L'INFANZIA


COLLEGIO

Non è un istituto totale ( come il manicomio). E' una struttura definita a priori, cioè che preesiste rispetto ai reali bisogni degli ospiti. E' una vita monotona, eterodiretta, omogenea e paralizzata.

monotona perché è scandita da orari e regolamenti. Fissa, prestabilita. Anche lo svago è prefissato

eterodiretta, perché ogni comportamento quotidiano è preordinato da qualcuno sopra all'ospite. L'ospite è costretto ad essere esposto al pubblico.

Omogenea, perché dove c'è anche la scuola, il bambino non esce mai, è sempre con le stesse persone, l'ambiente è uguale.

Paralizzata, perché tutti i momenti della vita non hanno collegamenti o un ordine logico, solo schemi rigidi.

C'è molta diversità tra ospite e personale, non c'è relazione profonda o rapporto affettivo. Il personale non può decidere nulla senza seguire le regole. Il bambino deve adeguarsi , al punto da assumere per sé la stessa immagine che di lui hanno gli operatori.

Solo nel '900 si sono evidenziati i danni ai bambini inseriti in un collegio. Quindi sono state promosse comunità familiari cui affidare bambini senza famiglia. Non c'erano riferimento teorici e quindi ci furono fallimenti.

Per i bambini ci sono tre tipi di comunità:

GRUPPI FAMIGLIA: all'inizio era un tentativo di frazionare i vecchi istituti con 8-l5 bambini. Oggi è diverso, è caratterizzato dall'impegno di privati di offrire a bambini senza famiglia la possibilità di abitare in famiglie già formate

COMUNITÀ' ALLOGGIO: sono diverse, ospitano bambini in collaborazione col Centro di Igiene Mentale o per conto del Tribunale dei Minori o bambini provenienti da istituti.

GRUPPO APPARTAMENTO: ha lo scopo di accogliere bambini dimessi da istituti. Sono appartamento dove ci sono 5 - 6 bambini con due o tre tutori. Hanno l'obbligo di riparare i danni degli istituti nei bambini. Caratteristiche: 1. Autonomia economica (gli operatori dispongono del denaro per l'acquisto del necessario). 2. Basso livello di burocratizzazione (tempi brevi per ottenere ciò che serve) . 3. La mansione di educatori è molto semplificata, non ci sono ruoli. 4. Integrazione dei gruppi nella vita di quartiere. 5. Esperienza temporanea.

La deprivazione poteva essere compensata da una vita familiare ricca di esperienze, ordinata e continuativa. Però ci sono stati momenti difficili, perché i bambini, dopo l'ambientazione , attraversano una fase di crisi e diventano intrattabili, violenti ed aggressivi, sia per le cose che per le persone.

FASI dei bambini dimessi da istituti:

Ambientazione: non è immediata. All'inizio tendono a riprodurre modelli di vita istituzionali. Inoltre c'è anche interesse e stupore verso una nuova vita e bisogno di instaurare una relazione affettiva intensa con gli operatori.

Momenti di crisi: sembra che vada bene perché il bambino è interessato, ma dopo tre o quattro mesi ci sono comportamenti violenti, inspiegabili, sembra che rifiutino gli operatori oppure non vogliono che vadano via. Questo comportamento avviene perché il bambino mette alla prova gli educatori perché in istituto non hanno trovato educatori affidabili. I bambini spesso hanno problemi con la giustizia perché compiono atti vandalici.

Riorganizzazione: i bambini tornano ad interessarsi alla vita quotidiana e alla relazione con educatori e comni. Non c'è più diffidenza. L'elemento che dà il segnale è la progettualità del bambino. I bambini fanno progetti per il futuro perché hanno certezze.

Grazie all'affetto dell'educatore avviene un cambiamento, il bambino sente di aver cambinato mondo, attribuisce valore e importanza a ciò che prima non esisteva e ha imparato a fidarsi degli adulti con cui instaura rapporti affettivi profondi. (esperienza di un gruppo di BO p.231)

Per lo sviluppo de bambino è di fondamentale importanza l'ambiente, non solo familiare, ma anche la scuola, il quartiere, che lo influenza.


FUNZIONE STRUTTURANTE DELL'ADULTO nei confronti del bambino, cioè l'adulto permette di acquisire sicurezza perché protegge il bambino, e consente di sperimentare un legame affettivo. Inoltre l'adulto consente al bambino di acquisire coordinate spazio-temporali dove il bambino è pronto ad organizzare le sue esperienze. I bambini non hanno idea di ieri o domani, di dentro o fuori ecc. e quindi si è creata una realtà ordinata nello spazio e nel tempo: la nostra giornata è strutturata in modo preciso, ma in un istituto viene impostata dagli adulti e può essere cambiata, perciò il bambino non lo capisce. La giornata era un insieme di eventi senza correlazioni, il tempo non aveva significato, non c'era progettualità. Dal punto di vista spaziale i bambini dovevano imparare ad appropriarsi dello spazio e a valorizzarlo, perché in istituto lo spazio è omogeneo, non è personale, tutto è di tutti e i bambini devono abituarsi ad avere oggetti personali. E' necessario impostare una nuova routine quotidiana senza imporla ma con regole condivise da tutti.

LIVELLO DI INTERVENTI DELL'EDUCATORE

Conquistarsi la fiducia, cioè diventare importante, significativo attraverso una storia in comune con i bambini, deve condividere esperienze e far conoscere la sua vita privata. Non deve essere un estraneo. Questo è importante perché il bambino, quando conosce le abitudini dell'educatore, accetta meglio l'assenza dell'educatore.

Cura, soprattutto materiale, perché i bambini erano abituati ad arrangiarsi, adesso invece ci sono gli educatori che provvedono a loro.

Sostegno e rassicurazione: in momenti di crisi l'educatore deve essere presente, deve far in modo che il bambino abbia fiducia e rassicurarlo sulla sua costanza e impegno.

Protezione: cioè protetti dalle loro famiglie che li hanno trascurati e maltrattati. E' necessario far entrare in contatto i bambini con la famiglia, ma l'educatore deve proteggere il bambino da aggressioni.

Funzione strumentale: sostenere concretamente i bambini nell'esecuzione delle loro attività per evitare frustrazioni

Giocare divertirsi con i bambini.




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